Disturbi ossessivi?
Salve, sono attualmente in cura dal mio neurologo per disturbi ossessivi, pensieri fissi negativi che si scatenano quando mi sento respinto dagli altri, mi danno ansia e non mi consentono un adeguato rendimento nel lavoro e nella vita sociale.
Attualmente, dopo vari scalaggi, sono ad 1 compressa al mattino di Dominans Forte, ho abbandonato da mesi l'Alprazolam e per l'insonnia mi aiuto col Minias.
Sto valutando la possibilità di abbinamento dell'attuale terapia farmacologica con psicoterapia ad orientamento cognitivo-comportamentale.
Quella che segue è una descrizione, in estrema sintesi, di quanto mi è accaduto 8 anni fa.
La necessità di prendere farmaci mi si presentò per la prima volta 8 anni fa al termine di una psicoterapia disastrosa (iniziata per un astio con una collega di studio) caratterizzata da:
-un sempre crescente aumento (anzichè riduzione) del volume dei miei pensieri;
-la necessità imperiosa e fuori controllo di pensare a cosa dire al terapeuta alle sedute successive, fino a pensare alla mia voce che gli parlava e gli diceva.....in sintesi avevo come un "nastro" in mente che ripeteva e ripeteva la mia voce che gli parla ecc....durante qualunque mia attività quotidiana, fino a compromettere il mio rendimento lavorativo: misi pure sotto una persona, fortunatamente le sfiorai appena la gamba, la portai all'Ospedale, le stetti vicino e non volle fortunatamente sporgere denuncia;
-il vuoto affettivo che mi si creò alle sue parole "distaccati da tua madre, prendi le distanze", oppure "non è il numero di anni a determinare la solidità di un rapporto" (che contribuì a farmi lasciare la mia fidanzata di allora nel momento peggiore, in cui ero psicologicamente più debole e bisognoso di attenzioni);
-ovviamente descrissi accuratamente il rapporto problematico che ho sempre avuto con mio padre, debbo averglielo dipinto (ed essermelo dipinto) come un "mostro"...fino a pensare, dopo 1 anno di terapia, una volta tornato a casa, a menarlo pesantemente, per poi trovarmi giustamente a piangere a dirotto per quello che nel mondo dei pensieri, vissuti emotivamente come reali, avevo fatto (in un certo senso "sognavo ad occhi aperti", ma erano incubi);
-poi arriva la ciliegina sulla torta: mia madre parte per un viaggio, io ero provato per aver lasciato la mia fisdanzata di allora, vado da solo a cena fuori a mangiare una pizza, non ricordo quali problemi esistenziali insolubili si addensavano nella mia mente...poi il dramma: UN CORTO CIRCUITO.
Cefalea forte, prima frontale, per poi estendersi anche dietro la nuca....fino alla sensazione di FORZA SOVRUMANA che faceva pensare me come uno che solleva il tavolo con una mano e lo butta contro il soffitto, anche se vedevo che non lo stavo facendo...ma il mio corpo era pervaso di energia ed ero ad un passo dal farlo....: l'immagine dell'ambulanza della neuro che mi portava via, mi ha risparmiato un destino peggiore. CHE AUTOCONTROLLO!!!
Da quel giorno ho vissuto come una barca in balia delle onde, della mia tempesta interiore. Al mattino mi tremavano le mani senza motivo, do i pugni al materasso come mi è stato insegnato, ho sperimentato cambiamenti della mia voce (dovuto agli stati nevrotici) al di fuori del mio controllo, ho vissuto una scorrelazione tra pensieri ed emozioni ed alternanze di umore non motivate da fatti esterni. Prendevo, allora, dosi da cavallo di Lexotan e tre (se non ricordo male) Mutabon mite. Mi sentivo pazzo, dunque decido deliberatamente di abbandonare il materasso per ricongiungere le mie nevrosi con qualcosa di concreto.
Ottima strategia, ma ci vuole anche la pazienza di una Mamma con la M maiuscola, che mi ha aiutato ad uscirne e mi ha tranquillizzato sempre. Cosa volete che sia, in questi casi, sbattere violentemente le porte? Un piccolo contributo, forse, a quello che spesso ho visto fare a papà...non serviva a nulla, ma questo l'ho capito solo in seguito.
