Rapporto col cibo
Dottori,
Ho bisogno di aiuto. Premetto che sono già in cura per disturbi d'ansia (attacchi di panico), non da molto. Però non sono ancora riuscita a parlare alla psichiatra di questo problema. Me ne vergogno. Io e il cibo. E' una cosa orrenda. Quando stavo a casa e vivevo coi miei lo rifiutavo. Non sono mai stata anoressica, ma ogni volta che potevo saltare il pasto lo facevo. Programmavo i pasti. Elaboravo vie per cercare di bilanciare quello che mia mamma preparava. Se quello che faceva per pranzo mi sembrava tanto, saltavo la colazione. Sono dimagrita negli ultimi anni. Poi son venuta via di casa. Il primo anno son dimagrita. A metà dell'anno scorso ho cominciato a...fare una cosa schifosa. Io faccio a pezzi il cibo. Prendo il pane a fette e mangio solo la crosta. Prendo lo yogurt e mangio due cucchiaini. Così, per decine di yogurt di fila. Prendo le merendine e mangio solo una parte di ogni singola merendina. Per tutta la scatola. Prendo il cioccolato con le nocciole e mangio solo le nocciole. Io mi sento di merda. Questa sera l'ho rifatto. E' la prima volta che riesco a scriverlo. Mi viene da piangere, ho paura di non uscirne mai. Ho paura di non riuscire a fare quello che voglio. Ho paura di non essere in grado. Ho tanta paura.
Ho bisogno di aiuto. Premetto che sono già in cura per disturbi d'ansia (attacchi di panico), non da molto. Però non sono ancora riuscita a parlare alla psichiatra di questo problema. Me ne vergogno. Io e il cibo. E' una cosa orrenda. Quando stavo a casa e vivevo coi miei lo rifiutavo. Non sono mai stata anoressica, ma ogni volta che potevo saltare il pasto lo facevo. Programmavo i pasti. Elaboravo vie per cercare di bilanciare quello che mia mamma preparava. Se quello che faceva per pranzo mi sembrava tanto, saltavo la colazione. Sono dimagrita negli ultimi anni. Poi son venuta via di casa. Il primo anno son dimagrita. A metà dell'anno scorso ho cominciato a...fare una cosa schifosa. Io faccio a pezzi il cibo. Prendo il pane a fette e mangio solo la crosta. Prendo lo yogurt e mangio due cucchiaini. Così, per decine di yogurt di fila. Prendo le merendine e mangio solo una parte di ogni singola merendina. Per tutta la scatola. Prendo il cioccolato con le nocciole e mangio solo le nocciole. Io mi sento di merda. Questa sera l'ho rifatto. E' la prima volta che riesco a scriverlo. Mi viene da piangere, ho paura di non uscirne mai. Ho paura di non riuscire a fare quello che voglio. Ho paura di non essere in grado. Ho tanta paura.
[#1]
Gentile ragazza,
è comprensibile il suo stato d'animo di forte paura per questo rapporto con il cibo ed è già un buon segnale il fatto che sia riuscita a prendere il coraggio e a parlarne all'esterno qui.
In realtà da qui non è possibile fornirle l'aiuto che chiede, ma solo invitarla a parlarne con la psichiatra che la sta seguendo, ricordandole di nuovo che forse l'averlo condiviso ora può essere un elemento che le da il coraggio per parlarne anche all'interno della relazione terapeutica.
Dato che il problema per cui si è rivolta ad uno specialista è relativo a disturbi d'ansia potrebbe essere utile comprendere la sua modalità di rapportarsi con l'alimentazione associando i due aspetti.
Cordiali saluti
è comprensibile il suo stato d'animo di forte paura per questo rapporto con il cibo ed è già un buon segnale il fatto che sia riuscita a prendere il coraggio e a parlarne all'esterno qui.
In realtà da qui non è possibile fornirle l'aiuto che chiede, ma solo invitarla a parlarne con la psichiatra che la sta seguendo, ricordandole di nuovo che forse l'averlo condiviso ora può essere un elemento che le da il coraggio per parlarne anche all'interno della relazione terapeutica.
Dato che il problema per cui si è rivolta ad uno specialista è relativo a disturbi d'ansia potrebbe essere utile comprendere la sua modalità di rapportarsi con l'alimentazione associando i due aspetti.
