Rapporti sociali
Salve a tutti.
Ho 20 anni, sono fidanzata e abito con il mio ragazzo (siamo entrambi studenti) e altre due persone.
Fin da piccola non sono mai riuscita a farmi degli amici: tanti conoscenti, ma la cosa poi finiva di lì a poco. Idem quando sono cresciuta: al liceo è stato un fiasco (anche se non totalmente per colpa mia, credo) mentre all'università tutto era iniziato bene, se non che io e i miei amici ci siamo allontanati.
Il mio ragazzo al contrario ha molti amici e riesce a tenere vivi i rapporti: escono, stanno insieme, si sentono spesso (compresi quelli del liceo).
Non riesco a capire il perché di tutto questo, non capisco se il problema è mio, se è provocato da come mi pongo, ecc.
Molto spesso mi capita di non aver alcuna voglia di uscire, preferisco di gran lunga stare a casa.. altre volte non mi viene voglia neanche di parlare, sono molto silenziosa e chiusa in me stessa. Inoltre sono molto timida, cosa che credo giochi a mio svantaggio e che non riesco a debellare!
In pratica non ho alcun amico o amica, solo persone che conosco e che magari sento in chat o per messaggio, ma oltre non si va. Ho paura a propormi spesso, ho paura dei "no". Non perché devo sempre averla vinta io, ma perchè nel momento in cui mi viene detto di no, mi sento come quella che disturba e da fastidio alle persone.
Fatto sta che questo mio problema sta facendo male anche al mio rapporto d'amore, perché il mio ragazzo esce e io quando lui non c'è mi sento ancora più sola del normale e quindi in seguito scarico questa "rabbia" discutendo con lui.
Stasera ha minacciato di cambiare casa, così da non sentirsi obbligato a stare sempre e solo con me.. io non so più che fare.. sono in un fiume di lacrime, non riesco a smettere di pensare alle sue parole ma, più penso che devo fare qualcosa per rimediare e per instaurare un rapporto di amicizia vera con qualcuno, più mi blocco e mi sento impotente.
Inoltre mi ha detto che se continuo così potrei cadere in depressione o cose del genere, dato che comunque a me questo pesa, ci penso e ci sto male..
Ho letto molte volte vari articoli su come combattere la timidezza, come stabilire un rapporto d'amicizia, ma la finisco sempre allo stesso modo.
Che fare? Vi ringrazio in anticipo..
Ho 20 anni, sono fidanzata e abito con il mio ragazzo (siamo entrambi studenti) e altre due persone.
Fin da piccola non sono mai riuscita a farmi degli amici: tanti conoscenti, ma la cosa poi finiva di lì a poco. Idem quando sono cresciuta: al liceo è stato un fiasco (anche se non totalmente per colpa mia, credo) mentre all'università tutto era iniziato bene, se non che io e i miei amici ci siamo allontanati.
Il mio ragazzo al contrario ha molti amici e riesce a tenere vivi i rapporti: escono, stanno insieme, si sentono spesso (compresi quelli del liceo).
Non riesco a capire il perché di tutto questo, non capisco se il problema è mio, se è provocato da come mi pongo, ecc.
Molto spesso mi capita di non aver alcuna voglia di uscire, preferisco di gran lunga stare a casa.. altre volte non mi viene voglia neanche di parlare, sono molto silenziosa e chiusa in me stessa. Inoltre sono molto timida, cosa che credo giochi a mio svantaggio e che non riesco a debellare!
In pratica non ho alcun amico o amica, solo persone che conosco e che magari sento in chat o per messaggio, ma oltre non si va. Ho paura a propormi spesso, ho paura dei "no". Non perché devo sempre averla vinta io, ma perchè nel momento in cui mi viene detto di no, mi sento come quella che disturba e da fastidio alle persone.
Fatto sta che questo mio problema sta facendo male anche al mio rapporto d'amore, perché il mio ragazzo esce e io quando lui non c'è mi sento ancora più sola del normale e quindi in seguito scarico questa "rabbia" discutendo con lui.
