psicoterapeuta compaesano e difficoltà ad aprirmi
Buongiorno,
non sapevo se inserire questa richiesta su psicologia o psichiatria.
Ho due problemi da sottoporre a chi volesse gentilmente rispondere. Uno è un problema generale, l'altro più contigente e aggravato dal primo. L'ultimo potrebbe sembrare banale, ma sono abbastanza angosciata per ciò che mi è accaduto e non so come affrontare la cosa.
Il primo.
Nonostante in passato mi sia già rivolta a degli specialisti, "oggi" che ho quesi 40 anni mi sono accorta di avere molta difficoltà ad aprirmi con uno psicoterapeuta. Se da una parte sento la necessità di trovare un aiuto, dall'altra sento un forte imbarazzo e una grande vergogna nel raccontare le cose più intime, le mie debolezze, i miei complessi, cioè tutto ciò che mi rende la vita difficile. In passato ciò non accadeva, vedevo lo psicoterapeuta come un professionista neutro abituato a qualsiasi racconto. Oggi vedo davanti a me una persona e non riesco a superare il pensiero che mi possa giudicare sciocca o stupida. Mi capita di arrossire e di sudare frequentemente, ed è un circolo vizioso, perchè più sudo e arrossisco e più vorrei sprofondare dalla vergogna. Sono consapevole che se non riesco a tranquillizzarmi non vado da nessuna parte. Non so come affrontare la cosa.
Il secondo, aggravato dal primo.
Da due mesi vado settimanalmente da uno psicoterapeuta ( psichiatra - psicoterapeuta ). Mi sono fermata su di lui poichè mi sembra una persona tranquilla e sensibile, anche se un po' giovane. Guardando su internet in questi giorni, cercando il curriculum o notizie su di lui, ho scoperto che è un mio coetaneo e che è del mio paese d'origine, abitava a pochi chilometri dai miei.
Questo mi ha angosciato moltissimo, perchè, nonostante io e lui non ci siamo mai conosciuti direttamente quando abitavamo nel paese, abbiamo sicuramente delle conoscenze comuni, amici di amici, ex compagni di classe. Ho tagliato i ponti con le vecchie conoscenze del paese, abito da tutt'altra parte e ora mi ritrovo a raccontare le mia infanzia, la mia adolescenza a una specie di conoscente. E' probabile che certe cose che gli racconto o riferimenti a fatti o persone, lui le conosca già. Eppure il CSM a cui mi sono rivolta è lontano 40 chilometri dalla mia città. Non è una questione di privacy, non so come spiegare...è una persona che in un certo qualmodo fa parte di un mio passato...
Sento che non mi è più possibile andare da lui, e la cosa mi sconforta parecchio considerando che la ricerca è stata parecchio dura: ho meditato più di un anno e mezzo prima di prendere un appuntamento con qualcuno, e ora mi sento un fallimento perchè avrei potuto informarmi prima sul suo conto. Devo iniziare tutto daccapo e ho un pugnale piantato nello stomaco da due giorni. Non so cosa fare.
non sapevo se inserire questa richiesta su psicologia o psichiatria.
Ho due problemi da sottoporre a chi volesse gentilmente rispondere. Uno è un problema generale, l'altro più contigente e aggravato dal primo. L'ultimo potrebbe sembrare banale, ma sono abbastanza angosciata per ciò che mi è accaduto e non so come affrontare la cosa.
Il primo.
Nonostante in passato mi sia già rivolta a degli specialisti, "oggi" che ho quesi 40 anni mi sono accorta di avere molta difficoltà ad aprirmi con uno psicoterapeuta. Se da una parte sento la necessità di trovare un aiuto, dall'altra sento un forte imbarazzo e una grande vergogna nel raccontare le cose più intime, le mie debolezze, i miei complessi, cioè tutto ciò che mi rende la vita difficile. In passato ciò non accadeva, vedevo lo psicoterapeuta come un professionista neutro abituato a qualsiasi racconto. Oggi vedo davanti a me una persona e non riesco a superare il pensiero che mi possa giudicare sciocca o stupida. Mi capita di arrossire e di sudare frequentemente, ed è un circolo vizioso, perchè più sudo e arrossisco e più vorrei sprofondare dalla vergogna. Sono consapevole che se non riesco a tranquillizzarmi non vado da nessuna parte. Non so come affrontare la cosa.
