Rapporto terapeuta paziente
Salve,
digito la presente E-MAIL,giacchè mi preme chiedere una cosa:
è plausibile che,un paziente,il quale,a prescindere dalla sua propia identità sessuale,abbia,da sempre,ricercato e sèguiti a ricercare un referente affettivo assimilabile ad una figura paterna;nutra affetto nei riguardi del propio terapeuta?!
Mi risulta che,il terapeuta,non può affezzionarsi al paziente;ma,da parte del paziente,è auspicabile e consentito un transfert nei riguardi del terapeuta;giusto?!
Il paziente dovrebbe comunicare al terapeuta che gli vuole bene?!
Il paziente avrebbe ragione a temere che,dopo tale comunicazione,il terapeuta potrebbe scacciarlo dal setting terapeutico?
Il paziente se,ad es.,è un soggetto solo,ghettizzato e privo di punti di riferimento;può scorgere,nel terapeuta,un punto di riferimento?
Il terapeuta ed il paziente possono andare a mangiare una pizza insieme?
Possono frequentarsi?
Possono interagire sui social-network?
Possono scambiarsi gesti di affetto,tenerezza,dolcezza(Ad es.abbracci o carezze)?
Quali sono,esattamente,i limiti che,un paziente,non dovrebbe mai travalicare?
Spero di non averle arrecato eccessivo disturbo e che,lei,possa rispondere ai quesiti,da me,formulati.
Grazie
digito la presente E-MAIL,giacchè mi preme chiedere una cosa:
è plausibile che,un paziente,il quale,a prescindere dalla sua propia identità sessuale,abbia,da sempre,ricercato e sèguiti a ricercare un referente affettivo assimilabile ad una figura paterna;nutra affetto nei riguardi del propio terapeuta?!
Mi risulta che,il terapeuta,non può affezzionarsi al paziente;ma,da parte del paziente,è auspicabile e consentito un transfert nei riguardi del terapeuta;giusto?!
Il paziente dovrebbe comunicare al terapeuta che gli vuole bene?!
Il paziente avrebbe ragione a temere che,dopo tale comunicazione,il terapeuta potrebbe scacciarlo dal setting terapeutico?
Il paziente se,ad es.,è un soggetto solo,ghettizzato e privo di punti di riferimento;può scorgere,nel terapeuta,un punto di riferimento?
Il terapeuta ed il paziente possono andare a mangiare una pizza insieme?
Possono frequentarsi?
Possono interagire sui social-network?
Possono scambiarsi gesti di affetto,tenerezza,dolcezza(Ad es.abbracci o carezze)?
Quali sono,esattamente,i limiti che,un paziente,non dovrebbe mai travalicare?
Spero di non averle arrecato eccessivo disturbo e che,lei,possa rispondere ai quesiti,da me,formulati.
Grazie
[#1]
Gentile Signore,
Quando si sta effettuando una terapia e' frequente che il paziente ritenga di provare una sorta di innamoramento per il terapeuita. Non si tratta di un innamoramento ma di tranfert, una componente basilare del rapporto teapeutico. Tale tranfert va analizzato con il paziente che ne trae vantaggio perche' le stesse dinamiche che si verificano in questo "amore trasferale" sovente sono le stesse che pone in essere nei suoi rapporti affettivi reali.
Naturalmente nessun terapeuta contraccambia tale "sentimento trasferale". Non esistono uscite, pizze ne' niente del genere.
Il paziente deve esprimere con serenita' questi sentimenti che prova al terapeuta senza alcun problema. E' un indice che la terapia sta svolgendo la sua funzione.
Sara' il terapeuta che ricondurra' nei i limiti della terapia che sta effettuando tali sentimenti trasferali..
Guardando lo storico dei consulti da Lei chiesti e' emerso che tale parere Le era gia' stato offerto alcuni mesi fa.
Non e' servito ad orientarla in questo aspetto della terapia?
Quando si sta effettuando una terapia e' frequente che il paziente ritenga di provare una sorta di innamoramento per il terapeuita. Non si tratta di un innamoramento ma di tranfert, una componente basilare del rapporto teapeutico. Tale tranfert va analizzato con il paziente che ne trae vantaggio perche' le stesse dinamiche che si verificano in questo "amore trasferale" sovente sono le stesse che pone in essere nei suoi rapporti affettivi reali.
