Autoanalisi e ricerca di aiuto specialistico
Sono un ragazzo di 28 anni, e da molto tempo sento il bisogno di parlare con un soggetto terzo, esterno e specialista, con riferimento a problemi di tipo psicologico che mi porto dietro da anni i quali, sebbene mai manifestati più di tanto nè tantomeno evidenti, mi stanno lentamente annientando. Il punto è che sento che le cose, dentro me ed intorno a me, non vanno. L'origine dei miei problemi mi è nota; padre praticamente sconosciuto, mia madre s'è risposata che avevo pochi anni con un uomo il quale mi ha certamente voluto bene, ma che non mi ha dato ciò di cui avevo bisogno. figlio unico, avuto tardi da mia madre (che oggi ha 69 anni), nessun altro parente vivente in Italia (a parte quelli del mio patrigno, coi quali il rapporto è nullo) discretamente benestante, da tutti considerato intelligente (ed io ne sono sicuro) ho perso tutte le mie sicurezze dopo essermi "dichiarato" gay alla mia famiglia. La reazione fu terribile, specialmente essendo io figlio unico. Pian piano la situazione si è normalizzata, ma le cose non sono più tornate come prima. Ho perso le mie certezze, le mie sicurezze nel campo degli studi (che di fatto si sono terribilmente rallentati), sul versante del mio "vedermi" bello e quant'altro. da 5 anni ho una storia con un ragazzo che amo, ma che mi sta logorando perchè in lui vedo i miei stessi difetti, come la pigrizia, l'eterno rimandare le cose..ed è una situazione che mi strugge, perchè non riesco a venirne fuori con positività e grinta, come riuscivo prima. Due anni fa, infine, i miei genitori mi buttarono fuori di casa...e fu un cominciare nuovamente da capo...dallo scorso anno vivo in una casa dei miei, che hanno nel frattempo affittato ad altri due ragazzi, ed in pratica vivo come uno studente fuorisede pur essendo di città. Ho un padre che non conosco, ho due sorelle che non conosco ma sono per tutti figlio unico, i miei genitori hanno ripreso a considerarmi positivamente, ma sento su di me la spada di damocle del loro pregiudizio che mi uccide...li vedo invecchiare, ed io mi sento in ritardo, in colpa pensando a chi è già laureato oppure sposato e con figli...mi sembra di vivere una vita nonsense...e mi sento sempre di più un fallito, una persona che non ha più alcuna certezza, una persona che non riesce ad affrontare le responsabilità e le sfide che caratterizzano la vita e la sua età nel particolare...mi sento un disadattato, un bugiardo.....e sto sempre peggio. Quali soluzioni ci sono? Da dove cominciare? A chi posso rivolgermi per Intraprendere un cammino di confronto e di crescita?Come posso regolare le mie asie, la mia insonnia e gli sbalzi umorali che derivano da questo pantano? Ringrazio i Gentili Dottori che vorranno rispondere di vero cuore.
[#1]
Gentile Utente,
sembra che la dichiarazione del proprio orientamento sessuale abbia determinato un crollo delle Sue sicurezze (soprattutto quella di figlio amato indipendentemente da tutto) e che abbia poi determinato una reazione di tipo depressivo, con relativo rallentamento di tutte le attività, progetti, ecc...
Secondo me è importante, in tutto quello che Lei racconta, mettere ordine su ciò che per Lei è motivo di sofferenza: la reazione dei Suoi genitori, non conoscere Suo papà, non aver terminato gli studi e sentirsi "indietro" rispetto agli altri, .... altro? Che cosa per Lei è prioritario in questo momento?
Comprenderà che una mail è uno spazio che non permette neppure di analizzare la Sua domanda di aiuto; una consulenza psicologica al contrario sì.
Un cordiale saluto,
sembra che la dichiarazione del proprio orientamento sessuale abbia determinato un crollo delle Sue sicurezze (soprattutto quella di figlio amato indipendentemente da tutto) e che abbia poi determinato una reazione di tipo depressivo, con relativo rallentamento di tutte le attività, progetti, ecc...
Secondo me è importante, in tutto quello che Lei racconta, mettere ordine su ciò che per Lei è motivo di sofferenza: la reazione dei Suoi genitori, non conoscere Suo papà, non aver terminato gli studi e sentirsi "indietro" rispetto agli altri, .... altro? Che cosa per Lei è prioritario in questo momento?
Comprenderà che una mail è uno spazio che non permette neppure di analizzare la Sua domanda di aiuto; una consulenza psicologica al contrario sì.
Un cordiale saluto,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Gentile Utente,
lei stesso conferma la necessità di “parlare con un soggetto terzo”. Dalla sua descrizione mi pare che il momento che sta vivendo ha comportato una ridefinizione dell’immagine che lei ha di sé e che gli altri hanno di lei, ciò ha per lei coinciso con un senso di frustrazione in diversi ambiti di vita (famigliare, affettivo, universitario).
“Quali soluzioni ci sono? Da dove cominciare? A chi posso rivolgermi per Intraprendere un cammino di confronto e di crescita?Come posso regolare le mie asie, la mia insonnia e gli sbalzi umorali che derivano da questo pantano?”
Una consulenza psicologica può consentire di rispondere a queste sue richieste, può rivolgersi alle strutture territoriali presenti nella sua zona, potrebbe provare a chiamare il consultorio per chiedere eventuali indicazioni o cercare un’alternativa privata, potrebbe esserle utile un approccio di tipo relazionale visto che gran parte delle difficoltà che descrive sono relative alla sfera familiare e affettiva.
Cordiali saluti,
lei stesso conferma la necessità di “parlare con un soggetto terzo”. Dalla sua descrizione mi pare che il momento che sta vivendo ha comportato una ridefinizione dell’immagine che lei ha di sé e che gli altri hanno di lei, ciò ha per lei coinciso con un senso di frustrazione in diversi ambiti di vita (famigliare, affettivo, universitario).
“Quali soluzioni ci sono? Da dove cominciare? A chi posso rivolgermi per Intraprendere un cammino di confronto e di crescita?Come posso regolare le mie asie, la mia insonnia e gli sbalzi umorali che derivano da questo pantano?”
Una consulenza psicologica può consentire di rispondere a queste sue richieste, può rivolgersi alle strutture territoriali presenti nella sua zona, potrebbe provare a chiamare il consultorio per chiedere eventuali indicazioni o cercare un’alternativa privata, potrebbe esserle utile un approccio di tipo relazionale visto che gran parte delle difficoltà che descrive sono relative alla sfera familiare e affettiva.
Cordiali saluti,
Dr.ssa Annalisa Salari
Psicologa
[#3]
Gentile Utente,
la sua analisi è probabilmente corretta e si può ipotizzare che i suoi problemi siano effettivamente iniziati con l'abbandono da parte di suo padre in tenerissima età.
Non ha importanza come si sono svolte le cose (se i suoi stavano o meno assieme e così via) perchè agli occhi di un bambino un padre "praticamente sconosciuto", che quindi esiste ma non si fa vedere, è un padre che lo sta abbandonando.
Con tutte le conseguenze sull'autostima che può immaginare.
