Morte psicoterapeuta
Avevo un fortissimo attaccamento affettivo. Con lui avevo imparato a voler bene e stavo cercando di superare lo scoglio del non riuscire a provare emozioni... Mi ha sempre detto che non dovevo aver paura di provarle, perchè lui aveva le spalle larghe e non sarei stata sola. Domenica sera ho saputo che lui era mancato la notte precedente(in seguito ad un infarto) e mi è crollato il mondo addosso. Le emozioni le ho provate eccome: tristezza, sconforto e rabbia tanta tantissima rabbia. Perchè se n'è andato proprio lui? Perchè adesso che le provo 'ste cavolo di emozioni lui non c'è? Sono stata al suo funerale ieri e avrei voluto andare a scoperchiare quella bara in legno chiaro per tirarlo fuori...mi sembrava un'ingiustizia che lo avessero intrappolato li dentro. Perchè lui per me non era una persona in carne ed ossa...non era umano. Mi sono sempre chiesta se lui sarebbe venuto il mio funerale (anche se aveva parecchi anni più di me), ma non ho mai pensato che sarei andata io al suo.
E' come se avessi perso un padre. O meglio ho perso una parte di me. La mia guida è morta e io sono morta con lui. La mia guida è morta e io vorrei essere morta con lui.
Vorrei si supera la mortadella persona più cara al mondo?
Da lunedì sono in preda a continui crampi allo stomaco, nausea e gorgoglii allo stomaco. Ho le gambe doloranti, il fiatone quando faccio le scale (le stesse che faccio tutti i giorni più volte al giorno) l'umore a terra, ho continuamente sonno, non mi alzerei mai da letto, ma ho continui incubi e risvegli durante la notte. Piango per un nonnulla e qualsiasi parola, qualsiasi cosa mi ricorda lui o un qualche argomento trattato durante le sue sedute. Anche semplicemente un tono di voce gentile me lo ricorda.
Cosa significa tutto questo?
Vorrei sapere se esiste una risposta... se esiste un qualsiasi consiglio... se esiste una linea guida su come si affornta la morte della persona che in genere ci fa affrontare il lutti e i dispiaceri... come si affornta la sofferenza per la persona che dovrebbe sostenerci durante la sofferenza.
grazie in anticipo.
Gentile Utente, si tratta di un lutto da superare ed elaborare.
Lei ha descrito molto bene la relazione che La legava al terapeuta: non solo in termini di attaccamento perc hè si coopera col terapeuta e si percorre la strada fianco a fianco, ma perchè è anche una guida che può facilitare, indicare e favorire il cambiamento.
Col tempo farà tesoro dei progressi fatti insieme, ma tenga presente che quei risultati della terapia appartengono solo a Lei.
Saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
Forse i risultati della terapia appartengono solo a me, ma a me sembra che se li sia portati via lui.
Perchè molti di quei progressi fatti in questi anni li ho fatti perchè era lui a motivarmi era lui che mi faceva capire che almeno per una persona (lui appunto) ne valeva la pena... CHE LUI CI CREDEVA! Io mi sono fatta guidare lungo questo percorso non semplice ed ora che sono rimasta sola mi sembra che io stia tornando indietro....
Quei crampi allo stomaco e nausea che ho sopra descritto sono gli stessi che avevo ogni volta che mangiavo quando soffrivo di bulimia; i problemi di incubi e risvegli notturni sono gli stessi che avevo prima... Il pensiero al suicidio sta tornando...
Non so se ce la farò ad elaborare il lutto...
Chi come noi psicologi ha effettuato un percorso di analisi personale sa perfettamente quanto la figura del proprio analista sia unica e che tipo di rapporto si intessa con lui.