Il secondo, aggravato dal primo.
Da due mesi vado settimanalmente da uno psicoterapeuta ( psichiatra - psicoterapeuta ). Mi sono fermata su di lui poichè mi sembra una persona tranquilla e sensibile, anche se un po' giovane. Guardando su internet in questi giorni, cercando il curriculum o notizie su di lui, ho scoperto che è un mio coetaneo e che è del mio paese d'origine, abitava a pochi chilometri dai miei.
Questo mi ha angosciato moltissimo, perchè, nonostante io e lui non ci siamo mai conosciuti direttamente quando abitavamo nel paese, abbiamo sicuramente delle conoscenze comuni, amici di amici, ex compagni di classe. Ho tagliato i ponti con le vecchie conoscenze del paese, abito da tutt'altra parte e ora mi ritrovo a raccontare le mia infanzia, la mia adolescenza a una specie di conoscente. E' probabile che certe cose che gli racconto o riferimenti a fatti o persone, lui le conosca già. Eppure il CSM a cui mi sono rivolta è lontano 40 chilometri dalla mia città. Non è una questione di privacy, non so come spiegare...è una persona che in un certo qualmodo fa parte di un mio passato...
Sento che non mi è più possibile andare da lui, e la cosa mi sconforta parecchio considerando che la ricerca è stata parecchio dura: ho meditato più di un anno e mezzo prima di prendere un appuntamento con qualcuno, e ora mi sento un fallimento perchè avrei potuto informarmi prima sul suo conto. Devo iniziare tutto daccapo e ho un pugnale piantato nello stomaco da due giorni. Non so cosa fare.
[#1]
Cara Signora, la capisco bene, non è facile trovare un terapeuta che come una veste deve stare bene addosso ma allo stesso tempo proteggere dal freddo. Se sente che l’ha trovato se lo tenga stretto, magari parlando con lui delle sue sensazioni, tenga conto che siamo professionisti con un forte codice etico e il segreto professionale è un valore assoluto.
Dr. Alberto Migliore
Psicologo - Psicoterapeuta
Torino - Chieri
www.migliorepsicologia.com
[#2]
Cara signora,
le sue perplessità sono comprensibili e il suo stato d'animo altrettanto.
Il consiglio migliore che potremmo darle è quello di parlare direttamente con il suo terapeuta del suo disagio, del suo timore ad aprirsi con lui per il fatto di sentirsi giudicata e, anche, per il fatto di aver scoperto che avete la stessa provenienza geografica.
Al di la delle implicazioni etiche e di riservatezza che il nostro codice deontologico ci impone, la formazione di uno psicoterapeuta include anche una grande capacità di astensione dal giudizio.
So che può sembrarle banale ma, mi creda se può, questo è un dettaglio che lei deve sempre avere bene in mente.
Sente di potersi fidare di lui? Il suo timore è solo legato al giudizio e al fatto che provenite dallo stesso paese?
Sono certo che se riuscisse a parlare con lui di questi elementi critici, gli stessi potrebbero rivelarsi risorse utili nel vostro percorso terapeutico... e, magari, il fatto di condividere luoghi di infanzia e/o riferimenti specifici può aiutare lui ad entrare maggiormente in sintonia con i suoi stati emotivi.
Se c'è un destino, forse ha voluto metterle di fronte questo professionista per una ragione che non riusciamo ad immaginare; perché non provare a trasformare questa coincidenza in risorsa?
Un caro saluto
le sue perplessità sono comprensibili e il suo stato d'animo altrettanto.
Il consiglio migliore che potremmo darle è quello di parlare direttamente con il suo terapeuta del suo disagio, del suo timore ad aprirsi con lui per il fatto di sentirsi giudicata e, anche, per il fatto di aver scoperto che avete la stessa provenienza geografica.
Al di la delle implicazioni etiche e di riservatezza che il nostro codice deontologico ci impone, la formazione di uno psicoterapeuta include anche una grande capacità di astensione dal giudizio.
So che può sembrarle banale ma, mi creda se può, questo è un dettaglio che lei deve sempre avere bene in mente.
Sente di potersi fidare di lui? Il suo timore è solo legato al giudizio e al fatto che provenite dallo stesso paese?
