Ansia senza il terapeuta
Tempo fa postai un consulto nel quale manifestavo il mio disagio a causa di un forte attaccamento nei confronti del mio terapeuta, chiamiamolo transfer o come vogliamo, certo è che la situazione mi faceva star male.
Grazie anche ai vostri consigli, capii che era inutile tacere la mia condizione e gli manifestai i miei "sentimenti" nei suo confronti.
Una volta liberatami, mi sono sentita come se mi fossi tolta un gran peso ed ho cominciato a rendermi conto delle gravi mancanze del mio dottore. Non avevamo mai avuto un ottimo rapporto empatico, io mi sentivo giudicata da lui e pur essendo molto professionale lo avvertivo distaccato e freddo.
Gli chiesi se era il caso di continuare e riportandovi un pezzo del mio precedente post: Sono venute fuori una serie di cose, mi ha detto che si è reso conto di essersi approcciato male a me, che la questione era cristallina e avremmo dovuto affrontarla prima. Inoltre aveva parlato di me in supervisione ( nemmeno so cos'è 'sta supervisione) e che da parte sua la terapia è stato un momento troppo coinvolgente. ( Mah, a me è sempre parso che non gliene importasse una cippa)
Ha concluso con " Un giorno a mente fredda ci prendiamo un caffè e ci salutiamo per bene. Al massimo ti offro una cena, tanto praticamente te la offri tu.
Ho avvertito queste sue parole come una grande presa in giro ed un ulteriore senso di disagio mi ha investita e sono stata felice di chiudere il rapporto.
Insomma, gli ho pagato le sedute ed è finita lì. Non l'ho più sentito.
I primi giorni sono stata bene, poi sono andata in vacanza ed ho cominciato a pensare a lui di nuovo. Ma piano piano ho cercato di calmarmi.
Da 10 giorni sono tornata a Roma e sono investita da un fortissimo senso di ansia, ed ho costantemente in testa il fatto che non lo vedrò più.
Non è innamoramento in questo momento, diciamo che adesso lo vedo come una specie di ancora, qualcosa che mi teneva in piedi, che mi dava sicurezza.
La sua assenza mi fa male perché mi sento sola e sento di aver perso un aiuto.
Non ho nessuna intenzione di ritornare a far terapia con lui, ma nel contempo ho paura di far terapia con altri.
Non me ne vogliate, ma sto avendo paura della categoria.
So che sono io il problema e non lui, so che sta tutto nella mia testa, ma il suo comportamento ha influito e non mi fido più.
Inoltre non voglio correre il rischio di andare da un altro terapeuta e correre di nuovo il rischio di invaghirmi.
Non so cosa fare, non ce la faccio più con quest'ansia ( che è il motivo per cui ho cominciato la terapia, e non ho cavato un ragno dal buco) sto sempre peggio e non so che fare.
Sono stanca di tutto, sono stanca degli ansiolitici, stanca delle fisime, stanca delle palpitazioni, stanca di non dormire bene... io voglio vivere... non ce la faccio più...
grazie per aver letto questo sfogo...
Grazie anche ai vostri consigli, capii che era inutile tacere la mia condizione e gli manifestai i miei "sentimenti" nei suo confronti.
Una volta liberatami, mi sono sentita come se mi fossi tolta un gran peso ed ho cominciato a rendermi conto delle gravi mancanze del mio dottore. Non avevamo mai avuto un ottimo rapporto empatico, io mi sentivo giudicata da lui e pur essendo molto professionale lo avvertivo distaccato e freddo.
Gli chiesi se era il caso di continuare e riportandovi un pezzo del mio precedente post: Sono venute fuori una serie di cose, mi ha detto che si è reso conto di essersi approcciato male a me, che la questione era cristallina e avremmo dovuto affrontarla prima. Inoltre aveva parlato di me in supervisione ( nemmeno so cos'è 'sta supervisione) e che da parte sua la terapia è stato un momento troppo coinvolgente. ( Mah, a me è sempre parso che non gliene importasse una cippa)
Ha concluso con " Un giorno a mente fredda ci prendiamo un caffè e ci salutiamo per bene. Al massimo ti offro una cena, tanto praticamente te la offri tu.