Cordiali saluti
Dr.ssa Federica Meriggioli - Psicologa Psicoterapeuta
Via Roma 131, Spinea Ve
Tel. 3498534295 www.federicameriggioli.com
[#2]
Ex utente
Io non riesco. Non riesco a dirlo a voce. Non riesco a guardare la persona che mi sta davanti. Giuro, ci provo, ci metto tutta la buona volontà. Però ogni volta che parlo di me, ogni volta che devo dire un mio problema, non riesco ad essere sincera. Non riesco a dire che ci sto male. Non riesco a descriverlo come davvero è. Lo faccio sembrare minore, come se non avesse tutta l'importanza che ha per me, perchè non riesco ad affrontare la persona che ho di fronte. Ho chiesto l'aiuto di uno psichiatra anche per spingere me stessa ad affrontare questo fatto, ma ho un blocco.
[#3]
Psicologo, Psicoterapeuta
Buonasera,
innanzitutto vorrei dirle che aver chiesto aiuto è già indice del suo desiderio di cambiare, di star bene.
Perchè non prova a scrivere al suo medico?
Sono certa che potrete così affrontare insieme questo blocco.
Del resto, è evidente che lei abbia il desiderio di uscirne.
Cordialmente
Simona Muzzetta
innanzitutto vorrei dirle che aver chiesto aiuto è già indice del suo desiderio di cambiare, di star bene.
Perchè non prova a scrivere al suo medico?
Sono certa che potrete così affrontare insieme questo blocco.
Del resto, è evidente che lei abbia il desiderio di uscirne.
Cordialmente
Simona Muzzetta
[#4]
Cara ragazza,
forse oltre alla terapia farmacologica psichiatrica sarebbe il caso che tu ti facessi seguire anche da uno psicologo.
Leggo da un precedente consulto che in passato l'hai fatto, e che il percorso si è esaurito perchè alla fine giravate a vuoto attorno a un punto morto.
Questo può significare che il lavoro con quello specialista era concluso, ma non che tu hai concluso il lavoro su di te.
Penso che il non riuscire a dire alla psichiatra di questa tua "abitudine" possa dipendere dal fatto che la conosci poco, ma anche che per qualche motivo non ti fidi del tutto di lei o che comunque ti senti in qualche modo a disagio, forse in soggezione o sotto giudizio.
Prima o poi però dovrai comunque parlargliene, perchè la terapia farmacologica deve essere prescritta tenendo presenti tutti gli aspetti del quadro clinico.
Cosa significa per te prendere solo una parte del cibo e scartare il resto?
forse oltre alla terapia farmacologica psichiatrica sarebbe il caso che tu ti facessi seguire anche da uno psicologo.
Leggo da un precedente consulto che in passato l'hai fatto, e che il percorso si è esaurito perchè alla fine giravate a vuoto attorno a un punto morto.
Questo può significare che il lavoro con quello specialista era concluso, ma non che tu hai concluso il lavoro su di te.
Penso che il non riuscire a dire alla psichiatra di questa tua "abitudine" possa dipendere dal fatto che la conosci poco, ma anche che per qualche motivo non ti fidi del tutto di lei o che comunque ti senti in qualche modo a disagio, forse in soggezione o sotto giudizio.
Prima o poi però dovrai comunque parlargliene, perchè la terapia farmacologica deve essere prescritta tenendo presenti tutti gli aspetti del quadro clinico.
Cosa significa per te prendere solo una parte del cibo e scartare il resto?
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#5]
Capisco il suo profondo disagio nel comunicare queste sue abitudini legate al cibo.
Deve essere davvero pesante portare questo segreto, ma probabilmente quando nella relazione terapeutica con lo psichiatra aumentera' il suo grado di fiducia si sentira' libera di raccontare questo problema.
Finora e' comprensibile che lo abbia fatto visto che probabilmente sta proteggendo una stategia che la aiuta ad incanalare la sua ansia.
Deve essere davvero pesante portare questo segreto, ma probabilmente quando nella relazione terapeutica con lo psichiatra aumentera' il suo grado di fiducia si sentira' libera di raccontare questo problema.
Finora e' comprensibile che lo abbia fatto visto che probabilmente sta proteggendo una stategia che la aiuta ad incanalare la sua ansia.
Dr.ssa Grazia La Manna
Psicologa- psicoterapeuta analitico transazionale
www.grazialamanna.it
[#6]
Ex utente
Intanto grazie per le risposte, sono così presa dalla cosa questa sera che prima non vi ho nemmeno ringraziato.
