Atteggiamento apatico

È possibile gestire la volontà di fare qualcosa di importante per sé e il proprio futuro, quando proprio la volontà sembra totalmente mancare? È possibile rieducare se stessi allo sforzo e al sacrificio, quando da una parte la motivazione viene a mancare, ma dall'altra si capisce razionalmente che ciò che si sta trascurando vale il proprio futuro?
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
Sì. E' possibile, con un certo impegno.

Secondo l'approccio cognitivo-comportamentale, ad esempio, si può provare a modificare alcuni comportamenti problematici, suddividendo i compiti in "step" più piccoli da portare a termine, oppure utilizzando particolari strategie di rinforzo selettivo dei comportamenti da incrementare.

Questo a prescindere dal fatto che ci si senta motivati o meno: a volte, la motivazione è costruita a partire dai risultati, non è data "a priori".

Questo tipo di cambiamenti viene di solito effettuato nell'ambito di un percorso di modificazione comportamentale, previa accurata valutazione.

Se vorrà fornire qualche ulteriore dettaglio, potrò provare ad essere più specifico

Cordialmente
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Utente
Utente
Grazie, Dr. Calì. Circa due anni fà mi è stato diagnosticato un disturbo depressivo. È da prima di allora che ho seri problemi di ansia, che hanno parecchio ostacolato il mio percorso universitario. Grazie ad una terapia farmacologica sto riuscendo a tenere a bada e l'ansia e l'umore depresso, ma sono in un tunnel senza vie d'uscita, in una pozza stagnante, per quel che concerne gli esami universitari. Studio a singhiozzo e non riesco a decidere mai una data per sostenerli. Da circa due mesi sono in terapia rogersiana, ma ne sto traendo ben pochi benefici. Dovrei andare alla ricerca di un "qualcosa" che sta dietro il mio blocco, ma fin quando la ricerca non dà i suoi risultati (...e non li prevedo a breve), il blocco resta ed il mio malessere si alimenta.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Un conto è aiutare una persona a essere più motivata, cosa completamente diversa è aiutare una persona depressa.

In quest'ultimo caso la mancanza di motivazione è dovuta alla depressione, perciò è su quella che occorre intervenire primariamente.

Due mesi di terapia potrebbero essere pochi o tanti, di questo dovrebbe parlare con il collega che l'ha in cura. Lo ha già fatto?

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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Utente
Utente
In linea teorica, dati i farmaci che sto prendendo e la differenza tra il mio umore di oggi e quello di due anni fà, non sono una persona depressa, o almeno non lo sono come in passato. Sono piuttosto una persona sfiduciata: non riesco più ad avere fiducia nelle mie capacità e, di conseguenza, non riesco più neanche ad organizzare il mio "lavoro". Mi sento demotivata, e non so se questo rientri ancora nella depressione, in teoria sotto cura tramite farmaci, o piuttosto derivi da un blocco psicologico di cui non riesco a discernere le cause.
Una volta ho parlato con lo psicoterapeuta che mi segue dei tempi richiesti per tornare un po' più "a galla", ma la risposta è stata che non è possibile prevederli... Certo è che non ho intenzione di metterci una vita per laurearmi. Questa cosa mi sta facendo soffrire a dismisura!
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Ogni psicoterapia dovrebbe basarsi sul concordare con il paziente, all'inizio, degli obiettivi terapeutici da raggiungere. Alcune forme di terapia sono più esplicite riguardo a questo punto. Ad esempio in terapie come la breve strategica tale fase è essenziale, mentre in altre può esserlo meno.

Inoltre, mentre è vero che non è possibile stabilire all'inizio quanto tempo ci vorrà per ottenere risultati, alcune forme di terapia sono in grado di fornire dei parametri medi a titolo orientativo.

Ritengo che debba affrontare con più decisione l'argomento con il suo terapeuta (sempre tenendo conto che 2 mesi potrebbero essere troppo pochi per aspettarsi risultati, almeno in quel modello di terapia).

Può leggere qui per saperne di più:

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
>>Sono piuttosto una persona sfiduciata: non riesco più ad avere fiducia nelle mie capacità e, di conseguenza, non riesco più neanche ad organizzare il mio "lavoro".