Ero nel modello infernale, ma l'unico modo per uscirne era accoglierlo....sei nella barca e devi ballare....sono arrivato persino a pensare che la mia malattia fosse un'illusione, una suggestione....ma i sintomi c'erano, e c'erano perchè da illuso me li creavo...ma se sono illuso e me li creo vuol dire che sto male....ecc....più combattevo il mio disagio e più mi incatenava, la mia mente eruttava circolarità logiche di ogni sorta.
L'abbandono della psicoterapia mi è stato suggerito da persona esterna (una amica di mia madre), che poi ha avuto ragione in quanto il "nastro" con il mio discorso, preparato con cura per lo psicoterapeuta, mi si stava lentamente affievolendo.
Tutto questo, il peggio di questo, oggi, è acqua passata. Ma le paure restano, paure perfettamente motivate e ragionevoli.
Mi sono col tempo ristabilito, recuperando alcune mie forti convinzioni di sempre, e traendo alcune conclusioni sulle cause di fallimento della terapia psicoanalitica:
1) Non ho detto al terapeuta per rispetto alla sua professione (e non ne ho discusso quindi con lui) che non ho mai considerato la psicanalisi tradizionale come una Scienza degna di questo nome, l'ho fatta SOLO per necessità, dunque sono entrato indebitamente nella suggestione del modello psicanalitico, "muovendo il bisturi" dell'analista per mio conto. Concordo comunque ancor oggi sulla validità parziale del modello, su alcuni punti.
2) Per un temperamento come il mio, con una sorta di timore reverenziale per l'autorità, è facile non riuscire ad aprirsi completamente con il terapeuta, specie se di figura maschile. Ma non me ne faccio una colpa. La colpa è sua.
3) La mia ossessiva passione per l'ascolto musicale, anche durante il periodo universitario di studio, credo si stesse rosicchiando fette consistenti della mia volontà...ma non ho mai riflettuto sul fatto che potesse essere una patologia di tipo compulsivo a determinati livelli: dunque alcune letture mi insegnano che i DOC non si curano bene con le psicoterapie tradizionali. Il terapeuta mi disse:"cerca di identificare i tuoi pensieri, così li buttiamo via"....ed ecco che così è partito il "nastro", il mio nuovo maledetto hobby a cui giocare. Ma io volevo guarire, non giocare.
CONCLUSIONE DEL SERMONE E QUESITI PER VOI
Che fare?
Le conclusioni che ho tratto (da profano), che tanto mi hanno aiutato ad uscire dalla fase acuta, hanno senso?
Rispondo bene ai farmaci, ma non mi cambiano fondamentalmente il mio modo di pensare anche perchè io stesso ho riluttanza a volerlo cambiare. Non mi piace essere ingannato in alcun modo e detesto l'ipocrisia in cui ci troviamo a vivere.
Non voglio essere consolato o commiserato...o che mi si spacci la merda per cioccolato: le cose, anche se brutte, mi vanno dette in quanto tali, così come sono veramente.
Desidero principalmente eliminare la ripetitività dei pensieri. I farmaci attenuano intensità e frequenza dei fenomeni ma non mi ascoltano...ed io ho bisogno di parlare, scrivere e di essere ascoltato, capito.
Ho paura di iniziare una nuova psicoterapia alla luce di quanto mi è successo....può riaccadere di nuovo? Ci sono rischi?
Corro dei rischi con il più scientifico approccio cognitivo-comportamentale abbinato ai farmaci?
Può funzionare questo approccio nonostante i miei dubbi e le mie sfiducie e paure?
Quanto vorrei tornare ad essere, non dico felice, ma almeno sereno, capace di gestire qualunque situazione spiacevole mi dovesse capitare...non ne avete un'idea!!!
Scusate le lungaggini....ma mi sono sfogato e temo (non so quanto correttamente) che il mio caso sia alquanto complesso.
Grazie se siete riusciti a leggermi fino a qui.
Un profondo sentimento di gratitudine se mi risponderete...
Attualmente, dopo vari scalaggi, sono ad 1 compressa al mattino di Dominans Forte, ho abbandonato da mesi l'Alprazolam e per l'insonnia mi aiuto col Minias.