Forse è vero, forse dovrei scrivere al medico; non so se in effetti sia una cosa contemplata. In realtà l'ho anche già fatto, non per il cibo, ma per il panico. Poi però non do mai niente di quello che scrivo, perchè lo rileggo il giorno dopo e mi infastidisce molto. Mi dico che ce la posso fare da sola. Non ho mai tollerato alcuna dipendenza. Ho provato a fumare, ma non fumo; a bere, ma non bevo; faccio periodi senza caffè per evitare di prendere pure quella. Ma sono diventata dipendente dai circoli viziosi della mia testa e faccio schifezze col cibo, restando poi con enormi sensi di colpa e il terrore del futuro.
Dott.ssa Massaro, in effetti sono seguita anche da una psicologa. Sono in cura in un centro per disturbi d'ansia e settimanalmente vedo tre figure. Però il problema è lo stesso, sono io che non dico niente. Ho accennato, ad essere sincera, una volta al rapporto col cibo. Ho detto "è complicato". Non c'entrava con quello di cui stavo parlando, io volevo farlo. Poi la psicologa mi ha chiesto più direttamente "qual è il tuo rapporto col cibo?". Io mi sono incartata "Mah, boh, era, è", alla fine ho detto che non importava, che non era niente di che e lei non ha insistito. La stessa volta ho detto una cosa simile anche all'alta figura, quando mi ha chiesto "cosa ti mette ansia". Io ho risposto "il cibo". La risposta è stata che devo parlarne alla psichiatra. Devo tornare settimana prossima, ma conosco la mia difficoltà nel parlarne. Anche se ora penso di farlo, domani mattina mi detesterò per tutto questo. Andrò in università sorridendo e scherzerò con gli altri. Io amo quello che faccio, amo la professione per cui mi sto preparando. E' pure un bel periodo. Ma ho una paura folle. Alla sera viene l'ansia. L'altra sera ho avuto un attacco di panico, eppure non dovrebbe, con il Citalopram.
La cosa più pesante di questo rapporto con il cibo (e anche degli attacchi di panico) è che io mi son sempre pensata una persona forte. Per carità, ho avuto momenti anche lunghi di difficoltà in cui mi è sembrato di non farcela. Ma ho sempre reagito, alla fine. Ho sempre voluto essere forte. Ora sento la cosa sfuggirmi di mano. Quando mi viene il panico, viene e basta, pure quando dormo. E prima di comprare le cose da mangiare a pezzi, in realtà non le voglio comprare...ma voglio. So che non dovrei, so che non vorrei...ma lo faccio. Ed è assurdo.
Non so cosa voglia dire fare a pezzi il cibo. So che non potrei accettare di mangiarlo tutto, perchè mi sentirei troppo in colpa. Ma ormai le quantità stanno aumentando e il mio peso anche.
Forse è vero, forse dovrei scrivere al medico; non so se in effetti sia una cosa contemplata. In realtà l'ho anche già fatto, non per il cibo, ma per il panico. Poi però non do mai niente di quello che scrivo, perchè lo rileggo il giorno dopo e mi infastidisce molto. Mi dico che ce la posso fare da sola. Non ho mai tollerato alcuna dipendenza. Ho provato a fumare, ma non fumo; a bere, ma non bevo; faccio periodi senza caffè per evitare di prendere pure quella. Ma sono diventata dipendente dai circoli viziosi della mia testa e faccio schifezze col cibo, restando poi con enormi sensi di colpa e il terrore del futuro.
Dott.ssa Massaro, in effetti sono seguita anche da una psicologa. Sono in cura in un centro per disturbi d'ansia e settimanalmente vedo tre figure. Però il problema è lo stesso, sono io che non dico niente. Ho accennato, ad essere sincera, una volta al rapporto col cibo. Ho detto "è complicato". Non c'entrava con quello di cui stavo parlando, io volevo farlo. Poi la psicologa mi ha chiesto più direttamente "qual è il tuo rapporto col cibo?". Io mi sono incartata "Mah, boh, era, è", alla fine ho detto che non importava, che non era niente di che e lei non ha insistito. La stessa volta ho detto una cosa simile anche all'alta figura, quando mi ha chiesto "cosa ti mette ansia". Io ho risposto "il cibo". La risposta è stata che devo parlarne alla psichiatra. Devo tornare settimana prossima, ma conosco la mia difficoltà nel parlarne. Anche se ora penso di farlo, domani mattina mi detesterò per tutto questo. Andrò in università sorridendo e scherzerò con gli altri. Io amo quello che faccio, amo la professione per cui mi sto preparando. E' pure un bel periodo. Ma ho una paura folle. Alla sera viene l'ansia. L'altra sera ho avuto un attacco di panico, eppure non dovrebbe, con il Citalopram.
