Ptsd bambino
Buongiorno, mio figlio (5 anni) ha avuto 10 gg fa un trauma alla lingua causato da una caduta che ha comportato l'applicazione al pronto soccorso di 5 punti di sutura con anestesia locale. Il piccolo per le 36 ore successive non si e' alimentato ne' ha bevuto e a causa di vomito continuo ci ha costratti a tornare al pronto soccorso con conseguente ricovero per la gestione della disidratazione.
Allo stato pero', pur avendo risolto i problemi clinici, si rifiuta di parlare, bere e mangiare ricorrendo per il sostentamento esclusivaemnte alle flebo endovena. Il supporto psicologico ricevuto in ospedale, solo 2 incontri brevissimi e non con il piccolo ci sembra insufficiente, nessuna terapia ci e' stata proposta ne di supporto continuo. Alla luce del suo rifiuto, in parte comprensibile visto il trauma, nell'aprire la bocca per qualsiasi funzione e nel deglutire (funzioni che attiva nel sonno e di fronte al dolore per una puntura ad esempio) anche se genitori razionali e pazienti ovviamente siamo presi dallo sconforto e dal timore che il trascorrere del tempo senza progressi e senza una strada maestra chiara da seguire possa condurci a perdere preziose opportunita' di risoluzione.
Vorremmo chiedervi un supporto operativo concreto, una terapia seppur generale da seguire per sbloccarlo, se esistono casi similari con cui confrontarsi per trarne spunto, se esiste a Napoli o in prossimita' una struttura specialistica capace di aiutarci o quale che sia la migliore in Italia.
Ripeto desideriamo non lasciar piu' trascorrere del tempo inoperosi in attesa che ns. figlio continui a deperirsi e si abbandoni ulteriormente.
Premetto che il carattere del bimbo e' molto socievole e forte.
Allo stato pero', pur avendo risolto i problemi clinici, si rifiuta di parlare, bere e mangiare ricorrendo per il sostentamento esclusivaemnte alle flebo endovena. Il supporto psicologico ricevuto in ospedale, solo 2 incontri brevissimi e non con il piccolo ci sembra insufficiente, nessuna terapia ci e' stata proposta ne di supporto continuo. Alla luce del suo rifiuto, in parte comprensibile visto il trauma, nell'aprire la bocca per qualsiasi funzione e nel deglutire (funzioni che attiva nel sonno e di fronte al dolore per una puntura ad esempio) anche se genitori razionali e pazienti ovviamente siamo presi dallo sconforto e dal timore che il trascorrere del tempo senza progressi e senza una strada maestra chiara da seguire possa condurci a perdere preziose opportunita' di risoluzione.
Vorremmo chiedervi un supporto operativo concreto, una terapia seppur generale da seguire per sbloccarlo, se esistono casi similari con cui confrontarsi per trarne spunto, se esiste a Napoli o in prossimita' una struttura specialistica capace di aiutarci o quale che sia la migliore in Italia.
Ripeto desideriamo non lasciar piu' trascorrere del tempo inoperosi in attesa che ns. figlio continui a deperirsi e si abbandoni ulteriormente.
Premetto che il carattere del bimbo e' molto socievole e forte.
[#1]
La diagnosi di Ptsd vi è stata fatta in ospedale dallo psicologo che ha seguito il bambino?
Due soli incontri potrebbero essere insufficienti a sbloccare il problema, anche tenendo conto che se si è trattato di un sostegno, è cosa diversa dalla psicoterapia.
Dovreste cercare uno psicologo psicoterapeuta che segua possibilmente un approccio adatto ai disturbi d'ansia, come quello breve strategico o quello cognitivo-comportamentale. È importante che anche voi seguiate le indicazioni che il terapeuta vi darà, perché a 5 anni il piccolo non è un individuo autonomo e le sue reazioni e comportamenti dipendono fortemente da ciò che fanno i genitori.
Quindi nel frattempo dovreste cercare di mantenere la calma, per non trasmettere ansia al bambino. L'alimentazione via flebo è necessaria nell'emergenza, ma è chiaro che non potrà continuare così, non solo perché non sarebbe normale, ma anche perché più va avanti e più rischia d'instaurare una forma di "dipendenza" nel bambino, colludendo con la sua paura ad alimentarsi normalmente.
Potete fare una ricerca su liste di professionisti liberamente disponibili, come quella degli iscritti a questo sito:
https://www.medicitalia.it/specialisti/psicologia/
oppure informandovi presso l'Ordine degli Psicologi Psicoterapeuti della vostra regione:
www.psicamp.it
Cordiali saluti
Due soli incontri potrebbero essere insufficienti a sbloccare il problema, anche tenendo conto che se si è trattato di un sostegno, è cosa diversa dalla psicoterapia.