Sto valutando la possibilità di abbinamento dell'attuale terapia farmacologica con psicoterapia ad orientamento cognitivo-comportamentale.
Quella che segue è una descrizione, in estrema sintesi, di quanto mi è accaduto 8 anni fa.
La necessità di prendere farmaci mi si presentò per la prima volta 8 anni fa al termine di una psicoterapia disastrosa (iniziata per un astio con una collega di studio) caratterizzata da:
-un sempre crescente aumento (anzichè riduzione) del volume dei miei pensieri;
-la necessità imperiosa e fuori controllo di pensare a cosa dire al terapeuta alle sedute successive, fino a pensare alla mia voce che gli parlava e gli diceva.....in sintesi avevo come un "nastro" in mente che ripeteva e ripeteva la mia voce che gli parla ecc....durante qualunque mia attività quotidiana, fino a compromettere il mio rendimento lavorativo: misi pure sotto una persona, fortunatamente le sfiorai appena la gamba, la portai all'Ospedale, le stetti vicino e non volle fortunatamente sporgere denuncia;
-il vuoto affettivo che mi si creò alle sue parole "distaccati da tua madre, prendi le distanze", oppure "non è il numero di anni a determinare la solidità di un rapporto" (che contribuì a farmi lasciare la mia fidanzata di allora nel momento peggiore, in cui ero psicologicamente più debole e bisognoso di attenzioni);
-ovviamente descrissi accuratamente il rapporto problematico che ho sempre avuto con mio padre, debbo averglielo dipinto (ed essermelo dipinto) come un "mostro"...fino a pensare, dopo 1 anno di terapia, una volta tornato a casa, a menarlo pesantemente, per poi trovarmi giustamente a piangere a dirotto per quello che nel mondo dei pensieri, vissuti emotivamente come reali, avevo fatto (in un certo senso "sognavo ad occhi aperti", ma erano incubi);
-poi arriva la ciliegina sulla torta: mia madre parte per un viaggio, io ero provato per aver lasciato la mia fisdanzata di allora, vado da solo a cena fuori a mangiare una pizza, non ricordo quali problemi esistenziali insolubili si addensavano nella mia mente...poi il dramma: UN CORTO CIRCUITO.
Cefalea forte, prima frontale, per poi estendersi anche dietro la nuca....fino alla sensazione di FORZA SOVRUMANA che faceva pensare me come uno che solleva il tavolo con una mano e lo butta contro il soffitto, anche se vedevo che non lo stavo facendo...ma il mio corpo era pervaso di energia ed ero ad un passo dal farlo....: l'immagine dell'ambulanza della neuro che mi portava via, mi ha risparmiato un destino peggiore. CHE AUTOCONTROLLO!!!
Da quel giorno ho vissuto come una barca in balia delle onde, della mia tempesta interiore. Al mattino mi tremavano le mani senza motivo, do i pugni al materasso come mi è stato insegnato, ho sperimentato cambiamenti della mia voce (dovuto agli stati nevrotici) al di fuori del mio controllo, ho vissuto una scorrelazione tra pensieri ed emozioni ed alternanze di umore non motivate da fatti esterni. Prendevo, allora, dosi da cavallo di Lexotan e tre (se non ricordo male) Mutabon mite. Mi sentivo pazzo, dunque decido deliberatamente di abbandonare il materasso per ricongiungere le mie nevrosi con qualcosa di concreto.
Ottima strategia, ma ci vuole anche la pazienza di una Mamma con la M maiuscola, che mi ha aiutato ad uscirne e mi ha tranquillizzato sempre. Cosa volete che sia, in questi casi, sbattere violentemente le porte? Un piccolo contributo, forse, a quello che spesso ho visto fare a papà...non serviva a nulla, ma questo l'ho capito solo in seguito.
Ero nel modello infernale, ma l'unico modo per uscirne era accoglierlo....sei nella barca e devi ballare....sono arrivato persino a pensare che la mia malattia fosse un'illusione, una suggestione....ma i sintomi c'erano, e c'erano perchè da illuso me li creavo...ma se sono illuso e me li creo vuol dire che sto male....ecc....più combattevo il mio disagio e più mi incatenava, la mia mente eruttava circolarità logiche di ogni sorta.