Ho avvertito queste sue parole come una grande presa in giro ed un ulteriore senso di disagio mi ha investita e sono stata felice di chiudere il rapporto.
Insomma, gli ho pagato le sedute ed è finita lì. Non l'ho più sentito.
I primi giorni sono stata bene, poi sono andata in vacanza ed ho cominciato a pensare a lui di nuovo. Ma piano piano ho cercato di calmarmi.
Da 10 giorni sono tornata a Roma e sono investita da un fortissimo senso di ansia, ed ho costantemente in testa il fatto che non lo vedrò più.
Non è innamoramento in questo momento, diciamo che adesso lo vedo come una specie di ancora, qualcosa che mi teneva in piedi, che mi dava sicurezza.
La sua assenza mi fa male perché mi sento sola e sento di aver perso un aiuto.
Non ho nessuna intenzione di ritornare a far terapia con lui, ma nel contempo ho paura di far terapia con altri.
Non me ne vogliate, ma sto avendo paura della categoria.
So che sono io il problema e non lui, so che sta tutto nella mia testa, ma il suo comportamento ha influito e non mi fido più.
Inoltre non voglio correre il rischio di andare da un altro terapeuta e correre di nuovo il rischio di invaghirmi.
Non so cosa fare, non ce la faccio più con quest'ansia ( che è il motivo per cui ho cominciato la terapia, e non ho cavato un ragno dal buco) sto sempre peggio e non so che fare.
Sono stanca di tutto, sono stanca degli ansiolitici, stanca delle fisime, stanca delle palpitazioni, stanca di non dormire bene... io voglio vivere... non ce la faccio più...
grazie per aver letto questo sfogo...
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Psicologo, Psicoterapeuta
>>Inoltre non voglio correre il rischio di andare da un altro terapeuta e correre di nuovo il rischio di invaghirmi.
Gentile ragazza, mi sembra che la questione si snodi lungo l'asse "bisogno/paura della dipendenza".
Premetto che non tutti i modelli di psicoterapia sono eguali: tutti o quasi tutti considerano fondamentale un rapporto empatico con l'utenza, ma si differenziano abbastanza per il ruolo che l'utente ha nel processo terapeutico.
In Terapia cognitivo-Comportamentale, ad esempio, si parla di "empirismo collaborativo": utente e terapeuta sono alleati che collaborano strettamente nella scoperta empirica e nella modificazione di abitudini e modi di pensare dell'utente, al fine di trovarne di nuovi e più funzionali.
Questo avviene con grande responsabilizzazione dell'utente, che ha un ruolo molto attivo (diciamo pure da protagonista) e "fatica" parecchio (sono previste prescrizioni per casa, da svolgersi tra una seduta e l'altra).
Esistono parecchi altri modelli, per cui le segnalo un articolo scritto a più mani in cui spieghiamo le differenze tra i più diffusi:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Se in una relazione terapeutica viene meno la fiducia e la "giusta distanza", e se non è recuperabile, meglio chiudere serenamente, come avete fatto voi. Questo non vuol dire che andrà per forza così in altri percorsi; anzi, può essere utile riflettere fin dall'inizio su questo aspetto e, se deciderà di contattare un altro specialista, informarlo per tempo della sua precedente esperienza.
Cordialmente
Gentile ragazza, mi sembra che la questione si snodi lungo l'asse "bisogno/paura della dipendenza".
Premetto che non tutti i modelli di psicoterapia sono eguali: tutti o quasi tutti considerano fondamentale un rapporto empatico con l'utenza, ma si differenziano abbastanza per il ruolo che l'utente ha nel processo terapeutico.
In Terapia cognitivo-Comportamentale, ad esempio, si parla di "empirismo collaborativo": utente e terapeuta sono alleati che collaborano strettamente nella scoperta empirica e nella modificazione di abitudini e modi di pensare dell'utente, al fine di trovarne di nuovi e più funzionali.
Questo avviene con grande responsabilizzazione dell'utente, che ha un ruolo molto attivo (diciamo pure da protagonista) e "fatica" parecchio (sono previste prescrizioni per casa, da svolgersi tra una seduta e l'altra).
