Inerzia e voglia di cambiare
Dopo un intenso periodo di lavoro, avverto da alcuni giorni un senso di inquietudine soprattutto quando mi sveglio la mattina. Mi sento privo di forze, non trovo stimoli per concentrarmi e concludere alcune attività lavorative che ho iniziato da tempo. Sono stanco di dover faticare tanto per avere dei risultati e poi vedere che per avere risultati ci vuole tanto tempo e tanta pazienza perché non sempre le risposte sono positive. Mi sembra che sul lavoro tutto vada troppo lento e che, in assenza di immediati risultati, sia difficile trovare entusiasmo e voglia di fare. A tutto ciò si aggiunge una vita sociale praticamente inesistente, sono single da una vita e non so cosa darei per avere una compagna. Non sono brutto, mi sono solo chiuso e ho ridotto i miei rapporti sociali per dedicarmi a un lavoro che mi fa sentire più triste che appagato. Vorrei abbandonare tutto, non sentire più il peso delle responsabilità e invece mi trovo in questo stato di inerzia da cui solo a parole vorrei uscire. Mi è capitato 2 giorni fa di andare a una festa di compleanno di un’amica e sinceramente ero allegro, divertente, chiacchieravo… poi però torno a casa e tutto è buio come prima. Io non credo di essere depresso, penso però che la vita che faccio mi deprima, e questo lo dico perché appena ho occasione di stare con altri il mio umore cambia, mi sento vivo, soprattutto se mi capita anche l’occasione di corteggiare o essere corteggiato. Ma poi tutto torna lento e buio come prima… quanto durerà questa situazione che ciclicamente si ripete?
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Gentile Utente,
prima di etichettare situazioni e stati con il termine "depressione", che poi tanto drammatico non è in quanto ci sono diversi tipi di depressioni, sarebbe il caso di fermarsi a capire quello che Lei ha scritto.
E' comprensibile e condivisibile che il tipo di vita che sta conducendo adesso La stia penalizzando: non vive le gioie della vita affettiva e sociale. Questo può bastare per renderLa triste e poco soddisfatto.
Sente quindi che la fatica che fa al lavoro non ha senso. Ha ragione.
Bisogna capire però che cosa si attiva in Lei per:
- non avere vita sociale (evita delle occasioni? si sente inadeguato? ....?)
- che cosa Le impedisce di avere una compagna e come si relaziona con gli altri.
Per fare questo io Le suggerisco di chiedere aiuto ad uno psicologo di persona, per lavorare esclusivamente su questi aspetti. Forse (dico "forse" perchè non La conosco e posso solo ipotizzare) ci sono timori di cui Lei non è consapevole nell'incontro con gli altri, oppure buttarsi nel lavoro La ripara dall'esposizione a"rischi" quali potrebbe essere una vita sociale e affettiva più appagante.
Un cordiale saluto,
prima di etichettare situazioni e stati con il termine "depressione", che poi tanto drammatico non è in quanto ci sono diversi tipi di depressioni, sarebbe il caso di fermarsi a capire quello che Lei ha scritto.
E' comprensibile e condivisibile che il tipo di vita che sta conducendo adesso La stia penalizzando: non vive le gioie della vita affettiva e sociale. Questo può bastare per renderLa triste e poco soddisfatto.
Sente quindi che la fatica che fa al lavoro non ha senso. Ha ragione.
Bisogna capire però che cosa si attiva in Lei per:
- non avere vita sociale (evita delle occasioni? si sente inadeguato? ....?)
- che cosa Le impedisce di avere una compagna e come si relaziona con gli altri.
Per fare questo io Le suggerisco di chiedere aiuto ad uno psicologo di persona, per lavorare esclusivamente su questi aspetti. Forse (dico "forse" perchè non La conosco e posso solo ipotizzare) ci sono timori di cui Lei non è consapevole nell'incontro con gli altri, oppure buttarsi nel lavoro La ripara dall'esposizione a"rischi" quali potrebbe essere una vita sociale e affettiva più appagante.
Un cordiale saluto,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Gentile Utente,
in precedenti sue richieste di consulto riferiva di aver effettuato una psicoterapia: non ha affrontato anche tali questioni in quel contesto? Non mi sembrano emozioni emerse negli ultimi tempi, ma accresciute nel tempo.
in precedenti sue richieste di consulto riferiva di aver effettuato una psicoterapia: non ha affrontato anche tali questioni in quel contesto? Non mi sembrano emozioni emerse negli ultimi tempi, ma accresciute nel tempo.
Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i
[#3]
Ex utente
Grazie per le vostre risposte, anche il semplice fatto di essere "ascoltato" e di avere consigli mi rincuora e mi aiuta. Questa situazione di solitudine "sociale" non mi è nuova, ritorna ciclicamente ma, buttandomi nel lavoro (che è ormai un'ossessione per me), ci penso meno e a volte non mi pesa per nulla. A volte però il lavoro mi delude perchè non è facile portare avanti con entusiasmo attività che richiedono fatica e che solo a lungo termine portano a risultati di cui, per ora, non si alcuna certezza. e quando divento consapevole di questa incertezza sento oltre al lavoro di non avere più nulla. invece io sono una persona allegra, divertente, di compagnia, dotata di spirito... mi piace ridere e scherzare con amici e gli amici hanno piacere a passare tempo con me. però, non so perchè, c'è sempre in me il timore che se mi apro totalmente rischio di ferirmi... temo che gli altri possano invadere la mia intimità, farmi del male. però io ho bisogno di aprirmi, di essere me stesso. oltre a tutte le caratteristiche elencate sono anche timido, molto (forse troppo) riservato e col passare del tempo divento sempre più chiuso. eppure quando trovo la persona giusta (molto raramente) sento l'istinto di aprirmi, cosa che non succede anche con amici che conosco da anni.
che tipo di percorso psicologico si può ipotizzare per il mio problema? ci vorrebbe una psicanalisi di tipo freudiano oppure devo provare qualche altra strada? io ho bisogno di riappropriarmi di me stesso e ho bisogno soprattutto di farlo subito.
aggiungo una domanda secca: pensate che questa mia tristezza per non avere una vita sociale appagante influisca negativamente anche su altri aspetti della mia vita quali il lavoro, portandomi ad essere meno produttivo?
che tipo di percorso psicologico si può ipotizzare per il mio problema? ci vorrebbe una psicanalisi di tipo freudiano oppure devo provare qualche altra strada? io ho bisogno di riappropriarmi di me stesso e ho bisogno soprattutto di farlo subito.
aggiungo una domanda secca: pensate che questa mia tristezza per non avere una vita sociale appagante influisca negativamente anche su altri aspetti della mia vita quali il lavoro, portandomi ad essere meno produttivo?
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Intanto sarebbe bene che venisse effettuato un inquadramento diagnostico, in modo da dare un nome al suo malessere e decidere la strada da seguire.
Una terapia di tipo cognitivo o di tipo strategico potrebbero aiutarla in un tempo ragionevole a superare le sue attuali difficoltà, focalizzandosi non tanto sul suo passato quanto piuttosto sul presente (che ora sta in un certo senso evitando di vivere) e sul futuro.
Auguri.
Una terapia di tipo cognitivo o di tipo strategico potrebbero aiutarla in un tempo ragionevole a superare le sue attuali difficoltà, focalizzandosi non tanto sul suo passato quanto piuttosto sul presente (che ora sta in un certo senso evitando di vivere) e sul futuro.
Auguri.
[#5]
"...c'è sempre in me il timore che se mi apro totalmente rischio di ferirmi... temo che gli altri possano invadere la mia intimità, farmi del male..."
Gentile Utente,
su aspetti del genere deve lavorare con uno psicologo psicoterapeuta. Era già ipotizzabile che le Sue ragioni fossero queste. Il rischio per Lei, se non tratta in maniera adeguata questi timori, è di isolarsi sempre più, sentendosi da un lato escluso e triste, dall'altro frustrato e ferito. Inoltre è anche probabile alimentare timori e indossare maschere per sentirsi meno vulnerabili.
E' vero che ci sono probabilità di essere feriti nell'accordare fiducia alle persone e nell'affezionarsi, ma è un rischio da correre e fa parte della vita. In fondo è condivisibile con chiunque il Suo timore; la differenza sta nell'attraversare questo timore e provare ad intrecciare relazioni meno superficiali (le definisco superficiali perchè se c'è questa paura di fondo immagino sia per Lei difficile essere autentico nel mostrarsi agli altri).
Io Le suggerisco un trattamento molto più breve di un'analisi freudiana e più mirato al problema che per Lei è fastidioso: in genere i trattamenti efficaci in questi termini sono quelli cognitivo-comportamentali, sistemici o strategici.
Per Sua comodità Le incollo il link sui diversi orientamenti in psicoterapia: https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Un cordiale saluto,
Gentile Utente,
su aspetti del genere deve lavorare con uno psicologo psicoterapeuta. Era già ipotizzabile che le Sue ragioni fossero queste. Il rischio per Lei, se non tratta in maniera adeguata questi timori, è di isolarsi sempre più, sentendosi da un lato escluso e triste, dall'altro frustrato e ferito. Inoltre è anche probabile alimentare timori e indossare maschere per sentirsi meno vulnerabili.
