Difficoltà nelle relazioni sociali
Buonasera,
sono un ragazzo di 30 anni. Come accennato nel titolo, il mio problema è che non riesco ad intrattenere relazioni sociali. Questo problema l'ho fin da piccolo. Ricordo che già alle elementari guardavo i miei compagni ridere e scherzare insieme ed io non sapevo mai cosa dire, così finivo sempre in disparte. Tutt'oggi, se sono con un gruppo di persone non riesco a inserirmi nella conversazione, quindi non riesco neanche a dare un'impressione positiva. Anzi, ho avuto modo di scoprire che gli altri pensano che io non abbia interesse a parlare con loro perchè mi ritengo superiore. Ovviamente non è così. Se mi sforzo di essere più socievole e parlare appaio molto rigido e innaturale, cioè si sente che ciò che dico non lo dico in modo naturale. Le uniche relazioni che riesco a instaurare sono con persone con una sensibilità simile alla mia, e le relazioni amorose che instauro partono da una relazione di aiuto (cioè in cui ad aiutare sono io). Non riesco a capire perchè io sia così. Questa situazione mi fa soffrire molto perchè oltre a non avere nè amici (solo qualche buon conoscente) e attualmente neanche più la fidanzata, non ho parenti e da una decina d'anni neanche più i genitori, che comunque non sono mai stati presenti, per cui mi sento molto solo. Non mi sottraggo alle situazioni sociali, ma ogni volta ottengo solo fallimenti e desidero fortemente andarmene da lì.
Vorrei sapere se questo problema è una difficoltà, quindi curabile, oppure un disturbo, per il quale non si può fare niente. Grazie
sono un ragazzo di 30 anni. Come accennato nel titolo, il mio problema è che non riesco ad intrattenere relazioni sociali. Questo problema l'ho fin da piccolo. Ricordo che già alle elementari guardavo i miei compagni ridere e scherzare insieme ed io non sapevo mai cosa dire, così finivo sempre in disparte. Tutt'oggi, se sono con un gruppo di persone non riesco a inserirmi nella conversazione, quindi non riesco neanche a dare un'impressione positiva. Anzi, ho avuto modo di scoprire che gli altri pensano che io non abbia interesse a parlare con loro perchè mi ritengo superiore. Ovviamente non è così. Se mi sforzo di essere più socievole e parlare appaio molto rigido e innaturale, cioè si sente che ciò che dico non lo dico in modo naturale. Le uniche relazioni che riesco a instaurare sono con persone con una sensibilità simile alla mia, e le relazioni amorose che instauro partono da una relazione di aiuto (cioè in cui ad aiutare sono io). Non riesco a capire perchè io sia così. Questa situazione mi fa soffrire molto perchè oltre a non avere nè amici (solo qualche buon conoscente) e attualmente neanche più la fidanzata, non ho parenti e da una decina d'anni neanche più i genitori, che comunque non sono mai stati presenti, per cui mi sento molto solo. Non mi sottraggo alle situazioni sociali, ma ogni volta ottengo solo fallimenti e desidero fortemente andarmene da lì.
Vorrei sapere se questo problema è una difficoltà, quindi curabile, oppure un disturbo, per il quale non si può fare niente. Grazie
[#1]
Gentile Utente,
la sua situazione ha radici nella sua infanzia, dal momento che lei riscontra una continuità fra le difficoltà attuali e quelle che viveva da bambino, ma non per questo è condannato a trascorrere nello stesso modo anche tutto il resto della vita.
I suoi genitori non si sono mai proccupati nel vederla isolata rispetto ai coetaniei?
Non ha mai ricevuto incoraggiamenti o suggerimenti su come comportarsi?
Da qui non possiamo porre diagnosi e quindi dirle se soffre o meno di uno specifico disturbo perchè manca il contatto diretto con lei, ma questo on fa differenza rispetto all'indicazione della possibile efficacia di un percorso psicologico.
Un intervento di questo tipo le sarebbe utile in ogni caso e le consiglio di prendere contatto anche di persona con uno psicologo per approfondire il discorso e lavorare sugli aspetti di lei che la fanno soffrire.
la sua situazione ha radici nella sua infanzia, dal momento che lei riscontra una continuità fra le difficoltà attuali e quelle che viveva da bambino, ma non per questo è condannato a trascorrere nello stesso modo anche tutto il resto della vita.
I suoi genitori non si sono mai proccupati nel vederla isolata rispetto ai coetaniei?
Non ha mai ricevuto incoraggiamenti o suggerimenti su come comportarsi?
Da qui non possiamo porre diagnosi e quindi dirle se soffre o meno di uno specifico disturbo perchè manca il contatto diretto con lei, ma questo on fa differenza rispetto all'indicazione della possibile efficacia di un percorso psicologico.