Esistono parecchi altri modelli, per cui le segnalo un articolo scritto a più mani in cui spieghiamo le differenze tra i più diffusi:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Se in una relazione terapeutica viene meno la fiducia e la "giusta distanza", e se non è recuperabile, meglio chiudere serenamente, come avete fatto voi. Questo non vuol dire che andrà per forza così in altri percorsi; anzi, può essere utile riflettere fin dall'inizio su questo aspetto e, se deciderà di contattare un altro specialista, informarlo per tempo della sua precedente esperienza.
Cordialmente
[#2]
>>> Non ho nessuna intenzione di ritornare a far terapia con lui, ma nel contempo ho paura di far terapia con altri.
Non me ne vogliate, ma sto avendo paura della categoria.
>>>
Non gliene vogliamo, stia tranquilla, perché il problema non è della categoria, ma suo. Finché considererà la stanza del terapeuta come luogo privilegiato per lasciar sbocciare i sentimenti, continuerà a soffrire dello stesso problema.
Perciò la raccomandazione immediata è: vada pure in terapia, ma si faccia insegnare dal terapeuta come fare a frequentare persone e situazioni tali per cui possano nascere altrove dei sentimenti più promettenti e sani.
Inoltre tenga presente le raccomandazioni del collega Calì.
Cordiali saluti
Non me ne vogliate, ma sto avendo paura della categoria.
>>>
Non gliene vogliamo, stia tranquilla, perché il problema non è della categoria, ma suo. Finché considererà la stanza del terapeuta come luogo privilegiato per lasciar sbocciare i sentimenti, continuerà a soffrire dello stesso problema.
Perciò la raccomandazione immediata è: vada pure in terapia, ma si faccia insegnare dal terapeuta come fare a frequentare persone e situazioni tali per cui possano nascere altrove dei sentimenti più promettenti e sani.
Inoltre tenga presente le raccomandazioni del collega Calì.
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#3]
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile Utente
MI ricordo di Lei,il collega ha risposto bene sull'argomento non mi sento di aggiungere altro se non che:forse era inciampata nella versione sbagliata di una terapia psicodinamica,esitono tante terapie quanti sono i terapeuti.
Nella Gestalt,quello che succede nella sede del colloquio parlano di lei e dei suoi modi di contattare l'ambiente/le relazioni.
Quello che le è successo,abitualmente potrebbe far parte di Lei del suo modo di relazionarsi con il mondo,francamente il terapeuta l'avvrebbe potuto aiutarLa,e chi sa se anche questo in fine dei conti non sia un aiuto Ogni terapia dovrebbe mirare all'autosostegno altrimenti che psicoterapia è.
Della sua rabbia però non ci diece niente come mai?
Ci faccia sapere quali siano le sue obiezioni ci tengo particolaremente.
Un saluto
MI ricordo di Lei,il collega ha risposto bene sull'argomento non mi sento di aggiungere altro se non che:forse era inciampata nella versione sbagliata di una terapia psicodinamica,esitono tante terapie quanti sono i terapeuti.
Nella Gestalt,quello che succede nella sede del colloquio parlano di lei e dei suoi modi di contattare l'ambiente/le relazioni.
Quello che le è successo,abitualmente potrebbe far parte di Lei del suo modo di relazionarsi con il mondo,francamente il terapeuta l'avvrebbe potuto aiutarLa,e chi sa se anche questo in fine dei conti non sia un aiuto Ogni terapia dovrebbe mirare all'autosostegno altrimenti che psicoterapia è.
Della sua rabbia però non ci diece niente come mai?
Ci faccia sapere quali siano le sue obiezioni ci tengo particolaremente.
Un saluto
[#4]
Utente
Grazie a tutti per le risposte.
So perfettamente che purtroppo sono io a guidare la cosa, e non me la prendo certo col dottore, anzi, me la prendo con me stessa per la mia totale incapacità di star meglio.
Dott. Santonocito, non avrei alcun interesse a dirle idiozie, ma le assicuro che per me la terapia non è un luogo dove far sbocciare sentimenti. Al contrario, ho sempre avuto un idea molto "ospedaliera" della cosa, e mai mi sarei aspettata di dover affrontare una fissazione simile.
