Scelta partner e meccanismi mentali
gentili Dottori,
scrivo in questo spazio per avere un parere esterno riguardante la mia situazione.
Io ho 23 anni, la mia prima relazione in assoluto risale a un anno e mezzo fa con un uomo sposato anagraficamente più grande (40 anni). Ma non era la classica situazione in cui io, ragazzina, ricercavo sicurezza e protezione da un uomo maturo... no ero io che nella coppia davo sicurezza, ascolto, comprensione, che risolvevo i problemi e prendevo decisioni; io da lui ricercavo solo affetto e dolcezza, quell'affetto che non ho mai avuto né dalla mia famiglia e né da altri uomini. Addirittura non volevo che si separasse dalla moglie (anche se ammetto mi sarebbe piaciuto, ma non lo ritenevo possibile), volevo solo vederlo felice. Insomma io mi davo a lui completamente ignorando i miei bisogni e le mie esigenze. Avrei fatto di tutto per lui. La relazione è finita però per sua decisione (della serie: chi ha più buonsenso lo usi) perché si era reso conto che il tutto era diventato insostenibile per entrambi. Io, nonostante soffrissi tantissimo (l'anno passato con lui mi ha fatto precipitare in una depressione cupa) non ne avrei mai avuto il coraggio.
Subito dopo, per superare il dolore della fine di questo rapporto mi sono buttata a capofitto in un'altra storia, che ripete lo stesso cliché: uomo molto più grande di me anagraficamente (38 anni) ma molto immaturo e bisognoso di affetto e ascolto, e con un problema (il precedente era sposato, lui "soffre" di fobia sociale). Stesso cliché ma con un miglioramento, nel senso che lui non lo voglio "salvare" dalla sua vita mediocre (come volevo fare col tipo sposato) ma lo amo per ciò che è, compresi quelli che lui considera difetti, compresa quella parte impacciata che lui odia di se stesso, anzi è proprio di quella parte che mi sono innamorata.
Però mi chiedo se sto di nuovo cadendo nello stesso schema mentale: mi trovo sempre uomini che hanno bisogno di essere in qualche modo "accuditi" e la parte di quella forte che non deve chiedere mai la faccio sempre io (ovviamente perché questo è il ruolo che ho avuto nella mia famiglia). Certo stavolta ho imparato a mettere le mie esigenze in primo piano e a "pretendere" in un rapporto (ad es. pretendo la fedeltà, cosa che precedentemente non facevo), insomma ho imparato a volermi bene ma è sufficiente? E' possibile cambiare schema mentale? E' in qualche modo "sbagliato" (dico, per il mio equilibrio) innamorarmi sempre della stessa categoria di uomini?
Grazie per l'attenzione e scusate la lunghezza del messaggio.
scrivo in questo spazio per avere un parere esterno riguardante la mia situazione.
Io ho 23 anni, la mia prima relazione in assoluto risale a un anno e mezzo fa con un uomo sposato anagraficamente più grande (40 anni). Ma non era la classica situazione in cui io, ragazzina, ricercavo sicurezza e protezione da un uomo maturo... no ero io che nella coppia davo sicurezza, ascolto, comprensione, che risolvevo i problemi e prendevo decisioni; io da lui ricercavo solo affetto e dolcezza, quell'affetto che non ho mai avuto né dalla mia famiglia e né da altri uomini. Addirittura non volevo che si separasse dalla moglie (anche se ammetto mi sarebbe piaciuto, ma non lo ritenevo possibile), volevo solo vederlo felice. Insomma io mi davo a lui completamente ignorando i miei bisogni e le mie esigenze. Avrei fatto di tutto per lui. La relazione è finita però per sua decisione (della serie: chi ha più buonsenso lo usi) perché si era reso conto che il tutto era diventato insostenibile per entrambi. Io, nonostante soffrissi tantissimo (l'anno passato con lui mi ha fatto precipitare in una depressione cupa) non ne avrei mai avuto il coraggio.
Subito dopo, per superare il dolore della fine di questo rapporto mi sono buttata a capofitto in un'altra storia, che ripete lo stesso cliché: uomo molto più grande di me anagraficamente (38 anni) ma molto immaturo e bisognoso di affetto e ascolto, e con un problema (il precedente era sposato, lui "soffre" di fobia sociale). Stesso cliché ma con un miglioramento, nel senso che lui non lo voglio "salvare" dalla sua vita mediocre (come volevo fare col tipo sposato) ma lo amo per ciò che è, compresi quelli che lui considera difetti, compresa quella parte impacciata che lui odia di se stesso, anzi è proprio di quella parte che mi sono innamorata.