Naturalmente nessun terapeuta contraccambia tale "sentimento trasferale". Non esistono uscite, pizze ne' niente del genere.
Il paziente deve esprimere con serenita' questi sentimenti che prova al terapeuta senza alcun problema. E' un indice che la terapia sta svolgendo la sua funzione.
Sara' il terapeuta che ricondurra' nei i limiti della terapia che sta effettuando tali sentimenti trasferali..
Guardando lo storico dei consulti da Lei chiesti e' emerso che tale parere Le era gia' stato offerto alcuni mesi fa.
Non e' servito ad orientarla in questo aspetto della terapia?
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
[#2]
Gentilissimo,
può dirci per quale motivo è in psicoterapia?
Si tratta di difficoltà relazionali?
Mi colpiscono in particolare queste sue domande:
"Il paziente dovrebbe comunicare al terapeuta che gli vuole bene?!
Il paziente avrebbe ragione a temere che,dopo tale comunicazione,il terapeuta potrebbe scacciarlo dal setting terapeutico?"
Ha paura di essere brutalmente respinto (scacciato) nel caso in cui manifestasse affetto e stima per il professionista che si occupa di lei?
Si tratta di uno psicologo o di una psicologa?
può dirci per quale motivo è in psicoterapia?
Si tratta di difficoltà relazionali?
Mi colpiscono in particolare queste sue domande:
"Il paziente dovrebbe comunicare al terapeuta che gli vuole bene?!
Il paziente avrebbe ragione a temere che,dopo tale comunicazione,il terapeuta potrebbe scacciarlo dal setting terapeutico?"
Ha paura di essere brutalmente respinto (scacciato) nel caso in cui manifestasse affetto e stima per il professionista che si occupa di lei?
Si tratta di uno psicologo o di una psicologa?
[#3]
Gentile Utente,
l' "innamoramento", che amore non è, detto transert, si chiama controtranfert quando va dal terapeuta al paziente, ma non si tratta di voler bene, nè di amore, ma di "coinvolgimento" che necessita alla terapia .
Queste emozioni, vanno sapientemente e strategicamente adoperate in terapia, sono un valore aggiunto, non un impedimento.
Alle sue domande:
Il terapeuta ed il paziente possono andare a mangiare una pizza insieme?
Possono frequentarsi?
Possono interagire sui social-network?
Possono scambiarsi gesti di affetto,tenerezza,dolcezza(Ad es.abbracci o carezze)?
La rispsota è no, non è prevista , nè utile, una frequentazione fuori dal setting terapeutico, che preveda intimità corporea o altro che non sia consono alla psicoterapia.
Saluti
l' "innamoramento", che amore non è, detto transert, si chiama controtranfert quando va dal terapeuta al paziente, ma non si tratta di voler bene, nè di amore, ma di "coinvolgimento" che necessita alla terapia .
Queste emozioni, vanno sapientemente e strategicamente adoperate in terapia, sono un valore aggiunto, non un impedimento.
Alle sue domande:
Il terapeuta ed il paziente possono andare a mangiare una pizza insieme?
Possono frequentarsi?
Possono interagire sui social-network?
Possono scambiarsi gesti di affetto,tenerezza,dolcezza(Ad es.abbracci o carezze)?
La rispsota è no, non è prevista , nè utile, una frequentazione fuori dal setting terapeutico, che preveda intimità corporea o altro che non sia consono alla psicoterapia.
Saluti
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#4]
Utente
Gentile Dr.ssa Massaro,
il mio terapeuta è di sesso maschile ed è un uomo adulto.
Io,da sempre,a prescindere dalla mia identità sessuale,vado ricercando un referente affettivo assimilabile ad una figura paterna.Giacchè,in mio padre,deceduto tre anni addietro,all'età di settanta anni;ho sempre visto un nonno,non un padre.Lui era adulto oltre ogni aspettativa.Dimostrava la sua senilità.
Quindi,con facilità,mi affezziono a chi,per età,potrebbe essere mio padre.Peraltro,al pari di mio padre,anche il mio terapeuta,ha avuto un figlio in età matura.Il che mi ha avvicinato a costui.
Sono in terapia per problematiche relazionali.
