Non riesco ad uscire dalla depressione

Non riesco a non fare cattivi pensieri, da un anno, a seguito di una serie di eventi traumatici, vivo nel terrore di perdere tutto da un momento all'altro e non riesco più a lasciarmi andare su nulla, vivo passivamente la mia vita. Ci sono dei giorni in cui non vorrei nemmeno aprire gli occhi e altri in cui le cose sembrano andare più o meno serenamente ma non riesco più a vivere stretto in questa morsa.
Avevo preso in considerazione l'idea di andare in un centro di salute mentale ma ho come la sensazione di poter sviluppare una sorta di dipendenza dalla figura dello psicologo e di non poterne più fare a meno in seguito. La mia paura è di trovare un suo collega omofobo (molti dei miei problemi derivano dalla mia omosessualità) e per questo sentirmi condannato e regredire più di quanto io non abbia già fatto.
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317
Gentile Utente,
Dal suo consulto emergono una serie di preconcetti correlati alla figura dello psicoloo.
Il lavoro dello psicologo, non porta dipendenza, inoltre lavora in assenza di giudizio , che lei sia omosessuale, presunto tale o eterosessuale.
Potrebbe soltanto a fare chiarezza nel suo sentire ed all' interno del suo disagio globale.

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

vuole parlarci degli eventi traumatici che ha subito nell'ultimo periodo?

"Ci sono dei giorni in cui non vorrei nemmeno aprire gli occhi e altri in cui le cose sembrano andare più o meno serenamente ma non riesco più a vivere stretto in questa morsa"

Questo è la tipica visione di chi sente di aver perduto un certo controllo sulla propria vita e sul proprio potenziale, abbandonandosi dunque agli eventi.

Se vuole, può leggere questo articolo: https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1583-depressione-patologia-o-poca-forza-di-volonta.html

Quanto ai Suoi timori sullo psicologo, tenga presente che -come con qualunque professionista- è indispensabile che ci sia un rapporto di fiducia. Quindi Lei ha ragione ad avere timori, ma -prima di affidarsi a qualcuno- può cercare in maniera oculata, tenendo presente che, qualora non ci fosse una relazione basata sulla fiducia e sull'empatia, può sempre cambiare professionista.

Ora Lei deve valutare e scegliere quanto sia importante per Lei uscire dalla condizione in cui si trova. E' anche vero che, se davvero stiamo parlando di depressione (io non La conosco e non so quale sia la diagnosi), il depresso fa sempre tantissima fatica a chiedere aiuto (anche un aiuto specialistico) per il modo in cui funziona e si relaziona con gli altri: è anche il Suo caso? o ci sono altre ragioni?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Attivo dal 2012 al 2012
Ex utente
Cerco di essere breve e coinciso anche se in realtà è difficile poter scrivere tutto e dare la giusta importanza ad ogni passo.
Nell'aprile dello scorso anno è terminata una relazione molto importante per me, dopo qualche giorno un mio caro amico scopre di essere sieropositivo, dopo altri giorni mia madre ha un incidente ed è costretta a rimanere a letto per diversi mesi comportando diversi sacrifici, sia per me che per i miei familiari. La cosa che però mi ha segnato profondamente è stata la malattia del mio amico che a quel punto diventa quasi una psicosi. In estate, sgravato un po' dagli impegni di casa, conosco un ragazzo che inizio a frequentare e parlando di noi ci raccontiamo i trascorsi personali, le paure del momento e i miei argomenti destano in lui una certa soggezione ragion per cui fa un test HIV e scopre di essere sieropositivo. Al di là del rapporto gradevole che si stava creando che è stato spezzato sul nascere (devo essere sincero non ho patito più di tanto la sua mancanza per forza di cose) mi sono sentito di colpo in trappola, circuito da sta malattia di merda che è come se mi stesse volendo. Per ragioni di studio i miei più cari amici non vivono più nella mia stessa città e sono tutti piuttosto lontani ma ugualmente in estate e per le feste riesco a vederli e ad avere un minimo di compagnia e sopportazione ma non basta. Il tempo passa e al terzo mese esatto dal rapporto a rischio vado a ripetere il test HIV in un ospedale ben attrezzato a Catania (io vivo parecchio distante da lì). Fortunatamente anche questo risulta negativo ma nonostante tutto non mi sento liberato da questo peso, come se mi aspettassi un tiro mancino da un momento all'altro. Non ho più fatto sesso se non nei miei sogni erotici, non riesco più a guardare un ragazzo con desiderio (che sia di tipo sessuale o più innocentemente romantico) ma lo vedo come un portatore di malattie.
Ci sono periodi anche lunghi una settimana a cadenza casuale che mi escludo completamente dal mondo e rimango a letto tutto il giorno senza mangiare, chiudo gli occhi solo temporaneamente alle prime luci dell'alba, la notte mi porta un'inquietudine pazzesca. I miei non sanno nulla ma ovviamente quando mi vedono in questo stato mi fanno delle domande e credono che risultando pressanti io dica tutto. Io invece mi sento una vera merda, li voglio proteggere da tutto questo e mi sento sempre più fuori posto in questa famiglia.
Nonostante questo sono anche disoccupato e non vedo il senso della mia vita a questo mondo, ho tentato del volontariato ma sembra che nella mia città non abbiano bisogno se non che dei volontari del servizio civile... mi sento inutile, uno spreco.
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Dr.ssa Rosa Riccio Psicologo, Psicoterapeuta 247 5
"Ci sono periodi anche lunghi una settimana a cadenza casuale che mi escludo completamente dal mondo e rimango a letto tutto il giorno senza mangiare, chiudo gli occhi solo temporaneamente alle prime luci dell'alba, la notte mi porta un'inquietudine pazzesca"