Però mi chiedo se sto di nuovo cadendo nello stesso schema mentale: mi trovo sempre uomini che hanno bisogno di essere in qualche modo "accuditi" e la parte di quella forte che non deve chiedere mai la faccio sempre io (ovviamente perché questo è il ruolo che ho avuto nella mia famiglia). Certo stavolta ho imparato a mettere le mie esigenze in primo piano e a "pretendere" in un rapporto (ad es. pretendo la fedeltà, cosa che precedentemente non facevo), insomma ho imparato a volermi bene ma è sufficiente? E' possibile cambiare schema mentale? E' in qualche modo "sbagliato" (dico, per il mio equilibrio) innamorarmi sempre della stessa categoria di uomini?
Grazie per l'attenzione e scusate la lunghezza del messaggio.
[#1]
Cara ragazza,
ti faccio i miei complimenti per la lucidità e capacità di analisi che hai dimostrato nell'esporre la tua storia.
In effetti sembra proprio che tu segua uno schema, visto che entrambi questi uomini presentano determinate caratteristiche.
Allora ti chiedo: c'è qualcun altro che consideri "molto immaturo e bisognoso di affetto e ascolto" nella tua vita?
Trattandosi di uno schema è possibile sicuramente modificarlo mediante un percorso psicologico, soprattutto perchè, essendo tu altamente consapevole del problema e giustamente preoccupata di te stessa, hai anche sviluppato la giusta motivazione per non rimanere intrappolata per sempre in questo tipo di relazione.
Di per sè il problema risiede nel fatto che si tratta di rapporti squilibrati, in cui senso di responsabilità e "adultità" sono sostenute e apportate principalmente da te: di conseguenza sei arrivata a porti la domanda se siano rapporti "sbagliati" per il tuo equilibrio e questa domanda contiene già una risposta.
Ti consiglio la lettura del libro "Illusioni d'amore" della d.ssa Baldaro Verde, penso che lo troverai molto interessante.
ti faccio i miei complimenti per la lucidità e capacità di analisi che hai dimostrato nell'esporre la tua storia.
In effetti sembra proprio che tu segua uno schema, visto che entrambi questi uomini presentano determinate caratteristiche.
Allora ti chiedo: c'è qualcun altro che consideri "molto immaturo e bisognoso di affetto e ascolto" nella tua vita?
Trattandosi di uno schema è possibile sicuramente modificarlo mediante un percorso psicologico, soprattutto perchè, essendo tu altamente consapevole del problema e giustamente preoccupata di te stessa, hai anche sviluppato la giusta motivazione per non rimanere intrappolata per sempre in questo tipo di relazione.
Di per sè il problema risiede nel fatto che si tratta di rapporti squilibrati, in cui senso di responsabilità e "adultità" sono sostenute e apportate principalmente da te: di conseguenza sei arrivata a porti la domanda se siano rapporti "sbagliati" per il tuo equilibrio e questa domanda contiene già una risposta.
Ti consiglio la lettura del libro "Illusioni d'amore" della d.ssa Baldaro Verde, penso che lo troverai molto interessante.
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#2]
Utente
gentile Dottoressa Massaro,
innanzitutto La ringrazio per la puntuale risposta
Mi chiede se c’è qualcun altro nella mia vita che considero immaturo e bisognoso di cure. Certamente. Questo mio desiderio di prendermi cura dei miei partner, di renderli felici (che di per sé sembra una cosa bella ma non lo è, perché io li vorrei felici GRAZIE a me) deriva dal ruolo che ho assunto all’interno della mia famiglia di origine. Mio padre è morto presto, dopodiché mio fratello maggiore si è ammalato (sindrome bipolare) e mia mamma è una donna debole e insicura, non è mai riuscita a gestire la situazione (nonostante tutti i suoi sforzi, non le do nessuna colpa) quindi sono io che, bambina di 10 anni, ha dovuto crescere presto e prendere in mano la situazione.
Tutto ciò ovviamente ha avuto una ripercussione sulla mia forma mentis.
