Difficoltà a stare da soli

Sono un ragazzo di 24 anni con una vita abbastanza normale, molti vantaggi che altri non possono avere (doveroso riconoscerlo) e invece poche cose di cui lamentarsi.

Mi rendo conto ultimamente che ho dei momenti in cui ho difficoltà a rimanere da solo, cosa che mi porta a contattare amici o familiari via skype o facebook, visto che è un periodo in cui sono lontano da entrambi. Vengo da mesi vissuti in uno studentato in cui stare soli era quasi impossibile. Solitamente però non ho di questi problemi, anzi in passato passavo molto tempo da solo e non è mai stato un peso. Da quando ho iniziato l'università, quasi 5 anni or sono, mi sono spostato parecchio, sicché mi ritrovo ad avere qualche amico e molti conoscenti sparsi per l'Italia o anche fuori, con cui vedersi o sentirsi è difficile. In realtà non penso che sia così difficile se alla base c'è la volontà di entrambi di sentire come sta l'altro, ma nonostante in passato io abbiato spesso tentato di mantenere i contatti mi sono accorto che ero sempre io quello a farsi vivo, in quasi tutti i casi, e quindi c'ho rinunciato (e molto raramente mi sono accorto che avevo torto).

Mi sento solo sia perché mi sembra che i miei amici o presunti tali non si interessino a me, dato che mai mi cercano, sia forse perché mi accorgo che nonostante alcuni siano persone con cui mi trovo bene e posso confidarmi, mi manca qualcuno che mi conosca davvero bene, a cui poter rivelarmi senza timore di venire giudicato. E anche per questo motivo mi capita di ripensare - più spesso del dovuto anche se quasi senza alcun trasporto - alla mia ex ragazza, con cui è finita due anni fa e che ancora ad oggi considero esser stata la mia migliore amica e unica a cui mi sia rivelato completamente. Mi capita di ripensarla anche in un altro contesto: all'epoca mi lasciò per un altro (senza ovviamente farmelo sapere direttamente) e la cosa non mi è ancora andata totalmente giù, nel senso che mi son sentito non solo trattato male ma anche riconosciuto come non all'altezza dell'altro. E diciamo che pure questo m'ha fatto rosicare, come si dice a Roma. Per il resto so di non voler tornare con lei e, triste finale a parte, la ricordo positivamente, al punto che la rimpiango come amica e confidente e non mi dispiacerebbe ricontattarla. Purtroppo so che dopo due anni di silenzio le persone cambiano, io in primis, e dalle ultime cose che so di lei (risalenti ad un anno e mezzo fa) non credo avrebbe piacere a risentirmi...

Resta il fatto che mi capita di non vivere bene i momenti di solitudine: mi sembra di dover per forza condividerli, ho una specie di bisogno latente a condividere il mio tempo con qualcuno, anche se in questo momento dovrei essere per lo più concentrato su me stesso e sul mio lavoro. Non riesco a farlo e così contatto qualche amico, non solo per sapere come sta ma per condividere, magari in maniera anche un po' insulsa, il mio tempo con qualcuno.

Scusate la confusione nell'esporre, spero qualcosa sia comprensibile.
[#1]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

qual è esattamente la Sua richiesta?
Sarebbe gentile da riformularla meglio?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#2]
Attivo dal 2012 al 2012
Ex utente
Ha ragione, non sono stato chiaro e n'è risultato più che altro un flusso di pensieri.
Quello che mi preme capire è come mai ultimamente mi si presenta questa difficoltà a stare da solo. Scarso amor proprio? Bisogno di qualche sicurezza (per esempio di non esser solo anche quando lo sono)? Bisogno di agire per mantenere vive le amicizie per timore che invece si sfaldino?
La ringrazio.
[#3]
Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317
Gentile Utente,
La paura della solitudine e' frequente e non correla con la capacita' di stare in gruppo , ma con la capacita' di stare con se stessi.
La solitudine, se ben accattata ed elaborata, serve alla creativita' ed alla fertilita' del sentire.
Sembra dal suo scrivee, che non ci sia stata un' adeguata elaborazione cella fine della sua relazione di coppia.

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

[#4]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

non è possibile rispondere alla Sua richiesta da qui, perchè -per spiegare come mai ultimamente fa fatica a stare da solo- dovremmo costruire insieme i significati che per Lei ha lo stare da solo e condividerli.

Non esistono significati uguali per tutti.

Inoltre, bisognerebbe inquadrare meglio la Sua storia. Non dipende necessariamente da una storia d'amore che comincia o che si chiude.