Gentile ragazzo,
il malessere che prova è evidente e non deve essere affatto facile da sopportare.
Se ha sentito il bisogno di chiedere aiuto a noi, vuol dire che esiste una parte di lei che non si arrende a questo stato di cose, che è stanca di non trovare un "senso" e che ha voglia di smettere di sentirsi inutile. Faccia leva su quella parte di lei e chieda aiuto.
Il suo timore di sviluppare una dipendenza dal suo terapeuta ha un suo senso, non lasci però che sia questo a fermarla. Questo timore può essere oggetto di discussione con la persona che si prenderà cura di lei. Lasci che questo timore diventi un tema da esplorare e non un motivo per non riprendersi la sua vita.

un caro saluto e in bocca al lupo

Dr.ssa Rosa Riccio
Psicologa-Psicoterapeuta
www.cantupsicologia.com

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Non che venire a conoscenza di un'etichetta diagnostica piuttosto che un'altra potrà aiutarla, ma sembra che nel suo caso non si tratti tanto di depressione quanto di ansia/ossessività. Oppure potrebbe essere che il suo umore si sia abbattuto in seguito al tentativo continuo e infruttuoso di scacciare le paure dalla mente. In ogni caso solo di persona potrà ricevere una valutazione sensata sul suo malessere.

Se è preoccupato sulla scelta del terapeuta può leggere qui, per sapere cosa aspettarsi da una terapia e per apprendere le differenze fra alcuni diffusi orientamenti psicoterapeutici:

http://www.giuseppesantonocito.it/art_psicoterapia.htm

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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Attivo dal 2012 al 2012
Ex utente
Mi capita spesso di passare davanti il centro di salute mentale della mia città, si trova molto vicino a casa mia ma non riesco ad avere la forza necessaria per entrare ed informarmi, avrei bisogno di essere accompagnato da qualcuno per farlo. Mi rendo conto che l'aiuto maggiore per uscirne deve venire da me ma non riesco a credere di poter cambiare in meglio la mia vita, mi sento come un anziano che ha già vissuto i suoi momenti migliori ed è pronto a morire. Io però ho molti rimpianti...
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Dr. Roberto Callina Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 1.3k 32
Caro ragazzo,

probabilmente una parte di sè non riesce ancora ad avere la forza di oltrepassare quella porta; tuttavia il fatto che il suo pensiero vada in quella direzione è un segnale che lascia ben sperare che lei voglia uscire da questa condizione di malessere generale.

Provi a dirci quali sono le emozioni che la frenano quando passa davanti al centro? E' ancora la paura di trovarsi di fronte un collega omofobo? E', forse, rassegnazione dettata dal suo sentirsi <<come un anziano che ha già vissuto i suoi momenti migliori ed è pronto a morire>>?
E' qualcosa d'altro?

Un caro saluto

Dr. Roberto Callina - Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Specialista in psicoterapia dinamica - Milano
www.robertocallina.com

[#8]
Attivo dal 2012 al 2012
Ex utente
E' da qualche mese che ho un linfonodo dietro l'orecchio un po' in rilievo e tutto questo mi lascia presagire diagnosi nefaste, ho ancora paura, mi sento perseguitato.
Se guardo la porta di quel centro mi vengono in mente malattie, gente che sta male, sofferenza...
Un amico studente di medicina mi ha detto che i linfonodi possono gonfiarsi anche per situazioni di grande stress e che la mia ipocondria mi sta portando ad immaginare ciò che non c'è. Io ho una gran paura che il test che ho fatto a tre mesi non sia valido e/o definitivo e tutto questo mi uccide, mi provoca cambi d'umore repentini che non riesco a controllare. Durante le attese per i risultati dei test precedenti sono piombato nella disperazione totale e ho anche seriamente pensato di togliermi la vita, non posso reggere ancora una volta un'attesa di 10 giorni tanto più ora che non ho un appoggio materiale da qualcuno.
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Dr. Roberto Callina Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 1.3k 32
Caro ragazzo,

<<tanto più ora che non ho un appoggio materiale da qualcuno.>>

forse proprio per questo motivo dovrebbe guardare a quella porta con uno spirito differente.

