Timore di andare a vivere da solo altrove in uno stato di leggera depressione.
Ho deciso di chiedere consiglio a voi esperti perché la cosa mi blocca molto e non so se agire andare a vivere altrove possa essere dannoso per me.
Cerco di spiegarvi in breve:
da poco meno di un anno mi sono laureato e da allora quelle poche persone che rritenevo amici mi hanno completamente voltato le spalle e sono spariti dalla circolazione ignorandomi. Da allora non sono riuscito a trovare lavoro e sto vivendo una fortissima solitudine; nessuno mi cerca più, bacheca di facebook deserta, 0 sms e chiamate, insomma sto vivendo da un anno in uno stato di profonda solitudine che mi ha causato una leggera depressione (leggera non vuol dire che sia meno "dolorosa"!).
Da prima che mi laureassi avevo realizzato l'idea di partire per una metropoli estera per fare un'esperienza da solo e per imparare l'inglese. Magari non parto con l'idea di restare a vivere lì, ma anche fare qualche mese sarebbe ottimo.
Però con il mio stato d'animo mi viene tanta ansia e non riesco mai a concretizzare la partenza.
Secondo voi, visto il mio stato d'animo, sarebbe salutare partire oppure potrebbe essere dannoso?
Quando penso di partire mi sale l'ansia perchè penso "Dio mio! Mi troverò ancora più solo; e se non ce la faccio?; dovrò stare lontano dalle uniche persone fidate, cioè la mia famiglia; e se non sarò in grado di gestire i soldi e di vivere da solo all'estero? ecc..." quindi tutto questo mi causa grande confusione, mi spavento e mi blocco. Poi però ci sono giornate in cui rimpiango di non aver concretizzato la partenza e si ricomincia con questo ciclo infinito!
La cosa mi causa una forte ansia e un blocco psicologico! Sento di trovarmi difronte a scelte contrastanti e non so cosa pensare.
Cerco di spiegarvi in breve:
da poco meno di un anno mi sono laureato e da allora quelle poche persone che rritenevo amici mi hanno completamente voltato le spalle e sono spariti dalla circolazione ignorandomi. Da allora non sono riuscito a trovare lavoro e sto vivendo una fortissima solitudine; nessuno mi cerca più, bacheca di facebook deserta, 0 sms e chiamate, insomma sto vivendo da un anno in uno stato di profonda solitudine che mi ha causato una leggera depressione (leggera non vuol dire che sia meno "dolorosa"!).
Da prima che mi laureassi avevo realizzato l'idea di partire per una metropoli estera per fare un'esperienza da solo e per imparare l'inglese. Magari non parto con l'idea di restare a vivere lì, ma anche fare qualche mese sarebbe ottimo.
Però con il mio stato d'animo mi viene tanta ansia e non riesco mai a concretizzare la partenza.
Secondo voi, visto il mio stato d'animo, sarebbe salutare partire oppure potrebbe essere dannoso?
Quando penso di partire mi sale l'ansia perchè penso "Dio mio! Mi troverò ancora più solo; e se non ce la faccio?; dovrò stare lontano dalle uniche persone fidate, cioè la mia famiglia; e se non sarò in grado di gestire i soldi e di vivere da solo all'estero? ecc..." quindi tutto questo mi causa grande confusione, mi spavento e mi blocco. Poi però ci sono giornate in cui rimpiango di non aver concretizzato la partenza e si ricomincia con questo ciclo infinito!
La cosa mi causa una forte ansia e un blocco psicologico! Sento di trovarmi difronte a scelte contrastanti e non so cosa pensare.
[#1]
Caro ragazzo,
penso che le decisione di partire o non partire dovrebbe basarsi anche sulla considerazione di quali sono le tue aspettative nei confronti del soggiorno all'estero.
Si tratta solo di imparare una lingua e provare a vivere da solo, oppure hai anche altre aspettative?
La tua famiglia cosa pensa del tuo desiderio?
Ti appoggiano o si preoccupano del fatto che potresti non farcela?
Non mi è chiaro se ti sei dato una spiegazione per il fatto che tutti gli amici sono improvvisamente spariti dalla tua vita, e vorrei sapere cosa pensi sia successo.