"Ho un padre che non conosco, ho due sorelle che non conosco ma sono per tutti figlio unico"
Nel corso degli anni non ha pensato di provare a costruire un minimo di rapporto con lui?
"da 5 anni ho una storia con un ragazzo che amo, ma che mi sta logorando perchè in lui vedo i miei stessi difetti"
E' possibile che lei abbia trovato proprio un partner che la rispecchia per poter avere qualcuno con cui sentire quella vicinanza che mi sembra non senta nei confronti di suoi familiari.
Ovviamente però quando i difetti sono condivisi non c'è un grande spazio di crescita, perchè non c'è quella distanza che consente ad ognuno dei due di far notare all'altro le sue mancanze per esortarlo al cambiamento.
Forse per questo lei ora si sta sentendo un po' stanco della situazione.
la sua analisi è probabilmente corretta e si può ipotizzare che i suoi problemi siano effettivamente iniziati con l'abbandono da parte di suo padre in tenerissima età.
Non ha importanza come si sono svolte le cose (se i suoi stavano o meno assieme e così via) perchè agli occhi di un bambino un padre "praticamente sconosciuto", che quindi esiste ma non si fa vedere, è un padre che lo sta abbandonando.
Con tutte le conseguenze sull'autostima che può immaginare.
"Ho un padre che non conosco, ho due sorelle che non conosco ma sono per tutti figlio unico"
Nel corso degli anni non ha pensato di provare a costruire un minimo di rapporto con lui?
"da 5 anni ho una storia con un ragazzo che amo, ma che mi sta logorando perchè in lui vedo i miei stessi difetti"
E' possibile che lei abbia trovato proprio un partner che la rispecchia per poter avere qualcuno con cui sentire quella vicinanza che mi sembra non senta nei confronti di suoi familiari.
Ovviamente però quando i difetti sono condivisi non c'è un grande spazio di crescita, perchè non c'è quella distanza che consente ad ognuno dei due di far notare all'altro le sue mancanze per esortarlo al cambiamento.
Forse per questo lei ora si sta sentendo un po' stanco della situazione.
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#4]
Ex utente
Gentile Dottoressa Pileci,
concordo perfettamente con la sua notazione relativa al crollo delle mie personali sicurezze (giuste o sbagliate che fossero, ritengo ad ogni modo essenziale che ogni persona goda di un'autostima sufficiente per "andare avanti") successivamente alla dichiarazione del mio orientamento sessuale: dice bene, prima mi sentivo un "figlio amato indipendentemente da tutto", forse anche speciale date le circostanze della mia nascita, le difficoltà e le contraddizioni che essa ha comportato..poi, con la fine del liceo, l'iscrizione all'università e la scoperta dell'amore..sembrava che un nuovo capitolo, ancora più bello e luminoso del precedente dovesse scriversi...invece la fine di questo amore così essenziale per me, le difficoltà incontrate nell'affrontare una facoltà non proprio rispondente alle mie aspirazioni (volevo fare l'insegnante di latino e greco, i miei volevano facessi medicina, e così scelsi giurisprudenza), assieme alla reazione dei miei circa la mia omosessualità (mia madre colpevolizzandosi, arrivando a dire che forse sarebbe stato meglio non nascessi in quelle condizioni -sia chiaro, non ha detto che avrebbe preferito non fossi nato, ma agli effetti pratici una reazione del genere fa comunque male- mentre chi mi stupì di più all'epoca fu mio padre (adottivo), il quale certamente colpevole di alcune manchevolezze come "padre", avevo sempre considerato una persona aperta, di larghe vedute, capace di porre freno al rapporto molto "viscerale", nel bene e nel male, con mia madre, si dimostrò ancora più furioso di mia madre, arrivando a negarmi la libertà di muovermi, di parlare con gli altri, di uscire, etc..) ha certamente ingenerato in me poi determinato una reazione di tipo depressivo, alla quale reagii in maniera decisa dopo il mio coming out spingendomi a studiare, a dimostrare che valevo qualcosa nonostante quanto accaduto...e per un certo lasso di tempo riuscii a risalire la china, complice anche il fatto che mio padre se ne andò di casa, incolpando mia madre di essere troppo "tenera" nei miei confronti, riuscendo così a trovare una relativa pace, essenziale a quella che consideravo la mia rivalsa, la mia rinascita.
Poi mio padre tornò in casa, e la situazione, a livello psicologico, per me precipitò: si trattò e si tratta, ad ogni modo di una precipitazione lenta, graduale; il tran tran di tutti i giorni, la routine, le abitudini, l'indolenza, la sicurezza di aver ritrovato la tranquillità persa mi fecero perdere le sicurezze riacquisite per la rabbia e la voglia di riscatto che ritrovai successivamente a quel periodo molto pesante...il fatto che i miei genitori, entrambi, andarono in pensione, aumentò questo senso di indolenza: da figlio unico di genitori abbastanza anziani, mi ritrovai a fare anch'io la vita del pensionato, con gli aspetti positivi, ma soprattutto, quelli negativi.
Il fatto, poi, di aver trovato un nuovo compagno, mi fece presagire un nuovo inizio; è vero, si tratta di una storia felice, che dura a tutt'oggi e che ha resistito anche al fatto che i miei, nel 2009, mi buttarono fuori di casa, obbligandomi per un anno a vivere in una stanza in affitto, per poi darmi una casa nel 2010, che condivido con altre persone. E' questo insieme di cose, insomma, questo groviglio che a volte a me pare inestricabile, pesantissimo e che nessuno, intorno a me, a partire dai miei, che mi opprime e mi delude..
Lei mi chiede di mettere ordine, presumo in termini assoluti, rispetto a ciò che per me è motivo di sofferenza; al primo posto metterei senz'altro il sentirmi indietro: indietro a chi si è già laureato mentre io ancora studio, indietro rispetto a chi ha già figli ed è sposato/sposata (consideri che mia madre ha 69 anni, mio padre adottivo 66 e quindi molti dei figli dei nostri conoscenti hanno già creato una famiglia), indietro in genere perchè io prima mi sentivo "avanti" agli altri, speciale, mentre ora mi sento l'ultimo degli ultimi.
Al secondo posto metterei l'indifferenza; l'indifferenza che gli altri dimostrano nei miei confronti e nei confronti della mia situazione di vita che, per quanto riassuntivamente ho sopra esposto, è stata ed è a tutt'oggi, sebbene al di fuori possa sembrare tranquilla, complessa e per me, pochissimo soddisfacente.
Al terzo il dolore che mi dà l'insicurezza che ho acquisito nel corso degli anni; l'insicurezza che mi porta a sentirmi sempre mal preparato prima di un esame, che mi porta a rimandare, a non affrontare le sfide che quotidianamente mi si pongono innanzi: dall'uscire da casa al sentirmi "a posto" in ogni situazione...e cose del genere. Vorrei riuscire ad uscire fuori da questo bozzo che m'imprigiona, che gli altri hanno costruito addosso a me per imprigionarmi, senza loro rendersene conto, senza che nemmeno io me ne rendessi conto. Vorrei riprendere in mano la mia vita, reagire, vivere il bello della mia età senza rinunciare alla responsabilità.