Sono certo che se riuscisse a parlare con lui di questi elementi critici, gli stessi potrebbero rivelarsi risorse utili nel vostro percorso terapeutico... e, magari, il fatto di condividere luoghi di infanzia e/o riferimenti specifici può aiutare lui ad entrare maggiormente in sintonia con i suoi stati emotivi.
Se c'è un destino, forse ha voluto metterle di fronte questo professionista per una ragione che non riusciamo ad immaginare; perché non provare a trasformare questa coincidenza in risorsa?
Un caro saluto
Dr. Roberto Callina - Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Specialista in psicoterapia dinamica - Milano
www.robertocallina.com
[#3]
Gentile Signora,
da quello che scrive mi sembra di capire che lei in realtà ha già deciso di non tornare più da quello psichiatra e che si sta incolpando del fatto di non aver preso preventive informazioni sul suo conto, ma non ho capito se è stata lei a scegliere quel professionista o se le è stato assegnato nel momento in cui si è rivolta alla struttura pubblica che ha citato.
L'ideale sarebbe che lei riuscisse a tornare da lui e a dirgli chiaramente quello che ha detto a noi, ma non so se questo servirebbe a dissipare del tutto l'ombra del dubbio che poi lui sappia o conosca cose, persone ed eventi e che non glielo dica.
E' una questione di fiducia, e non posso non farle notare che lei ha anche sottolineato il fatto che il dottore è giovane, e che quindi sta meditando anche su un'altra caratteristica che sente come fonte di dubbi sulla sua capacità di esserle d'aiuto.
A questo punto le chiedo se è la prima volta che cerca e trova elementi che la convincono ad abbandonare un percorso psicoterapeutico, visto che ci dice che in passato si è già avvalsa dell'assistenza di altri professionisti.
Vorrei inoltre sapere se questa sua affermazione è riferita allo psichiatra attuale o se il cambiamento era già avvenuto in passato:
"In passato ciò non accadeva, vedevo lo psicoterapeuta come un professionista neutro abituato a qualsiasi racconto. Oggi vedo davanti a me una persona e non riesco a superare il pensiero che mi possa giudicare sciocca o stupida."
Come stanno le cose?
da quello che scrive mi sembra di capire che lei in realtà ha già deciso di non tornare più da quello psichiatra e che si sta incolpando del fatto di non aver preso preventive informazioni sul suo conto, ma non ho capito se è stata lei a scegliere quel professionista o se le è stato assegnato nel momento in cui si è rivolta alla struttura pubblica che ha citato.
L'ideale sarebbe che lei riuscisse a tornare da lui e a dirgli chiaramente quello che ha detto a noi, ma non so se questo servirebbe a dissipare del tutto l'ombra del dubbio che poi lui sappia o conosca cose, persone ed eventi e che non glielo dica.
E' una questione di fiducia, e non posso non farle notare che lei ha anche sottolineato il fatto che il dottore è giovane, e che quindi sta meditando anche su un'altra caratteristica che sente come fonte di dubbi sulla sua capacità di esserle d'aiuto.
A questo punto le chiedo se è la prima volta che cerca e trova elementi che la convincono ad abbandonare un percorso psicoterapeutico, visto che ci dice che in passato si è già avvalsa dell'assistenza di altri professionisti.
Vorrei inoltre sapere se questa sua affermazione è riferita allo psichiatra attuale o se il cambiamento era già avvenuto in passato:
"In passato ciò non accadeva, vedevo lo psicoterapeuta come un professionista neutro abituato a qualsiasi racconto. Oggi vedo davanti a me una persona e non riesco a superare il pensiero che mi possa giudicare sciocca o stupida."
Come stanno le cose?
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#4]
Utente
Gentili Dottori,
rispondendo alle vostre considerazioni, senza volerlo mi sono accorta di un meccanismo perverso che instauro con il professionista e che forse vi farà capire meglio la mia situazione. Il meccanismo è il confrontarmi sul piano fisico, economico, sociale con lo psicoterapeuta.
Rispondo per prima alla Dottoressa.
Quando parlo del passato, intendo dire che mi sono rivolta all'aiuto di professionisti in altri periodi della mia vita: la prima verso i 19 anni, la seconda verso i 30 anni. In entrambi i casi non ho mai avuto problemi nell'interagire con la/lo psicoterapeuta, anzi. Devo dire che non avevo nessuna inibizione nel raccontarmi e non mi è mai passato per la mente l'idea di essere giudicata. Li vedevo come professionisti, non come persone. Di conseguenza trovavo gli incontri molto piacevoli e liberatori.
