Qualcosa non si ingrana.
Sto seguendo una psicoterapia psicoanalitica da più di un anno e mezzo. Ma ho la sensazione di non andare mai da nessuna parte.
Però, non attribuisco colpe al professionista, bensì a me. Alla mia incapacità di ingranare una marcia comunicativa, che mi permetta di arrivare lì, pensare e parlare.
Alcune volte, mi arrivano come delle illuminazioni su come dovrei o potrei comunicare certe mie sensazioni, certi miei pensieri, durante le sedute. Sembrerebbero cose ovvie, ma per me non lo diventano mai. E così me le dimentico.
Mi sento come una macchina, che dovrebbe essere manovrata. Ma non so come inserire certi comandi in me.
In questi giorni, come anche in passato ho voluto, vorrei fortemente comunicargli quanto io consideri necessaria la sua presenza in me. Quanto abbia bisogno di una connessione con lui. Ma una connessione diversa da quella che potrebbe crearsi durante un qualsiasi legame con un’altra persona.
E vorrei raccontargli di quel buco che si forma in me, quando mi rendo completamente conto di essere un involucro vuoto. E quando attorno non vedo né sento cose o presenze di cui riempirmi.
Ma non so come fare. Perché so che arriverò in quella stanza e si rivelerà la mia parte inetta e immatura. Mi sentirò stupida e vacua. Non riuscirò ad esserci, per esprimere frasi o anche solo parole.
Come posso fare?
Sento che sto mano a mano perdendo le forze, mi sto spegnendo del tutto.
Come posso fare? Dovrei entrare nella stanza con quaderni o fogli, contenenti i miei pensieri incorniciati e leggerglieli? Non riesco a immaginarmi nel fare ciò.
Per quanto può ancora continuare il tutto su questa strada tappata? Può succedere che il professionista stoppi la terapia per inutilità?
Io non considero inutile la terapia. Anzi, ne temo l’interruzione.
Forse attendo qualcosa da parte sua. Una sua proposta, un cambiamento, un inquadramento della situazione.
Non so.
Però, non attribuisco colpe al professionista, bensì a me. Alla mia incapacità di ingranare una marcia comunicativa, che mi permetta di arrivare lì, pensare e parlare.
Alcune volte, mi arrivano come delle illuminazioni su come dovrei o potrei comunicare certe mie sensazioni, certi miei pensieri, durante le sedute. Sembrerebbero cose ovvie, ma per me non lo diventano mai. E così me le dimentico.
Mi sento come una macchina, che dovrebbe essere manovrata. Ma non so come inserire certi comandi in me.
In questi giorni, come anche in passato ho voluto, vorrei fortemente comunicargli quanto io consideri necessaria la sua presenza in me. Quanto abbia bisogno di una connessione con lui. Ma una connessione diversa da quella che potrebbe crearsi durante un qualsiasi legame con un’altra persona.
E vorrei raccontargli di quel buco che si forma in me, quando mi rendo completamente conto di essere un involucro vuoto. E quando attorno non vedo né sento cose o presenze di cui riempirmi.
Ma non so come fare. Perché so che arriverò in quella stanza e si rivelerà la mia parte inetta e immatura. Mi sentirò stupida e vacua. Non riuscirò ad esserci, per esprimere frasi o anche solo parole.
Come posso fare?
Sento che sto mano a mano perdendo le forze, mi sto spegnendo del tutto.
Come posso fare? Dovrei entrare nella stanza con quaderni o fogli, contenenti i miei pensieri incorniciati e leggerglieli? Non riesco a immaginarmi nel fare ciò.
Per quanto può ancora continuare il tutto su questa strada tappata? Può succedere che il professionista stoppi la terapia per inutilità?
Io non considero inutile la terapia. Anzi, ne temo l’interruzione.
Forse attendo qualcosa da parte sua. Una sua proposta, un cambiamento, un inquadramento della situazione.
Non so.
[#1]
per il buon andamento della terapia le perplessità devono essere evidenziate al terapeuta. altrimenti la strada intrapresa continuerà a non portare a nulla.
saluti
saluti
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
[#2]
Gentile Utente,
questi suoi malumori, disagi e perplessità andrebbero analizzati e soprattutto comunicati al suo terapeuta, soltanto così trasformerà la crisi in risorsa terapeutica.
Cari saluti
questi suoi malumori, disagi e perplessità andrebbero analizzati e soprattutto comunicati al suo terapeuta, soltanto così trasformerà la crisi in risorsa terapeutica.
Cari saluti
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 1.5k visite dal 17/12/2011.
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