Aggiungo anche che prima di parlare di "depressione" è necessario eseguire una valutazione clinica della tua situazione, e che - in linea di massima - trovarsi improvvisamente da soli, e di conseguenza soffrirne, è un evento che causa ovviamente e normalmente un calo dell'umore, e prima di aver parlato con uno psicologo non è il caso di pensare che il malessere che provi sia riconducibile necessariamente al campo della psicopatologia.
penso che le decisione di partire o non partire dovrebbe basarsi anche sulla considerazione di quali sono le tue aspettative nei confronti del soggiorno all'estero.
Si tratta solo di imparare una lingua e provare a vivere da solo, oppure hai anche altre aspettative?
La tua famiglia cosa pensa del tuo desiderio?
Ti appoggiano o si preoccupano del fatto che potresti non farcela?
Non mi è chiaro se ti sei dato una spiegazione per il fatto che tutti gli amici sono improvvisamente spariti dalla tua vita, e vorrei sapere cosa pensi sia successo.
Aggiungo anche che prima di parlare di "depressione" è necessario eseguire una valutazione clinica della tua situazione, e che - in linea di massima - trovarsi improvvisamente da soli, e di conseguenza soffrirne, è un evento che causa ovviamente e normalmente un calo dell'umore, e prima di aver parlato con uno psicologo non è il caso di pensare che il malessere che provi sia riconducibile necessariamente al campo della psicopatologia.
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#2]
Ex utente
Gentile dott.ssa Flavia Massaro,
cercherò di rispondere alle sue domande in maniera esaustiva.
Dunque, innanzi tutto l'idea di partire mi è venuta quando ancora frequentavo l'università. Avendo studiato lingue, il mio obiettivo sarebbe principalmente quello di aumentare il mio livello di lingua inglese, e comunque voglio anche imparare ad auto-gestirmi e a vivere da solo perché lo ritengo una necessità importante nella vita di ognuno.
Ovviamente vista la mia situazione di solitudine che va avanti da troppo tempo ed è insostenibile, parto anche per confrontarmi con nuove persone e magari trovare nuove amicizie (anche se adesso sono abbastanza sfiduciato sul campo dell'amizia viste le numerose forti delusioni che ho avuto in questi ultimi anni).
Visti i miei obiettivi per così dire "professionali", i miei genitori mi appoggiano nell'idea e credo siano anche contenti se riuscissi nell'impresa. E comunque mi dicono "se non dovessi trovarti bene, puoi sempre prendere un aereo e torni!".
Per quanto riguarda la spiegazione che mi sono dato per l'allontanamento dei miei amici posso dirle che una spiegazione me la sono data. La spiegazione è che ho dato troppa fiducia a chi non dovevo darla, ho probabilmente sopravvalutato quella che ritenevo una buona amicizia mentre mi trovavo difronte ad una persona opportunista, cioè che mi ha dimostrato quel minimo di amicizia solo finché gli sono stato utile per l'università, ma da quando mi sono laureato (e quindi non sono stato più ritenuto "rilevante" e utile) mi sono state voltate le spalle e sono stato ignorato.
Il fatto ancora rappresenta una ferita aperta per me, ma ormai è passato quasi un anno da quando non vedo più in particolare una persona che ritenevo un amico e con il quale non avrei proprio voluto perdere contatti, e così mi sto abituando pian piano a questa condizione, anche se mi lascia molta malinconia addosso visto che attualmente, e sa un anno, non ho davvero neanche un mezzo amico/a, nessuno!
Concludo spiegandole perché ho parlato di leggera depressione.
Subito dopo la laurea, mi sono ritrovato solo e senza lavoro (lavoro che ancora non ho trovato) e ho vissuto un lungo periodo di forte sconforto. Mi veniva anche da piangere certi giorni.
Mi svegliavo la mattina e non avevo più nulla da fare per il resto del giorno. Provavo un continuo senso di tristezza e non vedo molte speranze di radicale cambiamento in positivo per il futuro.
