Bulimia e dipendenza affettiva
la mia migliore amica, che abita a 600 km di distanza da me, soffre di bulimia ed è dipendente nei miei confronti. Quando ci siamo conosciute, 6 anni fa, per caso via internet, attraversavo anch'io un periodo difficile quindi abbiamo legato molto e abbiamo iniziato a vederci di persona abbastanza frequentemente dato che eravamo entrambe studentesse con parecchio tempo libero. I primi anni ho pensato di poterla "salvare" e stavo anche tutto il giorno collegata al pc per starle vicina e lei aiutava me, ma man mano che il mio periodo buio passava il suo peggiorava perchè uscivo più spesso e lei si sentiva abbandonata anche solo se andavo a fare la spesa. Ora la situazione è peggiorata, mi sono ri iscritta all'università e tra studio e tirocinio ho veramente poco tempo per collegarmi, non mi sento libera di conoscere nuove persone o avere un ragazzo perchè so che la mia amica sta male se si sente messa in secondo piano, la sua bulimia è peggiorata e io mi sento svuotata perchè mi parla solo di quanto odi la sua vita e di quanto io sia cambiata (in peggio). Lei ha 31 anni, è disoccupata pur avendo una laurea con lode (presa in una facoltà che però non voleva fare) e non ha amici dove vive, solo qualche conoscente, percui passa quasi tutte le giornate in casa, io invece ho 28 anni e una vita fatta di università e qualche uscita (che però a volte cerco di limitare per non creare discussioni). Le ho proposto di trasferirsi da me, almeno per un periodo ma dice che non vuole osservare la mia vita da spettatrice invidiandola, vorrebbe che andassi spesso da lei ma non voglio rinunciare ai miei impegni e correre alimentando la sua dipendenza, d'altra parte però mi sento e mi fa sentire in colpa per non essere un'amica sulla quale contare nel momento del bisogno.
Le ho detto più volte di andare da uno psicologo ma si rifiuta e si arrabbia se solo sollevo l'argomento dicendo che vuole solo un'amica e una vita normale. Come posso aiutarla senza annullare me stessa, considerando che abitiamo lontane? Non accetta le "vie di mezzo": o sentirci tutto il giorno essendo "l'amica ideale" e rinunciando al resto o non sentirci più del tutto. Invece di aver aiutato un'amica mi sembra di aver aumentato i suoi problemi, alimentando la sua dipendenza e facendo in modo che abbia un rapporto bulimico anche con me...mi sento in burn out ma mi preoccupa più di riuscire a trovare un equilibrio con la mia amica, se è possibile...
Grazie per l'attenzione
Lei stessa sa benissimo cosa serve all'amica per uscire da questa situazione, ovvero un aiuto professionale.
Ma, Lei che ci scrive, potrebbe trovare altrettanto sollievo dal farsi aiutare da uno psicologo nella gestione di questi sensi di colpa dolorosi, che non riesce ad evitare. Inoltre per la Sua amica rappresenterebbe un buon esempio da seguire (la terapia).
Cordialmente
Daniel Bulla
dbulla@libero.it, Twitter _DanielBulla_
Cordiali saluti.
la sua amica desidera una "vita normale",ma quando si è ammalati, questo è praticamente impossibile. Il cibo, così come i legami, dovrebbero nutrire altro rispetto ad una fame che di normale ha ben poco.
Inoltre, nè lei, nè nessun altro che non sia uno specilaista , può essere in grado di aiutare la sua amica, che necessita di aiuti mirati e più che referenziati.
cari saluti
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
Gentile ragazza,
questo avviene spesso durante o dopo un trattamento psicologico, soprattutto quando affrontiamo i disturbi d'ansia che hanno molto a che fare con la "dipendenza" da qualcuno (ad es. se non riesco più a fare alcune cose che facevo prima e ho costantemente bisogno di qualcun'altro che mi stia accanto e faccia da accompagnatore/"infermiere").
Sottolineo però che non è un problema della persona che finalmente si è liberata dall'ansia, e che quindi è di nuovo capace e vuole camminare da sola, bensì della persona (la Sua amica in questo caso) che perde il ruolo che aveva prima.
Ha ragione: probabilmente la sua amica non chiederà mai aiuto. I disturbi del comportamento alimentare sono complessi e spesso in comorbidità con altre patologie. Inoltre l'idea scorretta che la Sua amica ha in mente sulla figura dello psicologo non aiuta, semmai complica la situazione.
Il suggerimento per Lei, tuttavia, è di badare a non cadere in una relazione per Lei tossica, in cui venire manipolata dall'altro.
Un cordiale saluto,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
Bene, significa che ha funzionato allora! Amicizia e rapporto simbiotico non sono la stessa cosa: ribadisco quindi il consiglio per Lei di iniziare nuovamente il percorso psicologico PRIMA di scivolare nuovamente in un rapporto invischiato.
Non voglio e non posso però rinunciare alla mia vita, non risolverebbe il problema, anzi, è questo che sto cercando di far capire a lei ma lo vive ovviamente come un tradimento.
Appunto: ma non è detto che sia Lei la persona giusta su cui fare totale affidamento. Se fosse servito la Sua amica starebbe bene no? Invece così non state bene entrambe
Un amico come prima cosa vuole il bene dell'altro.
Non lo tratta come se fosse un oggetto in suo possesso su cui ha completo potere decisionale.
Non gli attribuisce la responsabilità dei propri guai, alimentando consapevolmente il senso di colpa per tenerlo sempre più invischiato in un legame malato.