E' vero che ci sono probabilità di essere feriti nell'accordare fiducia alle persone e nell'affezionarsi, ma è un rischio da correre e fa parte della vita. In fondo è condivisibile con chiunque il Suo timore; la differenza sta nell'attraversare questo timore e provare ad intrecciare relazioni meno superficiali (le definisco superficiali perchè se c'è questa paura di fondo immagino sia per Lei difficile essere autentico nel mostrarsi agli altri).
Io Le suggerisco un trattamento molto più breve di un'analisi freudiana e più mirato al problema che per Lei è fastidioso: in genere i trattamenti efficaci in questi termini sono quelli cognitivo-comportamentali, sistemici o strategici.
Per Sua comodità Le incollo il link sui diversi orientamenti in psicoterapia: https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Un cordiale saluto,
[#6]
Ex utente
in passato mi è capitato di avere un colloquio con due psicanalisti di orientamento freudiano. secondo loro solo una psicoterapia di questo tipo è capace di affrontare il problema alle radici, mentre una terapia di tipo cognitivo lavora sui sintomi ma non risolve il problema. poi ho parlato con una psicanalista cognitivo comportamentale e mi ha detto che questo tipo di terapia mira a cambiare schemi che portano il paziente ad avere una visione sbagliata della realtà. onestamente penso che la scelta dell'orientamento sia importante, ma non so proprio in che direzione muovermi. con tutto il rispetto, mi sembra che ogni psicologo "tiri acqua al suo mulino". io però vorrei capire quale è il mulino più adatto per me :-)
[#7]
<<mi sembra che ogni psicologo "tiri acqua al suo mulino">>
Per intraprendere un lavoro (perché di lavoro si tratta) psicoterapeutico è di fondamentale importanza la fiducia nel professionista e la creazione di una buona alleanza terapeutica, più che il tipo di orientamento che si segue.
In due comunque le abbiamo già fornito delle indicazioni rispetto al tipo di terapia che a nostro avviso è più idonea alle difficoltà che ha esposto.
Lei non ha però chiarito che tipo di percorso terapeutico abbia già seguito e perché non abbia affrontato in quel contesto nodi così importanti della sua esistenza.
Ovviamente un consulto on line non può avere le pretese di sostituire dei colloqui di persona e tanto meno una terapia.
N.B.
Non può esistere uno psicanalista cognitivo comportamentale: si tratta di due orientamenti del tutto differenti.
Saluti
Per intraprendere un lavoro (perché di lavoro si tratta) psicoterapeutico è di fondamentale importanza la fiducia nel professionista e la creazione di una buona alleanza terapeutica, più che il tipo di orientamento che si segue.
In due comunque le abbiamo già fornito delle indicazioni rispetto al tipo di terapia che a nostro avviso è più idonea alle difficoltà che ha esposto.
Lei non ha però chiarito che tipo di percorso terapeutico abbia già seguito e perché non abbia affrontato in quel contesto nodi così importanti della sua esistenza.
Ovviamente un consulto on line non può avere le pretese di sostituire dei colloqui di persona e tanto meno una terapia.
N.B.
Non può esistere uno psicanalista cognitivo comportamentale: si tratta di due orientamenti del tutto differenti.
Saluti
[#8]
Gentile Utente,
in parte concordo con Lei quando dice
<< ogni psicologo "tiri acqua al suo mulino">>
nel senso che ognuno Le illustra i vantaggi del proprio orientamento. Secondo me, però, le valutazioni da fare nel Suo caso sono altre.
Da quello che scrive mi permetto di dirLe, pur con tutti i limiti di un consulto on line, che la Sua situazione, per quanto La faccia soffrire e per quanto possa sembrare adesso senza via di uscita o di miglioramento, in realtà ha buone probabilità di successo con un trattamento di tipo cognitivo-comportamentale. Non è infatti necessario indagare a lungo, magari per diversi anni, le ragioni e le relazioni che hanno determinato questo stato. Al contrario, una volta intercettati gli schemi cognitivi e comportamentali che Lei abitualmente e in modo automatico e inconsapevole mette in atto, è possibile agire verso il cambiamento.
Mi pare di capire, infatti, che il problema stia qui e che qui si debba lavorare. Per il resto Lei "funziona" più che bene. Non è così?
Per Sua comodità Le incollo di seguito due articoli:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1384-e-davvero-psicoterapia-cognitivo-comportamentale.html
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1583-depressione-patologia-o-poca-forza-di-volonta.html
Spero di esserLe stata utile.
Un cordiale saluto,
in parte concordo con Lei quando dice
<< ogni psicologo "tiri acqua al suo mulino">>
nel senso che ognuno Le illustra i vantaggi del proprio orientamento. Secondo me, però, le valutazioni da fare nel Suo caso sono altre.