Potremmo fare molte ipotesi, ad esempio rispetto alla Sua struttura di personalità.
Oppure rispetto al ruolo che Lei ha sempre avuto all'interno delle relazioni.

Questo Le crea disagio?
[#5]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
>>> Sono un ragazzo di 24 anni con una vita abbastanza normale, molti vantaggi che altri non possono avere (doveroso riconoscerlo)
>>>

Complimenti per l'ammissione, sono pochi coloro disposti a farlo.

>>> nonostante in passato io abbiato spesso tentato di mantenere i contatti mi sono accorto che ero sempre io quello a farsi vivo, in quasi tutti i casi, e quindi c'ho rinunciato (e molto raramente mi sono accorto che avevo torto)
>>>

Questo, se ci pensa bene, non sembra altro che un modo di manifestarsi della sua difficoltà a rimanere solo.

In altre parole non sono gli altri ad avere poco bisogno di lei, ma lei ad avere forse troppo bisogno di stare con gli altri.

Tutto sommato però il suo sembra un momento comprensibile: non ha una ragazza, se ho ben capito, perciò è abbastanza logico che abbia voglia di vivere, di stare in mezzo agli altri.

Di solito la dinamica è che quando si è in una relazione stabile si tende ad allontanarsi dal gruppo; quando invece si è soli si cerca di riavvicinarvisi.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#6]
Attivo dal 2012 al 2012
Ex utente
Per prima cosa ci tengo a ringraziare tutti per aver prestato attenzione a quanto ho scritto.

Gentile Dott.ssa Randone, non saprei dire se non ci sia stata un'adeguata elaborazione della fine della mia storia, se non altro perché non ho molti parametri per poter giudicare se sia adeguata o meno. Mi interesserebbe sapere la Sua opinione al riguardo: quand'è che si può definire adeguata? E cosa suggerisce che io non abbia metabolizzato bene la fine della mia storia?
Senza dubbio è stato un lutto faticoso: come ho detto si trattava anche della mia migliore amica e quindi è venuta a mancare questa figura importante e soprattutto direi uica, non essendoci persone con cui mi sia aperto allo stesso modo. E, purtroppo o per fortuna, considero il potersi aprire serenamente come qualità importante per una profonda amicizia. A ciò posso aggiungere che è un bene che la storia sia finita perché, al di là di spiacevoli terzi incomodi, la storia si stava già logorando, e noi con essa.
[#7]
Attivo dal 2012 al 2012
Ex utente
Gentile Dott.ssa Pileci, so che ha perfettamente ragione: probabilmente servirebbero lunghe digressioni sulla mia Storia per capire i miei problemi di oggi. Purtroppo non ho ben chiara la Sua domanda: cos'è mi crea o potrebbe creare disagio?
Se intende il mio ruolo all'interno delle relazioni (prendendo dalla Sua frase precedente), non saprei rispondere... in che modo il mio ruolo all'interno delle relazioni potrebbe crearmi disagio? Mi scusi se non ho compreso bene la domanda.
[#8]
Attivo dal 2012 al 2012
Ex utente
Gentile Dott. Santonocito, grazie anzitutto per i complimenti, li apprezzo anche se non ho fatto altro che riconoscere un mero dato di fatto.
Riguardo alla seconda parte della Sua risposta, devo risponderLe con un cliché con cui forse non si troverà d'accordo, cioé che tutto è relativo. Mi spiego meglio: se cercassi questi miei amici con grande frequenza, o se pretendessi da loro ua cosa analoga, mi sentirei di concordare con Lei. Il fatto è che il bisogno di sentirsi è relativo, ma nel mio caso non penso sia indice di difficoltà ad essere soli. Il motivo? Sto parlando di contattare (o desiderio di essere contattato) 3-4 volte l'anno, giusto per sapere se l'altro è ancora in vita o è passato a miglior vita (volendo estremizzare). Non mi sembra un contatto assillante o indice di difficoltà a stare soli (mio modesto parere). Purtroppo ho questa idea, che i rapporti, se non coltivati, alla lunga si sfaldino e vengano meno. Con certe persone che considero amiche o con cui ho condiviso momenti che ritengo importanti, non voglio che ciò succeda, e l'impossibilità di incontrarsi fisicamente, assieme al desiderio di sapere come va la loro vita (e la speranza che un simile interesse si presenti dall'altra parte) mi porta a contattarli, di quando in quando.
Una cosa che ho notato negli ultimi anni, in cui mi sono spostato parecchio, è che al momento delle partenze, dei trasferimenti da un posto ad un altro, sono preso da un forte senso di malinconia, e in quei momenti tendo molto di più a mettermi in contatto con questi amici. Non so se sia normale ma ho notato che è una cosa ricorrente, sia la malinconia da partenza che quello che forse è un tentativo di aggrapparsi al passato (?).
[#9]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Sì, tutto è relativo, quindi anche dire "troppo bisogno di stare con gli altri" lo è. "Troppo" è appunto un termine relativo, non assoluto. Quel che per lei è "giusto" può essere "troppo" per un altro.