Stasera ha minacciato di cambiare casa, così da non sentirsi obbligato a stare sempre e solo con me.. io non so più che fare.. sono in un fiume di lacrime, non riesco a smettere di pensare alle sue parole ma, più penso che devo fare qualcosa per rimediare e per instaurare un rapporto di amicizia vera con qualcuno, più mi blocco e mi sento impotente.
Inoltre mi ha detto che se continuo così potrei cadere in depressione o cose del genere, dato che comunque a me questo pesa, ci penso e ci sto male..
Ho letto molte volte vari articoli su come combattere la timidezza, come stabilire un rapporto d'amicizia, ma la finisco sempre allo stesso modo.
Che fare? Vi ringrazio in anticipo..
[#1]
Gentile Ragazza,
anche un rapporto d'amore necessita di autonomia e di risorse personali, da apportare alla coppia, la fusione, la dipendenza psicologica ed il tutto insieme, lo appesantiscono.
La timidezza o introversione o l'incapacità a relazionarsi con gli altri, non può essere curata e risolta leggendo libri o articoli, ma mediante aiuti specilsitici di tipo psicologico, che possano ben inquadrare le sue problematiche prima di poter lavorare con e per lei
anche un rapporto d'amore necessita di autonomia e di risorse personali, da apportare alla coppia, la fusione, la dipendenza psicologica ed il tutto insieme, lo appesantiscono.
La timidezza o introversione o l'incapacità a relazionarsi con gli altri, non può essere curata e risolta leggendo libri o articoli, ma mediante aiuti specilsitici di tipo psicologico, che possano ben inquadrare le sue problematiche prima di poter lavorare con e per lei
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#2]
Gentile Utente,
della tua richiesta mi hanno colpito molti aspetti: hai descritto molto bene il tuo modo di funzionare e di relazionarti con gli altri e anche quali sono le tue difficoltà con l'altro.
- "Fin da piccola non sono mai riuscita a farmi degli amici: tanti conoscenti, ma la cosa poi finiva di lì a poco." Sarebbe opportuno approfondire che cosa impedisce di approfondire le relazioni e di trasformarle in relazioni più profonde e durature. La paura? La mancanza di conoscenza su come fare per relazionarsi in modo efficace con l'altro? Altro?
- "Non riesco a capire il perché di tutto questo, non capisco se il problema è mio, se è provocato da come mi pongo, ecc." Secondo il modello cognitivo-comportamentale ciascuno di noi mette in atto schemi di pensiero e di comportamento "automatici", più facili e veloci da utilizzare e pertanto inconsapevoli. Questo accade perchè è stato appreso così, perfezionato nel tempo, anche se poi si rivelano schemi disfunzionali, che finiscono per ostacolarci.
- "Molto spesso mi capita di non aver alcuna voglia di uscire, preferisco di gran lunga stare a casa." Questo meccanismo potrebbe, secondo l'ottica cognitivo-comportamentale che ti descrivevo sopra, essere compatibile con una condotta di evitamento, ovvero evitare proprio la situazione temuta, in cui non ci si sentirebbe a proprio agio. Chiaramente queste condotte, anche se sul momento permettono di sentirsi più sereni per aver schivato l'evento temuto, col tempo rafforzano timori e soprattutto non permettono di entrare in relazione nè di apprendere nuove modalità relazionali.
- " Ho paura a propormi spesso, ho paura dei "no". Questo è un tipico tema da psicoterapia... bisognerebbe capire che cosa significa per te il "no" e soprattutto imparare a negoziare. Considera anche che "no" non significa un rifiuto A TE. Tuttavia il no che ricevi è anche la garanzia del fatto che i "sì" che ricevi possano essere autentici. Purtroppo viviamo in una società dove sembra quasi si debba dire sempre di sì a qualunque richiesta, invece dovremmo considerare che all'occorrenza il "no", se per noi in quel momento una richiesta non può essere soddisfatta. Tu riesci a dire di no agli altri? E come ti senti quando lo dici?