Come Lei sta sperimentando ci si sente persi se viene a mancare. Lei sente di avere perso la Sua guida, il Suo riferimento . Certamente quello che prova e' questo. Il transfert che si stabilisce con l'analista e che e' cosi' importante per la terapia pone nella sfera affettiva dell'analizzato il proprio terapeuta alla stessa stregua del padre. Se non di più'. Quindi e' giusto il Suo dolore. E se Lui fosse accanto a Lei i ora certamente Le direbbe di non negarlo, di attraversarlo con coraggio, contando sulla forza che il rapporto terapeutico e umano che vi ha coinvolti Le ha dato.
Ora quella forza e' Sua, e" l'eredita' che Le ha lasciato e certamente La confortera' poterglielo diimostrare nei modi che Lei certamente sa, quelli che avranno costituito argomento di molti dialoghi costruttivi.
Da parte mia, Vorrei dirLe che pur essendo noi degli estranei per Lei condividiamo il lutto che ci ha comunicato.
Ci mandi Sue notizie, ci fara' piacere!
Un abbraccio
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
In questo momento mi sento solo persa, arrabbiata, triste.
Tutto quello che avevo dipendeva dal fatto di poter contare su di lui e non su qualcosa dentro di me; se è così che dovrebbe essere probabilmente sarei solo una grande delusione perchè avrei sprecato tutti quegli anni e tutto il lavoro fatto da quell'uomo che credeva tanto in me e che mi aveva a cuore. Probabilmente sarebbe stato meglio che da lassù avessero preso me che non so fare tesoro di quello che ricevo e sguazzo nei miei problemi saltando da un disturbo all'altro invece che quella persona tanto amata da tutti e che ha saputo dare tanto.
Lui è morto e vorrei esserla anche io.
il suo psicoterapeuta è appena morto.
Come pensa sarebbe adeguato reagire a questa triste e improvvisa notizia?
L'incredulità, il dolore, la disperazione, la rabbia, la recrudescenza improvvisa dei sintomi sono perfettamente normali e ci sarebbe da preoccuparsi se lei NON fosse in questo stato, visto quanto si sentiva legata a lui, perchè significherebbe che la terapia non le è servita a nulla.
Invece lei ci dice questo:
"Perchè adesso che le provo 'ste cavolo di emozioni lui non c'è?"
il che testimonia che, anche se in circostanze terribili, lei ha imparato a far emergere le sue emozioni e gli anni di psicoterapia non sono stati per nulla inutili.
E' passato decisamente troppo poco tempo perchè lei possa avere una reazione diversa e una visione più lucida della sua situazione, ma quel che è certo è che tutto l'aiuto del mondo non le sarebbe servito se lei non avesse deciso di cambiare e di guarire e non si fosse impegnata a farlo.
Se il suo psicoterapeuta è stato fondamentale e indispensabile ricordi che l'altra persona indispensabile e fondamentale per il processo di cambiamento è stata lei: lui l'ha aiutata, lei è cambiata.
Si conceda qualche tempo per lasciar sfogare il comprensibile dolore e riprendersi un po', poi potrà fare un bilancio e magari riflettere sulla possibilità di ultimare con qualcun'altro il lavoro che stava facendo su di sè, sia per sè stessa sia perchè quanto ha realizzato con il suo primo psicoterapeuta non rimanga incompiuto.
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
la vita dei morti, sta nella memoria dei vivi.
Consideri, che per lei è stato e sarà importante, superare problematiche così difficoltose, rende uniti e complici, ma ogni percorso di introspezione, continua ancora, spesso anche a psicoterapia conclusa.
Cari saluti
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
vi ringrazio per le vostre risposte.
Sono stata dallo psichiatra che mi seguiva in supporto alla psicoterapia. Mi ha sollevato e non molto sentire da lui alcuni aneddoti risalenti ad anni prima quando il mio psicoterapeuta frequentava casa del mio psichiatra inquanto "adepto" del padre (del mio psichiatra appunto) che insegnava nell'università della mia città.
Lo psichiatra mi ha proposto di continuare il mio percorso con lui.