Può sembrare strano, ma sono una persona estremamente razionale e per il me il medico è un medico, stop, non sono mai andata lì con l'intenzione di trovare l'uomo della mia vita.
Uno studio non è per me un luogo privilegiato per la nascita di sentimenti, al contrario, prima di decidermi a consultare un terapeuta mi ci sono voluti mesi, perché non accettavo di essere talmente debole da non riuscire a risolvere autonomamente i miei problemi, le prime volte che andavo mi sentivo veramente sconfitta.
Io non voglio affatto innamorarmi o volergli bene, ho avuto ed ho relazioni amorose serenamente con persone " adeguate " ( mi si passi il termine) e mai e poi mai vorrei l'amore di un uomo che pago perché mi aiuti ad uscire dall'ansia.
Dottor Kazanxhi,
ricordo bene che parlammo della mia rabbia, e posso dirle solo che al momento è rivolta solo verso me stessa.
Non do' la colpa a nessuno se sto così, è solo colpa mia perché non riesco a reagire e anche volendo non saprei nemmeno cosa farlo.
Ho passato una vita a dare colpe ai miei genitori, ai miei amici, alle mie relazioni, al mondo intero, ed invece è solo colpa mia.
Io ero una persona forte, razionale, sicura di se stessa ( ero sicurissima di me stessa, la mia autostima era al top, mi volevo bene) e sentivo di poter fare tutto nella vita.
Oggi pagherei per stare ancora così, invece sono debole, odio quello che sono, odio non stare bene, odio non poter vivere serenbamente.
Sono arrabbiata si, perchè qualsiasi cosa faccia non va mai bene, qualsiasi cosa faccia non ne esco mai fuori, sono sempre debole e sempre ansiosa e qualsiasi cosa mi fa male.
Io non ero così.
Non ho paura dei medici, ho paura di me stessa, ho paura che con qualsiasi dottore andrò sarò una pessima paziente.
Grazie dell'attenzione, siete tutti molto gentili.
So perfettamente che purtroppo sono io a guidare la cosa, e non me la prendo certo col dottore, anzi, me la prendo con me stessa per la mia totale incapacità di star meglio.
Dott. Santonocito, non avrei alcun interesse a dirle idiozie, ma le assicuro che per me la terapia non è un luogo dove far sbocciare sentimenti. Al contrario, ho sempre avuto un idea molto "ospedaliera" della cosa, e mai mi sarei aspettata di dover affrontare una fissazione simile.
Può sembrare strano, ma sono una persona estremamente razionale e per il me il medico è un medico, stop, non sono mai andata lì con l'intenzione di trovare l'uomo della mia vita.
Uno studio non è per me un luogo privilegiato per la nascita di sentimenti, al contrario, prima di decidermi a consultare un terapeuta mi ci sono voluti mesi, perché non accettavo di essere talmente debole da non riuscire a risolvere autonomamente i miei problemi, le prime volte che andavo mi sentivo veramente sconfitta.
Io non voglio affatto innamorarmi o volergli bene, ho avuto ed ho relazioni amorose serenamente con persone " adeguate " ( mi si passi il termine) e mai e poi mai vorrei l'amore di un uomo che pago perché mi aiuti ad uscire dall'ansia.
Dottor Kazanxhi,
ricordo bene che parlammo della mia rabbia, e posso dirle solo che al momento è rivolta solo verso me stessa.
Non do' la colpa a nessuno se sto così, è solo colpa mia perché non riesco a reagire e anche volendo non saprei nemmeno cosa farlo.
Ho passato una vita a dare colpe ai miei genitori, ai miei amici, alle mie relazioni, al mondo intero, ed invece è solo colpa mia.
Io ero una persona forte, razionale, sicura di se stessa ( ero sicurissima di me stessa, la mia autostima era al top, mi volevo bene) e sentivo di poter fare tutto nella vita.
Oggi pagherei per stare ancora così, invece sono debole, odio quello che sono, odio non stare bene, odio non poter vivere serenbamente.
