Isolamento, crisi di pianto, senso di disperazione

Gentili dottori, scrivo qui perchè non ho davvero nessuno con cui parlare... Sono sempre stata una persona introversa, con pochi amici, anzi quasi nessuno, storie d'amore ancora peggio. Fin dai 12-13 anni alternavo periodi (che in genere duravano un anno o poco più) in cui mi sforzavo di vivere normalemnte, e ottenevo discreti risultati, ma tutto questo finiva presto e mi ritrovavo di nuovo triste, sola, apatica...
tutto questo fino a 19 anni, quando mi è sembrato di stare decisamente meglio, avevo finito il liceo, un'esperienza per me quasi del tutto negativa anche in termini di risultati scolastici ed ero ottimista, forse per la prima volta. Il primo anno di università è andato benissimo, nuove amicizie, insomma tutto al di là delle aspettative. Poi nel 2007 è iniziato un crollo graduale, subito dopo un litigio con mia madre: mi critica in continuazione, mi mette in paragone con gli altri e questo non l'ho sopportato. A questo si è aggiunto il fatto che ho perso quelle poche amicizie che avevo e non ho nessuno a cui appoggiarmi. Poi c'è un altro problema: una patologia che ho da quando avevo 14 anni, la policistosi ovarica, curata con diversi dosaggi di pillola anticoncezionale. Una cosa banale ma che unita a tutto questo non facilita le cose.
Insomma ora a 22 anni ho lasciato l'università, non verdo un futuro per me, non ho amici, nessuno. Piango spesso, ma lo nascondo a tutti, mangio più del solito, e soprattutto mi sono isolata dagli altri, ho paura del loro giudizio, mi sento una fallita, inferore a tutti. Anche se vorrei avere qualcuno con cui parlare mi vergogno di farlo. Forse per la prima volta mi sento anormale e malata, mentre vedo gli altri miei coetanei tutti realizzati e sereni. Però non ho perso la voglia di vivere, e vorrei reagire, ma non so come!
Spero in un vostro consiglio, comunque vi ringrazio per l'opportunità.
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Dr.ssa Franca Scapellato Psichiatra, Psicoterapeuta 4k 202
Gentile utente, chiedere aiuto è già un tentativo di uscire da questa situazione. Intanto le consiglierei vivamente di ripensare all'università: se il primo anno è andato "oltre le aspettative", perché rinunciare? Si rende conto da sola che il problema è legato al rapporto con la mamma, ma diventare adulti vuol dire anche prendere le distanze dal giudizio dei genitori, mentre così scarica l'aggressività contro se stessa. Può dire che sono banalità, che non riesce a fare altro, comunque ci rifletta: ha tanta rabbia dentro che con quell'energia potrebbe fare un sacco di cose più costruttive.
Che i suoi coetanei siano tutti realizzati e sereni è una fiaba metropolitana, e lo sa benissimo.
Come reagire? Consideri quest'anno come sabbatico, dedicato alla ricerca di sè. Una serie di colloqui con uno psicoterapeuta potrebbero aiutare, forse l'università ha un sevizio di counseling, oppure può parlare con i suoi genitori, se riesce, e farsi pagare una terapia:parto dal presupposto che sua madre a modo suo le voglia bene e si senta frustrata vedendola così infelice. Oppure provare a imparare qualcosa di nuovo, trovarsi un piccolo lavoro, o un'attività di volontariato, anche poche ore alla settimana.
Ci pensi un po', per ora la saluto cordialmente