La situazione è cambiata circa da due mesi, quando arrivato al limite della sopportazione ho confessato ad un familiare di essere rimasto ferito dall'atteggiamento di quelli che ho chiamato amici, ma in particolare di un amico, e sono scoppiato in un pianto incontrollato. Questo familiare mi ha detto che queste non sono amicizie, e che avrei dovuto smettere di cercare il continuo contatto con questa persona attraverso internet visto che è palese il fatto che a cercare di farmi vivo sono solo io, mentre dall'altra parte ho capito anche che ci sono state delle menzogne per "giustificare" la mancata presenza. Da quel momento ho iniziato a non scrivergli più (e ovviamente non mi ha scritto mai neanche l'altra persona...quindi è più di un mese che non sento pi nessuno) e vivo con l'idea che le ho già scritto, cioè che per mia sfortuna ho preso un grosso abbaglio e per non cadere nel ridicolo, è meglio che io non scriva più loro per ora. Da questo momento vivo la cosa un po' più passivamente ma sento che l'ansia è un pochino diminuita. Mi rattristo molto se ripenso a questa persona e a quanto gli avevo creduto, però cerco di tirare avanti pensando che ormai non fa più parte della mia vita e molto probabilmente non mi pensa neanche minimamente.
Spero di essere stato esaustivo.
Grazie mille per la sua attenzione.
cercherò di rispondere alle sue domande in maniera esaustiva.
Dunque, innanzi tutto l'idea di partire mi è venuta quando ancora frequentavo l'università. Avendo studiato lingue, il mio obiettivo sarebbe principalmente quello di aumentare il mio livello di lingua inglese, e comunque voglio anche imparare ad auto-gestirmi e a vivere da solo perché lo ritengo una necessità importante nella vita di ognuno.
Ovviamente vista la mia situazione di solitudine che va avanti da troppo tempo ed è insostenibile, parto anche per confrontarmi con nuove persone e magari trovare nuove amicizie (anche se adesso sono abbastanza sfiduciato sul campo dell'amizia viste le numerose forti delusioni che ho avuto in questi ultimi anni).
Visti i miei obiettivi per così dire "professionali", i miei genitori mi appoggiano nell'idea e credo siano anche contenti se riuscissi nell'impresa. E comunque mi dicono "se non dovessi trovarti bene, puoi sempre prendere un aereo e torni!".
Per quanto riguarda la spiegazione che mi sono dato per l'allontanamento dei miei amici posso dirle che una spiegazione me la sono data. La spiegazione è che ho dato troppa fiducia a chi non dovevo darla, ho probabilmente sopravvalutato quella che ritenevo una buona amicizia mentre mi trovavo difronte ad una persona opportunista, cioè che mi ha dimostrato quel minimo di amicizia solo finché gli sono stato utile per l'università, ma da quando mi sono laureato (e quindi non sono stato più ritenuto "rilevante" e utile) mi sono state voltate le spalle e sono stato ignorato.
Il fatto ancora rappresenta una ferita aperta per me, ma ormai è passato quasi un anno da quando non vedo più in particolare una persona che ritenevo un amico e con il quale non avrei proprio voluto perdere contatti, e così mi sto abituando pian piano a questa condizione, anche se mi lascia molta malinconia addosso visto che attualmente, e sa un anno, non ho davvero neanche un mezzo amico/a, nessuno!
Concludo spiegandole perché ho parlato di leggera depressione.
Subito dopo la laurea, mi sono ritrovato solo e senza lavoro (lavoro che ancora non ho trovato) e ho vissuto un lungo periodo di forte sconforto. Mi veniva anche da piangere certi giorni.
Mi svegliavo la mattina e non avevo più nulla da fare per il resto del giorno. Provavo un continuo senso di tristezza e non vedo molte speranze di radicale cambiamento in positivo per il futuro.