Dovreste cercare uno psicologo psicoterapeuta che segua possibilmente un approccio adatto ai disturbi d'ansia, come quello breve strategico o quello cognitivo-comportamentale. È importante che anche voi seguiate le indicazioni che il terapeuta vi darà, perché a 5 anni il piccolo non è un individuo autonomo e le sue reazioni e comportamenti dipendono fortemente da ciò che fanno i genitori.
Quindi nel frattempo dovreste cercare di mantenere la calma, per non trasmettere ansia al bambino. L'alimentazione via flebo è necessaria nell'emergenza, ma è chiaro che non potrà continuare così, non solo perché non sarebbe normale, ma anche perché più va avanti e più rischia d'instaurare una forma di "dipendenza" nel bambino, colludendo con la sua paura ad alimentarsi normalmente.
Potete fare una ricerca su liste di professionisti liberamente disponibili, come quella degli iscritti a questo sito:
https://www.medicitalia.it/specialisti/psicologia/
oppure informandovi presso l'Ordine degli Psicologi Psicoterapeuti della vostra regione:
www.psicamp.it
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#3]
Buonasera, prima di tutto il ptsd è un disturbo molto raro fortunatamente e nei bambini ancora di più, nella mia esperienza ormai più che decennale in psicologia dell'emergenza non mi ci sono mai imbattuta personalmente.
Che il bimbo si sia spaventato è indubbio a cinque anni cadere, farsi male, vedere intorno a sè le persone care preoccupate, andare al pronto soccorso e vivere una esperienza così diversa e frenetica creerebbe qualche difficoltà ad un adulto figuriamoci ad un piccolo!
Quello che potete fare adesso passato il momento critico è normalizzare l'accaduto, spiegando magari come si sono svolti i fatti in modo comprensibile per lui, rispondendo con sincerità alle sue eventuali domande e spiegandogli che avere paura in determinati frangenti è normale.
Una volta spiegato tutto questo con i bambini solitamente si procede trascurando le paure e gli elementi negativi ed accentuando le positività e le unicità dell'evento, "sei stato coraggioso ad affrontare tutto questo", "pensa sei il primo dei tuoi amichetti che è stato al pronto soccorso e a cui hanno messo dei punti e ti sei comportato da bravo bambino", e via dicendo. A questo punto il bimbo percepisce l'unicità e la particolarità dell'esperienza vissuta mettendo in secondo piano la parte negativa.
Se il comportamento dovesse continuare allora è necessario che consultiate il suo pediatra o uno specialista.
A presto e ci faccia sapere come procede.
Che il bimbo si sia spaventato è indubbio a cinque anni cadere, farsi male, vedere intorno a sè le persone care preoccupate, andare al pronto soccorso e vivere una esperienza così diversa e frenetica creerebbe qualche difficoltà ad un adulto figuriamoci ad un piccolo!
Quello che potete fare adesso passato il momento critico è normalizzare l'accaduto, spiegando magari come si sono svolti i fatti in modo comprensibile per lui, rispondendo con sincerità alle sue eventuali domande e spiegandogli che avere paura in determinati frangenti è normale.
Una volta spiegato tutto questo con i bambini solitamente si procede trascurando le paure e gli elementi negativi ed accentuando le positività e le unicità dell'evento, "sei stato coraggioso ad affrontare tutto questo", "pensa sei il primo dei tuoi amichetti che è stato al pronto soccorso e a cui hanno messo dei punti e ti sei comportato da bravo bambino", e via dicendo. A questo punto il bimbo percepisce l'unicità e la particolarità dell'esperienza vissuta mettendo in secondo piano la parte negativa.
Se il comportamento dovesse continuare allora è necessario che consultiate il suo pediatra o uno specialista.
A presto e ci faccia sapere come procede.
Dr.ssa Raffaella Buzzi, psicologa - psicoterapeuta
www.buraf.it
[#4]
Utente
Vorrei prima di ogni altra cosa, ringraziare i 3 dottori che hanno cortesemente risposto al mio quesito cui cerchero' di seguito di fornire i chiarimenti richiesti.
In primo luogo ovviamente abbiamo cercato di contattare il suo pediatra, ma sfortunatamente fino ad oggi non ci siamo riusciti in quanto e' in ferie e cell staccato (trattasi di medico della mutua) e non ci sembra utile rivolgerci al sostituto che non conosce il piccolo.