La ricerca di equilibrio e di sicurezza...è questa la mia priorità.
concordo perfettamente con la sua notazione relativa al crollo delle mie personali sicurezze (giuste o sbagliate che fossero, ritengo ad ogni modo essenziale che ogni persona goda di un'autostima sufficiente per "andare avanti") successivamente alla dichiarazione del mio orientamento sessuale: dice bene, prima mi sentivo un "figlio amato indipendentemente da tutto", forse anche speciale date le circostanze della mia nascita, le difficoltà e le contraddizioni che essa ha comportato..poi, con la fine del liceo, l'iscrizione all'università e la scoperta dell'amore..sembrava che un nuovo capitolo, ancora più bello e luminoso del precedente dovesse scriversi...invece la fine di questo amore così essenziale per me, le difficoltà incontrate nell'affrontare una facoltà non proprio rispondente alle mie aspirazioni (volevo fare l'insegnante di latino e greco, i miei volevano facessi medicina, e così scelsi giurisprudenza), assieme alla reazione dei miei circa la mia omosessualità (mia madre colpevolizzandosi, arrivando a dire che forse sarebbe stato meglio non nascessi in quelle condizioni -sia chiaro, non ha detto che avrebbe preferito non fossi nato, ma agli effetti pratici una reazione del genere fa comunque male- mentre chi mi stupì di più all'epoca fu mio padre (adottivo), il quale certamente colpevole di alcune manchevolezze come "padre", avevo sempre considerato una persona aperta, di larghe vedute, capace di porre freno al rapporto molto "viscerale", nel bene e nel male, con mia madre, si dimostrò ancora più furioso di mia madre, arrivando a negarmi la libertà di muovermi, di parlare con gli altri, di uscire, etc..) ha certamente ingenerato in me poi determinato una reazione di tipo depressivo, alla quale reagii in maniera decisa dopo il mio coming out spingendomi a studiare, a dimostrare che valevo qualcosa nonostante quanto accaduto...e per un certo lasso di tempo riuscii a risalire la china, complice anche il fatto che mio padre se ne andò di casa, incolpando mia madre di essere troppo "tenera" nei miei confronti, riuscendo così a trovare una relativa pace, essenziale a quella che consideravo la mia rivalsa, la mia rinascita.
Poi mio padre tornò in casa, e la situazione, a livello psicologico, per me precipitò: si trattò e si tratta, ad ogni modo di una precipitazione lenta, graduale; il tran tran di tutti i giorni, la routine, le abitudini, l'indolenza, la sicurezza di aver ritrovato la tranquillità persa mi fecero perdere le sicurezze riacquisite per la rabbia e la voglia di riscatto che ritrovai successivamente a quel periodo molto pesante...il fatto che i miei genitori, entrambi, andarono in pensione, aumentò questo senso di indolenza: da figlio unico di genitori abbastanza anziani, mi ritrovai a fare anch'io la vita del pensionato, con gli aspetti positivi, ma soprattutto, quelli negativi.
Il fatto, poi, di aver trovato un nuovo compagno, mi fece presagire un nuovo inizio; è vero, si tratta di una storia felice, che dura a tutt'oggi e che ha resistito anche al fatto che i miei, nel 2009, mi buttarono fuori di casa, obbligandomi per un anno a vivere in una stanza in affitto, per poi darmi una casa nel 2010, che condivido con altre persone. E' questo insieme di cose, insomma, questo groviglio che a volte a me pare inestricabile, pesantissimo e che nessuno, intorno a me, a partire dai miei, che mi opprime e mi delude..
Lei mi chiede di mettere ordine, presumo in termini assoluti, rispetto a ciò che per me è motivo di sofferenza; al primo posto metterei senz'altro il sentirmi indietro: indietro a chi si è già laureato mentre io ancora studio, indietro rispetto a chi ha già figli ed è sposato/sposata (consideri che mia madre ha 69 anni, mio padre adottivo 66 e quindi molti dei figli dei nostri conoscenti hanno già creato una famiglia), indietro in genere perchè io prima mi sentivo "avanti" agli altri, speciale, mentre ora mi sento l'ultimo degli ultimi.
Al secondo posto metterei l'indifferenza; l'indifferenza che gli altri dimostrano nei miei confronti e nei confronti della mia situazione di vita che, per quanto riassuntivamente ho sopra esposto, è stata ed è a tutt'oggi, sebbene al di fuori possa sembrare tranquilla, complessa e per me, pochissimo soddisfacente.
Al terzo il dolore che mi dà l'insicurezza che ho acquisito nel corso degli anni; l'insicurezza che mi porta a sentirmi sempre mal preparato prima di un esame, che mi porta a rimandare, a non affrontare le sfide che quotidianamente mi si pongono innanzi: dall'uscire da casa al sentirmi "a posto" in ogni situazione...e cose del genere. Vorrei riuscire ad uscire fuori da questo bozzo che m'imprigiona, che gli altri hanno costruito addosso a me per imprigionarmi, senza loro rendersene conto, senza che nemmeno io me ne rendessi conto. Vorrei riprendere in mano la mia vita, reagire, vivere il bello della mia età senza rinunciare alla responsabilità.
La ricerca di equilibrio e di sicurezza...è questa la mia priorità.
[#5]
Ex utente
Gentile Dottoressa Salari,
ha perfettamente ragione nel sottolineare che, ahimè aggiungo, da qualche anno, vivo un periodo di ridefinizione dell’immagine che ho di me, e, probabilmente, la cosa ha avuto ripercussioni sulla concezione che gli altri hanno della mia persona e della mia personalità, causandomi un senso di frustrazione (che le assicuro, è pesante come un macigno in certi giorni) in ambiti di vita che per me sono sinceramente essenziali, come appunto la famiglia, l'università e la piena soddisfazione sentimentale.
Con riferimento al suo consiglio circa la mia richiesta d'aiuto, volevo chiederle se gentilmente può spiegarmi, evidentemente in termini sommari, come fare rivolgermi presso le strutture pubbliche (perchè davvero sconosco l'abc in questo campo) ovvero come scegliere, nel caso decidessi di optare per una scelta di tipo privato, uno specialista valido e competente nel campo per il quale lei ritiene io necessiti di assistenza.
La ringrazio anticipatamente.
ha perfettamente ragione nel sottolineare che, ahimè aggiungo, da qualche anno, vivo un periodo di ridefinizione dell’immagine che ho di me, e, probabilmente, la cosa ha avuto ripercussioni sulla concezione che gli altri hanno della mia persona e della mia personalità, causandomi un senso di frustrazione (che le assicuro, è pesante come un macigno in certi giorni) in ambiti di vita che per me sono sinceramente essenziali, come appunto la famiglia, l'università e la piena soddisfazione sentimentale.
Con riferimento al suo consiglio circa la mia richiesta d'aiuto, volevo chiederle se gentilmente può spiegarmi, evidentemente in termini sommari, come fare rivolgermi presso le strutture pubbliche (perchè davvero sconosco l'abc in questo campo) ovvero come scegliere, nel caso decidessi di optare per una scelta di tipo privato, uno specialista valido e competente nel campo per il quale lei ritiene io necessiti di assistenza.