Ho accettato,ma in questo momento vivo una sorta di dissidio. Da una parte mi sembra quasi un tradimento da parte mia: mollarlo così per continuare con un altro un percorso ad impronta così differente. Dall'altra il fatto che mi siano state dette le seguenti parole "spero di non fare danni con te; non intendo in nessun modo sostituirmi a lui" mi fa tornare in mente che la persona a cui mi sto affidando ha ben presente la mia situazione, e aveva forte stima della mia indimenticabile guida.
Intanto mi ha detto di abbinare al Levopraid (che avevo già iniziato a prendere di mia iniziativa per le sensazioni allo stomaco troppo simili a quelle che mi scatenavano le compensazioni quando soffrivo di bulimia) un gastroprotettore. Inoltre mi ha prescritto il Thymanax (che avevo già preso per problemi legati al sonno, poi sostituito con Triazolam e Trittico)per vedere se migliorando la qualità del sonno riesco a non avere più sonnolenza e difficoltà di concentrazione.
Avrei una domanda per voi. Vi sembra appropriata la terapia farmacologica?
In più lo psichiatra mi ha detto che su di me non ha alcun dubbio e che a breve si vedranno i risultati. Mi ha definito "un caso cinicamente interessante"... come la interpretereste voi?
per la terapia farmacologica deve domandare al medico psichiatra, magari postando nella sezione Psichiatria.
Ma anche per ciò che Le dice il Suo terapeuta con cui riprenderà a lavorare. Noi da qui non La conosciamo e non possiamo sapere cosa c'era nella vostra conversazione, nè il significato che il terapeuta ha attribuito con tale espressione.
Glielo chieda, non si faccia problemi.
Saluti,
mi permetto di dirimere subito la questione farmacologica:
si affidi allo psichiatra sapendo che i sintomi di insonnia sono certamente affrontabili e credo possano rientrare nel quadro più generale per cui le è stato prescritto l'antidepressivo.
Cordialmente
www.psichiatriasessuologia.com
Lo Psichiatra appunto mi ha detto che non voleva affrontare il discorso vuoti di memoria. Alla mia obiezione mi ha detto che non nutriva alcun dubbio sui progressi a breve.
Dopo qualche istante di silenzio in cui fissava il vuoto (come se cercasse ispirazione dagli scaffali pieni di vecchi libri dietro di me) ha detto apputno che io sono un caso interessante. Alla mia richiesta di spiegazioni mi ha ripetuto la frase aggiungendo appunto "cinicamente". Io l'ho interpretata come se intendesse dire che appunto non sa se di preciso da cosa derivino i miei sintomi e che trova questa ricerca stimolante.
vorrei specificare che il mio Psicanalista(quello ahimè deceduto) era il classico vecchio stampo che faceva sdraiare sul lettino girato dall'altra parte a scavare nel passato, descriveva e argomentata tutto in modo poetico. Mentre lo Psichiatra agirà molto sul presente e a livello molto pratico(già in passato mi aveva suggerito di darmi della cretina da sola ogni volta che perdevo un'occasio di parlare...appunto per farmi parlare di più in mezzo alla gente.).
Questo non è particolarmente positivo: se il suo vissuto è che questo medico non abbia idea del perchè lei ha quei sintomi forse è meglio mantenere inalterato lo schema terapautico che si è rivelato "vincente", contattando un altro psicoanalista per riprendere la psicoterapia.
A mio parere infatti sarebbe più opportuno non mischiare i piani e mantenere separate le due terapie, farmacologica e psicoterapeutica, come del resto è prassi perfino nelle strutture pubbliche che non dispongono di molte risorse.
Considerando che lei stava effettuando una psicoanalisi e che ha conseguito buoni risultati con quell'approccio le consiglierei sentitamente di proseguire la psicoterapia con uno psicoanalista e di mantenere ovviamente il contatto con lo psichiatra per il monitoraggio dei farmaci.
premesso che il lutto per la perdita del suo terapeuta dovrebbe trovare uno spazio terapeutico per essere elaborato adeguatamente, mi permetto di invitarti a riflettere sul coinvolgimento inevitabile da parte dello psichiatra che potrebbe "inquinare" l'instaurarsi di un'alleanza terapeutica, cosa che non accadrebbe se scegliesse uno psicoterapeuta che non conosceva lo psicanalista.