Tutto ciò che ti ho descritto potrebbe anche rientrare in un training di abilità sociali che sono comportamenti appresi. Tu sei molto giovane e pertanto potrai certamente imparare a relazionarti in maniera più adeguata e superare queste paure.
Per ulteriori informazioni ti allego questo articolo:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html
Spero di esserti stata utile.
della tua richiesta mi hanno colpito molti aspetti: hai descritto molto bene il tuo modo di funzionare e di relazionarti con gli altri e anche quali sono le tue difficoltà con l'altro.
- "Fin da piccola non sono mai riuscita a farmi degli amici: tanti conoscenti, ma la cosa poi finiva di lì a poco." Sarebbe opportuno approfondire che cosa impedisce di approfondire le relazioni e di trasformarle in relazioni più profonde e durature. La paura? La mancanza di conoscenza su come fare per relazionarsi in modo efficace con l'altro? Altro?
- "Non riesco a capire il perché di tutto questo, non capisco se il problema è mio, se è provocato da come mi pongo, ecc." Secondo il modello cognitivo-comportamentale ciascuno di noi mette in atto schemi di pensiero e di comportamento "automatici", più facili e veloci da utilizzare e pertanto inconsapevoli. Questo accade perchè è stato appreso così, perfezionato nel tempo, anche se poi si rivelano schemi disfunzionali, che finiscono per ostacolarci.
- "Molto spesso mi capita di non aver alcuna voglia di uscire, preferisco di gran lunga stare a casa." Questo meccanismo potrebbe, secondo l'ottica cognitivo-comportamentale che ti descrivevo sopra, essere compatibile con una condotta di evitamento, ovvero evitare proprio la situazione temuta, in cui non ci si sentirebbe a proprio agio. Chiaramente queste condotte, anche se sul momento permettono di sentirsi più sereni per aver schivato l'evento temuto, col tempo rafforzano timori e soprattutto non permettono di entrare in relazione nè di apprendere nuove modalità relazionali.
- " Ho paura a propormi spesso, ho paura dei "no". Questo è un tipico tema da psicoterapia... bisognerebbe capire che cosa significa per te il "no" e soprattutto imparare a negoziare. Considera anche che "no" non significa un rifiuto A TE. Tuttavia il no che ricevi è anche la garanzia del fatto che i "sì" che ricevi possano essere autentici. Purtroppo viviamo in una società dove sembra quasi si debba dire sempre di sì a qualunque richiesta, invece dovremmo considerare che all'occorrenza il "no", se per noi in quel momento una richiesta non può essere soddisfatta. Tu riesci a dire di no agli altri? E come ti senti quando lo dici?
Tutto ciò che ti ho descritto potrebbe anche rientrare in un training di abilità sociali che sono comportamenti appresi. Tu sei molto giovane e pertanto potrai certamente imparare a relazionarti in maniera più adeguata e superare queste paure.
Per ulteriori informazioni ti allego questo articolo:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html
Spero di esserti stata utile.
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#3]
Utente
Salve, le rispondo come lei ha risposto a me.
Lei dice: "Sarebbe opportuno approfondire che cosa impedisce di approfondire le relazioni e di trasformarle in relazioni più profonde e durature. La paura? La mancanza di conoscenza su come fare per relazionarsi in modo efficace con l'altro? Altro?"
Beh, so che ho paura di non piacere, di intervenire nei discorsi perché temo di essere invadente, di dare fastidio, ma il punto base è che ho paura di non piacere agli altri!
"bisognerebbe capire che cosa significa per te il "no" e soprattutto imparare a negoziare. Considera anche che "no" non significa un rifiuto A TE."
Qui ha centrato il punto! È proprio così per me. Se uno mi dice no, è perché non vuole fare una certa cosa con me, non perché magari non ne ha voglia! So che non è così, cerco di pensarlo anche quando tento di propormi, ma il risultato è che quando sento il "no" mi crolla il mondo addosso e inizio a chiedermi il perché del rifiuto, cosa ho fatto, cos'è successo ecc.