Franca Scapellato

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Attivo dal 2008 al 2008
Ex utente
La ringrazio per la risposta! E' vero che ci devo pensare sull'università e soprattutto che devo impegnarmi in qualcosa di costruttivo... Io l'atteggiamento di mia madre lo capisco e ne sono sicura che lei mi voglia bene. Ho tanta rabbia dentro, ma la maggior parte è rivolta verso di me, non dò la colpa a nessuno di come sono. Comunque mia madre non è l'unica che mi ha messo davanti alle mie debolezze , ma molto (forse la maggior parte) hanno fatto anche i miei amici.
Le spiego meglio: alla fine del liceo mi sono resa conto che ero sola, non ero stata in grado di crearmi niente che poteva dirsi un rapporto d'amicizia, allora ho cominciato ad avvicinarmi a qualcuno, in maggioranza compagni di classe, per cercare di recuperare qualcosa. All'inizio ho avuto reazioni positive, in fondo faceva piacere anche a loro questa cosa. Ed è stato proprio per questo che all'università è andata bene, io mi sentivo forte per essere riuscita a creare qualcosa. E allo stesso tempo ho cercato di fare nuove amicizie nel nuovo ambiente. Poi però quando mi chiedevano di uscire con altra gente del gruppo, (alcuni sconsciuti, altri che io conoscevo ma con i quali per anni mi ero trovata male, mi ero sentita esclusa, ecc ecc) rifiutavo sempre e loro non hanno mai capito questa cosa, ma insistevano (giustamente) che così non andava bene, facendomi sentire colpevole. ma io non ci potevo fare proprio niente! Ma mi dica lei come potevo voler vedere gente che per anni mi aveva ripetuto che ero "l'ultima ruota del carro", che "con te mi posso permettere tutto", non è per fare la vittima, però queste cose sono vere e le ho detto solo alcune.
Con due di questi miei amici ho parlato di più di me, ma credo di aver sbagliato, perchè questo mi ha reso molto più vulnerabile. Quindi mi hanno allontanata tutti quelli che io avevo avvicinato ed è stato principalmente questo a farmi chiudere in me stessa.

Ad una psicoterapia ci ho pensato, ma se intraprendendo questa strada lo vorrei fare senza che nessuno lo sappia. Per i miei genitori sarebbe doloroso e lo sarebbe anche per me renderli partecipi di questa cosa. quindi avevo pensato di rivolgermi alla asl per una prima visita che è gratis, poi per il resto si vedrà, ho un pò di soldi da parte, userò quelli, mi peserebbe troppo chiederli a loro!
Quando ho scritto che era una banalità, mi riferivo alla "patologia", che più che altro mi ha creato problemi estetici e quindi psicologici, ma niente di più invalidante a livello fisico...
Ad un lavoretto temporaneo ci avevo pensato e ho inviato un curriculum, (se così si può chiamare), si vedrà...
La ringrazio tanto per la sua gentilezza!
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Dr.ssa Franca Scapellato Psichiatra, Psicoterapeuta 4k 202
Quindi sta tirando fuori le sue risorse, mi fa piacere!Provi davvero a chiedere all'ASL: a volte ci sono servizi dedicati ai giovani sotto i 25 anni, forse anche nella sua città è così.
Mi sembra legittimo non voler vedere persone che l'hanno fatta soffrire, e se i suoi "amici" non lo capivano erano loro in torto.
Auguri!
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Dr.ssa Ilenia Sussarellu Psicoterapeuta, Psicologo 648 21
Gentile Utente,
spesso succede che il risultato a cui si arriva sia l'effetto di numerose interazioni svolte in maniera non funzionale per cui oggi ci si trova a pagare il prezzo di vecchie difficoltà. Da quello che lei racconta è possibile individuare qualche segno depressivo ed è per questo che io le consiglierei dapprima una visita psichiatrica che attraverso l'ausilio del farmaco possa restituirle tranquillità. Questo la aiuterebbe a creare le condizioni predisponenti ad intraprendere un percorso psicoterapeutico che la aiuti a considerare il problema sotto altri punti di vista e a trovare il giusto metodo per rimediarvi.

In bocca al lupo

Dr.ssa Ilenia Sussarellu, i.sussarellu@libero.it
Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale, Psicologo Cilinico-Forense

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Attivo dal 2008 al 2008
Ex utente
La ringrazio, sto pensando anche io di parlarne con uno specialista... il problema è che non vorrei coinvolgere la mia famiglia, ma mi sembra impossibile dato che vivo ancora in casa con loro e sono economicamente dipendente... cmq credo che a breve troverò il coraggio di farlo! Grazie mille per la risposta