Gentile signora, "essere sfiduciati" è molto diverso da "sentirsi sfiduciati". Uno dei problemi connessi ad una sofferenza di tipo depressivo è proprio questo: si attribuiscono a sè stessi "come persona" le caratteristiche del disturbo.

Così, poichè nella depressione si riscontra spesso la mancanza di speranza per il futuro, allora ci si sente senza speranza; se uno dei sintomi è la scarsa motivazione, allora ci si sente bloccati.

Il problema si mantiene perchè, sentendosi senza speranza, non si fanno i passi necessari a cambiare la situazione (non mi ci metto nemmeno a cambiare qualcosa se penso che è senza speranza!).

>>Mi sento demotivata, e non so se questo rientri ancora nella depressione, in teoria sotto cura tramite farmaci, o piuttosto derivi da un blocco psicologico di cui non riesco a discernere le cause.

Secondo alcuni modelli di psicoterapia, come quello cognitivo-comportamentale o quello strategico di cui le parlava il dott. Santonocito, la causa può non essere sempre fondamentale: se lei si sbuccia un ginocchio, preferisce conoscere a fondo l'asfalto che glielo ha sbucciato o curare la ferita?

>> Certo è che non ho intenzione di metterci una vita per laurearmi. Questa cosa mi sta facendo soffrire a dismisura!

E' un buon esempio di "problema sul problema": la depressione favorisce il blocco negli studi, il blocco le rimanda un'immagine negativa di sè stessa e delle sue possibilità, e questa immagine contribuisce a rinforzare l'idea di essere senza speranza, e quindi la depressione.

Non è una dinamica comportamentale inconsueta: per questo, nella terapia cognitivo-comportamentale della depressione, grande importanza è data primariamente alla riattivazione comportamentale, e questo non solo in rapporto agli obiettivi importanti (come il laurearsi), ma anche rispetto alle attività prima gratificanti e che di solito si abbandonano quando ci si sente come lei ci racconta.

Cordiali saluti
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Utente
Utente
Proprio in questi giorni ho chiesto al mio psicoterapeuta se darebbe al mio disturbo una diagnosi di depressione, e mi ha risposto di no, perché tendenzialmente riesco a dedicarmi ad altre attività senza l'umore tipico di una persona depressa. Fatto sta che lei, Dr. Calì, ha esattamente centrato il problema: totale mancanza di speranza nel futuro e conseguente inerzia nel tentativo di cambiare la situazione attuale.
Il mio psicoterapeuta vuole a tutti i costi pervenire alla causa di tutto questo, ma così facendo passa il tempo ed io non guarisco la ferita superficiale: il mio blocco negli studi! Esattamente il problema che alimenta il problema.
Devo rivolgermi a qualcun altro? Probabilmente la terapia rogersiana non è quella che fa al mio caso in questa fase della mia vita. Potete consigliarmi qualche professionista nelle mie zone o nel catanese?
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
>>Devo rivolgermi a qualcun altro? Probabilmente la terapia rogersiana non è quella che fa al mio caso in questa fase della mia vita. Potete consigliarmi qualche professionista nelle mie zone o nel catanese?

Gentile signora, la psicoterapia è una "cura strana". Perchè nessuno va in terapia a farsi curare, anche se molti ci provano: si va in terapia per imparare a prendersi cura di sè.

Questo implica almeno due importanti conseguenze: che lei abbia un adeguato livello di informazione (per esempio, su quale ipotesi di diagnosi abbia il suo terapeuta, su come intende affrontare il problema, su quali aspettative di miglioramento ci siano etc.), e che lei sia la protagonista del suo percorso, cioè che gli obiettivi siano concordati.

Sarebbe paradossale se lei si impegnasse in un percorso di terapia in cui lei vuole una cosa, ed il suo terapeuta un'altra!

Valuti se riesce a trovare un accordo soddisfacente, se è possibile concordare degli obiettivi comuni di cui anche lei comprende la logica e che condivide.

Altrimenti, se non si dovesse trovare adeguatamente soddisfatta dal suo percorso, valuti prima l'ipotesi di parlarne con il suo terapeuta.

Il dott. Santonocito, alla replica #5, le ha segnalato degli articoli, che contengono informazioni che possono esserle utili. Li ha letti?