"Tu riesci a dire di no agli altri? E come ti senti quando lo dici?"
Io non riesco a dire di no agli altri, tendo sempre a dire di sì (a parte quando mi è veramente impossibile fare ciò che mi viene proposto). Quando dico no sto male, mi sento in colpa, come che abbia ferito i sentimenti di colui/colei che mi ha chiesto qualcosa. Forse questa reazione "interna" derivi dal fatto che questo è l'effetto che mi fa il "no" e quindi penso che anche a tutte le altre persone debba succedere così!
"Questo meccanismo (il non aver voglia di uscire) potrebbe, secondo l'ottica cognitivo-comportamentale che ti descrivevo sopra, essere compatibile con una condotta di evitamento, ovvero evitare proprio la situazione temuta, in cui non ci si sentirebbe a proprio agio. Chiaramente queste condotte, anche se sul momento permettono di sentirsi più sereni per aver schivato l'evento temuto, col tempo rafforzano timori e soprattutto non permettono di entrare in relazione nè di apprendere nuove modalità relazionali."
Quindi? Se dovessi uscire mi sentirei prima serena e poi? Penserei talmente tanto al fatto che sto facendo una cosa che mi fa paura da non riuscire a portare avanti il rapporto?
La ringrazio ancora dottoressa.
Lei dice: "Sarebbe opportuno approfondire che cosa impedisce di approfondire le relazioni e di trasformarle in relazioni più profonde e durature. La paura? La mancanza di conoscenza su come fare per relazionarsi in modo efficace con l'altro? Altro?"
Beh, so che ho paura di non piacere, di intervenire nei discorsi perché temo di essere invadente, di dare fastidio, ma il punto base è che ho paura di non piacere agli altri!
"bisognerebbe capire che cosa significa per te il "no" e soprattutto imparare a negoziare. Considera anche che "no" non significa un rifiuto A TE."
Qui ha centrato il punto! È proprio così per me. Se uno mi dice no, è perché non vuole fare una certa cosa con me, non perché magari non ne ha voglia! So che non è così, cerco di pensarlo anche quando tento di propormi, ma il risultato è che quando sento il "no" mi crolla il mondo addosso e inizio a chiedermi il perché del rifiuto, cosa ho fatto, cos'è successo ecc.
"Tu riesci a dire di no agli altri? E come ti senti quando lo dici?"
Io non riesco a dire di no agli altri, tendo sempre a dire di sì (a parte quando mi è veramente impossibile fare ciò che mi viene proposto). Quando dico no sto male, mi sento in colpa, come che abbia ferito i sentimenti di colui/colei che mi ha chiesto qualcosa. Forse questa reazione "interna" derivi dal fatto che questo è l'effetto che mi fa il "no" e quindi penso che anche a tutte le altre persone debba succedere così!
"Questo meccanismo (il non aver voglia di uscire) potrebbe, secondo l'ottica cognitivo-comportamentale che ti descrivevo sopra, essere compatibile con una condotta di evitamento, ovvero evitare proprio la situazione temuta, in cui non ci si sentirebbe a proprio agio. Chiaramente queste condotte, anche se sul momento permettono di sentirsi più sereni per aver schivato l'evento temuto, col tempo rafforzano timori e soprattutto non permettono di entrare in relazione nè di apprendere nuove modalità relazionali."
Quindi? Se dovessi uscire mi sentirei prima serena e poi? Penserei talmente tanto al fatto che sto facendo una cosa che mi fa paura da non riuscire a portare avanti il rapporto?
La ringrazio ancora dottoressa.
[#4]
Gentile ragazza,
da quanto riferisci si potrebbe pensare ad un problema di bassa autostima che ti porta a percepirti e di conseguenza a relazionarti o non relazionarti in un certo modo.