Non accetto me stesso:la mia identità sessuale,la mia disabilità(sono claudicante dalla nascita).
Ho vissuto il bullismo,la ghettizzazione,lo scherno.
La gente si è,sempre,soffermata all'estreiorità.Non considerando la mia sensibilità,il mio spessore,il mio bisogno di dare e ricevere affetto.Nel migliore dei casi,sono stato usato e,poi,buttato via al pari di un oggetto.
Sono privo d'autostima e di forza caratteriale.
In passato,sono stato già in terapia.
Il mio precedente terapeuta mi diceva che,per lui,ero come un figlio e che mi voleva bene.
Era,però,direttivo e prescrittivo.Mi ammoniva con frasi del tipo:"Se non fai ciò che dico,te ne vai.."
Ho,poi,appreso,da fonte certa,che costui non era un terapeuta;ma soltanto un laureato in filosofia che,mediante sanatoria,aveva conseguito una laurea in psicologia.
Di fatto,ha dimostrato di non ritenermi un figlio e di non volermi bene.Difatti,allorquando,successivamente,mi sono,di nuovo,rivolto a lui,mi ha chiuso la porta in faccia.
Verso,quindi,in uno stato di confusione;ecco il perchè dei quesiti,da me,formulati.
Grazie per l'attenzione
il mio terapeuta è di sesso maschile ed è un uomo adulto.
Io,da sempre,a prescindere dalla mia identità sessuale,vado ricercando un referente affettivo assimilabile ad una figura paterna.Giacchè,in mio padre,deceduto tre anni addietro,all'età di settanta anni;ho sempre visto un nonno,non un padre.Lui era adulto oltre ogni aspettativa.Dimostrava la sua senilità.
Quindi,con facilità,mi affezziono a chi,per età,potrebbe essere mio padre.Peraltro,al pari di mio padre,anche il mio terapeuta,ha avuto un figlio in età matura.Il che mi ha avvicinato a costui.
Sono in terapia per problematiche relazionali.
Non accetto me stesso:la mia identità sessuale,la mia disabilità(sono claudicante dalla nascita).
Ho vissuto il bullismo,la ghettizzazione,lo scherno.
La gente si è,sempre,soffermata all'estreiorità.Non considerando la mia sensibilità,il mio spessore,il mio bisogno di dare e ricevere affetto.Nel migliore dei casi,sono stato usato e,poi,buttato via al pari di un oggetto.
Sono privo d'autostima e di forza caratteriale.
In passato,sono stato già in terapia.
Il mio precedente terapeuta mi diceva che,per lui,ero come un figlio e che mi voleva bene.
Era,però,direttivo e prescrittivo.Mi ammoniva con frasi del tipo:"Se non fai ciò che dico,te ne vai.."
Ho,poi,appreso,da fonte certa,che costui non era un terapeuta;ma soltanto un laureato in filosofia che,mediante sanatoria,aveva conseguito una laurea in psicologia.
Di fatto,ha dimostrato di non ritenermi un figlio e di non volermi bene.Difatti,allorquando,successivamente,mi sono,di nuovo,rivolto a lui,mi ha chiuso la porta in faccia.
Verso,quindi,in uno stato di confusione;ecco il perchè dei quesiti,da me,formulati.
Grazie per l'attenzione
[#5]
Gent.le utente,
la difficoltà ad accettare la propria identità sessuale la sta affrontando all'interno della psicoterapia?
Solitamente nel corso delle prime sedute lo psicoterapeuta concorda insieme al cliente gli obiettivi terapeutici del percorso che si sta avviando, è stato così nel suo caso?
Dato che in passato ha avuto un'esperienza negativa può consultare questo link per verificare se lo specialista da Lei scelto è in possesso del titolo di psicologo e di psicoterapeuta:
https://areariservata.psy.it/cgi-bin/areariservata/albo_nazionale.cgi
la difficoltà ad accettare la propria identità sessuale la sta affrontando all'interno della psicoterapia?
Solitamente nel corso delle prime sedute lo psicoterapeuta concorda insieme al cliente gli obiettivi terapeutici del percorso che si sta avviando, è stato così nel suo caso?