L'abbandono della psicoterapia mi è stato suggerito da persona esterna (una amica di mia madre), che poi ha avuto ragione in quanto il "nastro" con il mio discorso, preparato con cura per lo psicoterapeuta, mi si stava lentamente affievolendo.
Tutto questo, il peggio di questo, oggi, è acqua passata. Ma le paure restano, paure perfettamente motivate e ragionevoli.
Mi sono col tempo ristabilito, recuperando alcune mie forti convinzioni di sempre, e traendo alcune conclusioni sulle cause di fallimento della terapia psicoanalitica:
1) Non ho detto al terapeuta per rispetto alla sua professione (e non ne ho discusso quindi con lui) che non ho mai considerato la psicanalisi tradizionale come una Scienza degna di questo nome, l'ho fatta SOLO per necessità, dunque sono entrato indebitamente nella suggestione del modello psicanalitico, "muovendo il bisturi" dell'analista per mio conto. Concordo comunque ancor oggi sulla validità parziale del modello, su alcuni punti.
2) Per un temperamento come il mio, con una sorta di timore reverenziale per l'autorità, è facile non riuscire ad aprirsi completamente con il terapeuta, specie se di figura maschile. Ma non me ne faccio una colpa. La colpa è sua.
3) La mia ossessiva passione per l'ascolto musicale, anche durante il periodo universitario di studio, credo si stesse rosicchiando fette consistenti della mia volontà...ma non ho mai riflettuto sul fatto che potesse essere una patologia di tipo compulsivo a determinati livelli: dunque alcune letture mi insegnano che i DOC non si curano bene con le psicoterapie tradizionali. Il terapeuta mi disse:"cerca di identificare i tuoi pensieri, così li buttiamo via"....ed ecco che così è partito il "nastro", il mio nuovo maledetto hobby a cui giocare. Ma io volevo guarire, non giocare.
CONCLUSIONE DEL SERMONE E QUESITI PER VOI
Che fare?
Le conclusioni che ho tratto (da profano), che tanto mi hanno aiutato ad uscire dalla fase acuta, hanno senso?
Rispondo bene ai farmaci, ma non mi cambiano fondamentalmente il mio modo di pensare anche perchè io stesso ho riluttanza a volerlo cambiare. Non mi piace essere ingannato in alcun modo e detesto l'ipocrisia in cui ci troviamo a vivere.
Non voglio essere consolato o commiserato...o che mi si spacci la merda per cioccolato: le cose, anche se brutte, mi vanno dette in quanto tali, così come sono veramente.
Desidero principalmente eliminare la ripetitività dei pensieri. I farmaci attenuano intensità e frequenza dei fenomeni ma non mi ascoltano...ed io ho bisogno di parlare, scrivere e di essere ascoltato, capito.
Ho paura di iniziare una nuova psicoterapia alla luce di quanto mi è successo....può riaccadere di nuovo? Ci sono rischi?
Corro dei rischi con il più scientifico approccio cognitivo-comportamentale abbinato ai farmaci?
Può funzionare questo approccio nonostante i miei dubbi e le mie sfiducie e paure?
Quanto vorrei tornare ad essere, non dico felice, ma almeno sereno, capace di gestire qualunque situazione spiacevole mi dovesse capitare...non ne avete un'idea!!!
Scusate le lungaggini....ma mi sono sfogato e temo (non so quanto correttamente) che il mio caso sia alquanto complesso.
Grazie se siete riusciti a leggermi fino a qui.
Un profondo sentimento di gratitudine se mi risponderete...
[#1]
Gentile utente,
le notizie che riporta non sono tali da poter permettere una ipotesi valida riguardo alla sintomatologia presentata. Quel che si capisce benissimo è che il rapporto con il suo precedente terapeuta non ha dato gli esiti sperati, anzi a livello transferale lei ancora nutre molta rabbia nei confronti dei contenuti usciti da quella psicoterapia.
Veda molte volte in terapia ci si accanisce alla ricerca dei perchè, ipotizzando che una volta trovatoli si risolva tutto come per miracolo.
