Paura della morte e domande esistenziali
Gentili dottori,
innanzitutto grazie mille per questo servizio, anche soltanto leggendo le risposte alle altre richieste di consulto ho trovato sollievo.
Vengo al mio problema. E' da circa un mese che sono afflitta dalla paura della morte. Mi spiego: non dalla paura di morire da un momento all'altro, bensì dall'idea che prima o poi tutti dovremo lasciare questo mondo. A questa paura si aggiungono poi altre mille domande esistenziali: perché esistiamo? Che senso ha la vita? Dove andremo a finire? Penso a tutte le persone che sono state prima di noi, a quelle che verranno, e mi sembra che nulla abbia senso. Inoltre, intrappolata in questo rovello, mi pare di avere perso contatto con la mia quotidianità, con le cose e le persone che mi circondano. Sono credente, ma riesco a mettere in dubbio ogni cosa e non mi consola nessuna risposta. Sono terrorizzata dall'idea di non esistere più e anche dall'idea di eternità.
Sono consapevole dell'irrazionalità delle mie paure, dell'inutilità delle domande che mi pongo, ma non riesco a liberarmene. D'altronde, mi sono posta questo genere di interrogativi fin da bambina, ma era un pensiero della sera che spariva con il giorno, presa dalla vita. Adesso, invece, ne sono assillata, e mi sembra di non riuscire ad andare avanti con la mia vita, di non potere tornare alla spensieratezza di prima. Sono presa da questi pensieri anche quando sono in mezza alla gente. é un continuo rimuginare.
Gli ultimi tre anni sono stati molto difficili dal punto di vista lavorativo. Dopo una laurea a pieni voti e mille lavoretti fatti per avvantaggiarmi sugli altri miei coetanei, mi sono ritrovata disoccupata. Molte speranze sono andate deluse, diversi progetti intrapresi non hanno avuto buon esito. Ho allora deciso di prendere una seconda laurea, e nel mese di agosto, rinunciando alle vacanze, mi sono chiusa in casa per lavorare alla tesi. E' in questo periodo che questi pensieri hanno cominciato ad insinuarsi, prima come una sorta di presentimento negativo, poi sempre più disturbanti, fino a tenermi sveglia la notte, a impedirmi di concentrarmi su qualsiasi altra cosa.
Cosa posso fare? Lo psicologo potrebbe aiutarmi? Ne ho parlato con i miei e con il mio fidanzato. Tutti sono stati molto comprensivi, ma, al di là di invitarmi allo svago, non sanno come aiutarmi. Io non voglio vivere così, desidero fortemente tornare a progettare a breve termine, e mi sembra di non riuscirci più, persa dietro a questi interrogativi ai quali nessuno potrà mai dare risposta.
Grazie mille davvero
innanzitutto grazie mille per questo servizio, anche soltanto leggendo le risposte alle altre richieste di consulto ho trovato sollievo.
Vengo al mio problema. E' da circa un mese che sono afflitta dalla paura della morte. Mi spiego: non dalla paura di morire da un momento all'altro, bensì dall'idea che prima o poi tutti dovremo lasciare questo mondo. A questa paura si aggiungono poi altre mille domande esistenziali: perché esistiamo? Che senso ha la vita? Dove andremo a finire? Penso a tutte le persone che sono state prima di noi, a quelle che verranno, e mi sembra che nulla abbia senso. Inoltre, intrappolata in questo rovello, mi pare di avere perso contatto con la mia quotidianità, con le cose e le persone che mi circondano. Sono credente, ma riesco a mettere in dubbio ogni cosa e non mi consola nessuna risposta. Sono terrorizzata dall'idea di non esistere più e anche dall'idea di eternità.
Sono consapevole dell'irrazionalità delle mie paure, dell'inutilità delle domande che mi pongo, ma non riesco a liberarmene. D'altronde, mi sono posta questo genere di interrogativi fin da bambina, ma era un pensiero della sera che spariva con il giorno, presa dalla vita. Adesso, invece, ne sono assillata, e mi sembra di non riuscire ad andare avanti con la mia vita, di non potere tornare alla spensieratezza di prima. Sono presa da questi pensieri anche quando sono in mezza alla gente. é un continuo rimuginare.
Gli ultimi tre anni sono stati molto difficili dal punto di vista lavorativo. Dopo una laurea a pieni voti e mille lavoretti fatti per avvantaggiarmi sugli altri miei coetanei, mi sono ritrovata disoccupata. Molte speranze sono andate deluse, diversi progetti intrapresi non hanno avuto buon esito. Ho allora deciso di prendere una seconda laurea, e nel mese di agosto, rinunciando alle vacanze, mi sono chiusa in casa per lavorare alla tesi. E' in questo periodo che questi pensieri hanno cominciato ad insinuarsi, prima come una sorta di presentimento negativo, poi sempre più disturbanti, fino a tenermi sveglia la notte, a impedirmi di concentrarmi su qualsiasi altra cosa.