Dato che in passato ha avuto un'esperienza negativa può consultare questo link per verificare se lo specialista da Lei scelto è in possesso del titolo di psicologo e di psicoterapeuta:
https://areariservata.psy.it/cgi-bin/areariservata/albo_nazionale.cgi
Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it
[#6]
"Il mio precedente terapeuta mi diceva che,per lui,ero come un figlio e che mi voleva bene.
Era,però,direttivo e prescrittivo.Mi ammoniva con frasi del tipo:"Se non fai ciò che dico,te ne vai.."
Penso che sia solo positivo che lei ora sia in terapia presso un altro professionista, perchè quello precedente sembrerebbe aver travalicato i confini di un rapporto che è e deve rimanere professionale.
Quindi il suo dubbio riguarda l'opportunità di dire al nuovo terapeuta quello che sente nei suoi confronti, perchè in passato è finita come ci ha descritto?
Era,però,direttivo e prescrittivo.Mi ammoniva con frasi del tipo:"Se non fai ciò che dico,te ne vai.."
Penso che sia solo positivo che lei ora sia in terapia presso un altro professionista, perchè quello precedente sembrerebbe aver travalicato i confini di un rapporto che è e deve rimanere professionale.
Quindi il suo dubbio riguarda l'opportunità di dire al nuovo terapeuta quello che sente nei suoi confronti, perchè in passato è finita come ci ha descritto?
[#7]
Utente
Gentile dr.ssa massaro,
io non so se, il paziente,, come nel mio caso, può affezzionarsi al terapeuta?!
so che, il terapeuta,è tenuto ad un distacco metodologico professionale ;ma il paziente?!
avendo, sempre, vissuto il rifiuto ;temo che, dicendo al terapeuta di volergli bene, costui mi cacci dalla psicoterapia?!
io non voglio separarmi da lui. vivrei l'ennesimo abbandono e non lo sopporterei.
il mio precedente terapeuta ha sbagliato, mi ha confuso, non ha considerato i miei problemi ;giusto?!
io gradirei che, stavolta, non ci siano inconvenienti di sorta.
peraltro, il precedente terapeuta, mi ha illuso ;perché, nel concreto, ha dimostrato, nei fatti, di non nutrire affetto alcuno per me ;nonostante le belle frasi che proferiva.
ho, sempre, paura che, il mio attuale terapeuta, al pari del precedente, mi abbandoni, nel momento di maggior bisogno, senza colpo ferire.
difatti, a principio di seduta, gli chiedo, per stare più tranquillo, di fissare l'incontro successivo.
prima di ciò, la paura dell'abbandono mi pervade.
io non so se, il paziente,, come nel mio caso, può affezzionarsi al terapeuta?!
so che, il terapeuta,è tenuto ad un distacco metodologico professionale ;ma il paziente?!
avendo, sempre, vissuto il rifiuto ;temo che, dicendo al terapeuta di volergli bene, costui mi cacci dalla psicoterapia?!
io non voglio separarmi da lui. vivrei l'ennesimo abbandono e non lo sopporterei.
il mio precedente terapeuta ha sbagliato, mi ha confuso, non ha considerato i miei problemi ;giusto?!
io gradirei che, stavolta, non ci siano inconvenienti di sorta.
peraltro, il precedente terapeuta, mi ha illuso ;perché, nel concreto, ha dimostrato, nei fatti, di non nutrire affetto alcuno per me ;nonostante le belle frasi che proferiva.
ho, sempre, paura che, il mio attuale terapeuta, al pari del precedente, mi abbandoni, nel momento di maggior bisogno, senza colpo ferire.
difatti, a principio di seduta, gli chiedo, per stare più tranquillo, di fissare l'incontro successivo.
prima di ciò, la paura dell'abbandono mi pervade.
[#8]
Deve tener presente una cosa fondamentale: lo psicologo psicoterapeuta (i filosofi non so) è abituato a vedere e gestire dinamiche come quelle che descrive. Perciò sarebbe difficile che venga cacciato dalla terapia, qualora gli riferisse ciò che sente per lui.
Anzi, consideri l'ipotesi opposta, ossia che se non espliciterà l'argomento, lasciandolo in sospeso, c'è la possibilità che la terapia fallisca comunque.