Noi sappiamo che rispetto ad un determinato fatto, i perchè o le cause possono essere una, nessuna o centomila ed, allora, la ricerca potrebbe durare parecchi anni. Alla fine anche se riuscissimo ad identificarli, siamo sicuri che i problemi che ci sono costati tanta fatica saranno risolti? Quello che sicuramente sappiamo è che questa affanosa ricerca ci riempie la testa di tanti, a volte tantissimi, pensieri che sembrano sfuggirci e che, nel caso migliore, ci fanno sentire un senso di pesantezza come se la nostra testa potesse scoppiare da un momento all'altro.
Per questo le posso consigliare una psicoterapia breve volta alla ricerca della soluzione dei problemi. Visto le problematiche presentate con il papà e ai rapporti con la mamma, come indirizzo quello che le consiglierei è quello sistemico-relazionale.
le notizie che riporta non sono tali da poter permettere una ipotesi valida riguardo alla sintomatologia presentata. Quel che si capisce benissimo è che il rapporto con il suo precedente terapeuta non ha dato gli esiti sperati, anzi a livello transferale lei ancora nutre molta rabbia nei confronti dei contenuti usciti da quella psicoterapia.
Veda molte volte in terapia ci si accanisce alla ricerca dei perchè, ipotizzando che una volta trovatoli si risolva tutto come per miracolo.
Noi sappiamo che rispetto ad un determinato fatto, i perchè o le cause possono essere una, nessuna o centomila ed, allora, la ricerca potrebbe durare parecchi anni. Alla fine anche se riuscissimo ad identificarli, siamo sicuri che i problemi che ci sono costati tanta fatica saranno risolti? Quello che sicuramente sappiamo è che questa affanosa ricerca ci riempie la testa di tanti, a volte tantissimi, pensieri che sembrano sfuggirci e che, nel caso migliore, ci fanno sentire un senso di pesantezza come se la nostra testa potesse scoppiare da un momento all'altro.
Per questo le posso consigliare una psicoterapia breve volta alla ricerca della soluzione dei problemi. Visto le problematiche presentate con il papà e ai rapporti con la mamma, come indirizzo quello che le consiglierei è quello sistemico-relazionale.
Indelicato Dott. Mariano
idm@dottindelicato.it
www.dottindelicato.it
www.psicoterapiacoppia.it
[#3]
Gentile Signore,
dice di rispondere positivamente ai farmaci perché non continuare? Deve accontentarsi dei risultati che ottiene con i farmaci e poi da li eventualmente intraprendere una psicoterapia.
Naturalmente prima di tutto è necessario una diagnosi accurata e successiva terapia.
Per questo si deve affidare a uno psichiatra insieme al quale successivamente valuterete se è il caso di fare una psicoterapia e di che tipo. Quella che faceva non mi sembra la più adatta per i problemi che ha descritto.
Torni da uno psichiatra
Saluti
ML
dice di rispondere positivamente ai farmaci perché non continuare? Deve accontentarsi dei risultati che ottiene con i farmaci e poi da li eventualmente intraprendere una psicoterapia.
Naturalmente prima di tutto è necessario una diagnosi accurata e successiva terapia.
Per questo si deve affidare a uno psichiatra insieme al quale successivamente valuterete se è il caso di fare una psicoterapia e di che tipo. Quella che faceva non mi sembra la più adatta per i problemi che ha descritto.
Torni da uno psichiatra
Saluti
ML
Massimo Lai, MD
[#4]
Utente
Gentile Dott. Indelicato
Ho visto il suo sito, se ho capito bene l'approccio sistemico-relazionale è una terapia che non si limita a colui che prova disagio ma anche ai gruppi con cui interagisce (famiglia, coppia ecc.).
E' quello che avevo spesso pensato di fare: è il sistema-famiglia che in realtà non ha mai funzionato.
I miei genitori si sono separati quando avevo 4 anni, l'incompatibilità caratteriale tra i due è continua, compreso il giorno del mio matrimonio...ci sono troppi rancori...ed io ho ricevuto un'educazione con due opposti modelli che hanno genarato in me due modi diversi di comportarmi: timoroso e iper-rispettoso col babbo autoritario ed espansivo-confidenziale con la mamma remissiva.
Le critiche del babbo a come mi educava mia madre sono sempre state pesanti, mi sono stati riferiti fatti gravi poi smentiti da mamma, insomma le solite cose dei figli di divorziati....mi sarebbe piaciuto tanto sapere la verità su alcuni episodi, se non altro per prendere una posizione, ma forse non la saprò mai.