In un rapporto oltre a “prendermi cura” del mio partner mi devo sentire in qualche modo “superiore”. E quando il mio fidanzato si pone in una situazione di “superiorità” (fosse anche il solo pagare al ristorante) in qualche modo mi ferisce (ferita d’orgoglio?) e mi scelgo partner in qualche modo problematici perché vorrei che fossi io il centro delle loro vite. Per il tipo sposato ero un’ancora di salvezza. E per il mio attuale fidanzato sono l’unica cosa che nella sua vita lo rende felice. Tutto ciò mi fa sentire importante ma soprattutto amata. Ecco probabilmente questo è un altro problema: il vuoto affettivo che c’è in me e che riesco a riempire e a non sentire solo grazie a questi “amori totali”.
Dunque tirando le somme direi di sì, che ha ragione: il problema risiede nel fatto che sono rapporti squilibrati. Ma è proprio questo squilibrio che mi fa sentire appagata e mi rende felice.
Dunque mi dirà: se è felice così qual è il problema? Il problema di fondo è che non vorrei svegliarmi una mattina con la consapevolezza di aver sbagliato tutto (come da un giorno all’altro ho fatto col tipo sposato), non vorrei svegliarmi una mattina e odiare il mio compagno perché non mi ha dato tutto ciò che gli ho dato io, non si è preso cura di me come io mi prendo cura di lui (ovviamente non lo fa perché sono io che ho impostato la relazione in un determinato modo).
Mi rendo conto che sono dubbi e incertezze che forse non mi potrà risolvere nessuno e che si risolvono solo vivendo (un altro mio problema è che vivo poco perché programmo tutto, anche i sentimenti) ma è giusto anche chiedersi "dove si sta andando"...
Sulla terapia, ho pensato diverse volte di affrontare un percorso terapeutico, ma conoscendo per via di mio fratello gli psicologi della mia asl non mi sembra che facciano al caso mio e una terapia privata al momento è da escludersi per ragioni economiche.
La ringrazio di nuovo per l’attenzione, i consigli (il libro lo leggerò sicuramente) e la “chiacchierata virtuale”.
Buona giornata
innanzitutto La ringrazio per la puntuale risposta
Mi chiede se c’è qualcun altro nella mia vita che considero immaturo e bisognoso di cure. Certamente. Questo mio desiderio di prendermi cura dei miei partner, di renderli felici (che di per sé sembra una cosa bella ma non lo è, perché io li vorrei felici GRAZIE a me) deriva dal ruolo che ho assunto all’interno della mia famiglia di origine. Mio padre è morto presto, dopodiché mio fratello maggiore si è ammalato (sindrome bipolare) e mia mamma è una donna debole e insicura, non è mai riuscita a gestire la situazione (nonostante tutti i suoi sforzi, non le do nessuna colpa) quindi sono io che, bambina di 10 anni, ha dovuto crescere presto e prendere in mano la situazione.
Tutto ciò ovviamente ha avuto una ripercussione sulla mia forma mentis.
In un rapporto oltre a “prendermi cura” del mio partner mi devo sentire in qualche modo “superiore”. E quando il mio fidanzato si pone in una situazione di “superiorità” (fosse anche il solo pagare al ristorante) in qualche modo mi ferisce (ferita d’orgoglio?) e mi scelgo partner in qualche modo problematici perché vorrei che fossi io il centro delle loro vite. Per il tipo sposato ero un’ancora di salvezza. E per il mio attuale fidanzato sono l’unica cosa che nella sua vita lo rende felice. Tutto ciò mi fa sentire importante ma soprattutto amata. Ecco probabilmente questo è un altro problema: il vuoto affettivo che c’è in me e che riesco a riempire e a non sentire solo grazie a questi “amori totali”.
Dunque tirando le somme direi di sì, che ha ragione: il problema risiede nel fatto che sono rapporti squilibrati. Ma è proprio questo squilibrio che mi fa sentire appagata e mi rende felice.
Dunque mi dirà: se è felice così qual è il problema? Il problema di fondo è che non vorrei svegliarmi una mattina con la consapevolezza di aver sbagliato tutto (come da un giorno all’altro ho fatto col tipo sposato), non vorrei svegliarmi una mattina e odiare il mio compagno perché non mi ha dato tutto ciò che gli ho dato io, non si è preso cura di me come io mi prendo cura di lui (ovviamente non lo fa perché sono io che ho impostato la relazione in un determinato modo).
Mi rendo conto che sono dubbi e incertezze che forse non mi potrà risolvere nessuno e che si risolvono solo vivendo (un altro mio problema è che vivo poco perché programmo tutto, anche i sentimenti) ma è giusto anche chiedersi "dove si sta andando"...