L'idea è questa: lei può anche ritenere che le relazioni importanti vadano coltivate, ma poi bisogna vedere quanto l'altro sia dello stesso parere. Se non capisco male ci sta dicendo che sono più le volte in cui sembra lei a preoccuparsi di coltivare i rapporti delle volte in cui trova pari disponibilità da parte altrui. Questo che cosa ci dice? Che probabilmente è lei a essere relativamente più bisognoso ("troppo") della media.

Se non sono stato chiaro dica pure.
[#10]
Attivo dal 2012 al 2012
Ex utente
È stato molto chiaro, grazie. Senza dubbio sono "troppo" bisognoso di coltivare questi rapporti rispetto alle esigenze e/o ai desideri delle persone in questione, anche qui probabilmente non in assoluto (per quanto ho potuto notare nei periodi trascorsi assieme) ma nel rapporto col sottoscritto. "Troppo" rispetto alla media invece non penso; confrontandomi con altre persone mi accorgo che, oltre ad esserci spesso, tra costoro e i loro amici, mutua volontà di sentirsi, la frequenza è ben superiore alla mia. Immagino che la maggioranza della gente senta i propri amici di quando in quando. Se non sono io a farmi vivo, data l'impossibilità fisica di vedersi, possono passare molti mesi senza che ci si senta. Con alcuni è oltre un anno che non ci si sente e quanto so di loro è tramite terzi. Cosa devo desumere da tutto ciò? Forse che non sono amicizie così profonde e solide, oppure, come dice Lei, che in un certo senso pretendo "troppo". Il mio problema non nasce dal fatto che ci siano degli amici con cui mi senta così di rado, quanto dal fatto che, per qualche motivo, questo sia il modello a cui tutte le mie amicizie si conformano dopo un po' (più nello specifico quando la quotidianità o comunque la frequentazione fisica viene meno).

Con tutto questo non voglio negare che Lei abbia molto probabilmente ragione: se vivo questa cosa come un problema mentre gli altri no, sono io quello che in qualche modo pecca in qualcosa, no?

Forse sono solo un po' amareggiato che tutti i miei rapporti tendano a conformarsi, quando viene meno la presenza fisica, a questo modello che ho descritto, in cui l'assenza fisica porta all'assenza di una frequentazione che oggi come oggi sarebbe comunque possibile continuare a distanza senza grosse difficoltà. D'altronde è una specie di effetto collaterale dello "stile di vita" che ho scelto negli ultimi anni, quindi forrse me ne dovrei solo fare una ragione.
[#11]
Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317
Per adeguata elaborazione significa avere accettato e metabolizzato il dolore, il lutto e compreso le cause della separazione, altrimenti, come un cibo indigesto, tendera'a riproporsi.
Quando poi si tratta di un tradimento, l' elaborazione e' ancor piu' complessa .
[#12]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

La mia domanda si riferiva alla Sua replica n.2.
Quella che Lei percepisce come difficoltà a stare da solo è fonte di disagio?
[#13]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
>>> Cosa devo desumere da tutto ciò?
>>>

Intanto una cosa molto semplice: le vere amicizie, man mano che si cresce, diminuiscono sempre più. Nell'età adulta è raro che si abbiano molti amici, a meno che naturalmente uno non estenda il significato di "amici" a "conoscenti".

>>> Forse sono solo un po' amareggiato che tutti i miei rapporti tendano a conformarsi, quando viene meno la presenza fisica
>>>

Qui tocca un punto centrale, che riguarda direttamente le nuove generazioni, l'avvento dei social network e della comunicazione a distanza.

Una volta esisteva un proverbio: lontano dagli occhi, lontano dal cuore.

Così come gran parte degli utenti che ci scrive si stupisce nell'apprendere che non è possibile aiutare a distanza le persone, e che qualsiasi intervento psicologico incisivo è possibile solo faccia a faccia, molti giovani d'oggi cadono nell'illusione che se ci si può sentire su Facebook o Skype, dev'essere come stare l'uno di fronte all'altro. Non è così. Le relazioni umane sono fatte anche di vicinanza fisica, contatto, manate sulle spalle, sguardi, esperienze vissute assieme. Sentirsi a distanza può essere bello e utile, ma *coltivare* amicizie a distanza, a seconda di come si è fatti, può essere più complicato.