Vivendo per la maggior parte del tempo con la mamma, alla quale ero stato affidato per legge, il mio io non represso, quello che considero il mio io più autentico coincide con quest'ultimo.
Il discorso sarebbe lungo..lo so...comunque qualche dettaglio importante che qui non è opportuno dire, glie lo farò sapere in privato.
La ringrazio molto per il tempo che ha speso per me.
Cordiali saluti
Gentile dott.Lai
fondamentalmente la penso come lei, alla luce di quanto ho riferito sono preoccupato e sfiduciato nelle terapie...questo non vuol dire che non possa esistere una terapia "ad hoc" per il mio caso, ma è ovvio che deve essere condotta da persona competente.
Intanto "tengo duro" con i farmaci, anche se nei rapporti sociali non me la cavo granchè....
Eventuali altri pareri che possano aggiungersi alla discussione sono benaccetti!
Colgo l'occasione per ringraziarVi per il servizio che state offrendo.
Ho visto il suo sito, se ho capito bene l'approccio sistemico-relazionale è una terapia che non si limita a colui che prova disagio ma anche ai gruppi con cui interagisce (famiglia, coppia ecc.).
E' quello che avevo spesso pensato di fare: è il sistema-famiglia che in realtà non ha mai funzionato.
I miei genitori si sono separati quando avevo 4 anni, l'incompatibilità caratteriale tra i due è continua, compreso il giorno del mio matrimonio...ci sono troppi rancori...ed io ho ricevuto un'educazione con due opposti modelli che hanno genarato in me due modi diversi di comportarmi: timoroso e iper-rispettoso col babbo autoritario ed espansivo-confidenziale con la mamma remissiva.
Le critiche del babbo a come mi educava mia madre sono sempre state pesanti, mi sono stati riferiti fatti gravi poi smentiti da mamma, insomma le solite cose dei figli di divorziati....mi sarebbe piaciuto tanto sapere la verità su alcuni episodi, se non altro per prendere una posizione, ma forse non la saprò mai.
Vivendo per la maggior parte del tempo con la mamma, alla quale ero stato affidato per legge, il mio io non represso, quello che considero il mio io più autentico coincide con quest'ultimo.
Il discorso sarebbe lungo..lo so...comunque qualche dettaglio importante che qui non è opportuno dire, glie lo farò sapere in privato.
La ringrazio molto per il tempo che ha speso per me.
Cordiali saluti
Gentile dott.Lai
fondamentalmente la penso come lei, alla luce di quanto ho riferito sono preoccupato e sfiduciato nelle terapie...questo non vuol dire che non possa esistere una terapia "ad hoc" per il mio caso, ma è ovvio che deve essere condotta da persona competente.
Intanto "tengo duro" con i farmaci, anche se nei rapporti sociali non me la cavo granchè....
Eventuali altri pareri che possano aggiungersi alla discussione sono benaccetti!
Colgo l'occasione per ringraziarVi per il servizio che state offrendo.
[#5]
Gentile utente,
dalla sua descrizione la diagnosi non sembra essere corrispondente a quella della richiesta di consulto.
La valutazione psichiatrica deve poter dare una diagnosi precisa che possa consentire l'introduzione della terapia farmacologica adatta.
A questa e' possibile combinare un trattamento psicoterapeutico, solo dopo la valutazione del curante.
i trattamenti che le verrano proposti dovranno prima di tutto essere condivisi da Lei altrimenti ne rischia l'inutilita' completa.
dalla sua descrizione la diagnosi non sembra essere corrispondente a quella della richiesta di consulto.
La valutazione psichiatrica deve poter dare una diagnosi precisa che possa consentire l'introduzione della terapia farmacologica adatta.
A questa e' possibile combinare un trattamento psicoterapeutico, solo dopo la valutazione del curante.
i trattamenti che le verrano proposti dovranno prima di tutto essere condivisi da Lei altrimenti ne rischia l'inutilita' completa.
https://wa.me/3908251881139
https://www.instagram.com/psychiatrist72/
[#6]
Utente
Gentile Dr. Ruggiero
Il suo intervento mi offre il "destro" per una precisazione: probabilmente lei ha interpretato il punto interrogativo che ho messo nel titolo della discussione "Disturbi ossessivi?" come una richiesta esplicita da parte mia di diagnosi.