La cosa più pesante di questo rapporto con il cibo (e anche degli attacchi di panico) è che io mi son sempre pensata una persona forte. Per carità, ho avuto momenti anche lunghi di difficoltà in cui mi è sembrato di non farcela. Ma ho sempre reagito, alla fine. Ho sempre voluto essere forte. Ora sento la cosa sfuggirmi di mano. Quando mi viene il panico, viene e basta, pure quando dormo. E prima di comprare le cose da mangiare a pezzi, in realtà non le voglio comprare...ma voglio. So che non dovrei, so che non vorrei...ma lo faccio. Ed è assurdo.
Non so cosa voglia dire fare a pezzi il cibo. So che non potrei accettare di mangiarlo tutto, perchè mi sentirei troppo in colpa. Ma ormai le quantità stanno aumentando e il mio peso anche.
[#7]
Mi sembra che tu sia seguita in maniera più che adeguata e che magari sia solo il fatto di conoscere da poco queste persone che ti blocca nel raccontare un qualcosa che, oggettivamente, appare un po' "particolare" ma non certo spaventoso o mostruoso come invece tu lo stai vedendo.
Se sapessi quante stranezze fanno le persone e quante ce ne sentiamo raccontare noi...
Potrai parlarne spiegando quello che ha detto a noi, e cioè che mangiando solo un pezzetto di ogni alimento ti sembra di non passare il limite e quindi di avere il controllo del cibo e sul cibo, e che per te avere e mantenere il controllo è molto importante.
Vorrei anche sottolineare il fatto che fra lasciarsi aiutare diventare dipendenti da un terapeuta c'è una bella differenza, e che forse la tua paura delle dipendenze in generale cela un gran desiderio di lasciarti andare e fidarti completamente di qualcuno, prima o poi. Però questo significherebbe non avere più il controllo della situazione e per te al momento questo non è tollerabile.
L'importante è che tu ti impegni in questo percorso appena iniziato, i risultati arriveranno.
Per quanto riguarda il citalopram è opportuno che tu discuta con la psichiatra la sensazione che non ti stia servendo più di tanto: magari andrà aggiustata la dose (o cambiato farmaco), o magari è semplicemente passato ancora troppo poco tempo perchè l'effetto sia completo.
Se sapessi quante stranezze fanno le persone e quante ce ne sentiamo raccontare noi...
Potrai parlarne spiegando quello che ha detto a noi, e cioè che mangiando solo un pezzetto di ogni alimento ti sembra di non passare il limite e quindi di avere il controllo del cibo e sul cibo, e che per te avere e mantenere il controllo è molto importante.
Vorrei anche sottolineare il fatto che fra lasciarsi aiutare diventare dipendenti da un terapeuta c'è una bella differenza, e che forse la tua paura delle dipendenze in generale cela un gran desiderio di lasciarti andare e fidarti completamente di qualcuno, prima o poi. Però questo significherebbe non avere più il controllo della situazione e per te al momento questo non è tollerabile.
L'importante è che tu ti impegni in questo percorso appena iniziato, i risultati arriveranno.
Per quanto riguarda il citalopram è opportuno che tu discuta con la psichiatra la sensazione che non ti stia servendo più di tanto: magari andrà aggiustata la dose (o cambiato farmaco), o magari è semplicemente passato ancora troppo poco tempo perchè l'effetto sia completo.
[#8]
Ex utente
Se lo farò, terrò presente il modo in cui l'ha espresso lei, perchè mi sembra chiaro.
Mi spiega cosa significa questa frase?
" forse la tua paura delle dipendenze in generale cela un gran desiderio di lasciarti andare e fidarti completamente di qualcuno, prima o poi. Però questo significherebbe non avere più il controllo della situazione e per te al momento questo non è tollerabile."
Glielo chiedo perchè in questo periodo ho dovuto parlare spesso dei miei rapporti personali...o meglio, della mia capacità molto buona nell'entrare in empatia con le persone ed aiutarla, ma della totale incapacità a stabilire con loro una relazione duratura...e vorrei capire cosa vuol dire quello che ha scritto, se può spiegarmelo più estesamente.
Mi spiega cosa significa questa frase?
" forse la tua paura delle dipendenze in generale cela un gran desiderio di lasciarti andare e fidarti completamente di qualcuno, prima o poi. Però questo significherebbe non avere più il controllo della situazione e per te al momento questo non è tollerabile."