Quando si manifestano fenomeni transferali o controtransferali (e non sempre accade o è necessario che accada, ai fini della terapia) essi devono essere in qualche modo risolti. Diciamo che il transfert è un po' come un punto di svolta: può essere una splendida occasione per far progredire la terapia, oppure per farla naufragare.
Perciò ne parli al terapeuta e chiarite questo punto prima di andare avanti.
Cordiali saluti
Anzi, consideri l'ipotesi opposta, ossia che se non espliciterà l'argomento, lasciandolo in sospeso, c'è la possibilità che la terapia fallisca comunque.
Quando si manifestano fenomeni transferali o controtransferali (e non sempre accade o è necessario che accada, ai fini della terapia) essi devono essere in qualche modo risolti. Diciamo che il transfert è un po' come un punto di svolta: può essere una splendida occasione per far progredire la terapia, oppure per farla naufragare.
Perciò ne parli al terapeuta e chiarite questo punto prima di andare avanti.
Cordiali saluti
[#9]
"ho, sempre, paura che, il mio attuale terapeuta, al pari del precedente, mi abbandoni, nel momento di maggior bisogno, senza colpo ferire.
difatti, a principio di seduta, gli chiedo, per stare più tranquillo, di fissare l'incontro successivo"
Non serve a nessuno che lei trascorra il tempo delle sedute con l'ansia che ognuna possa essere l'ultima.
Non crede?
In quel modo non può certo lavorare serenamente, ma sarà eventualmente concentrato a non fare e non dire nulla che la esponga alla possibilità di essere respinto.
Se vuole che la terapia le serva deve essere sincero e dire quello che prova: soprattutto in casi come il suo il rapporto con lo psicoterapeuta è di per sè uno strumento di cura, ma se lei lascia fuori dalla porta le sue emozioni non consente a chi la segue di occuparsi che di una parte di lei.
Immagino che non abbia raccontato all'attuale terapeuta quello che le accaduto in precedenza.
E' così?
Lei riconosce apertamente che sta "ricercando un referente affettivo assimilabile ad una figura paterna": questa aspettativa è segno di una necessità che non ha trovato risposta da parte di suo padre, come lei stesso ci dice, ed è molto importante che metta al corrente il suo terapeuta di questo suo desiderio di "trovare un padre" che può motivare i suoi atteggiamenti e comportamenti in seduta.
Ci può dire se ha ricevuto una diagnosi precisa da parte di uno o di entrambi gli psicoterapeuti?
difatti, a principio di seduta, gli chiedo, per stare più tranquillo, di fissare l'incontro successivo"
Non serve a nessuno che lei trascorra il tempo delle sedute con l'ansia che ognuna possa essere l'ultima.
Non crede?
In quel modo non può certo lavorare serenamente, ma sarà eventualmente concentrato a non fare e non dire nulla che la esponga alla possibilità di essere respinto.
Se vuole che la terapia le serva deve essere sincero e dire quello che prova: soprattutto in casi come il suo il rapporto con lo psicoterapeuta è di per sè uno strumento di cura, ma se lei lascia fuori dalla porta le sue emozioni non consente a chi la segue di occuparsi che di una parte di lei.
Immagino che non abbia raccontato all'attuale terapeuta quello che le accaduto in precedenza.
E' così?
Lei riconosce apertamente che sta "ricercando un referente affettivo assimilabile ad una figura paterna": questa aspettativa è segno di una necessità che non ha trovato risposta da parte di suo padre, come lei stesso ci dice, ed è molto importante che metta al corrente il suo terapeuta di questo suo desiderio di "trovare un padre" che può motivare i suoi atteggiamenti e comportamenti in seduta.
Ci può dire se ha ricevuto una diagnosi precisa da parte di uno o di entrambi gli psicoterapeuti?
[#10]
Utente
Gentile Dr.ssa Massaro,
io,fin dalla seduta preliminare,parlai,al terapeuta attuale della mia identità sessuale e del mio ricercare costante,a prescindere dalla suddetta identità,di un referente affettivo assimilabile ad una figura paterna.
Peraltro,io provo attrazione fisica,unicamente,per i così detti "maturi",non per i miei coetanei.
Sono,stando alla mia personale esperienza,schifato dal mondo gay.
Provo schifo per me stesso e per i gay.