La ringrazio anticipatamente.
[#6]
Ex utente
Gentile Dottoressa Massaro,
ritengo assolutamente condivisibile la sua precisazione circa l'origine, per così dire, dei miei problemi, ovvero l'abbandono da parte di mio padre appena nato (era un uomo già sposato e con due figlie, ebbe una relazione duratura con mia madre dalla quale nacqui io: mia madre aveva già 40 anni ed un figlio morto all'età di poco più di un anno e sapeva di non avere altre possibilità di diventare madre, quindi decise di tenermi con lui o senza di lui, mentre lui si volatilizzò).
Lei dice che non ha importanza come si si siano svolte le cose, e forse ha ragione con riferimento al modo in cui un bambino piccolo guarda alla cosa (sebbene io, all'epoca, non avessi nemmeno la cognizione di cosa fosse un padre; per me i bambini erano figli delle madri e basta: solo con l'asilo capii che esistevano i padri e cosa fossero, tanto che un giorno corsi ad abbracciare il padre di una mia allora compagnetta gridando "papà", forse perchè lo facevano tutti e perchè io volevo essere come tutti, pur nella confusione assoluta circa la figura e l'utilità della figura paterna)..ma questa è un'analisi che faccio a posteriori e la cui valenza clinica ritengo assai bassa, ma è l'opinione che io mi sono "autocostruito circa questo particolare evento, quindi mi pare corretto comunicargliela.
Continuando il filo logico del discorso "padre assente" lei fa riferimento alla situazione paradossale che vivo, essendo io per tutti figlio unico ma avendo, naturalmente, due sorelle (che ovviamente non sanno nulla di me), essendo stato cresciuto da un padre ma avendone, biologicamente un altro: lei mi chiede se abbia provato, negli anni, a costruire un rapporto con lui e la mia risposta sarebbe stata no fino a qualche anno fa..nel 2006 chiesi a mia madre di incontrarlo, così lei fece "da tramite" e ci vedemmo..Le assicuro che si tratto di un evento assai imbarazzante..lui era ancora convalescente dopo un'operazione al cuore, sembrava più curioso di vedere mia madre (la quale ovviamente non ci lasciò mai soli, sebbene all'epoca avessi già 22 anni), parlammo di cose vuote e stupide, lui aveva una gran fretta e mi diede l'impressione dell'impiegato che, vicino l'orario di chiusura, ha fretta di timbrare il cartellino per tornarsene a casa, e così se ne andò. Mi ritenni molto offeso dal suo comportamento, mi cercò al cellulare una volta, io non risposi. Da allora non mi cercò più (sebbene io abbia saputo che, nel frattempo, le sue condizioni di salute erano peggiorate a causa di una cardiomiopatia dilatativa -credo si scriva così- che l'ha costretto a sottoporsi ad un trapianto di cuore -ironia della sorte, mio padre adottivo era cardiochirurgo!-; mia madre mi chiese se avevo voglia di sentirlo, io le chiedi tempo per riflettere..ma lei ovviamente si intromise inviando un sms dal suo cellulare al cellulare di mio padre, fingendosi me e chiedendogli come stava..lui richiamò dopo qualche giorno....solo che mia madre, "pasticciona com'è, si era dimenticata della cosa, non aveva il suo numero memorizzato, lui finse di aver sbagliato e riattaccò...solo dopo qualche giorno mia madre si rese conto della cosa e me la raccontò...le lascio immaginare il mio imbarazzo ed il mio dolore....da allora, volente o nolente, considero chiuso il capitolo relativo a mio padre.
Infine, lei fa riferimento alla mia situazione sentimentale; è vero, forse ho scelto un partner rassicurante e simile per sentire la similitudine d'essere "ad incastro" come accade nelle famiglie, ma sbaglia quando afferma, almeno così mi pare d'aver capito, che io non sento il bisogno della vicinanza della mia famiglia...ne avrei bisogno eccome, ma avrei bisogno di quell'accettazione, di quella comprensione che a parole c'è sempre stata ma che, nei fatti, è stata solo a parole o usata quale mezzo per rinfacciare i miei errori, a volte veri molte volte inesistenti o creati dall'incapacità dei miei genitori ad accettare ciò che sono in tutte le sue sfaccettature.
Concordo perfettamente sulla sua chiosa finale; forse è vero che chi "si somiglia, si piglia" come si dice, però è vero che il somigliarsi troppo, specie con riferimento ai difetti, non aiuta a costruire un futuro, ad immaginarselo, e quindi a vivere il presente in maniera costruttiva; tendo a vivere giorno per giorno e le assicuro che mi sembra di sopravvivere, non di vivere..ed anche questa è una cosa che, nel corso degli anni, mi trascino e mi opprime, con maggiore "pesantezza" con lo scorrere del tempo.
A volte mi chiedo se farei bene a troncare..ma ho paura di sbagliare e di ritrovarmi per l'ennesima volta, solo.
ritengo assolutamente condivisibile la sua precisazione circa l'origine, per così dire, dei miei problemi, ovvero l'abbandono da parte di mio padre appena nato (era un uomo già sposato e con due figlie, ebbe una relazione duratura con mia madre dalla quale nacqui io: mia madre aveva già 40 anni ed un figlio morto all'età di poco più di un anno e sapeva di non avere altre possibilità di diventare madre, quindi decise di tenermi con lui o senza di lui, mentre lui si volatilizzò).
Lei dice che non ha importanza come si si siano svolte le cose, e forse ha ragione con riferimento al modo in cui un bambino piccolo guarda alla cosa (sebbene io, all'epoca, non avessi nemmeno la cognizione di cosa fosse un padre; per me i bambini erano figli delle madri e basta: solo con l'asilo capii che esistevano i padri e cosa fossero, tanto che un giorno corsi ad abbracciare il padre di una mia allora compagnetta gridando "papà", forse perchè lo facevano tutti e perchè io volevo essere come tutti, pur nella confusione assoluta circa la figura e l'utilità della figura paterna)..ma questa è un'analisi che faccio a posteriori e la cui valenza clinica ritengo assai bassa, ma è l'opinione che io mi sono "autocostruito circa questo particolare evento, quindi mi pare corretto comunicargliela.