Cosa posso fare? Lo psicologo potrebbe aiutarmi? Ne ho parlato con i miei e con il mio fidanzato. Tutti sono stati molto comprensivi, ma, al di là di invitarmi allo svago, non sanno come aiutarmi. Io non voglio vivere così, desidero fortemente tornare a progettare a breve termine, e mi sembra di non riuscirci più, persa dietro a questi interrogativi ai quali nessuno potrà mai dare risposta.
Grazie mille davvero
[#1]
Gentile Amica,
se ho capito bene lei in agosto ha lavorato alla seconda tesi ed è quindi in procinto di conseguire la seconda laurea, che nei suoi desideri e nelle sue speranze dovrebbe servirle ad uscire dalla situazione di stallo che ci ha descritto e che purtroppo è condivisa da moltissimi giovani laureati.
Se i pensieri che ci ha riferito si sono presentati in questo contesto penso che si possa ipotizzare che dipendano effettivamente dall'angoscia per il futuro che immagino lei provi al pensiero che le manca la certezza che due lauree le servano più di una per trovare lavoro.
Questo può essere sicuramente fonte di grande stress, e finchè non ricomincerà a cercare lavoro non saprà se e quanto le sue prospettive sono cambiate in positivo - cosa che le auguro sentitamente.
Cosa si sta aspettando dal futuro?
se ho capito bene lei in agosto ha lavorato alla seconda tesi ed è quindi in procinto di conseguire la seconda laurea, che nei suoi desideri e nelle sue speranze dovrebbe servirle ad uscire dalla situazione di stallo che ci ha descritto e che purtroppo è condivisa da moltissimi giovani laureati.
Se i pensieri che ci ha riferito si sono presentati in questo contesto penso che si possa ipotizzare che dipendano effettivamente dall'angoscia per il futuro che immagino lei provi al pensiero che le manca la certezza che due lauree le servano più di una per trovare lavoro.
Questo può essere sicuramente fonte di grande stress, e finchè non ricomincerà a cercare lavoro non saprà se e quanto le sue prospettive sono cambiate in positivo - cosa che le auguro sentitamente.
Cosa si sta aspettando dal futuro?
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#2]
Utente
Gentile dott.ssa Massaro,
effettivamente, quando ho preso la decisione di conseguire una seconda laurea ho commesso un errore di valutazione, credendo che mi avrebbe aperto nuove porte e non mi sarebbe costata troppa fatica.
Invece, mi sono ritrovata a fare grandi sacrifici per studiare, non più sostenuta da una motivazione forte, anzi via via sempre più convinta di stare buttando il mio tempo.
Tra le altre cose, in quest'ultimo periodo sto pure un po' mettendo da parte le aspirazioni professionali che mi avevano condotto a fare certi studi, alla ricerca di un'occupazione qualsiasi, purché retribuita.
Ora, però, desidero soltanto uscire da questo rovello in cui sono finita. Liberarmi di quest'ansia e di questi pensieri sciocchi e orribili.
Al di là del lavoro, ci sono nella mia vita molte cose e persone meravigliose, e vorrei tornare a goderne.
Che strada devo intraprendere per farlo?
Grazie per la risposta
effettivamente, quando ho preso la decisione di conseguire una seconda laurea ho commesso un errore di valutazione, credendo che mi avrebbe aperto nuove porte e non mi sarebbe costata troppa fatica.
Invece, mi sono ritrovata a fare grandi sacrifici per studiare, non più sostenuta da una motivazione forte, anzi via via sempre più convinta di stare buttando il mio tempo.
Tra le altre cose, in quest'ultimo periodo sto pure un po' mettendo da parte le aspirazioni professionali che mi avevano condotto a fare certi studi, alla ricerca di un'occupazione qualsiasi, purché retribuita.
Ora, però, desidero soltanto uscire da questo rovello in cui sono finita. Liberarmi di quest'ansia e di questi pensieri sciocchi e orribili.
Al di là del lavoro, ci sono nella mia vita molte cose e persone meravigliose, e vorrei tornare a goderne.
Che strada devo intraprendere per farlo?
Grazie per la risposta
[#3]
Penso che si possa trattare di un problema temporaneo, legato alla transizione che sta vivendo e al ridimensionamento delle aspettative per il futuro.