La situazione è cambiata circa da due mesi, quando arrivato al limite della sopportazione ho confessato ad un familiare di essere rimasto ferito dall'atteggiamento di quelli che ho chiamato amici, ma in particolare di un amico, e sono scoppiato in un pianto incontrollato. Questo familiare mi ha detto che queste non sono amicizie, e che avrei dovuto smettere di cercare il continuo contatto con questa persona attraverso internet visto che è palese il fatto che a cercare di farmi vivo sono solo io, mentre dall'altra parte ho capito anche che ci sono state delle menzogne per "giustificare" la mancata presenza. Da quel momento ho iniziato a non scrivergli più (e ovviamente non mi ha scritto mai neanche l'altra persona...quindi è più di un mese che non sento pi nessuno) e vivo con l'idea che le ho già scritto, cioè che per mia sfortuna ho preso un grosso abbaglio e per non cadere nel ridicolo, è meglio che io non scriva più loro per ora. Da questo momento vivo la cosa un po' più passivamente ma sento che l'ansia è un pochino diminuita. Mi rattristo molto se ripenso a questa persona e a quanto gli avevo creduto, però cerco di tirare avanti pensando che ormai non fa più parte della mia vita e molto probabilmente non mi pensa neanche minimamente.
Spero di essere stato esaustivo.
Grazie mille per la sua attenzione.
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Anche se può avere l'umore abbattuto, ciò che traspare dalle sue parole è più ansia che depressione. Quando uno si fa domande come: "Faccio bene o faccio male?" è probabile si tratti di ansia, non di depressione. Il depresso non si fa domande, piuttosto custodisce certezze.
Imparare a cavarsela da solo all'estero forse le farebbe bene, ma dipende da quanto ansioso è. Se è rimasto così male a causa di un fraintendimento con un amico, è probabile che non sia abbbastanza disinvolto tanto da crearsi un nuovo ambiente sociale altrove, per giunta in una lingua che non è la sua.
D'altra parte, tagliare i ponti e poter contare solo su se stessi è un potente mezzo per crescere ed emanciparsi velocemente. Toglie, come si dice, un sacco di grilli dalla testa.
La sua è una domanda che ogni tanto noi psicologi riceviamo nei nostri studi, ma le devo confessare che chi la fa in genere non parte.
Cordiali saluti
Imparare a cavarsela da solo all'estero forse le farebbe bene, ma dipende da quanto ansioso è. Se è rimasto così male a causa di un fraintendimento con un amico, è probabile che non sia abbbastanza disinvolto tanto da crearsi un nuovo ambiente sociale altrove, per giunta in una lingua che non è la sua.
D'altra parte, tagliare i ponti e poter contare solo su se stessi è un potente mezzo per crescere ed emanciparsi velocemente. Toglie, come si dice, un sacco di grilli dalla testa.
La sua è una domanda che ogni tanto noi psicologi riceviamo nei nostri studi, ma le devo confessare che chi la fa in genere non parte.
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#4]
Ex utente
Dr. Giuseppe Santonocito,
innanzitutto la ringrazio per l'attenzione.
Devo dire che ultimamente ho preso coscienza del fatto di essere un soggetto ansioso. Probabilmente, come dice lei, il mio problema deriva da questo e non da depressione. a questo punto mi viene spontaneo chiederle se esiste una sorta di cura contro l'ansia, o almeno qualcosa che la allegerisca.
Tornando alla questione della partenza, lei diceva che dipende da quanto sono ansioso e che probabilmente non sono disinvolto abbastanza per affrontare una tale situazione. Dunque secondo lei potrebbe essere dannoso per me soffocare le ansie, pensare meno a quello che dovrò affrontare, e prenotare l'aereo partendo?
Lei cosa si sentirebbe di consigliare ad un ragazzo ansioso che le fa questa domanda? Partire o no?
Le confesso che già il solo leggere quanto ha scritto, e cioè "La sua è una domanda che ogni tanto noi psicologi riceviamo nei nostri studi, ma le devo confessare che chi la fa in genere non parte.", già questo mi crea un senso di rimpianto per non aver fatto qualcosa di importante che molto probabilmente non potrò fare in futuro, per varie ragioni.
innanzitutto la ringrazio per l'attenzione.
Devo dire che ultimamente ho preso coscienza del fatto di essere un soggetto ansioso. Probabilmente, come dice lei, il mio problema deriva da questo e non da depressione. a questo punto mi viene spontaneo chiederle se esiste una sorta di cura contro l'ansia, o almeno qualcosa che la allegerisca.
Tornando alla questione della partenza, lei diceva che dipende da quanto sono ansioso e che probabilmente non sono disinvolto abbastanza per affrontare una tale situazione. Dunque secondo lei potrebbe essere dannoso per me soffocare le ansie, pensare meno a quello che dovrò affrontare, e prenotare l'aereo partendo?