Continuando il filo logico del discorso "padre assente" lei fa riferimento alla situazione paradossale che vivo, essendo io per tutti figlio unico ma avendo, naturalmente, due sorelle (che ovviamente non sanno nulla di me), essendo stato cresciuto da un padre ma avendone, biologicamente un altro: lei mi chiede se abbia provato, negli anni, a costruire un rapporto con lui e la mia risposta sarebbe stata no fino a qualche anno fa..nel 2006 chiesi a mia madre di incontrarlo, così lei fece "da tramite" e ci vedemmo..Le assicuro che si tratto di un evento assai imbarazzante..lui era ancora convalescente dopo un'operazione al cuore, sembrava più curioso di vedere mia madre (la quale ovviamente non ci lasciò mai soli, sebbene all'epoca avessi già 22 anni), parlammo di cose vuote e stupide, lui aveva una gran fretta e mi diede l'impressione dell'impiegato che, vicino l'orario di chiusura, ha fretta di timbrare il cartellino per tornarsene a casa, e così se ne andò. Mi ritenni molto offeso dal suo comportamento, mi cercò al cellulare una volta, io non risposi. Da allora non mi cercò più (sebbene io abbia saputo che, nel frattempo, le sue condizioni di salute erano peggiorate a causa di una cardiomiopatia dilatativa -credo si scriva così- che l'ha costretto a sottoporsi ad un trapianto di cuore -ironia della sorte, mio padre adottivo era cardiochirurgo!-; mia madre mi chiese se avevo voglia di sentirlo, io le chiedi tempo per riflettere..ma lei ovviamente si intromise inviando un sms dal suo cellulare al cellulare di mio padre, fingendosi me e chiedendogli come stava..lui richiamò dopo qualche giorno....solo che mia madre, "pasticciona com'è, si era dimenticata della cosa, non aveva il suo numero memorizzato, lui finse di aver sbagliato e riattaccò...solo dopo qualche giorno mia madre si rese conto della cosa e me la raccontò...le lascio immaginare il mio imbarazzo ed il mio dolore....da allora, volente o nolente, considero chiuso il capitolo relativo a mio padre.
Infine, lei fa riferimento alla mia situazione sentimentale; è vero, forse ho scelto un partner rassicurante e simile per sentire la similitudine d'essere "ad incastro" come accade nelle famiglie, ma sbaglia quando afferma, almeno così mi pare d'aver capito, che io non sento il bisogno della vicinanza della mia famiglia...ne avrei bisogno eccome, ma avrei bisogno di quell'accettazione, di quella comprensione che a parole c'è sempre stata ma che, nei fatti, è stata solo a parole o usata quale mezzo per rinfacciare i miei errori, a volte veri molte volte inesistenti o creati dall'incapacità dei miei genitori ad accettare ciò che sono in tutte le sue sfaccettature.
Concordo perfettamente sulla sua chiosa finale; forse è vero che chi "si somiglia, si piglia" come si dice, però è vero che il somigliarsi troppo, specie con riferimento ai difetti, non aiuta a costruire un futuro, ad immaginarselo, e quindi a vivere il presente in maniera costruttiva; tendo a vivere giorno per giorno e le assicuro che mi sembra di sopravvivere, non di vivere..ed anche questa è una cosa che, nel corso degli anni, mi trascino e mi opprime, con maggiore "pesantezza" con lo scorrere del tempo.
A volte mi chiedo se farei bene a troncare..ma ho paura di sbagliare e di ritrovarmi per l'ennesima volta, solo.
[#8]
Penso che il tentativo di conoscere finalmente suo padre una volta cresciuto sia andato male perchè c'erano 22 anni di pregresso da affrontare che pesavano come un macigno su quel primo incontro.
Probabilmente suo padre era in imbarazzo e non sapeva cosa dire: non dev'essere semplice incontrare un figlio quando è ormai un adulto e forse ha poi richiamato per rimediare a quellla prima pessima figura, mentre sua madre, con buona volontà e buone intenzioni, ha combinato un pasticcio che ha questa volta messo in imbarazzo lei, al punto da portarla a decidere di metterci una pietra sopra.
A mio avviso lei dovrebbe riflettere su quali sono i suoi desideri, indipendentemente da quello che è successo e tenendo anche presente che suo padre ha avuto - e forse ha tuttora - seri problemi di salute.
Decida se ricontattarlo o meno pensando a come si sentirebbe se in futuro cambiasse idea e non ci fosse più la possibilità di riprendere il discorso, per evitare di pentirsi un giorno di non averlo fatto.
Per quanto riguarda il suo ragazzo intendevo dire che lei non mi sembra sentire particolarmente la vicinanza della sua famiglia, dalla quale è stato anche buttato fuori di casa, e che magari anche per questo ha trovato una persona simile a lei che in qualche modo la fa sentire "in famiglia".
La valutazione sul da farsi spetta ovviamente a lei, ma credo che l'importante sia decidere di portare avanti la relazione perchè ne è convinto, e non per evitare il rischio di trovarsi da solo.
A parte questo ragazzo ha altre persone amiche vicino a lei?
Probabilmente suo padre era in imbarazzo e non sapeva cosa dire: non dev'essere semplice incontrare un figlio quando è ormai un adulto e forse ha poi richiamato per rimediare a quellla prima pessima figura, mentre sua madre, con buona volontà e buone intenzioni, ha combinato un pasticcio che ha questa volta messo in imbarazzo lei, al punto da portarla a decidere di metterci una pietra sopra.
A mio avviso lei dovrebbe riflettere su quali sono i suoi desideri, indipendentemente da quello che è successo e tenendo anche presente che suo padre ha avuto - e forse ha tuttora - seri problemi di salute.
Decida se ricontattarlo o meno pensando a come si sentirebbe se in futuro cambiasse idea e non ci fosse più la possibilità di riprendere il discorso, per evitare di pentirsi un giorno di non averlo fatto.
Per quanto riguarda il suo ragazzo intendevo dire che lei non mi sembra sentire particolarmente la vicinanza della sua famiglia, dalla quale è stato anche buttato fuori di casa, e che magari anche per questo ha trovato una persona simile a lei che in qualche modo la fa sentire "in famiglia".
La valutazione sul da farsi spetta ovviamente a lei, ma credo che l'importante sia decidere di portare avanti la relazione perchè ne è convinto, e non per evitare il rischio di trovarsi da solo.
A parte questo ragazzo ha altre persone amiche vicino a lei?
[#9]
Ex utente
Gentile Dottoressa Massaro, a posteriori, anche grazie alla risposta da lei fornitami, penso che, forse, quanto da lei detto circa il perchè di quel fallimentare incontro, possa essere corretto. Le assicuro che, sebbene mi consideri persona capace di riflessione, non ci avevo mai pensato..forse l'orgoglio, o la rabbia, o entrambe le cose mi hanno impedito di guardare con lucidità l'avvenimento.
Ad ogni modo, l'episodio da me raccontato circa quel "pasticcio" (chiamiamolo cosi!) combinato da mia madre, ha provocato in me la necessità di considerare chiuso il capitolo con quell'uomo. Il suo fingere di non aver riconosciuto mia madre al cellulare quando ha richiamato (le assicuro che la voce di mia madre è inconfondibile, essendo lei francese e per di più avendoci lui condiviso una storia ed un figlio) come anche il non avermi più cercato, quando il mio numero è sempre lo stesso, neanche dopo i suoi problemi di salute che lei ha sottolineato, mi ha dato ad intendere il suo disinteresse nei confronti della mia persona. All'epoca del nostro incontro, la sua unica preoccupazione era quella di sapere se mi fossi laureato: probabilmente lui, essendo già nonno, è preso da altro...ecco, forse ha ragione nel dire che un giorno potrei pentirmene, ma è che col tempo ho imparato a bypassare le situazioni e le persone che mi fanno del male...per ora, dunque, ritengo chiuso il tentativo di avvicinamento con mio padre, sebbene oggi, forse, ho riaperto una possibilità al confronto, anche grazie alla sua lucida analisi della genesi di quel disatsro, che forse, anzi sicuramente, non è tutta responsabilità dell'atteggiamento di disinteresse di mio padre.