Sono arrabbiata si, perchè qualsiasi cosa faccia non va mai bene, qualsiasi cosa faccia non ne esco mai fuori, sono sempre debole e sempre ansiosa e qualsiasi cosa mi fa male.
Io non ero così.
Non ho paura dei medici, ho paura di me stessa, ho paura che con qualsiasi dottore andrò sarò una pessima paziente.
Grazie dell'attenzione, siete tutti molto gentili.
[#5]
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentilissima
La terapia è il luogo dove esprimere i sentimenti,se non che terapia è!
La sua rabbia la metterà in contatto con il mondo delle cose,rabbia aggressività sono i concetti che dovrebbe fare suoi.
Agg-redere significa andare avanti,il concetto di aggressività lo dovrebbe capire affondo,poichè è l'unica cosa attraverso cui lei possa masticare il cibo(metaforicamente parlando) se non avesse l'aggressività come affonderebbe i denti nel cibo,nella carne?
se non avvesse la rabbia come si prenderebbe il suo posto nel mondo?
Se non avvesse la rabbia come affronterebbe il mondo?
Un NO viene detto tramite la buona e sana aggressività.
La terapia l'avvrebbe dovuto prepararla anche a queste cose...
Un saluto
La terapia è il luogo dove esprimere i sentimenti,se non che terapia è!
La sua rabbia la metterà in contatto con il mondo delle cose,rabbia aggressività sono i concetti che dovrebbe fare suoi.
Agg-redere significa andare avanti,il concetto di aggressività lo dovrebbe capire affondo,poichè è l'unica cosa attraverso cui lei possa masticare il cibo(metaforicamente parlando) se non avesse l'aggressività come affonderebbe i denti nel cibo,nella carne?
se non avvesse la rabbia come si prenderebbe il suo posto nel mondo?
Se non avvesse la rabbia come affronterebbe il mondo?
Un NO viene detto tramite la buona e sana aggressività.
La terapia l'avvrebbe dovuto prepararla anche a queste cose...
Un saluto
[#6]
>>> Può sembrare strano, ma sono una persona estremamente razionale
>>>
>>> Ho passato una vita a dare colpe ai miei genitori, ai miei amici, alle mie relazioni, al mondo intero, ed invece è solo colpa mia.
>>>
Non è strano, perché l'estrema razionalità è sinonimo di rigidità. Ciò di cui lei ha bisogno non è di essere ancora più razionale, cioè più rigida, ma di esserlo di meno. Dare meno colpe, cercare meno cause e accettare di più.
>>> mai e poi mai vorrei l'amore di un uomo che pago perché mi aiuti ad uscire dall'ansia
>>>
Eppure, nella mia esperienza le donne che finiscono per sentire attrazione verso il terapeuta sono in genere persone rigide, di quelle che dicono "mai e poi mai".
Attenzione: non sto dicendo che lei lo faccia apposta, sto solo cercando di indicarle che probabilmente ciò di cui avrebbe bisogno non è una terapia che la spinga ad analizzare tutto, perché così facendo asseconderebbe la tendenza alla razionalità eccessiva, ma di una che l'abitui gradatamente a vedere le cose in modo diverso. In altre parole, che analizzi di meno e sperimenti di più.
Cordiali saluti
>>>
>>> Ho passato una vita a dare colpe ai miei genitori, ai miei amici, alle mie relazioni, al mondo intero, ed invece è solo colpa mia.
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Non è strano, perché l'estrema razionalità è sinonimo di rigidità. Ciò di cui lei ha bisogno non è di essere ancora più razionale, cioè più rigida, ma di esserlo di meno. Dare meno colpe, cercare meno cause e accettare di più.
>>> mai e poi mai vorrei l'amore di un uomo che pago perché mi aiuti ad uscire dall'ansia
>>>
Eppure, nella mia esperienza le donne che finiscono per sentire attrazione verso il terapeuta sono in genere persone rigide, di quelle che dicono "mai e poi mai".
