Ansia, depressione, stanchezza

Ho 43 anni e un passato complicato. Ho convissuto e convivo con un'ansia costante che mi ha reso la vita difficile, costellandola di ipocondrie, paranoie e paure; le terapie (tre, due tradizionali e una cognitivo/comportamentale) che ho sostenuto nell'arco degli ultimi dieci anni hanno avuto esiti limitati. Anche le terapie farmacologiche (sono sotto sertralina e lorazepam da non so più quanti anni) non so quanto mi abbiano giovato.
Ho poi affrontato negli ultimi anni delle prove difficili: la rottura di una convivenza durata 14 anni (cui è seguito un inutile tentativo di ricostruzione mediante una terapia di coppia), la morte del mio migliore amico, la scoperta di verità inaudite riguardo la mia famiglia di origine, l'alzheimer di mio padre.
Ora sono all'estero, nel tentativo di recuperare un equilibrio, ma mi sento al limite della sopportazione. Sono stanco, letteralmente, fatico ad alzarmi dal letto. Passo il mio tempo a chiedermi che ne sarà di me, se troverò mai un uomo con cui vivere, se la mia vita è destinata come sembra ad essere un deserto di ghiaccio.
A luglio tornerò in Italia, dovrò affrontare un rientro in una realtà insostenibile, fronteggiare la malattia di mio padre, la solitudine di una vita che non ha più una direzione. Sono molto perplesso, sfiduciato anche nei confronti della possibilità di una terapia, sfiduciato nei confronti di una vita che mi ha dato molto ma ora ha deciso di togliermi tutto.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
>>> Sono molto perplesso, sfiduciato anche nei confronti della possibilità di una terapia
>>>

La sua sfiducia è comprensibile, ma sbaglierebbe a pensare che qui sarebbe possibile trovare qualcosa addirittura meglio di una terapia. In effetti da qui si può fare ben poco per aiutare gli utenti, a parte informarli e dar loro un orientamento generico.

Perciò la cosa migliore che possiamo fare oltre ad accogliere il suo sfogo, è incoraggiarla a non demordere. Il fatto che finora la terapia con lei non abbia funzionato non significa che con lei la terapia non funzioni, ma solo che *quelle* terapie non hanno funzionato.

Legga qui, s'informi su alcuni dei più diffusi orientamenti terapeutici e su cosa aspettarsi da una terapia; può darsi che riesca a ritrovare, o a non ritrovare, ciò che ha ricevuto o non ricevuto nelle terapie precedenti:

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#2]
Dr.ssa Verena Elisa Gomiero Psicologo, Psicoterapeuta 175 3
Gentile utente,
lei scrive <A luglio tornerò in Italia, dovrò affrontare un rientro in una realtà insostenibile, fronteggiare la malattia di mio padre, la solitudine di una vita che non ha più una direzione> mi permetta di fare una riflessione come mai pensa che una eventuale terapia non potrebbe esserle di aiuto in una situazione familiare-sociale un pò complessa?
Se lei scrive qua, forse ma questa è una mia ipotesi, spera di avere qualche indicazione da degli psicologi? O sbaglio?
Le altre terapie intraprese come sono andate?
Cordialmente

Dr.ssa Verena Elisa  Gomiero
psicologa psicoterapeuta
Operatore training autogeno

[#3]
Attivo dal 2008 al 2012
Ex utente
Dunque:
- La prima terapia (affrontata intorno al 2000) era incentrata sui problemi che avevo con il mio partner (in particolare sulla mia gelosia e possessività); in qualche modo quella terapia mi condusse ad accettare una situazione (quella di una coppia "quasi aperta") che in seguito sarebbe stata fra le cause che ci avrebbero condotto alla separazione (nel 2009).
- La seconda terapia (circa quattro anni dopo, nel 2004) tentava di affrontare il mio problema di ansia di separazione e ipocondria. Non mi pare che, a posteriori, abbia avuto alcun effetto.
- La terza terapia (quella cognitivo/comportamentale) avrebbe dovuto avere lo stesso tema, ma proprio in corrispondenza con l'inizio di quella terapia il mio partner mi lasciò, e quindi ci trovammo a tentare di affrontare un'"emergenza" --- poiché l'ansia di separazione ora si concretizzava in una _vera_ separazione.