Il mio attuale terapeuta sa che ci tengo a lui.Sa che non voglio perderlo.Sa che,perderlo,sarebbe devastante e dirompente.Sa che voglio sèguitare le sedute a tempo indeterminato.Di recente,pochi giorni fa,sono riuscito a dirglielo.Non gli ho,però,ancora,detto,e non so se lo farò,che gli voglio bene e che lo vedo come un padre.Sebbene,ovviamente,sono cosciente che,lui,non potrà essere,per me,un padre od un referente affettivo assimilabile ad una figura paterna.
A quanto ho inteso,lui mi ritiene un paziente collaborativo(sia nella terapia individuale che nella gruppo-analisi).
Fin'ora,quanto celato afferisce,soltanto,al sentimento filiale che nutro per lui.
Gli ho detto della mia paura dell'abbandono,ascrivibile all'atteggiamento emesso,ai miei danni,dall'ex-terapeuta(ciarlatano).
Gli ho detto dell'ansia che provo,fino a prima di fissare la seduta successiva(cosa che chiedo di fare appena iniziamo l'incontro).
Gli ho detto che tengo a lui e che necessito del suo supporto e sostegno.
Gli ho detto che voglio attenermi,scrupolosamente,alle regole del setting e che,io non conosco,non essendo terapeuta;in quanto non voglio perderlo.
Ad es.gli ho chiesto se è possibile salutarlo,qualora lo incontrassi per strada.Gli ho chiesto se ci si può scambiare glia auguri in occasione di festività.La sua risposta,in entrambi i casi,è stata affermativa.
Mi ha detto di comportarmi come farei al di fuori,con gli altri.
Mi ha,altresì,detto che,per essere cacciato,dovrei risultare ineducato o non collaborativo.A tal proposito,scherzosamente,mi ha detto:"Se mi rompe gli oggetti dell'ufficio,una volta,due volte..allora dico di non venire più".
io,fin dalla seduta preliminare,parlai,al terapeuta attuale della mia identità sessuale e del mio ricercare costante,a prescindere dalla suddetta identità,di un referente affettivo assimilabile ad una figura paterna.
Peraltro,io provo attrazione fisica,unicamente,per i così detti "maturi",non per i miei coetanei.
Sono,stando alla mia personale esperienza,schifato dal mondo gay.
Provo schifo per me stesso e per i gay.
Il mio attuale terapeuta sa che ci tengo a lui.Sa che non voglio perderlo.Sa che,perderlo,sarebbe devastante e dirompente.Sa che voglio sèguitare le sedute a tempo indeterminato.Di recente,pochi giorni fa,sono riuscito a dirglielo.Non gli ho,però,ancora,detto,e non so se lo farò,che gli voglio bene e che lo vedo come un padre.Sebbene,ovviamente,sono cosciente che,lui,non potrà essere,per me,un padre od un referente affettivo assimilabile ad una figura paterna.
A quanto ho inteso,lui mi ritiene un paziente collaborativo(sia nella terapia individuale che nella gruppo-analisi).
Fin'ora,quanto celato afferisce,soltanto,al sentimento filiale che nutro per lui.
Gli ho detto della mia paura dell'abbandono,ascrivibile all'atteggiamento emesso,ai miei danni,dall'ex-terapeuta(ciarlatano).
Gli ho detto dell'ansia che provo,fino a prima di fissare la seduta successiva(cosa che chiedo di fare appena iniziamo l'incontro).
Gli ho detto che tengo a lui e che necessito del suo supporto e sostegno.
Gli ho detto che voglio attenermi,scrupolosamente,alle regole del setting e che,io non conosco,non essendo terapeuta;in quanto non voglio perderlo.
Ad es.gli ho chiesto se è possibile salutarlo,qualora lo incontrassi per strada.Gli ho chiesto se ci si può scambiare glia auguri in occasione di festività.La sua risposta,in entrambi i casi,è stata affermativa.
Mi ha detto di comportarmi come farei al di fuori,con gli altri.
Mi ha,altresì,detto che,per essere cacciato,dovrei risultare ineducato o non collaborativo.A tal proposito,scherzosamente,mi ha detto:"Se mi rompe gli oggetti dell'ufficio,una volta,due volte..allora dico di non venire più".
Questo consulto ha ricevuto 11 risposte e 19.9k visite dal 18/03/2012.
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