Tuttavia le vere amicizie resistono anche al tempo e allo spazio, ma come dicevo sono rare.

Oltre a tutto ciò potrebbe anche essere - ma da qui non possiamo saperlo - che lei metta in atto un copione che ripete se stesso, che comunica all'altro qualcosa che tende a farlo allontanare. Come vede anche questa è una cosa che si potrebbe valutare solo di persona. Guardando come si muove e sentendola parlare qualsiasi psicologo potrebbe dirle se questo è il caso, ma non via web.
[#14]
Attivo dal 2012 al 2012
Ex utente
Gentile Dott.ssa Randone,
penso di aver metabolizzato la fine della mia storia, da vario tempo ormai. Non è stato semplice e sono ricorsi mesi perché ci riuscissi, ma sento di esserci riuscito. Forse l'unica cosa che non mi è andata proprio giù, magari per un colpo al mio orgoglio, è stato che mi sono sentito ritenuto inferiore rispetto al "nuovo arrivato" scelto dalla mia ex.


Gentile Dott.ssa Pileci,
penso che la risposta alla Sua domanda sia che non mi sento a disagio a essere solo. Mi capita in taluni momenti, come in quelli che ho descritto sopra (per es. quando mi trasferisco da un posto ad un altro), di avere una sorta di bisogno di sapere che non sono solo, non saprei descriverlo meglio.



Gentile Dott. Santonocito,
credo che abbia detto due grandi verità. Della prima ero ben consapevole, anzi più vado avanti e conosco gente e più mi rendo conto che, sebbene ci siano persone meritevoli di stima e fiducia, molto spesso non solo sono poche quelle che si possono definire amiche, ma poche pure quelle di cui ci si può fidare (considerando la fiducia come qualcosa di necessario ma non sufficiente per stabilire una sincera amicizia).
Della seconda, quella che ha sintetizzato in "lontano dagli occhi lontano dal cuore", non ero invece consapevole, per cui La ringrazio per avermi fornito un nuovo utlile spunto di riflessione che in un certo senso mi apre una nuova prospettiva. Mi era chiaro che i social network hanno stravolto il modo di vivere i rapporti, e per questo non amo facebook e compagnia, ma pensavo - o forse solamente desideravo convincermi - che potessero essere utili per aggirare in qualche modo (visto che annullare è impossibile) la distanza che si frappone talvolta tra due amici per periodi più o meno lunghi. Mi rendo conto invece che forse mi son voluto convincere di questo, con conseguenti continui tentativi di mantenere i contatti quando invece dall'altra parte non vedevo una volontà analoga, nonostante l'evidenza mi suggerisse che è come dice Lei. Purtroppo però mi son trovato a stringere legami abbastanza forti con persone che dopo pochi anni o qualche mese ho dovuto salutare. A questo punto mi sembra di avere davanti solo un bivio: o continuo per questa via, più o meno illusoria, di mantenere le amicizie anche a distanza, oppure mi rassegno a non avere amicizie durature, almeno finché non cesserò di vivere da "nomade".
Quanto all'ultima ipotesi che suggerisce, è possibile che io riproponga un modo di fare che mantenga i presunti amici a distanza, anche se questo, ad onor del vero, non credo sia il caso. Però per quanto mi sforzi di essere obiettivo so di non poter esprimere un giudizio valido a tal proposito e inoltre, come ricorda giustamente, non è nemmeno possibile diagnosticare una cosa simile tramite web.
[#15]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
>>> Mi rendo conto invece che forse mi son voluto convincere di questo, con conseguenti continui tentativi di mantenere i contatti quando invece dall'altra parte non vedevo una volontà analoga, nonostante l'evidenza mi suggerisse che è come dice Lei.
>>>

Nel problem solving strategico è ciò che si chiama una tentata soluzione, ovvero quel tentativo che quando non risolve un problema, lo alimenta. Quando vediamo che una cosa che facciamo non funziona, la reazione più comune è provare a farla ancora di più. Più il problema si aggrava, più diciamo a noi stessi: "Dev'essere perché ancora non l'ho fatto abbastanza".

>>> A questo punto mi sembra di avere davanti solo un bivio: o continuo per questa via, più o meno illusoria, di mantenere le amicizie anche a distanza, oppure mi rassegno a non avere amicizie durature, almeno finché non cesserò di vivere da "nomade".
>>>

Potrebbe essere. Anche viaggiare molto e conoscere molte persone può dare l'illusione di avere molti amici.

Poi, sa, come dicevo, tutto sta al significato che uno attribuisce alla parola "amico".