Un intervento di questo tipo le sarebbe utile in ogni caso e le consiglio di prendere contatto anche di persona con uno psicologo per approfondire il discorso e lavorare sugli aspetti di lei che la fanno soffrire.
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#3]
Questa situazione le pesava o lo considerava normale?
Per i bambini di solito quello che accade in famiglia è normale, perchè non hanno la possibilità di capire se qualcosa non va, ed è naturale che diano molta importanza al parere dei genitori: i commmenti negativi che lei ha ricevuto hanno sicuramente influenzato l'immagine di Sè che ha costruito fin da piccolo.
Se nel frattempo sono mancati anche incoraggiamenti e supporto è comprensibile che lei si trovi ancora oggi in difficoltà a relazionarsi, non pensando probabilmente di avere nulla di particolare da dire o da dare agli altri.
Se questo è quanto le hanno trasmesso e insegnato i suoi genitori è necessario un lavoro mirato per permetterle di disconfermarlo e di costruire una nuova immagine di Sè come di una persona che può trovarsi a suo agio in mezzo agli altri e mettendosi in relazione con loro.
Per i bambini di solito quello che accade in famiglia è normale, perchè non hanno la possibilità di capire se qualcosa non va, ed è naturale che diano molta importanza al parere dei genitori: i commmenti negativi che lei ha ricevuto hanno sicuramente influenzato l'immagine di Sè che ha costruito fin da piccolo.
Se nel frattempo sono mancati anche incoraggiamenti e supporto è comprensibile che lei si trovi ancora oggi in difficoltà a relazionarsi, non pensando probabilmente di avere nulla di particolare da dire o da dare agli altri.
Se questo è quanto le hanno trasmesso e insegnato i suoi genitori è necessario un lavoro mirato per permetterle di disconfermarlo e di costruire una nuova immagine di Sè come di una persona che può trovarsi a suo agio in mezzo agli altri e mettendosi in relazione con loro.
[#5]
Immagino che la sua reazione emotiva sia complessa da affrontare, proprio perchè è plausibile che si senta diviso fra la rabbia e la commiserazione per due persone che l'hanno involontariamente danneggiata e che ora non sono più con lei.
Per questo le dicevo che nel suo caso un importante obiettivo terapeutico sarebbe presumibilmente aiutarla a permettersi di prendere le distanze da quello che i suoi le hanno trasmesso, perchè è possibile che in questo momento lei non si senta del tutto libero e autorizzato ad abbandonare quelle che, per quanto negativa, è pur sempre un'eredità dei suoi genitori.
Contraddirli e rinnegare questa "eredità" non dev'essere facile, anche se continuare così le provoca molto dolore, ma se sarà sostenuto in questo potrà riuscire a farlo.
Le faccio tanti auguri,
Per questo le dicevo che nel suo caso un importante obiettivo terapeutico sarebbe presumibilmente aiutarla a permettersi di prendere le distanze da quello che i suoi le hanno trasmesso, perchè è possibile che in questo momento lei non si senta del tutto libero e autorizzato ad abbandonare quelle che, per quanto negativa, è pur sempre un'eredità dei suoi genitori.
Contraddirli e rinnegare questa "eredità" non dev'essere facile, anche se continuare così le provoca molto dolore, ma se sarà sostenuto in questo potrà riuscire a farlo.
Le faccio tanti auguri,
[#6]
Gentile Signore, mi unisco a quanto Le ha gia' detto la collega ma vorrei suggerirLe di prendere in esame la possibilita' di una psicoterapia di gruppo, nella quale speriementarsi nel pratico. Ho notato in particolare nel suo messaggio la sua acuta considerazione circa la sua maggiore confideNza verso rapporti affettivi nei quali sia Lei a dare aiuto. Penso che questo possa indicare molta insicurezza e bisogno di sentire la disponibilita' dell'altro nei Suoi confronti. Penso che una maggiore conoscenza delle sue risorse profonde la metterebbe al riparo da tali insicurezze.
Molti auguri!
Molti auguri!
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
[#7]
Gentile Utente,
Lei non è mica l'unica persona cresciuta con genitori "incapaci", eppure molte persone con genitori "incapaci" non manifestano queste difficoltà. Non è neppure l'unico che a 30 ha queste difficoltà a relazionarsi con gli altri. Quello che voglio dire è che mi sembra davvero riduttivo pensare che la famiglia, che è il primo luogo degli apprendimenti (è vero!), possa generare tali diffcoltà. Nonostante la famiglia Lei alla fine avrebbe potuto provare a cambiare strada e vedere che succedeva.
Ma cambiare strada per Lei probabilmente è difficile perchè non riesce a comprendere quali paure (SUE), timori (SUOI), dubbi, ansie, ecc... la stanno ancora bloccando quando va verso gli altri.