Sulla terapia, ho pensato diverse volte di affrontare un percorso terapeutico, ma conoscendo per via di mio fratello gli psicologi della mia asl non mi sembra che facciano al caso mio e una terapia privata al momento è da escludersi per ragioni economiche.
La ringrazio di nuovo per l’attenzione, i consigli (il libro lo leggerò sicuramente) e la “chiacchierata virtuale”.
Buona giornata
[#3]
Il fatto di essere "felici" in una data situazione non significa che quella situazione sia sana nè priva di rischi per il futuro, e tu ti sei resa conto che lo squilibrio insito nella tipologia di relazioni che ti appagano non è qualcosa di innocuo.
Se ti leghi ad un certo tipo di uomini per sanare ferite del passato, infatti, non compi una scelta che ti permette di crescere, ma una scelta che ti permette di (illuderti di) riparare a quello che hai sofferto, ricoprendo un ruolo attivo rispetto a quanto ti è accaduto con tuo padre.
Da bambina "abbandonata" dal papà (non importa che sia morto, per il tuo inconscio di bambina è stato un abbandono) ti sei trasformata in giovane donna dalla quale il partner (figura maschile sostituta del padre) dipende e prega di non essere a sua volta abbandonato.
Questa volta sei tu che hai in mano le chiavi e tiri i fili della relazione, per questo ne sei felice - ma non puoi esserlo del tutto perchè si tratta di rapporti riparatori rispetto a quanto hai vissuto e non di relazioni che ti consentono di andare oltre e costruire qualcosa di nuovo, superando la coazione a ripetere la situazione traumatica iniziale.
In questo senso ti invito comunque a cercare una soluzione e a rivolgerti magari al consultorio piuttosto che alle strutture che si sono occupate di tuo fratello, e se frequenti l'università puoi informarti sull'esistenza di uno sportello psicologico dedicato agli studenti.
Se ti leghi ad un certo tipo di uomini per sanare ferite del passato, infatti, non compi una scelta che ti permette di crescere, ma una scelta che ti permette di (illuderti di) riparare a quello che hai sofferto, ricoprendo un ruolo attivo rispetto a quanto ti è accaduto con tuo padre.
Da bambina "abbandonata" dal papà (non importa che sia morto, per il tuo inconscio di bambina è stato un abbandono) ti sei trasformata in giovane donna dalla quale il partner (figura maschile sostituta del padre) dipende e prega di non essere a sua volta abbandonato.
Questa volta sei tu che hai in mano le chiavi e tiri i fili della relazione, per questo ne sei felice - ma non puoi esserlo del tutto perchè si tratta di rapporti riparatori rispetto a quanto hai vissuto e non di relazioni che ti consentono di andare oltre e costruire qualcosa di nuovo, superando la coazione a ripetere la situazione traumatica iniziale.
In questo senso ti invito comunque a cercare una soluzione e a rivolgerti magari al consultorio piuttosto che alle strutture che si sono occupate di tuo fratello, e se frequenti l'università puoi informarti sull'esistenza di uno sportello psicologico dedicato agli studenti.
[#4]
Gentile Ragazza,
i copioni, anche se disfunzionali e fautori di sofferenza dell'animo e della coppia, tendono a riproporsi nel tempo.
Conoscersi a fondo, comprendere le reali esigenze che la muovono verso determinate scelte affettive-emotive, credo sia il primo passo verso la possibile modifica del copione disfunzionale.
Di uomini irrisolti e bisognosi di cure,ne troverà tantissimi, ma scegliere di non fare più la crocerossina e di meritare di più, credo possa essere il lavoro da poter fare con uno psicologo-psicoterapeuta.
Cari salutie ci dia notizie, se crede.
i copioni, anche se disfunzionali e fautori di sofferenza dell'animo e della coppia, tendono a riproporsi nel tempo.
Conoscersi a fondo, comprendere le reali esigenze che la muovono verso determinate scelte affettive-emotive, credo sia il primo passo verso la possibile modifica del copione disfunzionale.
Di uomini irrisolti e bisognosi di cure,ne troverà tantissimi, ma scegliere di non fare più la crocerossina e di meritare di più, credo possa essere il lavoro da poter fare con uno psicologo-psicoterapeuta.
Cari salutie ci dia notizie, se crede.
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#5]
>>> (della serie: chi ha più buonsenso lo usi)
>>>
Questa è un'affermazione di buon senso. Forse saprai che nel nostro gergo informale fra colleghi esiste un termine, "crocerossina", a designare proprio un cliché come quello che hai descritto.