Glielo chiedo perchè in questo periodo ho dovuto parlare spesso dei miei rapporti personali...o meglio, della mia capacità molto buona nell'entrare in empatia con le persone ed aiutarla, ma della totale incapacità a stabilire con loro una relazione duratura...e vorrei capire cosa vuol dire quello che ha scritto, se può spiegarmelo più estesamente.
[#9]
Ovviamente non ti conosco e si tratta solo di un'ipotesi, ma il fatto che ti infastidisca parlare apertamente e sinceramente di te con chi ti segue mi fa pensare non solo che magari non ti fidi ancora del tutto, ma anche che alla base ci sia la stessa paura della dipendenza - di qualunque dipendenza - che hai ben illustrato in questa frase:
"non do mai niente di quello che scrivo, perchè lo rileggo il giorno dopo e mi infastidisce molto. Mi dico che ce la posso fare da sola. Non ho mai tollerato alcuna dipendenza. Ho provato a fumare, ma non fumo; a bere, ma non bevo; faccio periodi senza caffè per evitare di prendere pure quella. Ma sono diventata dipendente dai circoli viziosi della mia testa e faccio schifezze col cibo, restando poi con enormi sensi di colpa".
Essere dipendenti vuol dire non avere più il controllo della situazione, sia che si tratti di dipendenza da sostanze o attività, sia che si parli di rapporti interpersonali, e per te il controllo sembrerebbe davvero molto importante.
Il fatto di aprire un alimento, sbocconcellarlo e lasciarlo lì penso ti dia l'illusione di avere il controllo sul cibo, che non prende il sopravvento perchè ad ogni confezione che apri ti dimostri di essere capace di contenerti e di limitare l'assunzione non lasciandoti tentare e "travolgere", mangiandolo tutto.
Forse fai la stessa cosa con le persone: rapporti numerosi e parziali
"non do mai niente di quello che scrivo, perchè lo rileggo il giorno dopo e mi infastidisce molto. Mi dico che ce la posso fare da sola. Non ho mai tollerato alcuna dipendenza. Ho provato a fumare, ma non fumo; a bere, ma non bevo; faccio periodi senza caffè per evitare di prendere pure quella. Ma sono diventata dipendente dai circoli viziosi della mia testa e faccio schifezze col cibo, restando poi con enormi sensi di colpa".
Essere dipendenti vuol dire non avere più il controllo della situazione, sia che si tratti di dipendenza da sostanze o attività, sia che si parli di rapporti interpersonali, e per te il controllo sembrerebbe davvero molto importante.
Il fatto di aprire un alimento, sbocconcellarlo e lasciarlo lì penso ti dia l'illusione di avere il controllo sul cibo, che non prende il sopravvento perchè ad ogni confezione che apri ti dimostri di essere capace di contenerti e di limitare l'assunzione non lasciandoti tentare e "travolgere", mangiandolo tutto.
Forse fai la stessa cosa con le persone: rapporti numerosi e parziali
[#10]
Ex utente
Avevo giurato di non farlo più, ma stasera l'ho rifatto. é bastato mettere piede in casa. Domani devo andare alla visita. Non so se avrò il coraggio di parlarne. Ma ci ho pensato e non è per sfiducia. E' che mi vergogno profondamente. Non lo direi nemmeno a una persona che mi conosce da anni. Cercherò di dirlo, perchè questa cosa va risolta. Ora ho una gran nausea. Grazie per il sostegno che mi avete dato in questi giorni.
[#11]
Cara Ragazza,
affronti con fiducia ed empatia con chi ha il paicere di occuparsi di lei, vedrà che vergogna e sensi di colpa, lentamente passeranno in funzione dell'andare avanti dell'alllenaza terapeutica.
Cari saluti
affronti con fiducia ed empatia con chi ha il paicere di occuparsi di lei, vedrà che vergogna e sensi di colpa, lentamente passeranno in funzione dell'andare avanti dell'alllenaza terapeutica.
Cari saluti
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#12]
Forse pensi che quello che hai da dire sia talmente insolito da non poterlo raccontare, ma, come ti ho detto, se sapessi quante cose "strane" sentiamo raccontare non ti faresti tutti questi problemi.
Probabilmente non rientrarai nemmeno fra i 100 casi più particolari che chi ti segue ha finora preso in carico.
Probabilmente non rientrarai nemmeno fra i 100 casi più particolari che chi ti segue ha finora preso in carico.
Questo consulto ha ricevuto 15 risposte e 2.7k visite dal 10/11/2011.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.