La sua amica ha seri problemi che non sta a Lei risolvere e "da amica vera" il suo compito è proprio quello di non assecondarla nelle sue assurde pretese, ma di provare a convincerla che se vuole uscire dal suo malessere solo lei può e deve fare qualcosa, anche se questo dovesse portare ad una rottura tra di voi.
Se pensa di aver bisogno per se stessa di un sostegno psicologico che l'aiuti a tenere distinti i suoi bisogni e le sue emozioni da quelli della sua amica, o da quelli che la sua amica le attribuisce, non esiti a richiederlo.
Cari auguri.
Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i
tutto ciò che lei mi dice lo penso anche io e cerco di ripetermelo continuamente ma di fronte alle disperate richieste della mia amica non è facile rimanere lucidi e convincersi di aver fatto tutto il possibile, dopotutto non sono perfetta nemmeno io.
Se riuscissi a convincerla ad andare in terapia potrei considerare la mia "missione" almeno in parte riuscita, ora invece vedo che si sta allontanando da me, piena di rancore e non riesco a farle capire che il mio atteggiamento vuole semplicemente salvare me stessa e aiutare lei, non dandole semplicemente il contentino ogni volta che ne ha bisogno.
Non c'è un modo per convincerla a rivolgersi da uno psicologo immagino...ho provato anche a "ricattarla" dicendo che avrei raccontato il suo disagio ai suoi genitori ma non l'ha presa affatto bene e la nostra distanza geografica non aiuta di certo...
Per questo le ho consigliato un supporto psicologico: per riuscire ad avere un "ancoraggio" che le eviti di andare alla deriva.
Il tema della ricerca di perfezione non è casuale, immagino, dal momento che è ricorrente nelle persone che presentano disturbi del comportamento alimentare.
<<ho provato anche a "ricattarla" dicendo che avrei raccontato il suo disagio ai suoi genitori ma non l'ha presa affatto bene>>
Ovvio che dal suo punto di vista la sua amica non voglia, ma questo non potrebbe essere davvero un modo per aiutarla concretamente?
La sua amica vive con i genitori? Fino ad ora pensa che loro non se ne siano accorti (o non abbiano voluto, magari inconsapevolmente, accorgersene)?
So che l'unica possibilità di salvarci è dirci addio (anche se mi costerebbe fatica e la vivrei come una sconfitta) o convincerla ad andare in terapia, continuo a ripeterglielo dicendole che le starò vicina se prendesse questa decisione ma non vuole nemmeno affrontare l'argomento.
mi sento molto vicina alla sofferenza che lei sta provando.
Oltre a condividere l'opinione dei colleghi in merito all'opportunità di continuare una psicoterapia che l'aiuti a gestire questa difficile relazione e le dinamiche psichiche connesse, ciò che mi sento di dirle è che talvolta mettere nero su bianco i pensieri e le emozioni rende più facile all'altro la loro comprensione.
Scrivendo ciò che lei sente in merito a questa situazione, evitando di accusare la sua amica (cosa che la irrigidirebbe e la farebbe mettere sulle difensive, facendola sentire ancora più inadeguata), esprimendo fedelmente i suoi vissuti e i sentimenti che prova verso di lei, le ambivalenze e le difficoltà che sta vivendo, smuoverebbe forse nella sua amica qualcosa.
Se riesce a lasciarsi andare scrivendo tutti i suoi pensieri in merito alla necessità di riprendere in mano la sua vita, il senso di impotenza ma al tempo stesso la rabbia verso questa situazione, il forte desiderio di aiutarla e di vederla finalmente sorridere, le sue idee sul valore dell'amicizia che ben si distingue da un rapporto simbiotico che chiude anzichè aprire, che diventa un mero rifugio anzichè una spinta a vivere....credo che ne giovereste entrambe. Aiuterebbe lei in quanto scrivere è un buon metodo per fare chiarezza dentro di sè e per elaborare i suoi vissuti, in quanto può avere una funzione "catartica", e potrebbe aiutare la sua amica inducendola a
riflettere ed a comprendere meglio come effettivamente si sente.
Leggendo le sue parole cariche di emozioni e che descrivono in maniera sincera e dettagliata il percorso che sta facendo per tentare di stare bene e vivere dei rapporti che siano sani e positivi, potrebbe immedesimarsi e empatizzare con lei...fino a capire (si spera) il motivo per cui lei consiglia vivamente l'aiuto di un esperto esterno...
Tante volte si ha paura di ciò che non si conosce bene...se aggiungiamo ai pregiudizi il fatto che esistono delle resistenze alla guarigione, diventa un'impresa ardua uscire dal tunnel....e in questo forse lei può esserle di aiuto...pur non rinunciando all'amore per se stessa e per la sua vita.
Può essere un tentativo...che ne pensa?
>>>
Sembra che abbia aumentato anche i suoi propri, a quanto pare, se ha sentito il bisogno di scriverci. La sua domanda centrale:
>>> Come posso aiutarla senza annullare me stessa?
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rende bene lo scacco nel quale si sente: se non l'aiuto mi sento in colpa per lei, se l'aiuto danneggio me stessa. È in ostaggio.
>>> "missione"
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Sì, la sua sembra proprio una missione che si è data. Forse saprà che nel gergo degli psicologi esiste il termine "crocerossina", per riferirsi alle donne che sentono irresistibile il bisogno di aiutare qualcun altro abnegando se stessi.
Concordo con il parere dei colleghi, in particolare con la definizione del rapporto che ha con questa ragazza come "tossico".
Il mio parere è che entrambe potreste beneficiare di un aiuto psicologico in questo momento, per motivi diversi. Ma anche se la sua amica non vuol saperne, potrebbe farle bene parlare con un collega per sapere come comportarsi con lei.
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
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