Altre varianti sono: la "baciatrice di rospi", la "leccatrice di ferite" e la "resuscitatrice di zombie".
A parte le battute ti suggerisco anch'io un libro: "Gli errori delle donne (in amore)", di G. Nardone.
Se riconosci di mettere in atto un copione disfunzionale, sarebbe opportuno che ne parlassi con uno psicologo, di persona.
Cordiali saluti
>>>
Questa è un'affermazione di buon senso. Forse saprai che nel nostro gergo informale fra colleghi esiste un termine, "crocerossina", a designare proprio un cliché come quello che hai descritto.
Altre varianti sono: la "baciatrice di rospi", la "leccatrice di ferite" e la "resuscitatrice di zombie".
A parte le battute ti suggerisco anch'io un libro: "Gli errori delle donne (in amore)", di G. Nardone.
Se riconosci di mettere in atto un copione disfunzionale, sarebbe opportuno che ne parlassi con uno psicologo, di persona.
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#6]
Utente
gentile dottor Santonocito, gentile dottoressa Randone:
sì sono a conoscenza della sindrome della crocerossina ma io non voglio affatto salvare il mio fidanzato, non voglio che il “rospo” si trasformi in “principe”, mi va benissimo il “rospo”. E questo non perché io mi accontento credendo di non meritare di più (come facevo quando stavo col tipo sposato) ma perché la timidezza e le sue insicurezze in qualche modo danno sicurezza a me: la sicurezza di essere amata, di essere SEMPRE amata incondizionatamente. E il fatto che il mio fidanzato abbia questo problema di estrema timidezza e che la sua vera personalità, quella di un uomo brillante, intelligente e dolcissimo la riveli solo a me (insomma, solo con me riesce ad essere se stesso), mi dà tanta tanta sicurezza. Quella sicurezza che non ho avuto da mio padre, come ha bene messo in evidenza la dottoressa Massaro.
La ringrazio molto dottoressa Massaro per avermi fornito questo importante spunto di riflessione, pur mettendo in relazione la mia situazione sentimentale con quella familiare non avevo mai pensato a quanto abbia pesato l’abbandono di mio padre (certo che mi sono sentita abbandonata, gliene ho fatto anche una colpa, mio padre è morto perché ha sempre rifiutato di curarsi). E in effetti io sto bene col mio fidanzato perché ho la certezza che lui non mi lascerà (abbandonerà) mai, per via delle sue difficoltà relazionali (difficoltà relazionali che in forma molto più attenuata sono anche le mie, anche io ho ansia sociale, sono evitante e così via).
Sulla terapia, francamente sono molto titubante, per tanti motivi
- prima di tutto la convinzione che ho di farcela da sola (che non riguarda solo le questioni mediche). Proprio perché sono sempre stata abituata a fare tutto da sola mi risulta difficile chiedere l’aiuto di qualcuno, perché in questo modo dovrei mostrarmi debole e fragile. Inoltre non so quanto mi possa fare bene tirare fuori vecchi traumi del passato, penso che certi episodi è meglio che restino nell’oblio. E’ sempre un bene rivivere le sofferenze del passato?
- poi ho la convinzione che tutti noi scegliamo i partner in base ad automatismi mentali derivati dal nostro vissuto familiare, solo che non sempre riusciamo ad esserne consapevoli. Sì come mi dice la dottoressa Massaro, una volta consapevoli bisognerebbe liberarsene per andare avanti e costruire qualcosa di nuovo? Ma mi chiedo: si può veramente andare avanti? Qualche volta penso che il nostro vissuto ci condizioni così tanto che più che abbattere quello che abbiamo per costruire qualcosa di nuovo dovremmo solo imparare a trovare un equilibrio con ciò che già abbiamo…
Vi ringrazio nuovamente per l’ascolto, il tempo dedicatomi e gli utili consigli
sì sono a conoscenza della sindrome della crocerossina ma io non voglio affatto salvare il mio fidanzato, non voglio che il “rospo” si trasformi in “principe”, mi va benissimo il “rospo”. E questo non perché io mi accontento credendo di non meritare di più (come facevo quando stavo col tipo sposato) ma perché la timidezza e le sue insicurezze in qualche modo danno sicurezza a me: la sicurezza di essere amata, di essere SEMPRE amata incondizionatamente. E il fatto che il mio fidanzato abbia questo problema di estrema timidezza e che la sua vera personalità, quella di un uomo brillante, intelligente e dolcissimo la riveli solo a me (insomma, solo con me riesce ad essere se stesso), mi dà tanta tanta sicurezza. Quella sicurezza che non ho avuto da mio padre, come ha bene messo in evidenza la dottoressa Massaro.