La scelta del medico è avvenuta un po' per caso. Due anni fa è iniziato un periodo un nero, per superare il quale mi sono affidata a una psicologa in regime privato. La persona in questione si è rivelata subito molto particolare, ma credendo di essere io chiusa a certe "idee", ho perseverato. L'esperienza è stata un disastro poichè la signora si è rivelata poco professionale. Ho mollato dopo un anno circa più a pezzi di prima e con tanta rabbia per essere stata così credulona e sciocca. Dopo circa sei mesi di rimuginamenti, ho provato un altro medico- psicoterapeuta, che a pelle mi ha fatto una cattivissima impressione; credendo nuovamente di essere io chiusa, ho provato un 2° appuntamento, dopodichè ho desistito poichè il senso di "ribrezzo" del primo incontro mi si è ripresentato.
Circa due mesi fa ho iniziato ad avere dei pensieri particolarmente brutti ( suicidio) e ciò mi ha spaventata e indotto a ritentare. Stanca di leggere curriculum e tariffari su internet, ho provato a telefonare ai vari CSM della mia provincia per chiedere come potessi accedere al servizio tramite l'Ulss. Tutti mi hanno risposto che l'unico modo sarebbe stato quello di avere un'impegantiva del medico di base, al quale assolutamente non mi volevo ( e non voglio ) rivolgere poichè avrei dovuto raccontargli gli affari miei. Siccome l'ultima signora/segretaria che ha risposto al telefono mi ha visto reticente all'idea di andare dal mio medico, mi ha detto che l'alternativa era il privato. E' stata lei a propromi questo medico, fra i 4 disponibili in quella sede. Alla mia richiesta sul perchè proprio quello, lei mi ha risposto che secondo il suo parere puramente soggettivo, era una persona molto disponibile e affabile, precisandomi che anche gli altri erano bravi cmq.
Non saprò mai se in realtà mi ha proposto questo perchè costa meno, considerando il fatto che la mia richiesta iniziale verteva sull'accesso tramite ssn. Ad ogni modo, siccome per me uno valeva l'altro, mi sono affidata al consiglio di questa operatrice. Consultando l'ordine dei medici on-line ho visto che aveva la mia età, ma mi sono sforzata di non farmi dei pregiudizi. In effetti questo medico è molto gentile, mi sembra una persona sensibile e rispettosa. Ha un aria pulita e sincera, da bravo ragazzo. Nonostante questo sono inibita, arrossisco spesso, mi metto a ridere dall'imbarazzo, mi sento molto sciocca e patetica. Devo dire che ho le mie remore sull'età, ma viste le ultime esperienze penso sia io ad avere difficoltà ad approcciarmi con un qualsiasi terapeuta, a prescindere.
E ora mi ricollego al punto iniziale, IL CONFRONTO.
Mi metto a confronto già al primo incontro, esattamente come farei con una persona qualsiasi: dove è arrivato lui/lei? dove sono arrivata io? è più intelligente, più bello, più benestante, più amato, più bravo di me, è laureato, ha più successo, ha avuto una famiglia che l'ha amato? E' un atteggiamento che mi viene automatico, ed è chiaro che dal confronto ne esco sconfitta. In seduta sono combattuta fra esternare ciò che mi fa soffrire e il desiderio di non sembrare così misera ai loro occhi! Ne esce un miscuglio di sensazioni contrastanti , riso e pianto, compostezza e disperazione. Esco poi dalla porta pìù frustrata di prima, e con la sensazione di essere un'incapace. E' probabilmente da questo approccio che nascono le mie ansie legate al pensiero che siano delle persone ( con le loro debolezze, pregiudizi, passioni, antipatie, simpatie ) e in quanto tali immagino che al di fuori dell'orario di lavoro possano, nella loro testa, ridere di me, compatirmi o provare pena per me. Il mio senso di inadeguatezza ( che è sostanzialmente il mio problema), mi fa sentire inferiore a loro a priori.