E, più che ricercare le cause nell'infanzia, che ormai è un lontano ricordo e soprattutto non ci aiuterebbe a cambiare alcunchè, potrebbe prendere in considerazione due opzioni per cercare di risolvere il problema che è risolvibile in modo veloce:
1. imparare COME ci si relaziona con gli altri in maniera efficace (può fare un training di abilità sociali e relazionali). Ma dubito che il problema sia questo, in quanto sono certa che Lei sia perfettamente in grado di SAPERE COME ci si relaziona con gli altri. In fondo per 30 anni ha vissuto nel mondo, non chiuso in casa, e sa come fare. Ciò che La blocca è altro.
2. Potrebbe cominciare un percorso psicoterapico per comprendere COSA Le impedisce di relazionarsi in maniera serena con gli altri e PERCHE' -pur vivendo nel mondo e relazionandosi con gli altri- non è riuscito ad avere relazioni.
Per approfondire può leggere qui:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html
Probabilmente adesso attua una strategia che non fa altro che rafforzare un senso di inadeguatezza nelle relazioni: "le relazioni amorose che instauro partono da una relazione di aiuto (cioè in cui ad aiutare sono io)"
Ma le relazioni (non solo quelle d'amore) partono da altro, non solo dall'aiuto (che è vicendevole, un po' si aiuta, un po' ci si fa aiutare)!!!
Fornendo aiuto all'altro crede di assicurarsi un legame e di non essere lasciato?
Lei non è mica l'unica persona cresciuta con genitori "incapaci", eppure molte persone con genitori "incapaci" non manifestano queste difficoltà. Non è neppure l'unico che a 30 ha queste difficoltà a relazionarsi con gli altri. Quello che voglio dire è che mi sembra davvero riduttivo pensare che la famiglia, che è il primo luogo degli apprendimenti (è vero!), possa generare tali diffcoltà. Nonostante la famiglia Lei alla fine avrebbe potuto provare a cambiare strada e vedere che succedeva.
Ma cambiare strada per Lei probabilmente è difficile perchè non riesce a comprendere quali paure (SUE), timori (SUOI), dubbi, ansie, ecc... la stanno ancora bloccando quando va verso gli altri.
E, più che ricercare le cause nell'infanzia, che ormai è un lontano ricordo e soprattutto non ci aiuterebbe a cambiare alcunchè, potrebbe prendere in considerazione due opzioni per cercare di risolvere il problema che è risolvibile in modo veloce:
1. imparare COME ci si relaziona con gli altri in maniera efficace (può fare un training di abilità sociali e relazionali). Ma dubito che il problema sia questo, in quanto sono certa che Lei sia perfettamente in grado di SAPERE COME ci si relaziona con gli altri. In fondo per 30 anni ha vissuto nel mondo, non chiuso in casa, e sa come fare. Ciò che La blocca è altro.
2. Potrebbe cominciare un percorso psicoterapico per comprendere COSA Le impedisce di relazionarsi in maniera serena con gli altri e PERCHE' -pur vivendo nel mondo e relazionandosi con gli altri- non è riuscito ad avere relazioni.
Per approfondire può leggere qui:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html
Probabilmente adesso attua una strategia che non fa altro che rafforzare un senso di inadeguatezza nelle relazioni: "le relazioni amorose che instauro partono da una relazione di aiuto (cioè in cui ad aiutare sono io)"
Ma le relazioni (non solo quelle d'amore) partono da altro, non solo dall'aiuto (che è vicendevole, un po' si aiuta, un po' ci si fa aiutare)!!!
Fornendo aiuto all'altro crede di assicurarsi un legame e di non essere lasciato?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#8]
Ex utente
Grazie dott.ssa Massaro, non so come ma le sue parole e il suo ascolto mi hanno fatto sentire molto meglio. Grazie anche alla dott.ssa Franca Esposito per i suoi preziosi suggerimenti e per gli auguri. E grazie anche alla dott.ssa Angela Pileci, un intervento un pò rude ma molto utile.
[#11]
Gentile Ragazzo,
Chi le ha diagnosticato la sindrome di Asperger?
Consideri pero' che si puo' vivere e stare con gli altri allo stesso modo, senza limitazioni alcune.
Vivere i legami all' insegna delle affinita' elettive, e' una valida strategia relazionale, conoscersi poi a fondo, magari mediante una psicoterapia, diventa sicuramente un valore aggiunto al suo essere.
Saluti
Chi le ha diagnosticato la sindrome di Asperger?
Consideri pero' che si puo' vivere e stare con gli altri allo stesso modo, senza limitazioni alcune.
Vivere i legami all' insegna delle affinita' elettive, e' una valida strategia relazionale, conoscersi poi a fondo, magari mediante una psicoterapia, diventa sicuramente un valore aggiunto al suo essere.
Saluti
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
Questo consulto ha ricevuto 11 risposte e 34.3k visite dal 24/01/2012.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.