Non so quanto questo ridimensionamento sia realistico, o se sia dettato piuttosto dal pessimismo e dallo stato d'animo che si è creato in lei a causa della fatica inaspettata che ha dovuto affrontare per conseguire la seconda laurea.
Posso chiederle di quali lauree si tratta?
Non so quanto questo ridimensionamento sia realistico, o se sia dettato piuttosto dal pessimismo e dallo stato d'animo che si è creato in lei a causa della fatica inaspettata che ha dovuto affrontare per conseguire la seconda laurea.
Posso chiederle di quali lauree si tratta?
[#4]
Utente
Certo. La prima laurea è in Scienze della Comunicazione, la seconda in Filosofia. Conseguendo il primo titolo avrei voluto lavorare, come in parte avevo già fatto da studentessa, in giornali o case editrici. Considerato il panorama sconsolante con cui mi sono confrontata, ho poi deciso di studiare Filosofia (avevo già fatto molti esami convalidabili) per avere una possibilità nel campo dell'insegnamento, che però non mi interessa più di tanto ed è inoltre un settore già molto "affollato".
Grazie ancora per avere risposto alle mie domande
Grazie ancora per avere risposto alle mie domande
[#5]
Probabilmente la sua laurea in Scienze della Comunicazione può essere sfruttata in diversi ambiti, e non solo in quello dell'editoria.
Ha pensato anche a delle alternative?
La laurea in Filosofia in tempi recenti è stata un requisito piuttosto apprezzato dalle aziende, per la cultura e la capacità di ragionamento che consente di sviluppare, e penso che lo sia anche adesso.
Sta cercando lavoro?
Ha pensato anche a delle alternative?
La laurea in Filosofia in tempi recenti è stata un requisito piuttosto apprezzato dalle aziende, per la cultura e la capacità di ragionamento che consente di sviluppare, e penso che lo sia anche adesso.
Sta cercando lavoro?
[#6]
Utente
Sì, ma con scarsa determinazione e zero riscontri.
Grazie, comunque, per avermi invitato a riflettere su questo aspetto della mia vita. Forse, la chiave per mettere a tacere questi pensieri si trova propria qui.
Spero davvero di venirne fuori perché questo continuo pensare alle questioni ultime non mi lascia vivere tranquilla. Vorrei con tutta me stessa trovare una strada per riprendere in mano la mia vita.
grazie ancora
Grazie, comunque, per avermi invitato a riflettere su questo aspetto della mia vita. Forse, la chiave per mettere a tacere questi pensieri si trova propria qui.
Spero davvero di venirne fuori perché questo continuo pensare alle questioni ultime non mi lascia vivere tranquilla. Vorrei con tutta me stessa trovare una strada per riprendere in mano la mia vita.
grazie ancora
[#7]
Spero di averle dato degli spunti utili, ma se si rendesse conto di non riuscire a superare l'impasse sarebbe meglio che chiedesse un consulto anche di persona per farsi aiutare a ritrovare la fiducia in sè stessa e nelle sue capacità, il che è un ingrediente necessario per trovare la propria strada nella vita.
Se vuole ci aggiorni sulle novità, le faccio tanti auguri.
Se vuole ci aggiorni sulle novità, le faccio tanti auguri.
[#8]
Utente
Gentile dott.ssa Massaro,
approfitto ancora, e mi perdoni, della sua gentilezza.
Venerdì pomeriggio sono stata da una psicologa che mi è stata suggerita dal mio medico curante, del quale mi fido molto. La dottoressa crede che si tratti di un disturbo ossessivo, affrontabile e gestibile, ma con molta pazienza. Mi ha spiegato che questi pensieri mi si sono in un certo senso "attaccati addosso" e che per staccarli devo lasciarmi guidare e accettare di non potere fare affidamento soltanto su me stessa. Secondo lei, dipendono anche da una mia difficoltà a gestire l'incertezza e da una forte rigidità. D'accordo con il mio medico di base, mi ha poi suggerito di assumere dell'alprazolam, utile a sostenermi soltanto in questa fase molto acuta.
Dopo il colloquio e con l'aiuto dell'ansiolitoco, va un po' meglio. Anche se i pensieri restano, come un rumore di fondo costante, una consapevolezza amara che mi porto dietro in ogni istante. A volte, prendono il sopravvento e mi fanno soffrire, in altri casi riesco a tenerli a bada. Putroppo, non scompaiono mai.
Nè il medico nè la psicologa vogliono dirmi quanto tempo ci vorrà perché io torni alla normalità. Mi suggeriscono di essere fiduciosa e credono che, una volta passata la tempesta, sarò più forte e meglio attrezzata ad affrontare la vita. Cerco di essere ottimista, anche se in certi momenti mi coglie lo sconforto.