Come dire: la mia più grande paura di sempre (quella di essere privato dei miei affetti) ora è diventata una realtà, perché SONO STATO (o sto essendo) privato dei miei affetti. Il risultato è che ora l'ansia è divenuta tristezza e solitudine.
Non so bene perché scrivo qui. Certamente cerco qualcosa. Una via d'uscita, direi.
[#4]
Dr.ssa Verena Elisa Gomiero Psicologo, Psicoterapeuta 175 3
Gentile utente,
capisco la sua situazione e capisco la necessità di scrivere qua, mi creda, la mia era una domanda per farla riflettere.....
La possibilità di intraprendere una psicoterapia quando tornerà in Italia io la prenderei in considerazione, perchè la potrebbe aiutare ad affrontare la situazione che si troverà a vivere. Se le terapie precedenti non hanno dato gli "esiti sperati" può cambiare e rivolgersi a qualche altro psicoterapeuta con indirizzi diversi.
Cordiali saluti
[#5]
Dr. Roberto Callina Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 1.3k 32
Caro Utente,

il suo disagio è palpabile tra le righe di una storia che, da come la racconta a noi, sembra costellata di eventi negativi e di una difficoltà relazionale accentuata, sicuramente, dal suo stato umorale.

Nonostante questo, è possibile che ci sia qualcosa da salvare nella sua storia, qualcosa di cui poter far tesoro, qualche sua qualità che potrebbe essere trasformata in risorsa per poter ricominciare ad avere un po' di fiducia nel suo futuro.

Purtroppo, come le hanno scritto anche i colleghi, da qui non possiamo fare molto per aiutarla direttamente ma, in fondo, sono quasi certo che anche lei non si sarebbe aspettato da noi risposte risolutive.

Il suo sembra più uno sfogo lanciato nell'etere nella speranza che, forse, il solo fatto di scrivere possa lenire un po' le sue ferite.

In parte potrebbe essere anche così; anche se il beneficio sarebbe temporaneo e di breve durata/intensità.

Quello che le occorre è un confronto più reale, un confronto dal vivo con un professionista che possa aiutarla a riprendere in mano le redini della sua vita.

Dice di essere all'estero <<nel tentativo di recuperare un equilibrio>>; posso chiederle se la motivazione che l'ha spinta all'estero è proprio questa? Ci sono ragioni lavorative abbinate a questo suo trasferimento? Si tratta forse di una fuga?

Un caro saluto

Dr. Roberto Callina - Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Specialista in psicoterapia dinamica - Milano
www.robertocallina.com

[#6]
Attivo dal 2008 al 2012
Ex utente
No, non è una fuga. Avevo la possibilità di andare all'estero per un anno e ho scelto di accettare. In un certo senso però sì, è diventata una fuga (involontaria): la diagnosi di alzheimer a mio padre è stata fatta dopo che ero partito, e anche la fine dell'assurda terapia di coppia che abbiamo tentato ha coinciso con la mia partenza. Qui, in una città splendida, a svolgere un'attività meno impegnativa del solito, godo di una libertà inusuale e ho il lusso di sentirmi come se avessi lasciato le mie preoccupazioni in Italia; di esse mi giungono solo rombi lontani.
Ma certo ora quest'anno finisce e si torna alla cruda realtà, una strada in salita.
Ha ragione, non speravo in nessuna soluzione, scrivendovi. E non sto accantonando l'idea di una terapia al mio rientro; ma i tentativi fatti in passato mi hanno lasciato più smagato e più scettico. Specie ora, che il problema non è (più) quello di affrontare delle paure o delle ansie, ma delle assenze e dei vuoti. Mi pare che non ci sia una terapia che possa bastare, forse avrei più bisogno di un assistente spirituale :-)
[#7]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
>>> Mi pare che non ci sia una terapia che possa bastare, forse avrei più bisogno di un assistente spirituale :-)
>>>

Bene, anche in quel campo non avrà che l'imbarazzo della scelta ^___^
[#8]
Dr. Roberto Callina Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 1.3k 32
<<Mi pare che non ci sia una terapia che possa bastare, forse avrei più bisogno di un assistente spirituale :-)>>

In una certa misura anche lo psicoterapeuta può essere considerato in questi termini... con le dovute differenze. :-))

In fondo la psicoterapia, almeno nell'accezione del mio orientamento teorico, è qualcosa che si confeziona come un abito su misura per il paziente.

Se questo è quello che cerca lo può senza dubbio trovare; sarà poi compito del suo sherpa ( o assistente spirituale o terapeuta) comprendere quando sarà il momento di farla proseguire con le sue gambe verso la vetta.

Non si perda d'animo, un caro saluto e in bocca al lupo per il suo futuro.

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