Ad esempio quando dici: "Beh, so che ho paura di non piacere, di intervenire nei discorsi perché temo di essere invadente, di dare fastidio, ma il punto base è che ho paura di non piacere agli altri"
Qui ci sarebbero due possibilità principali per risolvere questo problema, come d'altra parte è spiegato nell'articolo che ti ho allegato: o un training di abilità che si apprendono (esattamente come si apprende a salutare, ringraziare, ecc... impariamo anche a stare con gli altri: parlare in pubblico, iniziare una conversazione, chiedere informazioni, chiedere aiuto quando si ha bisogno, negoziare, dire di no, ecc...) che funziona nel modello cognitivo-comportamentale attraverso l'utilizzo di un modello più abile da imitare. Se ci pensi da bambini tutti noi abbiamo imparato molte abilità in questo modo. La famiglia per esempio è il primo luogo degli apprendimenti (es i genitori che ci suggeriscono di dire "ciao" ogni volta che incontriamo qualcuno che conosciamo, fino a comportamenti più raffinati), ma anche la scuola: è infatti possibile vedere e capire quali condotte possono essere premiate e quali è opportuno e conveniente evitare in un determinato ambiente sociale.
In tal senso possiamo dire che tutte le situazioni della vita possono in tal senso essere una palestra, anche se -per via degli schemi automatici- è difficile se non impossibile a volte cambiare da soli... ecco perchè i libri non ti stanno tornando granchè utili.
Tuttavia il training di abilità soaciali, per quanto molto utile e impiegato per esempio nelle scuole e nelle aziende, non è in grado di spiegare il perchè di tali paure nè di evidenziare i proprio schemi disfunzionali, comprenderli e generare un cambiamento profondo.
Per questo obiettivo è consigliata in genere una psicoterapia.
Quale dei due percorsi potrebbe essere opportuno, in genere viene deciso solo conoscendo la persona e la situazione. Non posso dire a priori e da qui se ci sia un modo migliore di un altro per raggiungere tali obiettivi.
Quanto al "no" e alla sua difficile accettazione è interessante quel che dici perchè sembrerebbe davvero essere legata alla bassa autostima o ad precedente apprendimento. E quando ricevi un no, non riesci a fare un'altra proposta per un altro momento?
Da dove viene questo senso di colpa? E perchè la colpa anche quando sei tu a dire no agli altri? Non ti pare legittimo dire di no per qualunque motivo?
Essere un po' più sbilanciati sui bisogni altrui è una modalità di stare nella vita e per alcuni aspetti potrebbe anche essere carina perchè significa essere sensibili ai bisogni altrui, ma quando impedisce di dire "no" oppure se ci si sente in colpa per aver detto no, c'è un problema. Magari qui sarebbe opportuno imparare a riconoscere i propri bisogni PRIMA e indipendentemente da quelli dell'altro, altrimenti il rischio, come perlatro ti ha già detto il tuo ragazzo, è di sentirti svuotata e anche frustrata, perchè vedrai i bisogni degl ialtri sempre soddisfatti e i tuoi sempre ignorati, perchè TU non li hai espressi ma nemmeno riconosciuti.
Infine, quando ti ho parlato di evitamento e dell'effetto dell'evitamento, intendevo dire che le paure -emozione che proviamo tutti- non devono nè essere ignorate nè essere nascoste sotto il tappeto. Le paure si superano solo affrontandole.
Se dunque una determinata situazione fa paura, l'unico modo per superarla è affrontarla. D'altra parte le psicoterapie davvero efficaci per le paure sono quelle che permettono una graduale esposizione proprio a ciò che fa paura, monitorando costantemente il vissuto della persona mentre fa le cose di cui ha paura.
Pertanto se tu oggi facessi qualcosa che ti fa paura non è mica detto che ti sentiresti più serena; essere più serena non può essere un obiettivo terapeutico (tutti vorremmo vivere più serenamente!), ma impareresti a fare ciò che devi e vuoi fare senza le paure o sapendole affrontare di volta in volta.
Saluti,
da quanto riferisci si potrebbe pensare ad un problema di bassa autostima che ti porta a percepirti e di conseguenza a relazionarti o non relazionarti in un certo modo.