Inoltre è importante che tu tenga in considerazione che il rapporto con lo psicoterapeuta per quanto significativo possa essere, NON DOVREBBE MAI DIVENTARE un rapporto di "dipendenza" psicologica, se ciò avviene si rischia di compromettere qualsiasi processo di empowerment ( inteso come riappropriarsi del potere personale),da parte della persona che sta affrontando la psicoterapia.
Infine un altro aspetto che mi lascia alquanto perplessa è la frase dello psichiatra relativa al timore di " fare danni con te", uno specialista ha il dovere etico di inviare il cliente ad un collega qualora abbia dubbi di questo genere.
In definitiva, concordo con i colleghi sull'importanza di tenere separati i due ambiti quello farmacologico da quello psicoterapeutico.
Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it
In merito a quanto detto dalla dottoressa Massaro, non penso che la persona con cui avevo seguito lo schema "vincente" avesse la palla di cristallo e conoscesse con l'esattezza le cause del mio Dca. Credo piuttosto che comprenderle è stato il risultato del lavoro, non il punto di partenza.
In risposta alla dottoressa Camplone vorrei dire che il sicuramente lo psichiatra ha affermato di "non volere fare danni con me" perchè voleva dimostrarmi di tenenerci a me e sottolinearmi che le sue intenzioni non erano quelle di sostituirsi.
Infatti prima di dirsi disponibile a seguirmi con una psicoterapia mi ha anche detto di avere dei nominativi di psicoterapeuti da darmi. Vista la mia perplessità e riluttanza nell'iniziare un nuovo percorso con uno sconosciuto, ha sottolineato l'importanza per me di seguire una psicoterapia e si è detto disponibile affermando che in genere se non è convinto di poter avere dei risultati non da la propria disponibilità in tal senso.
Da parte mia come ho detto sopra non me la sento di intrapprendere un percorso con uno sconosciuto, raccontargli i miei trascorsi la mia infanzia, il mio rapporto con padre, madre bla bla bla... Non voglio instaurare un rapporto affettivo con qualche altro professionista... Mi sembrerebbe una presa in giro nei confronti del mio ex psicoterapeuta e che comunque continuerei a fare paragoni. Penso che anche se provassi il mio lato di personalità evitante (mi dissero così dopo un test. disturbo di personalità mista: evitante dipendente borderline), mi farebbe disertare gli appuntamenti. Per questo preferisco cambiare tipo di approccio.
Anche se le strutture pubbliche che non hanno molte risorse riescono a tenere separate terapie farmacologica e psicoterapeutica si da il caso che io per problemi legati agli orari sia seguita privatamente, com'ero seguita privatamente dallo psicoterapeuta e in questo momento mi risulterebbe difficile far fronte alle spese che comporterebbe un incontro al mese con lo psichiatra e uno a settimana per la psicoterapia.
La cosa normale che può succedere in questa sua situazione è proprio di sentirsi arrabbiata, in colpa e con un senso di rifiuto verso altri terapeuti che non conosce (anche se sente di avere bisogno di terapia). Sono le reazioni normali che la sua mente crea dalla carenza anche fisiologica della relazione che aveva con il suo terapeuta e per cui penso abbia fatto bene ad affidarsi per ora ad una persona che la conosce già, lo psichiatra.
Si può superare un lutto ed il modo è sempre quello: individuare gli aspetti positivi, sia in termini di conclusioni a cui siete arrivate nella terapia che in termini di relazione che c'era fra voi, essere comunque grata al suo terapeuta per quanto avete percorso insieme e ripartire da lì.
Questo processo le richiederà un po' di tempo purtroppo, ma è necessario da compiere con il suo psichiatra. Glielo chieda se vuole.
Infine, non tema di non poter più guarire ora dai suoi problemi, ci sono molti terapeuti validi che potranno aiutarla sia nel lutto che nel resto, anche se saranno altre persone rispetto al suo di prima.