Per quanto riguarda il mio rapporto sentimentale e la relazione che esso può avere nei confronti della "chiusura" della mia famiglia, le devo dare assolutamente ragione; per quanto riguarda i miei, sono grato loro dell'opportunità di avere la mia indipendenza, come "casa" ed economica, ma questa indipendenza raggiunta mi pare più una punizione che un premio, essendo derivata dalla scelta (loro, non mia), di mandarmi via da casa. Oltretutto, l'aura di finta "normalità" che circonda tale circostanza è così certa nella mente dei miei genitori da farmi sentire dentro una rabbia incredibile...non so se riesco bene a spiegarmi. Io voglio molto bene ai miei genitori, mi mancano..ma non riesco ad accettare le modalità con le quali siamo arrivati a questo punto (perchè mi sono sentito, ancora una volta, rifiutato da loro, e non accettato) e di certo non mi bastano 30 telefonate quotidiane per accettare questa situazione che io considero kafkiana e non meritata, per quanti errori posso aver commesso nel corso della mia vita e per quanti "torti" loro possono credere io abbia commesso nei loro confronti. Vorrei vicinanza vera, dialogo, accettazione....non finta noncuranza, supposizione che tutto vada bene perchè ora "ho la mia indipendenza" e mera attenzione al numero di esami che faccio all'università.
E' certamente riferibile al trauma di ritrovarmi fuori di casa che io abbia deciso di continuare questa storia; sia chiaro, io mi sento legato a questa persona e credo davvero che, se la perdessi, avrei paura di aver perso la mia chance di "normalità", di stabilità...è che l'eccessivo assomigliarci nei difetti, nell'indolenza (sebbene causati da circostanze diverse per me e lui), come anche l'esserci adagiati nella routine di "coppia consolidata" mi fa sentire più freddo, meno entusiasta della sua presenza: insomma semplice circostanza da tener conto nella mia situazione sentimentale che sprono per immaginare il futuro, per desiderarlo e volerlo come io penso di meritare..
Infine, a parte lui, ho pochissimi amici; le amicizie me le sono costruite ai tempi del liceo: molti di loro non vivono più nella città di nascita, altri lavorano fuori dall'Italia, o più semplicemente coltivano disinteresse nei confronti della mia persona essendo, giustamente, più concentrati sulla loro vita che nella mia..forse, oltretutto, essendomi concentrato più sulla relazione che su altro, ho trascurato di aprirmi con "altre" persone "nuove", anche perchè di solito non riesco a trovare persone che abbiano la pazienza, la costanza e la "serietà" che per me sono elementi necessari alla costruzione dell'amicizia vera.
Grazie per la sollecita risposta.
Ad ogni modo, l'episodio da me raccontato circa quel "pasticcio" (chiamiamolo cosi!) combinato da mia madre, ha provocato in me la necessità di considerare chiuso il capitolo con quell'uomo. Il suo fingere di non aver riconosciuto mia madre al cellulare quando ha richiamato (le assicuro che la voce di mia madre è inconfondibile, essendo lei francese e per di più avendoci lui condiviso una storia ed un figlio) come anche il non avermi più cercato, quando il mio numero è sempre lo stesso, neanche dopo i suoi problemi di salute che lei ha sottolineato, mi ha dato ad intendere il suo disinteresse nei confronti della mia persona. All'epoca del nostro incontro, la sua unica preoccupazione era quella di sapere se mi fossi laureato: probabilmente lui, essendo già nonno, è preso da altro...ecco, forse ha ragione nel dire che un giorno potrei pentirmene, ma è che col tempo ho imparato a bypassare le situazioni e le persone che mi fanno del male...per ora, dunque, ritengo chiuso il tentativo di avvicinamento con mio padre, sebbene oggi, forse, ho riaperto una possibilità al confronto, anche grazie alla sua lucida analisi della genesi di quel disatsro, che forse, anzi sicuramente, non è tutta responsabilità dell'atteggiamento di disinteresse di mio padre.
Per quanto riguarda il mio rapporto sentimentale e la relazione che esso può avere nei confronti della "chiusura" della mia famiglia, le devo dare assolutamente ragione; per quanto riguarda i miei, sono grato loro dell'opportunità di avere la mia indipendenza, come "casa" ed economica, ma questa indipendenza raggiunta mi pare più una punizione che un premio, essendo derivata dalla scelta (loro, non mia), di mandarmi via da casa. Oltretutto, l'aura di finta "normalità" che circonda tale circostanza è così certa nella mente dei miei genitori da farmi sentire dentro una rabbia incredibile...non so se riesco bene a spiegarmi. Io voglio molto bene ai miei genitori, mi mancano..ma non riesco ad accettare le modalità con le quali siamo arrivati a questo punto (perchè mi sono sentito, ancora una volta, rifiutato da loro, e non accettato) e di certo non mi bastano 30 telefonate quotidiane per accettare questa situazione che io considero kafkiana e non meritata, per quanti errori posso aver commesso nel corso della mia vita e per quanti "torti" loro possono credere io abbia commesso nei loro confronti. Vorrei vicinanza vera, dialogo, accettazione....non finta noncuranza, supposizione che tutto vada bene perchè ora "ho la mia indipendenza" e mera attenzione al numero di esami che faccio all'università.
E' certamente riferibile al trauma di ritrovarmi fuori di casa che io abbia deciso di continuare questa storia; sia chiaro, io mi sento legato a questa persona e credo davvero che, se la perdessi, avrei paura di aver perso la mia chance di "normalità", di stabilità...è che l'eccessivo assomigliarci nei difetti, nell'indolenza (sebbene causati da circostanze diverse per me e lui), come anche l'esserci adagiati nella routine di "coppia consolidata" mi fa sentire più freddo, meno entusiasta della sua presenza: insomma semplice circostanza da tener conto nella mia situazione sentimentale che sprono per immaginare il futuro, per desiderarlo e volerlo come io penso di meritare..
Infine, a parte lui, ho pochissimi amici; le amicizie me le sono costruite ai tempi del liceo: molti di loro non vivono più nella città di nascita, altri lavorano fuori dall'Italia, o più semplicemente coltivano disinteresse nei confronti della mia persona essendo, giustamente, più concentrati sulla loro vita che nella mia..forse, oltretutto, essendomi concentrato più sulla relazione che su altro, ho trascurato di aprirmi con "altre" persone "nuove", anche perchè di solito non riesco a trovare persone che abbiano la pazienza, la costanza e la "serietà" che per me sono elementi necessari alla costruzione dell'amicizia vera.
Grazie per la sollecita risposta.
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Forse è arrivato il momento che lei inizi ad investire anche in altre relazioni e in altri interessi: da come si descrive è immerso in una sorta di bacino stagnante e, per quanto non ci stia del tutto scomodo, introdurre almeno un po' di acqua fresca può essere il primo passo per progettare di uscirne, o comunque per favorire tutto il ricambio d'acqua che le servirà.