Se di richiesta si tratta era semmai implicita...
Così come è regola qui non fare diagnosi (giustamente peraltro), allo stesso modo dovrebbe essere regola qui non ipotizzare diagnosi eventualmente errate fatte da altri (la diagnosi è del mio neurologo che è anche psichiatra)...semmai porsi con maggiore umiltà di fronte al problema, come hanno fatto i suoi colleghi precedenti.
Lungi da me il voler polemizzare...glie lo dico senza rabbia, concordando con i suggerimenti da Lei proposti che considero validissimi.
La ringrazio per la risposta
Cordiali saluti
Il suo intervento mi offre il "destro" per una precisazione: probabilmente lei ha interpretato il punto interrogativo che ho messo nel titolo della discussione "Disturbi ossessivi?" come una richiesta esplicita da parte mia di diagnosi.
Se di richiesta si tratta era semmai implicita...
Così come è regola qui non fare diagnosi (giustamente peraltro), allo stesso modo dovrebbe essere regola qui non ipotizzare diagnosi eventualmente errate fatte da altri (la diagnosi è del mio neurologo che è anche psichiatra)...semmai porsi con maggiore umiltà di fronte al problema, come hanno fatto i suoi colleghi precedenti.
Lungi da me il voler polemizzare...glie lo dico senza rabbia, concordando con i suggerimenti da Lei proposti che considero validissimi.
La ringrazio per la risposta
Cordiali saluti
[#8]
Utente
Ne più ne meno di quello che ho detto, Dott. Ruggiero. Anzi il suo precedente intervento mi ha offerto la possibilità di precisare meglio il significato (secondo me) di quel punto interrogativo che avevo messo e che poteva essere frainteso.
Perchè è una mia legittima aspirazione risolvere i miei problemi, ma per farlo occorre una diagnosi "in vivo", diciamo, e non qui, anche se la descrizione che ho fatto della sintomatologia occorsami anni addietro è precisa.
Quello che mi è rismasto, penso, sia fondamentalmente un grande spavento per quanto mi è accaduto..e del quale ne porto gli strascichi e le insicurezze ancor oggi, in un quadro fobico-ossessivo (già diagnosticatomi), tra cui fobie sociali.
Per il resto mi sembra un intervento abbastanza chiaro su come penso che i medici debbano muoversi in questo campo.
Per quanto riguarda quello che ha affermato:
"i trattamenti che le verrano proposti dovranno prima di tutto essere condivisi da Lei altrimenti ne rischia l'inutilita' completa"
(davvero molto incoraggiante.....) concordo con lei parzialmente, nel senso che pur non avendo accettato di buon grado (ma più per necessità lavorative) la terapia farmacologica ho riscontrato miglioramenti sia sulla frequenza che sull'intensità dei pensieri e stati d'animo disturbanti.
Quindi la chimica, purchè si azzecchi quella giusta per ognuno di noi, sembra funzionare anche se NON, o poco, condivisa: siamo nell'ambito di una scienza un pò più esatta (la chimica, appunto) ritengo, rispetto a quella delle miriadi di psicoterapie e scuole di pensiero esistenti.
-Per inciso sono laureato in Fisica-
Ora sono però in una fase delicata di riduzione del Dominans Forte, per cui dovrò rivalutare col curante se procastinare o meno tale riduzione.
Quello che mi domandavo, invece, nel mio intervento iniziale era se fosse opportuno o meno per accorciare i tempi di remissione completa, abbinare una differente psicoterapia rispetto a quella che mi ha traumatizzato, più idonea al mio caso, confidando allo stesso tempo di non finire nelle mani di un "barbiere".
Ma mi rendo conto che una risposta a questa domanda può esserci solo previa diagnosi completa, condotta con tutti i crismi da personale con competenze multidisciplinari.
Tutto qui.
Cordiali saluti
Perchè è una mia legittima aspirazione risolvere i miei problemi, ma per farlo occorre una diagnosi "in vivo", diciamo, e non qui, anche se la descrizione che ho fatto della sintomatologia occorsami anni addietro è precisa.