Potrei parlargliene, ma come faccio a dirgli che mi metto a confronto con lui ( ma era capitato anche con gli altri due) e mi sento inferiore? e ora che so provenire dal mio paese è ancora peggio. Non è facile dire a una persona "mi sento inferiore a te", E' UMILIANTE.
Come affrontereste un paziente che vi dice di sentirsi in confronto con voi e ritiene di esservi inferiore?
Mi sono completamente incagliata su questa cosa e non vedo come uscirne.
rispondendo alle vostre considerazioni, senza volerlo mi sono accorta di un meccanismo perverso che instauro con il professionista e che forse vi farà capire meglio la mia situazione. Il meccanismo è il confrontarmi sul piano fisico, economico, sociale con lo psicoterapeuta.
Rispondo per prima alla Dottoressa.
Quando parlo del passato, intendo dire che mi sono rivolta all'aiuto di professionisti in altri periodi della mia vita: la prima verso i 19 anni, la seconda verso i 30 anni. In entrambi i casi non ho mai avuto problemi nell'interagire con la/lo psicoterapeuta, anzi. Devo dire che non avevo nessuna inibizione nel raccontarmi e non mi è mai passato per la mente l'idea di essere giudicata. Li vedevo come professionisti, non come persone. Di conseguenza trovavo gli incontri molto piacevoli e liberatori.
La scelta del medico è avvenuta un po' per caso. Due anni fa è iniziato un periodo un nero, per superare il quale mi sono affidata a una psicologa in regime privato. La persona in questione si è rivelata subito molto particolare, ma credendo di essere io chiusa a certe "idee", ho perseverato. L'esperienza è stata un disastro poichè la signora si è rivelata poco professionale. Ho mollato dopo un anno circa più a pezzi di prima e con tanta rabbia per essere stata così credulona e sciocca. Dopo circa sei mesi di rimuginamenti, ho provato un altro medico- psicoterapeuta, che a pelle mi ha fatto una cattivissima impressione; credendo nuovamente di essere io chiusa, ho provato un 2° appuntamento, dopodichè ho desistito poichè il senso di "ribrezzo" del primo incontro mi si è ripresentato.
Circa due mesi fa ho iniziato ad avere dei pensieri particolarmente brutti ( suicidio) e ciò mi ha spaventata e indotto a ritentare. Stanca di leggere curriculum e tariffari su internet, ho provato a telefonare ai vari CSM della mia provincia per chiedere come potessi accedere al servizio tramite l'Ulss. Tutti mi hanno risposto che l'unico modo sarebbe stato quello di avere un'impegantiva del medico di base, al quale assolutamente non mi volevo ( e non voglio ) rivolgere poichè avrei dovuto raccontargli gli affari miei. Siccome l'ultima signora/segretaria che ha risposto al telefono mi ha visto reticente all'idea di andare dal mio medico, mi ha detto che l'alternativa era il privato. E' stata lei a propromi questo medico, fra i 4 disponibili in quella sede. Alla mia richiesta sul perchè proprio quello, lei mi ha risposto che secondo il suo parere puramente soggettivo, era una persona molto disponibile e affabile, precisandomi che anche gli altri erano bravi cmq.
Non saprò mai se in realtà mi ha proposto questo perchè costa meno, considerando il fatto che la mia richiesta iniziale verteva sull'accesso tramite ssn. Ad ogni modo, siccome per me uno valeva l'altro, mi sono affidata al consiglio di questa operatrice. Consultando l'ordine dei medici on-line ho visto che aveva la mia età, ma mi sono sforzata di non farmi dei pregiudizi. In effetti questo medico è molto gentile, mi sembra una persona sensibile e rispettosa. Ha un aria pulita e sincera, da bravo ragazzo. Nonostante questo sono inibita, arrossisco spesso, mi metto a ridere dall'imbarazzo, mi sento molto sciocca e patetica. Devo dire che ho le mie remore sull'età, ma viste le ultime esperienze penso sia io ad avere difficoltà ad approcciarmi con un qualsiasi terapeuta, a prescindere.
E ora mi ricollego al punto iniziale, IL CONFRONTO.