Attenzione: non sto dicendo che lei lo faccia apposta, sto solo cercando di indicarle che probabilmente ciò di cui avrebbe bisogno non è una terapia che la spinga ad analizzare tutto, perché così facendo asseconderebbe la tendenza alla razionalità eccessiva, ma di una che l'abitui gradatamente a vedere le cose in modo diverso. In altre parole, che analizzi di meno e sperimenti di più.
Cordiali saluti
[#7]
Utente
Gentile dottor Kazanxhi,
la ringrazio molto ma evidentemente non sono molto in grado di veicolare la mia rabbia verso qualcosa di positivo.
Spero di riuscirci prima o poi.
Certo mi sembra che tutte le volte che ho espresso rabbia le persone accanto a me ne siano uscite abbastanza distrutte e non credo di voler ripetere l'esperienza, tant'è vero che oggi il mio massimo sfogo della rabbia non è un urlo o un litigio, ma un pianto isterico.
Grazie anche al dott. Santonocito, ammetto di aver capito bene la sua posizione in merito alla questione.
Proverò a farmi meno seghe mentali, per usare un termine medico.
Mi troverò uno psicologo e lo affronterò con un atteggiamento più positivo. Magari fidandomi di lui/lei.
Purtroppo ho il terribile difetto di voler controllare tutto, e non potendo controllare la terapia, nel senso che comunque è il dottore a gestirla, mi sento debole.
Non so come spiegarlo, diciamo che se sono in macchina con qualcuno, sto tranquilla solo se guido io ( non è la realtà eh, è solo un esempio... a questi livelli ancora non ci arrivo!)
Ma adesso basta.
Forse queste sono solo scuse.
Leggerò bene l'articolo consigliatomi dal dott. Calì e troverò un medico...
Piccolo particolare: sto per trasferirmi a Milano, quindi tocca trovarne uno lì, partendo da zero e non conoscendo nessuno a cui chiedere in merito... qualcosa ne verrà fuori.
Grazie a tutti.
la ringrazio molto ma evidentemente non sono molto in grado di veicolare la mia rabbia verso qualcosa di positivo.
Spero di riuscirci prima o poi.
Certo mi sembra che tutte le volte che ho espresso rabbia le persone accanto a me ne siano uscite abbastanza distrutte e non credo di voler ripetere l'esperienza, tant'è vero che oggi il mio massimo sfogo della rabbia non è un urlo o un litigio, ma un pianto isterico.
Grazie anche al dott. Santonocito, ammetto di aver capito bene la sua posizione in merito alla questione.
Proverò a farmi meno seghe mentali, per usare un termine medico.
Mi troverò uno psicologo e lo affronterò con un atteggiamento più positivo. Magari fidandomi di lui/lei.
Purtroppo ho il terribile difetto di voler controllare tutto, e non potendo controllare la terapia, nel senso che comunque è il dottore a gestirla, mi sento debole.
Non so come spiegarlo, diciamo che se sono in macchina con qualcuno, sto tranquilla solo se guido io ( non è la realtà eh, è solo un esempio... a questi livelli ancora non ci arrivo!)
Ma adesso basta.
Forse queste sono solo scuse.
Leggerò bene l'articolo consigliatomi dal dott. Calì e troverò un medico...
Piccolo particolare: sto per trasferirmi a Milano, quindi tocca trovarne uno lì, partendo da zero e non conoscendo nessuno a cui chiedere in merito... qualcosa ne verrà fuori.
Grazie a tutti.
[#9]
>>> Purtroppo ho il terribile difetto di voler controllare tutto
>>>
Infatti è proprio quella tendenza che deve curare. È a quello che mi riferivo quando parlavo di rigidità. Nelle terapie attive come la breve strategica sta al terapeuta guidare la terapia senza dare al paziente l'impressione di essere guidato, ma anzi di essere lui a farlo.
Cordiali saluti
>>>
Infatti è proprio quella tendenza che deve curare. È a quello che mi riferivo quando parlavo di rigidità. Nelle terapie attive come la breve strategica sta al terapeuta guidare la terapia senza dare al paziente l'impressione di essere guidato, ma anzi di essere lui a farlo.
Cordiali saluti
Questo consulto ha ricevuto 9 risposte e 2.3k visite dal 30/08/2011.
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.