La psicologa vuole rivedermi tra una settimana per confermare la sua ipotesi ed eventualmente definire un percorso terapeutico.
Mi piacerebbe avere anche una sua opinione. Cosa ne pensa?
Grazie mille per la pazienza, l'attenzione e la disponibilità
approfitto ancora, e mi perdoni, della sua gentilezza.
Venerdì pomeriggio sono stata da una psicologa che mi è stata suggerita dal mio medico curante, del quale mi fido molto. La dottoressa crede che si tratti di un disturbo ossessivo, affrontabile e gestibile, ma con molta pazienza. Mi ha spiegato che questi pensieri mi si sono in un certo senso "attaccati addosso" e che per staccarli devo lasciarmi guidare e accettare di non potere fare affidamento soltanto su me stessa. Secondo lei, dipendono anche da una mia difficoltà a gestire l'incertezza e da una forte rigidità. D'accordo con il mio medico di base, mi ha poi suggerito di assumere dell'alprazolam, utile a sostenermi soltanto in questa fase molto acuta.
Dopo il colloquio e con l'aiuto dell'ansiolitoco, va un po' meglio. Anche se i pensieri restano, come un rumore di fondo costante, una consapevolezza amara che mi porto dietro in ogni istante. A volte, prendono il sopravvento e mi fanno soffrire, in altri casi riesco a tenerli a bada. Putroppo, non scompaiono mai.
Nè il medico nè la psicologa vogliono dirmi quanto tempo ci vorrà perché io torni alla normalità. Mi suggeriscono di essere fiduciosa e credono che, una volta passata la tempesta, sarò più forte e meglio attrezzata ad affrontare la vita. Cerco di essere ottimista, anche se in certi momenti mi coglie lo sconforto.
La psicologa vuole rivedermi tra una settimana per confermare la sua ipotesi ed eventualmente definire un percorso terapeutico.
Mi piacerebbe avere anche una sua opinione. Cosa ne pensa?
Grazie mille per la pazienza, l'attenzione e la disponibilità
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E' stata un'ottima decisione quella di non perdere tempo e contattare subito una psicologa, che le ha dato la buona notizia che il suo problema è tranquillamente affrontabile.
E' normale che non si sia parlato di tempi, perchè non è possibile prevedere come evolverà una situazione dal momento che ci sono tantissimi fattori in gioco.
A volte per risolvere occorre più tempo di quello che si sarebbe potuto pensare, altre invece nella persona avviene velocemente un cambiamento che le permette di riassestarsi e trovare un nuovo equilibrio.
Medico e psicologa hanno fatto bene a sottolineare l'importanza del suo atteggiamento e delle sue aspettative riguardo al trattamento, perchè non c'è niente di peggio che accostarsi ad un percorso psicologico pensando che non servirà a nulla (il ruolo delle asepttative in Psicologia e in Medicina è ben illustrato dai due effetti "placebo" e "nocebo" e dalla vastissima letteratura sull'argomento).
Ad ogni modo avere qualche dubbio è normale e comprensibile, quando ci si accosta ad un'esperienza nuova e sconosciuta, quindi finchè non avrà capito bene chi è la dottoressa e cosa farete assieme potrà esserci in lei qualche innocua perplessità che scomparirà non appena avrete stabilito una salda alleanza terapeutica.
E' normale che non si sia parlato di tempi, perchè non è possibile prevedere come evolverà una situazione dal momento che ci sono tantissimi fattori in gioco.
A volte per risolvere occorre più tempo di quello che si sarebbe potuto pensare, altre invece nella persona avviene velocemente un cambiamento che le permette di riassestarsi e trovare un nuovo equilibrio.
Medico e psicologa hanno fatto bene a sottolineare l'importanza del suo atteggiamento e delle sue aspettative riguardo al trattamento, perchè non c'è niente di peggio che accostarsi ad un percorso psicologico pensando che non servirà a nulla (il ruolo delle asepttative in Psicologia e in Medicina è ben illustrato dai due effetti "placebo" e "nocebo" e dalla vastissima letteratura sull'argomento).
Ad ogni modo avere qualche dubbio è normale e comprensibile, quando ci si accosta ad un'esperienza nuova e sconosciuta, quindi finchè non avrà capito bene chi è la dottoressa e cosa farete assieme potrà esserci in lei qualche innocua perplessità che scomparirà non appena avrete stabilito una salda alleanza terapeutica.
Questo consulto ha ricevuto 9 risposte e 5.6k visite dal 26/09/2011.
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