Quello che mi è rismasto, penso, sia fondamentalmente un grande spavento per quanto mi è accaduto..e del quale ne porto gli strascichi e le insicurezze ancor oggi, in un quadro fobico-ossessivo (già diagnosticatomi), tra cui fobie sociali.
Per il resto mi sembra un intervento abbastanza chiaro su come penso che i medici debbano muoversi in questo campo.
Per quanto riguarda quello che ha affermato:
"i trattamenti che le verrano proposti dovranno prima di tutto essere condivisi da Lei altrimenti ne rischia l'inutilita' completa"
(davvero molto incoraggiante.....) concordo con lei parzialmente, nel senso che pur non avendo accettato di buon grado (ma più per necessità lavorative) la terapia farmacologica ho riscontrato miglioramenti sia sulla frequenza che sull'intensità dei pensieri e stati d'animo disturbanti.
Quindi la chimica, purchè si azzecchi quella giusta per ognuno di noi, sembra funzionare anche se NON, o poco, condivisa: siamo nell'ambito di una scienza un pò più esatta (la chimica, appunto) ritengo, rispetto a quella delle miriadi di psicoterapie e scuole di pensiero esistenti.
-Per inciso sono laureato in Fisica-
Ora sono però in una fase delicata di riduzione del Dominans Forte, per cui dovrò rivalutare col curante se procastinare o meno tale riduzione.
Quello che mi domandavo, invece, nel mio intervento iniziale era se fosse opportuno o meno per accorciare i tempi di remissione completa, abbinare una differente psicoterapia rispetto a quella che mi ha traumatizzato, più idonea al mio caso, confidando allo stesso tempo di non finire nelle mani di un "barbiere".
Ma mi rendo conto che una risposta a questa domanda può esserci solo previa diagnosi completa, condotta con tutti i crismi da personale con competenze multidisciplinari.
Tutto qui.
Cordiali saluti
[#9]
Caro signore.
Sono molto colpito dall'interesse che lei ha per: 1) una diagnosi in cui sentirsi "incasellato", 2) una terapia "ad hoc", quasi fatta apposta per lei e, 3) la ricerca di un medico che sia "capace" di curarla. Si deduce da questi tre punti, quanto potere, quanto carisma, quanta CAUSA, attribuisce lei ad altri, anche se professionisti, e quanta poca capacità, responsabilità personale e fiducia dà a sè stesso, nel suo processo di miglioramento.
Affermo a caratteri maiuscoli che TUTTI I MEDICI CHE CONSULTERA' POSSONO CURARLA MA NESSUNO POTRA' MAI GUARIRLA (anche azzeccando in pieno la diagnosi!), perché la sua vera guarigione avverrà quando lei comincerà a smettere di delegarla solo ai professionisti della salute e a unire, invece, il suo POTERE, la sua FIDUCIA in sé stesso e la sua RESPONSABILITA'(intesa come abilità a rispondere di sè), insieme a quella del medico.
La saluto affettuosamente.
Sono molto colpito dall'interesse che lei ha per: 1) una diagnosi in cui sentirsi "incasellato", 2) una terapia "ad hoc", quasi fatta apposta per lei e, 3) la ricerca di un medico che sia "capace" di curarla. Si deduce da questi tre punti, quanto potere, quanto carisma, quanta CAUSA, attribuisce lei ad altri, anche se professionisti, e quanta poca capacità, responsabilità personale e fiducia dà a sè stesso, nel suo processo di miglioramento.
Affermo a caratteri maiuscoli che TUTTI I MEDICI CHE CONSULTERA' POSSONO CURARLA MA NESSUNO POTRA' MAI GUARIRLA (anche azzeccando in pieno la diagnosi!), perché la sua vera guarigione avverrà quando lei comincerà a smettere di delegarla solo ai professionisti della salute e a unire, invece, il suo POTERE, la sua FIDUCIA in sé stesso e la sua RESPONSABILITA'(intesa come abilità a rispondere di sè), insieme a quella del medico.
La saluto affettuosamente.
Dr. antonio ficarola
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 7.1k visite dal 02/02/2008.
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Approfondimento su Insonnia
L'insonnia è un disturbo del sonno che comporta difficoltà ad addormentarsi o rimanere addormentati: tipologie, cause, conseguenze, cure e rimedi naturali.