Mi metto a confronto già al primo incontro, esattamente come farei con una persona qualsiasi: dove è arrivato lui/lei? dove sono arrivata io? è più intelligente, più bello, più benestante, più amato, più bravo di me, è laureato, ha più successo, ha avuto una famiglia che l'ha amato? E' un atteggiamento che mi viene automatico, ed è chiaro che dal confronto ne esco sconfitta. In seduta sono combattuta fra esternare ciò che mi fa soffrire e il desiderio di non sembrare così misera ai loro occhi! Ne esce un miscuglio di sensazioni contrastanti , riso e pianto, compostezza e disperazione. Esco poi dalla porta pìù frustrata di prima, e con la sensazione di essere un'incapace. E' probabilmente da questo approccio che nascono le mie ansie legate al pensiero che siano delle persone ( con le loro debolezze, pregiudizi, passioni, antipatie, simpatie ) e in quanto tali immagino che al di fuori dell'orario di lavoro possano, nella loro testa, ridere di me, compatirmi o provare pena per me. Il mio senso di inadeguatezza ( che è sostanzialmente il mio problema), mi fa sentire inferiore a loro a priori.
Potrei parlargliene, ma come faccio a dirgli che mi metto a confronto con lui ( ma era capitato anche con gli altri due) e mi sento inferiore? e ora che so provenire dal mio paese è ancora peggio. Non è facile dire a una persona "mi sento inferiore a te", E' UMILIANTE.
Come affrontereste un paziente che vi dice di sentirsi in confronto con voi e ritiene di esservi inferiore?
Mi sono completamente incagliata su questa cosa e non vedo come uscirne.
[#5]
Cara signora,
che dirle? Ognuno di noi probabilmente potrebbe rispondere in modo differente alla sua domanda.
Io lo affronterei come un normale paziente e "lavorerei" con i miei mezzi (dettati dalla mia formazione ed esperienza) sul materiale portato in seduta dal paziente.
La scelta del termine "materiale" non è casuale in quanto questo suo senso di inferiorità e questo suo confronto possono dire molto della sua persona, della sua storia e, quindi, anche del suo malessere.
E', pertanto, materiale molto utile per il processo terapeutico.
Del resto, solo lei può decidere se l'imbarazzo e il senso di inadeguatezza sono così forti da impedirle di continuare il rapporto con l'attuale terapeuta.
Potrebbe sempre decidere di provare a bussare ad altre porte ma, da quanto dice nelle sue ultime precisazioni, mi sembra che si porterebbe dietro le stesse dinamiche, visto che non sembrano, a questo punto, derivanti dalla conoscenza della provenienza del professionista in questione.
<<Il mio senso di inadeguatezza ( che è sostanzialmente il mio problema), mi fa sentire inferiore a loro a priori.>>
Anche il suo arrossire, il sentirsi sciocca, il suo ridere imbarazzata... sono tutte dinamiche che mostrano il suo problema e, se lascerà che il suo terapeuta le vede, se riuscirà anche a parlarne con lui, a dirgli cosa prova... non potrà che trarne beneficio.
Un caro saluto
che dirle? Ognuno di noi probabilmente potrebbe rispondere in modo differente alla sua domanda.
Io lo affronterei come un normale paziente e "lavorerei" con i miei mezzi (dettati dalla mia formazione ed esperienza) sul materiale portato in seduta dal paziente.
La scelta del termine "materiale" non è casuale in quanto questo suo senso di inferiorità e questo suo confronto possono dire molto della sua persona, della sua storia e, quindi, anche del suo malessere.
E', pertanto, materiale molto utile per il processo terapeutico.
Del resto, solo lei può decidere se l'imbarazzo e il senso di inadeguatezza sono così forti da impedirle di continuare il rapporto con l'attuale terapeuta.
Potrebbe sempre decidere di provare a bussare ad altre porte ma, da quanto dice nelle sue ultime precisazioni, mi sembra che si porterebbe dietro le stesse dinamiche, visto che non sembrano, a questo punto, derivanti dalla conoscenza della provenienza del professionista in questione.
<<Il mio senso di inadeguatezza ( che è sostanzialmente il mio problema), mi fa sentire inferiore a loro a priori.>>
Anche il suo arrossire, il sentirsi sciocca, il suo ridere imbarazzata... sono tutte dinamiche che mostrano il suo problema e, se lascerà che il suo terapeuta le vede, se riuscirà anche a parlarne con lui, a dirgli cosa prova... non potrà che trarne beneficio.
Un caro saluto
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 2.3k visite dal 22/05/2012.
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