Cordialmente,
Dr. Edoardo Riva
Psicologo, Psicoterapeuta
non tutti gli psicoterapeuti impostano il percorso terapeutico focalizzando il lavoro sul passato, anzi nella maggior parte degli orientamenti, psicoanalisi a parte, si lavora sul "qui ed ora": che nel tuo caso riguarda l'elaborazione del lutto per la perdita dello psicoterapeuta.
"Non voglio instaurare un rapporto affettivo con qualche altro professionista... Mi sembrerebbe una presa in giro nei confronti del mio ex psicoterapeuta e che comunque continuerei a fare paragoni."
Questa è una rappresentazione della realtà alterata dal coinvolgimento emotivo per lo psicoterapeuta che è venuto a mancare, è molto importante che tu possa fare "un'esperienza emozionale correttiva", con uno psicoterapeuta che pur essendo empatico nei tuoi confronti, sia in grado di promuovere la tua crescita personale, anziché trasformare il rapporto terapeutico in un legame invischiato e invischiante che rischia di compromettere l'avvio di un autentico processo di cambiamento finalizzato al recupero del potere personale.
Per quanto riguarda gli aspetti economici, non entro nel merito perché sono valutazioni personali, tuttavia c'è da considerareche la normativa italiana prevede l'abilitazione all'esercizio della psicoterapia per gli psichiatri a prescindere dal fatto che abbiano o meno una specializzazione quadriennale in psicoterapia, in altri termini uno psichiatra può esercitare al psicoterapia legittimamente pur non avendo una formazione specifica. Credo che tale precisazione sia importante affinché l'utente possa fare le proprie valutazioni avendo tutte le informazioni per fare una scelta consapevole.
In ogni caso l'importante è che scelga quello che ritiene possa essere il suo bene, e non quello che le consentirebbe di non "mancare di rispetto" alla memoria di chi non c'è più.
In questo senso le consigliavo di rivolgersi ad un terapeuta del medesimo orientamento, perchè se quel particolare tipo di lavoro le ha consentito di fare progressi varrebbe la pena di proseguire con un approccio simile.
Perchè non prova a rivolgersi ad una struttura pubblica per la psicoterapia?
E' stato lui a darmi il nominativo di alcuni psichiatri che lavoranoin una clinica in provincia di parma (che tratta anche dca, ma non lo specialista che alla fine ho scelto) perchèavevo bisogno di un supporto a livello farmacologico.
Altra motivazione è che non essendo mai stata in una struttura pubblica per questo problema, ho paura che li mi trattino come un numero. Non mi sembra naturale dover prendere l'appuntamento al cup per andare ad affrontare un percorso così personale...
le sue perplessità sono comprensibili ma è importante che non si lasci condizionare da prassi che possono essere vissute come spersonalizzanti come ad esempio rivolgersi al Centro Unico Prenotazioni della propria ASL, si tratterebbe solo di un primo impatto magari sgradevole che però può consentirle di entrare in contatto con uno Psicologo-Psicoterapeuta che può aiutarla ad individuare la tipologia d'intervento più adeguata al suo caso offrendole l'opportunità di fare chiarezza dentro di sé e scegliere lo specialista con una consapevolezza più profonda del proprio vissuto e delle proprie aspettative.
In alternativa può provare a fare qualche telefonata a psicoterapeuti privati e se lo ritiene opportuno fare un primo colloquio con uno specialista, provando fidarsi della sua esperienza
e valutando se si è sentita accolta, compressa e non giudicata,
anziché continuare a fare confronti tra il modo di lavorare dello psicanalista che l'ha seguita e colui che eventualmente ne prenderà il posto.
Mi permetto di lasciarla con una riflessione: è importante che non ceda alla tentazione di idealizzare lo psicanalista perché tale processo finirebbe per interferire con una sana elaborazione del lutto.
http://www.saluter.it/documentazione/elenchi/-DSM-e-CSM-
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