Ci hanno consigliato di tornare a casa e provare a sbloccare nell'ambiente familiare la sua reticenza nell'alimentarsi e nel parlare (ma avremo solo 48 ore al max per non ricadere nel rischio della disidratazione visto anche il caldo) se devesse ostinarsi ancora a non bere. Dovremo mantenere la calma e comportarci con normalita' senza trasmettegli ansia e pressione per il suo nutrimento, offrire quanto necessario e lasciarlo libero, lasciarlo scegliere. Abbiamo incontrato i neuropsichiatri che ci hanno proposto una terapia ambulatoriale che parta prima da noi genitori e subito dopo coinvolgendo il piccolo ma .... il problema e' duplice: A) riduzione del personale con l'approssimarsi del periodo di ferie; B) L'unica struttura in Campania che dispone di un reparto cui si possa associare il ricovero (cautelativo) e la terapia necessaria e continuativa chiude dal 20 luglio per riaprire a settembre. Che dire ...... incrocio le dita e prego che l'esperimeno domestico porti i frutti positivi sperati anche se lentamente, basterebbe decidesse almeno di bere. Da cittadino devo pero' riflettere perche' un certo tipo di assistenza specifica deve essere garantita ovunque e comunque, il mio sara' pure un caso particolare raro ma questo non puo' costringere una famiglia a fare tentativi .... , forse tutti avremmo diritto e bisogno a ricevere qualche certezza in piu'.
In primo luogo ovviamente abbiamo cercato di contattare il suo pediatra, ma sfortunatamente fino ad oggi non ci siamo riusciti in quanto e' in ferie e cell staccato (trattasi di medico della mutua) e non ci sembra utile rivolgerci al sostituto che non conosce il piccolo.
Ci hanno consigliato di tornare a casa e provare a sbloccare nell'ambiente familiare la sua reticenza nell'alimentarsi e nel parlare (ma avremo solo 48 ore al max per non ricadere nel rischio della disidratazione visto anche il caldo) se devesse ostinarsi ancora a non bere. Dovremo mantenere la calma e comportarci con normalita' senza trasmettegli ansia e pressione per il suo nutrimento, offrire quanto necessario e lasciarlo libero, lasciarlo scegliere. Abbiamo incontrato i neuropsichiatri che ci hanno proposto una terapia ambulatoriale che parta prima da noi genitori e subito dopo coinvolgendo il piccolo ma .... il problema e' duplice: A) riduzione del personale con l'approssimarsi del periodo di ferie; B) L'unica struttura in Campania che dispone di un reparto cui si possa associare il ricovero (cautelativo) e la terapia necessaria e continuativa chiude dal 20 luglio per riaprire a settembre. Che dire ...... incrocio le dita e prego che l'esperimeno domestico porti i frutti positivi sperati anche se lentamente, basterebbe decidesse almeno di bere. Da cittadino devo pero' riflettere perche' un certo tipo di assistenza specifica deve essere garantita ovunque e comunque, il mio sara' pure un caso particolare raro ma questo non puo' costringere una famiglia a fare tentativi .... , forse tutti avremmo diritto e bisogno a ricevere qualche certezza in piu'.
[#5]
gentile signora, i "traumi" che i piccoli possono provare in conseguenza di operazioni o cose simili, possono portare a reazioni "difensive" che tentino di non ripetere l'esperienza.
anche io, confrontandomi quotidianamente con la psicologia del trauma in età evolutiva, non credo che allo stato delle cose attuali si tratti di un ptsd.
credo però che possa essere opportuno rivolgersi ad un terapeuta che sia esperto nei fatti infantili, al di là di quello che può essere l'approccio, tenendo conto che la terapia di un bambino è molto diversa da quella di un adulto.
comunque ci tenga informati e la saluto cordialmente.
anche io, confrontandomi quotidianamente con la psicologia del trauma in età evolutiva, non credo che allo stato delle cose attuali si tratti di un ptsd.
credo però che possa essere opportuno rivolgersi ad un terapeuta che sia esperto nei fatti infantili, al di là di quello che può essere l'approccio, tenendo conto che la terapia di un bambino è molto diversa da quella di un adulto.
comunque ci tenga informati e la saluto cordialmente.
Dr. Luigi Gileno
[#6]
Nel nostro paese esiste un diritto alle cure, ma diritti alle certezze, purtroppo, non ne troverà in alcuna parte del mondo.
Ad ogni modo è importante che capiate che, per quanto difficile, dovete cercare di mantenere il sangue freddo, altrimenti alimenterete ansia anche nel bambino.
Il problema è psicologico e vi coinvolge tutti, quindi è di uno psicologo che avete bisogno. Non credo che un ricovero, per quanto cautelativo e utile, servirà a sbloccare la paura del bambino, né a far cessare la vostra apprensione.
Cordiali saluti
Ad ogni modo è importante che capiate che, per quanto difficile, dovete cercare di mantenere il sangue freddo, altrimenti alimenterete ansia anche nel bambino.
Il problema è psicologico e vi coinvolge tutti, quindi è di uno psicologo che avete bisogno. Non credo che un ricovero, per quanto cautelativo e utile, servirà a sbloccare la paura del bambino, né a far cessare la vostra apprensione.
Cordiali saluti
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 2.3k visite dal 18/07/2011.
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