La ringrazio molto dottoressa Massaro per avermi fornito questo importante spunto di riflessione, pur mettendo in relazione la mia situazione sentimentale con quella familiare non avevo mai pensato a quanto abbia pesato l’abbandono di mio padre (certo che mi sono sentita abbandonata, gliene ho fatto anche una colpa, mio padre è morto perché ha sempre rifiutato di curarsi). E in effetti io sto bene col mio fidanzato perché ho la certezza che lui non mi lascerà (abbandonerà) mai, per via delle sue difficoltà relazionali (difficoltà relazionali che in forma molto più attenuata sono anche le mie, anche io ho ansia sociale, sono evitante e così via).
Sulla terapia, francamente sono molto titubante, per tanti motivi
- prima di tutto la convinzione che ho di farcela da sola (che non riguarda solo le questioni mediche). Proprio perché sono sempre stata abituata a fare tutto da sola mi risulta difficile chiedere l’aiuto di qualcuno, perché in questo modo dovrei mostrarmi debole e fragile. Inoltre non so quanto mi possa fare bene tirare fuori vecchi traumi del passato, penso che certi episodi è meglio che restino nell’oblio. E’ sempre un bene rivivere le sofferenze del passato?
- poi ho la convinzione che tutti noi scegliamo i partner in base ad automatismi mentali derivati dal nostro vissuto familiare, solo che non sempre riusciamo ad esserne consapevoli. Sì come mi dice la dottoressa Massaro, una volta consapevoli bisognerebbe liberarsene per andare avanti e costruire qualcosa di nuovo? Ma mi chiedo: si può veramente andare avanti? Qualche volta penso che il nostro vissuto ci condizioni così tanto che più che abbattere quello che abbiamo per costruire qualcosa di nuovo dovremmo solo imparare a trovare un equilibrio con ciò che già abbiamo…
Vi ringrazio nuovamente per l’ascolto, il tempo dedicatomi e gli utili consigli
[#7]
>>> perché la timidezza e le sue insicurezze in qualche modo danno sicurezza a me: la sicurezza di essere amata, di essere SEMPRE amata incondizionatamente
>>>
Infatti, il copione di cui stiamo discutendo su cosa crede che si basi? Si basa proprio sull'insicurezza: un copione che ha bisogno di una donna insicura e di un uomo più insicuro di lei, per poter esistere.
Al momento in cui il rospo diventa principe non necessita più della salvatrice e quindi l'uomo ideale, per quest'ultima, è quello che ha bisogno di essere salvato, ma che in realtà non si salva mai.
Non c'è bisogno di sottolineare che coppie di questo tipo, pur potendo raggiungere un loro equilibrio, sono disfunzionali e destinate a durare solo finché entrambi rimangono fermi nella propria insicurezza.
Quanto alla convinzione di farcela da sola, è un tema comunissimo nell'ansia, se fa un giro per i consulti del sito se ne renderà conto. Anche quella è una strategia che nasce come compensazione all'insicurezza: sembra sana, ma non lo è. Chi è veramente sicuro di sé non teme di affidarsi ad altri o perdere il controllo, quando serve.
Cordiali saluti
>>>
Infatti, il copione di cui stiamo discutendo su cosa crede che si basi? Si basa proprio sull'insicurezza: un copione che ha bisogno di una donna insicura e di un uomo più insicuro di lei, per poter esistere.
Al momento in cui il rospo diventa principe non necessita più della salvatrice e quindi l'uomo ideale, per quest'ultima, è quello che ha bisogno di essere salvato, ma che in realtà non si salva mai.
Non c'è bisogno di sottolineare che coppie di questo tipo, pur potendo raggiungere un loro equilibrio, sono disfunzionali e destinate a durare solo finché entrambi rimangono fermi nella propria insicurezza.
Quanto alla convinzione di farcela da sola, è un tema comunissimo nell'ansia, se fa un giro per i consulti del sito se ne renderà conto. Anche quella è una strategia che nasce come compensazione all'insicurezza: sembra sana, ma non lo è. Chi è veramente sicuro di sé non teme di affidarsi ad altri o perdere il controllo, quando serve.
Cordiali saluti
Questo consulto ha ricevuto 8 risposte e 3.7k visite dal 01/02/2012.
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Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.