Da quello che scrive mi permetto di dirLe, pur con tutti i limiti di un consulto on line, che la Sua situazione, per quanto La faccia soffrire e per quanto possa sembrare adesso senza via di uscita o di miglioramento, in realtà ha buone probabilità di successo con un trattamento di tipo cognitivo-comportamentale. Non è infatti necessario indagare a lungo, magari per diversi anni, le ragioni e le relazioni che hanno determinato questo stato. Al contrario, una volta intercettati gli schemi cognitivi e comportamentali che Lei abitualmente e in modo automatico e inconsapevole mette in atto, è possibile agire verso il cambiamento.
Mi pare di capire, infatti, che il problema stia qui e che qui si debba lavorare. Per il resto Lei "funziona" più che bene. Non è così?
Per Sua comodità Le incollo di seguito due articoli:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1384-e-davvero-psicoterapia-cognitivo-comportamentale.html
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1583-depressione-patologia-o-poca-forza-di-volonta.html
Spero di esserLe stata utile.
Un cordiale saluto,
[#9]
>>> aggiungo una domanda secca: pensate che questa mia tristezza per non avere una vita sociale appagante influisca negativamente anche su altri aspetti della mia vita quali il lavoro, portandomi ad essere meno produttivo?
>>>
Nel suo caso la risposta è probabilmente: "Ci può scommettere".
Dico "nel suo caso", perché è evidente che ancora si trascina dietro difficoltà relazionali, sociali e affettive che con grande probabilità le stanno mettendo i bastoni fra le ruote altrove, in altre aree della sua vita.
Normalmente le questioni affettive dovrebbero stabilizzarsi e regolarizzarsi uscendo dall'adolescenza, in modo che la persona possa dedicarsi a un'attività lavorativa produttiva e soddisfacente, che faccia da BASE per supportarlo in tutte le altre aree. Nel suo caso però è possibile che le cose siano invertite e che per dare un senso alla sua vita, anche lavorativa, sia prima necessario risistemare il lato affettivo.
>>> con tutto il rispetto, mi sembra che ogni psicologo "tiri acqua al suo mulino". io però vorrei capire quale è il mulino più adatto per me :-)
>>>
Sì, ha ragione, ogni psicologo (psicoterapeuta) tira acqua al suo mulino. La psicoterapia è una scienza molto giovane e ancora è lontana dall'aver trovato un inquadramento strutturale di base che metta d'accordo tutti. I lavori sono ancora in corso. Questo però non significa che per mezzo della psicoterapia non si possano ottenere risultati ottimi, a volte spettacolari. Un buon punto di partenza per capire che strada prendere sono i link che le hanno fornito le colleghe, al quale può aggiungere questo:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html
Qui troverà le cose di base che qualsiasi terapia dovrebbe darle. Legga, faccia ricerche, qualche telefonata e poi se crede fissi un appuntamento con il professionista che l'avrà convinta di più.
Se poi non si troverà bene non sarà certo obbligato a continuare, potrà sempre cambiare.
Cordiali saluti
>>>
Nel suo caso la risposta è probabilmente: "Ci può scommettere".
Dico "nel suo caso", perché è evidente che ancora si trascina dietro difficoltà relazionali, sociali e affettive che con grande probabilità le stanno mettendo i bastoni fra le ruote altrove, in altre aree della sua vita.
Normalmente le questioni affettive dovrebbero stabilizzarsi e regolarizzarsi uscendo dall'adolescenza, in modo che la persona possa dedicarsi a un'attività lavorativa produttiva e soddisfacente, che faccia da BASE per supportarlo in tutte le altre aree. Nel suo caso però è possibile che le cose siano invertite e che per dare un senso alla sua vita, anche lavorativa, sia prima necessario risistemare il lato affettivo.
>>> con tutto il rispetto, mi sembra che ogni psicologo "tiri acqua al suo mulino". io però vorrei capire quale è il mulino più adatto per me :-)
>>>
Sì, ha ragione, ogni psicologo (psicoterapeuta) tira acqua al suo mulino. La psicoterapia è una scienza molto giovane e ancora è lontana dall'aver trovato un inquadramento strutturale di base che metta d'accordo tutti. I lavori sono ancora in corso. Questo però non significa che per mezzo della psicoterapia non si possano ottenere risultati ottimi, a volte spettacolari. Un buon punto di partenza per capire che strada prendere sono i link che le hanno fornito le colleghe, al quale può aggiungere questo:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html
Qui troverà le cose di base che qualsiasi terapia dovrebbe darle. Legga, faccia ricerche, qualche telefonata e poi se crede fissi un appuntamento con il professionista che l'avrà convinta di più.
Se poi non si troverà bene non sarà certo obbligato a continuare, potrà sempre cambiare.
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
Questo consulto ha ricevuto 9 risposte e 2.1k visite dal 29/10/2011.
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