Lei si è descritto in questo modo, aggiungendo anche che soffre di sbalzi d'umore e insonnia:
"mi sembra di vivere una vita nonsense...e mi sento sempre di più un fallito, una persona che non ha più alcuna certezza, una persona che non riesce ad affrontare le responsabilità e le sfide che caratterizzano la vita e la sua età nel particolare...mi sento un disadattato, un bugiardo.....e sto sempre peggio".
Penso proprio che trarrebbe un grosso giovamento da una psicoterapia che le permetterebbe di inquadrare quello che è successo e che sta succedendo per poi lavorare con l'obiettivo di un serio cambiamento.
Sarebbe importante stabilire anche se soffre di un disturbo depressivo o di altra natura per intervenire di conseguenza.
Come ha avuto modo di scoprire grazie al consulto che ha richiesto a noi, per quanto lei abbia buone capacità analitiche (ed espositive) non può arrivare da solo a "vedere" del tutto chiaramente ciò che la convolge ad un livello emotivo molto profondo: l'aiuto professionale di una persona esterna alla situazione le servirebbe sicuramente per ultimare il quadro per poi modificarlo.
Lei si è descritto in questo modo, aggiungendo anche che soffre di sbalzi d'umore e insonnia:
"mi sembra di vivere una vita nonsense...e mi sento sempre di più un fallito, una persona che non ha più alcuna certezza, una persona che non riesce ad affrontare le responsabilità e le sfide che caratterizzano la vita e la sua età nel particolare...mi sento un disadattato, un bugiardo.....e sto sempre peggio".
Penso proprio che trarrebbe un grosso giovamento da una psicoterapia che le permetterebbe di inquadrare quello che è successo e che sta succedendo per poi lavorare con l'obiettivo di un serio cambiamento.
Sarebbe importante stabilire anche se soffre di un disturbo depressivo o di altra natura per intervenire di conseguenza.
Come ha avuto modo di scoprire grazie al consulto che ha richiesto a noi, per quanto lei abbia buone capacità analitiche (ed espositive) non può arrivare da solo a "vedere" del tutto chiaramente ciò che la convolge ad un livello emotivo molto profondo: l'aiuto professionale di una persona esterna alla situazione le servirebbe sicuramente per ultimare il quadro per poi modificarlo.
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Gentile Utente,
Non entro nel merito delle sue problematiche. Lei stesso dice e chiede aiuto non per delle risposte scritte, ma per "parlare" con qualcuno che, la terza persona, dovrebbe ascoltarla e con la quale dovrebbe stabilire un rapporto di una certa durata, sino a quando lei non abbia esaurito il racconto della sua vita, l'esame dei rapporti interpersonali e di quelli intrapsichici. Un bel da fare.
Le consiglio di trovare uno psicoterapeuta analista, con il quale intraprendere un percorso serio e pieno d’impegno per affrontare e per capire i suoi diversi problemi.
È materia che riguarda ogni psicologo, ma preferirei consigliarle un analista perché deve entrare nel merito delle cose e raggiungere radici nascoste dei suoi vari malesseri.
Stia tranquillo che lei riuscirà a venire a capo di tutte le sue difficoltà, ritornerà ad amare la vita e gli studi e supererà quegli ostacoli che adesso le sembrano insormontabili.
Le faccio tanti auguri.
Non entro nel merito delle sue problematiche. Lei stesso dice e chiede aiuto non per delle risposte scritte, ma per "parlare" con qualcuno che, la terza persona, dovrebbe ascoltarla e con la quale dovrebbe stabilire un rapporto di una certa durata, sino a quando lei non abbia esaurito il racconto della sua vita, l'esame dei rapporti interpersonali e di quelli intrapsichici. Un bel da fare.
Le consiglio di trovare uno psicoterapeuta analista, con il quale intraprendere un percorso serio e pieno d’impegno per affrontare e per capire i suoi diversi problemi.
È materia che riguarda ogni psicologo, ma preferirei consigliarle un analista perché deve entrare nel merito delle cose e raggiungere radici nascoste dei suoi vari malesseri.
Stia tranquillo che lei riuscirà a venire a capo di tutte le sue difficoltà, ritornerà ad amare la vita e gli studi e supererà quegli ostacoli che adesso le sembrano insormontabili.
Le faccio tanti auguri.
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Gentile Utente,
non sono della sua zona e talvolta i Servizi Territoriali sono organizzati in modo differente, comunque dal punto di vista strettamente pragmatico per quanto riguarda il Servizio Pubblico può provare a contattare il Consultorio della sua ULSS di residenza e chiedere informazioni sugli eventuali servizi offerti. Mentre per quanto riguarda un percorso privato può provare a contattare qualcuno nella sua zona, se non conosce nessuno può trovare i nominativi degli psicologi abilitati sul sito dell’Ordine degli Psicologi della Regione Sicilia. Per quanto riguarda la bravura e la competenza del professionista sarà lei a valutare se effettivamente sta intraprendendo un percorso adeguato alle sue aspettative e ai suoi bisogni. Le auguro di trovare la serenità che cerca.
Cordiali Saluti
non sono della sua zona e talvolta i Servizi Territoriali sono organizzati in modo differente, comunque dal punto di vista strettamente pragmatico per quanto riguarda il Servizio Pubblico può provare a contattare il Consultorio della sua ULSS di residenza e chiedere informazioni sugli eventuali servizi offerti. Mentre per quanto riguarda un percorso privato può provare a contattare qualcuno nella sua zona, se non conosce nessuno può trovare i nominativi degli psicologi abilitati sul sito dell’Ordine degli Psicologi della Regione Sicilia. Per quanto riguarda la bravura e la competenza del professionista sarà lei a valutare se effettivamente sta intraprendendo un percorso adeguato alle sue aspettative e ai suoi bisogni. Le auguro di trovare la serenità che cerca.
Cordiali Saluti
[#13]
Ex utente
Gentile dottoressa Massaro,
ha perfettamente ragione quando parla di bacino stagnante..io mi ci sento, appunto, impantanato dentro, ed è vero che a volte mi sento comodo, sicuro, protetto..ma si tratta di una protezione falsa, perchè per quanto uno nella routine possa sentirsi tranquillo, essa non è altro che una mera ripetizione di comportamenti i quali, il più delle volte, non portano a quei cambiamenti, a quei salti di qualità di cui io sento un gran bisogno...che è vero significhino sacrifici...ma che rendono la vita bella, piena e soddisfacente. è che intorno a me sento passività o egoismo; le faccio un esempio. domani dovrei avere un esame ma nessuno se ne cura; mio padre pensa ad organizzare un viaggio con me, mia madre si lamenta di aver perso l'ennesimo cellulare, il mio compagno mi chiede di fargli compagnia. in pratica nessuno pensa all'ansia ed all'insicurezza che questo esame mi regala. certi colleghi riescono a fare materie da riassunti in pochi giorni,..io no, sono un perfezionista..se non so tutto al meglio neanche mi siedo...e nessuno pensa al fatto che avrei bisogno di tranquillità e sicurezza, non di dare sollievo agli egoismi altrui.