Ad esempio quando dici: "Beh, so che ho paura di non piacere, di intervenire nei discorsi perché temo di essere invadente, di dare fastidio, ma il punto base è che ho paura di non piacere agli altri"
Qui ci sarebbero due possibilità principali per risolvere questo problema, come d'altra parte è spiegato nell'articolo che ti ho allegato: o un training di abilità che si apprendono (esattamente come si apprende a salutare, ringraziare, ecc... impariamo anche a stare con gli altri: parlare in pubblico, iniziare una conversazione, chiedere informazioni, chiedere aiuto quando si ha bisogno, negoziare, dire di no, ecc...) che funziona nel modello cognitivo-comportamentale attraverso l'utilizzo di un modello più abile da imitare. Se ci pensi da bambini tutti noi abbiamo imparato molte abilità in questo modo. La famiglia per esempio è il primo luogo degli apprendimenti (es i genitori che ci suggeriscono di dire "ciao" ogni volta che incontriamo qualcuno che conosciamo, fino a comportamenti più raffinati), ma anche la scuola: è infatti possibile vedere e capire quali condotte possono essere premiate e quali è opportuno e conveniente evitare in un determinato ambiente sociale.
In tal senso possiamo dire che tutte le situazioni della vita possono in tal senso essere una palestra, anche se -per via degli schemi automatici- è difficile se non impossibile a volte cambiare da soli... ecco perchè i libri non ti stanno tornando granchè utili.
Tuttavia il training di abilità soaciali, per quanto molto utile e impiegato per esempio nelle scuole e nelle aziende, non è in grado di spiegare il perchè di tali paure nè di evidenziare i proprio schemi disfunzionali, comprenderli e generare un cambiamento profondo.
Per questo obiettivo è consigliata in genere una psicoterapia.
Quale dei due percorsi potrebbe essere opportuno, in genere viene deciso solo conoscendo la persona e la situazione. Non posso dire a priori e da qui se ci sia un modo migliore di un altro per raggiungere tali obiettivi.
Quanto al "no" e alla sua difficile accettazione è interessante quel che dici perchè sembrerebbe davvero essere legata alla bassa autostima o ad precedente apprendimento. E quando ricevi un no, non riesci a fare un'altra proposta per un altro momento?
Da dove viene questo senso di colpa? E perchè la colpa anche quando sei tu a dire no agli altri? Non ti pare legittimo dire di no per qualunque motivo?
Essere un po' più sbilanciati sui bisogni altrui è una modalità di stare nella vita e per alcuni aspetti potrebbe anche essere carina perchè significa essere sensibili ai bisogni altrui, ma quando impedisce di dire "no" oppure se ci si sente in colpa per aver detto no, c'è un problema. Magari qui sarebbe opportuno imparare a riconoscere i propri bisogni PRIMA e indipendentemente da quelli dell'altro, altrimenti il rischio, come perlatro ti ha già detto il tuo ragazzo, è di sentirti svuotata e anche frustrata, perchè vedrai i bisogni degl ialtri sempre soddisfatti e i tuoi sempre ignorati, perchè TU non li hai espressi ma nemmeno riconosciuti.
Infine, quando ti ho parlato di evitamento e dell'effetto dell'evitamento, intendevo dire che le paure -emozione che proviamo tutti- non devono nè essere ignorate nè essere nascoste sotto il tappeto. Le paure si superano solo affrontandole.
Se dunque una determinata situazione fa paura, l'unico modo per superarla è affrontarla. D'altra parte le psicoterapie davvero efficaci per le paure sono quelle che permettono una graduale esposizione proprio a ciò che fa paura, monitorando costantemente il vissuto della persona mentre fa le cose di cui ha paura.
Pertanto se tu oggi facessi qualcosa che ti fa paura non è mica detto che ti sentiresti più serena; essere più serena non può essere un obiettivo terapeutico (tutti vorremmo vivere più serenamente!), ma impareresti a fare ciò che devi e vuoi fare senza le paure o sapendole affrontare di volta in volta.
Saluti,
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 2.7k visite dal 23/06/2012.
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