Dice che guardaandola le viene in mente gente che sta male, sofferenza... ma non mi sembra che la sua sofferenza sia meno importante di quella della gente che sta già dietro a quella porta.

Perché non dovrebbe prendersi cura di se stesso e concedersi il diritto di poter vivere una vita migliore come tutta l'altra gente che sta male?

Forse il suo amico studente di medicina ha ragione ma forse sarebbe il caso di consultare un medico per essere tranquillizzato rispetto al suo linfonodo. Anche questo è un aspetto che sembra rientrare nel suo disagio di natura ansiosa ma credo che una diagnosi di tipo medico, per questo problema specifico, sia bene farla.

E' comprensibile il suo sfogo così come lo sono, in parte, i suoi timori... ma purtroppo da qui non potremmo fare nulla di più di quanto stiamo facendo: orientarla verso una scelta. E l'unica scelta ragionevole è che lei cerchi l'aiuto concreto di un professionista de visu.

Un caro saluto
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Dr.ssa Rosanna Di Cosmo Psicologo, Psicoterapeuta 22 2
Caro ragazzo,
il suo è un grande malessere interiore che si cela dietro la paura di contrarre malattie.
Scrive: "Se guardo la porta di quel centro mi vengono in mente malattie, gente che sta male, sofferenza..."
soffermandosi su quello che è il pensiero di avvicinarsi a qualcosa che percepisce come doloroso e fonte di sofferenza.
Poi scrive che durante le attese per i risultati dei test precedenti
"sono piombato nella disperazione totale e ho anche seriamente pensato di togliermi la vita"...
Ha pensato seriamente di togliersi la vita?! Non è importante che lei vada in un CSM? Noo?! Non è importante?!
E' FONDAMENTALE che lei intervenga subito! La esorto a farlo, a maggior ragione se sostiene che: "non posso reggere ancora una volta un'attesa di 10 giorni tanto più ora che non ho un appoggio materiale da qualcuno".
Dunque, si accorge di come lei stesso sente il bisogno di "un appoggio", di un sostegno?!
Il sostegno e l'aiuto di un esperto può favorire il suo "prendersi cura", può favorire anche e soprattutto la sua autonomia (affrontata anche attraverso la sua paura della dipendenza).
Trovi la forza quantomeno di iniziare ad agire ancor prima che di re-agire...
Prima ancor di ricevere quell'aiuto che desidera ha bisogno prima di "appoggiarsi",
ma per appoggiarsi ha bisogno di fare uno sforzo per avvicinarsi a quella "base" di appoggio!
Le auguro vivamente e sinceramente di fare il primo passo, non esiti ingabbiandosi in pensieri auto-distruttivi!
Si dia il VIA!
Di cuore...auguri!
ps: ci aggiorni!

Dr.ssa Rosanna Di Cosmo

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Attivo dal 2012 al 2012
Ex utente
Non riesco a sbloccarmi in tal senso, e nessuno mi prende di peso e mi trascina da un medico. Ho paura che la mia vita, per quanto già inutile e segnata possa andare ancora peggio e rimango volutamente in questo limbo di incertezza in attesa di un'ancora di salvezza o della morte sperando che sia fulminea e non mi porti ancora sofferenze.
Riguardo il linfonodo non sapete dirmi nulla? Mi guardo allo specchio di continuo durante il giorno e mi rendo conto che nei momenti spensierati o quando magari sono un attimo allegro e penso a qualcosa di bello che mi scaccia i brutti pensieri il linfonodo si sgonfia quasi completamente, viceversa in momenti di stress in cui vedo tutto nero si gonfia.
So che posso risultare ridicolo agli occhi di chiunque ma non vedo via d'uscita. Come si potrebbe accettare di vivere una vita a metà? Come si potrebbe incassare tutta questa merda e andare avanti lo stesso?
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317
Nessuno può prenderla di forza e portarla da un medico, così come nessuno può sostituirsi a lei, agganciandosi all'altra metà di vita, che sporadicamente le sorride.
Attenzionare il linfonodo e non tutto il resto, è una visione miope e riduttiva.
Valuti costi e benefici, di una vita a metà, vedrà che fatto il bilancio, troverà la forza di rivolgersi ad un professionista, poi tutto verrà da sè.