E' vero, soffro di sbalzi d'umore, nel senso soprattutto che alterno giornate nere, tristi e veramente depressive ad altre in cui mi sento più sollevato, pur essendo consapevole di avere, di sentire, un'eterna spada di damocle sopra la testa...soffro d'insonnia perchè la notte, prima di addormentarmi, penso, penso, penso...ma con la melatonina sono riuscito ad equilibrare la cosa, anche se al mattino mi sveglio sempre più tardi e con pochissima voglia di fare. Quanto al resto da lei riportato, confermo, a volte mi sembra tutto un non senso, mi sento insicuro e sento dentro una sensazione di fallimento che col tempo aumenta sempre di più, per quella circostanza del sentirmi sempre più a rilento, sempre più indietro..
Penso anche io di poter trarre giovamento dalla psicoterapia, anche per capire se certe mie manie, certi sbalzi umorali o picchi depressivi possano significare qualcosa di più grave...concordo infine con la sua chiosa: è vero, ho buone capacità analitiche e di esposizione, però mi manca quella "guida" necessaria a sviscerare, a capire e, soprattutto, a reagire.
La ringrazio ancora per l'attenzione, davvero.
ha perfettamente ragione quando parla di bacino stagnante..io mi ci sento, appunto, impantanato dentro, ed è vero che a volte mi sento comodo, sicuro, protetto..ma si tratta di una protezione falsa, perchè per quanto uno nella routine possa sentirsi tranquillo, essa non è altro che una mera ripetizione di comportamenti i quali, il più delle volte, non portano a quei cambiamenti, a quei salti di qualità di cui io sento un gran bisogno...che è vero significhino sacrifici...ma che rendono la vita bella, piena e soddisfacente. è che intorno a me sento passività o egoismo; le faccio un esempio. domani dovrei avere un esame ma nessuno se ne cura; mio padre pensa ad organizzare un viaggio con me, mia madre si lamenta di aver perso l'ennesimo cellulare, il mio compagno mi chiede di fargli compagnia. in pratica nessuno pensa all'ansia ed all'insicurezza che questo esame mi regala. certi colleghi riescono a fare materie da riassunti in pochi giorni,..io no, sono un perfezionista..se non so tutto al meglio neanche mi siedo...e nessuno pensa al fatto che avrei bisogno di tranquillità e sicurezza, non di dare sollievo agli egoismi altrui.
E' vero, soffro di sbalzi d'umore, nel senso soprattutto che alterno giornate nere, tristi e veramente depressive ad altre in cui mi sento più sollevato, pur essendo consapevole di avere, di sentire, un'eterna spada di damocle sopra la testa...soffro d'insonnia perchè la notte, prima di addormentarmi, penso, penso, penso...ma con la melatonina sono riuscito ad equilibrare la cosa, anche se al mattino mi sveglio sempre più tardi e con pochissima voglia di fare. Quanto al resto da lei riportato, confermo, a volte mi sembra tutto un non senso, mi sento insicuro e sento dentro una sensazione di fallimento che col tempo aumenta sempre di più, per quella circostanza del sentirmi sempre più a rilento, sempre più indietro..
Penso anche io di poter trarre giovamento dalla psicoterapia, anche per capire se certe mie manie, certi sbalzi umorali o picchi depressivi possano significare qualcosa di più grave...concordo infine con la sua chiosa: è vero, ho buone capacità analitiche e di esposizione, però mi manca quella "guida" necessaria a sviscerare, a capire e, soprattutto, a reagire.
La ringrazio ancora per l'attenzione, davvero.
[#14]
Ex utente
Gentile Dottor Vita,
ha ragione, penso anche io che si tratti di un bel lavoro da fare; si tratta di un lavoro che vorrei cominciare da anni..che ho sempre rimandato..ma la cui necessarietà mi pare, adesso, davvero innegabile.
La ringrazio di vero cuore circa il consiglio di rivolgermi ad uno psicologo analista; se il lavoro di questa figura professionale consiste nello sviscerare le dinamiche relazionali e personali del soggetto "da curare" (uso il virgolettato) di certo è ciò di cui ho bisogno..spero solo di essere capace di arrivare al nocciolo della questione, e di riuscire a seguire i consigli che, eventualmente, mi verranno dati per, come dire, sbrogliare la matassa...spero infine di riuscire a mettere le cose nel loro ordine..perchè così, a vivere in questo limbo fatto di rimandi, piccole bugie, magre soddisfazioni, piccolezze e quant'altro...io proprio non ci riesco più, io non ci sto.
Le auguro una buona notte ed un buon lavoro.
ha ragione, penso anche io che si tratti di un bel lavoro da fare; si tratta di un lavoro che vorrei cominciare da anni..che ho sempre rimandato..ma la cui necessarietà mi pare, adesso, davvero innegabile.
La ringrazio di vero cuore circa il consiglio di rivolgermi ad uno psicologo analista; se il lavoro di questa figura professionale consiste nello sviscerare le dinamiche relazionali e personali del soggetto "da curare" (uso il virgolettato) di certo è ciò di cui ho bisogno..spero solo di essere capace di arrivare al nocciolo della questione, e di riuscire a seguire i consigli che, eventualmente, mi verranno dati per, come dire, sbrogliare la matassa...spero infine di riuscire a mettere le cose nel loro ordine..perchè così, a vivere in questo limbo fatto di rimandi, piccole bugie, magre soddisfazioni, piccolezze e quant'altro...io proprio non ci riesco più, io non ci sto.
Le auguro una buona notte ed un buon lavoro.
[#15]
Ex utente
Gentile dottoressa Salari
penso di non contravvenire ad alcuna regola del forum dicendole che sono di Catania.
Dovrei dunque recarmi al consultorio del mio quartiere (spero sinceramente ce ne sia uno!) -per quartiere lei intende la zona dove effettivamente risiedo o quella segnalata nella carta d'identità? (sono diverse, data la mia situazione di "esule da casa") per sapere a quale ausl rivolgermi?.
Quanto alla scelta privata, farò come Lei mi ha detto, consultando i nominativi degli psicologi abilitati sul sito dell’Ordine, magari indirizzando la mia attenzione, come segnalatomi dal suo collega Dottor Vita, su una o un buon analista..che ne pensa?.
La ringrazio di vero cuore per l'augurio rivoltomi.
penso di non contravvenire ad alcuna regola del forum dicendole che sono di Catania.
Dovrei dunque recarmi al consultorio del mio quartiere (spero sinceramente ce ne sia uno!) -per quartiere lei intende la zona dove effettivamente risiedo o quella segnalata nella carta d'identità? (sono diverse, data la mia situazione di "esule da casa") per sapere a quale ausl rivolgermi?.
Quanto alla scelta privata, farò come Lei mi ha detto, consultando i nominativi degli psicologi abilitati sul sito dell’Ordine, magari indirizzando la mia attenzione, come segnalatomi dal suo collega Dottor Vita, su una o un buon analista..che ne pensa?.
La ringrazio di vero cuore per l'augurio rivoltomi.
Questo consulto ha ricevuto 15 risposte e 2.9k visite dal 29/11/2011.
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