Lei cosa si sentirebbe di consigliare ad un ragazzo ansioso che le fa questa domanda? Partire o no?
Le confesso che già il solo leggere quanto ha scritto, e cioè "La sua è una domanda che ogni tanto noi psicologi riceviamo nei nostri studi, ma le devo confessare che chi la fa in genere non parte.", già questo mi crea un senso di rimpianto per non aver fatto qualcosa di importante che molto probabilmente non potrò fare in futuro, per varie ragioni.
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Le sue ulteriori riflessioni rendono più probabile l'ipotesi dell'ansia, più precisamente di quella forma d'ansia che noi psicologi chiamiamo ossessività.
L'ossessività è il continuo preoccuparsi che le cose non siano come dovrebbero, non siano state come avrebbero dovuto o che non saranno come bisognerebbe che fossero. A tale fastidio l'ossessivo cerca di ovviare in vari modi, ad esempio facendo domande per sentirsi rassicurato. Solo che, in modo invisibile e perverso, più fa domande, più sta confermando a se stesso di essere un insicuro. Perciò non le renderemmo un buon servizio rispondendole, perché non faremmo altro che alimentare la sua ansia. Che io le dicessi "parta" oppure "non parta", sarebbe lo stesso perché l'ansia aumenterebbe comunque.
Tuttavia, la buona notizia è che l'ansia si può senz'altro sconfiggere, specie se si è seguiti da uno psicologo psicoterapeuta che utilizzi un approccio specifico. Ad esempio, breve strategico o comportamentale. Da qui si possono fornire solo informazioni e orientamento generale, non un vero aiuto, se ritiene di aver bisogno d'aiuto bisogna che lo cerchi di persona.
Saprà di aver risolto la sua ansia non quando troverà risposte alle domande di oggi, ma quando non avrà più bisogno di porsele.
Cordiali saluti
L'ossessività è il continuo preoccuparsi che le cose non siano come dovrebbero, non siano state come avrebbero dovuto o che non saranno come bisognerebbe che fossero. A tale fastidio l'ossessivo cerca di ovviare in vari modi, ad esempio facendo domande per sentirsi rassicurato. Solo che, in modo invisibile e perverso, più fa domande, più sta confermando a se stesso di essere un insicuro. Perciò non le renderemmo un buon servizio rispondendole, perché non faremmo altro che alimentare la sua ansia. Che io le dicessi "parta" oppure "non parta", sarebbe lo stesso perché l'ansia aumenterebbe comunque.
Tuttavia, la buona notizia è che l'ansia si può senz'altro sconfiggere, specie se si è seguiti da uno psicologo psicoterapeuta che utilizzi un approccio specifico. Ad esempio, breve strategico o comportamentale. Da qui si possono fornire solo informazioni e orientamento generale, non un vero aiuto, se ritiene di aver bisogno d'aiuto bisogna che lo cerchi di persona.
Saprà di aver risolto la sua ansia non quando troverà risposte alle domande di oggi, ma quando non avrà più bisogno di porsele.
Cordiali saluti
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A quanto detto giustamente dal Collega aggiungo che è importante che tu lavori su te stesso per evitare il reiterarsi di situazioni spiacevoli, come l'essere sfruttato da persone che ritieni amiche, o lo scivolamento verso una posizione estrema, come l'evitamento di rapporti sociali al fine di scongiurare ulteriori delusioni.
Ti chiedevo quali sono le tue aspettative perchè se il fallimento dei rapporti che ritenevi d'amicizia dipende anche da te rischi di partire con aspettative riparatorie rispetto a quanto avvenuto e di tornare indietro con una nuova delusione, peggiore della precedente.
Intraprendendo invece un percorso psicoterapeutico potrai lavorare per realizzare i cambiamenti necessari per rapportarti agli altri con modalità differenti rispetto al passato e maggiormente efficaci rispetto alla costruzione di legami solidi e soddisfacenti.
Ti chiedevo quali sono le tue aspettative perchè se il fallimento dei rapporti che ritenevi d'amicizia dipende anche da te rischi di partire con aspettative riparatorie rispetto a quanto avvenuto e di tornare indietro con una nuova delusione, peggiore della precedente.
Intraprendendo invece un percorso psicoterapeutico potrai lavorare per realizzare i cambiamenti necessari per rapportarti agli altri con modalità differenti rispetto al passato e maggiormente efficaci rispetto alla costruzione di legami solidi e soddisfacenti.
[#7]
Ex utente
Gentile dott.ssa Massaro,
la mia intenzione di buttarmi in un'esperienza all'estero è dettata principalmente dalla mia volontà di crescita personale e dalla voglia di aumentare il mio livello di lingua inglese anche come integrazione alla mia laurea, imparando ad essere totalmente autonomo.
Vista la mia situazione di solitudine che non sopporto più, è anche vero che parto con l'idea di conoscere nuove persone, sperando , perché no, di trovare anche qualche "amico" nel vero senso della parola.
Questo non so se è interpretabile come l'aspettativa di una partenza riparatoria.
Ringrazio anche il dr Santonocito per la spiegazione, e le dico sinceramente che l'aver chiarito il fatto che nel mio caso si tratta piuttosto di ansia, non so perché, ma mi ha tranquillizzato un po'.
In generale già da adesso cercherò di non pormi più troppe domande e di agire di più. A volte è meglio vedere come vanno le cose con i fatti anziché chiedersi come potrebbero andare.
Ringrazio entrambi i dottori per il tempo che mi avete dedicato.
la mia intenzione di buttarmi in un'esperienza all'estero è dettata principalmente dalla mia volontà di crescita personale e dalla voglia di aumentare il mio livello di lingua inglese anche come integrazione alla mia laurea, imparando ad essere totalmente autonomo.
Vista la mia situazione di solitudine che non sopporto più, è anche vero che parto con l'idea di conoscere nuove persone, sperando , perché no, di trovare anche qualche "amico" nel vero senso della parola.
Questo non so se è interpretabile come l'aspettativa di una partenza riparatoria.
Ringrazio anche il dr Santonocito per la spiegazione, e le dico sinceramente che l'aver chiarito il fatto che nel mio caso si tratta piuttosto di ansia, non so perché, ma mi ha tranquillizzato un po'.
In generale già da adesso cercherò di non pormi più troppe domande e di agire di più. A volte è meglio vedere come vanno le cose con i fatti anziché chiedersi come potrebbero andare.
Ringrazio entrambi i dottori per il tempo che mi avete dedicato.
[#8]
>>> Questo non so se è interpretabile come l'aspettativa di una partenza riparatoria.
>>>
È certamente possibile. A volte le persone partono perché credono di lasciarsi alle spalle i problemi, mentre non fanno altro che portarseli dietro. Problemi di questo tipo stanno dentro, non fuori nell'ambiente.
Tuttavia, fare "tabula rasa" e obbligarsi a delle condizioni dove si può contare soprattutto su se stessi, come dicevo, può essere un buon modo per accelerare la crescita. Ma se lei è un ansioso lo sarà probabilmente anche all'estero.
Un suggerimento pratico è: risolva prima l'ansia, così se poi sentirà ancora il bisogno di partire potrà farlo con spirito diverso e soprattutto potrà approfittare meglio di tutte le nuove opportunità che incontrerà.
Cordiali saluti
>>>
È certamente possibile. A volte le persone partono perché credono di lasciarsi alle spalle i problemi, mentre non fanno altro che portarseli dietro. Problemi di questo tipo stanno dentro, non fuori nell'ambiente.
Tuttavia, fare "tabula rasa" e obbligarsi a delle condizioni dove si può contare soprattutto su se stessi, come dicevo, può essere un buon modo per accelerare la crescita. Ma se lei è un ansioso lo sarà probabilmente anche all'estero.
Un suggerimento pratico è: risolva prima l'ansia, così se poi sentirà ancora il bisogno di partire potrà farlo con spirito diverso e soprattutto potrà approfittare meglio di tutte le nuove opportunità che incontrerà.
Cordiali saluti
Questo consulto ha ricevuto 8 risposte e 7.5k visite dal 12/12/2011.
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.