Somatizzazione dolorosa
Carissimi Medici
RingraziandoVi in anticipo per l'attenzione che mi dedicherete, cercherò di essere sintetica e completa allo stesso tempo.
Questa è la mia situazione:
Soffro di crisi di panico associati ad agoràfobia.
Non assumo e non ho mai assunto farmaci.
Mi sono sottoposta a psicoterapia con attività/insegnamento della tecnica di ipnosi.
Da un punto di vista sociale, non ho relazioni profonde, ma solo superficiali e non abituali. Al contrario le persone con cui avevo costruito un legame più intenso sono desaparecitos...
Fino ad adesso le reazioni di coloro che dovrebbero aiutarmi sono passate dalla derisione all'abitudine.
Per quanto concerne la realizzazione delle mie aspirazioni sono delusa ed insoddisfatta.
Essendo una persona profondamente riflessiva ed analitica, ho formulato un quadro chiaro e dettagliato della mia sitazione che affonda le sue radici in tempi molto lontani.
Sperando di averVi fornito alcune informazioni di partenza, vengo al motivo per il quale chiedo il Vostro apprezzatissimo aiuto.
Purtroppo, ciò che a mio giudizio complica le cose e mi da profondi "fastidi" è la somatizzazione delle mie ansie.
Dolori acutissimi all'addome con episodi di vomito mi perseguitano fin dall'infazia.
Da qualche tempo si sono aggiunti anche malditesta insopportabili al punto tale che colori e suoni mi danno la nausea.
Causa ed effetto spesso nel mio caso sono molto sproporzionati. Vedete,sono consapevole ed ho accettato il mio disturbo di panico, perchè so benissimo che il mio disagio, il mio senso di inadeguatezza, il mio senso di inferiorità, in qualche modo, doveva esprimersi e prima o poi sarebbe esploso; anzi forse è meglio che sia venuto fuori in questi anni in quanto non ho una mia famiglia a cui forse questo stato avrebbe fatto male. Certe volte penso anche che tutto questo sia necessario per "cambiare direzione".
Ma quando mi vedo a letto con dolori fisici che mi mettono ko e che non mi danno pace, allora la mia comprensione finisce perchè non voglio e non posso accettare di stare così. Ieri, per cause diverse, ho trascorso TUTTA la notte,con dolori allo stomaco che mi hanno portato a due episodi di vomito e ad un'ora di sonno.
Non so come comportarmi, anche perchè fino a quando la preoccupazione che induce il mio malessere non si risolve nella pratica, i dolori non mi lasciano in pace. Viceversa quando le ie ansie trovano una soluzione nella realtà, miracolosamente tutto scompare.
Sono stanca. Nella vita di ognuno di noi ci sono imprevisti e cose che non vanno come speriamo, ed il fatto di aver sofferto così tanto di crisi di panico, di certo, non mi esimerà dai "momenti no" dell'esistenza.
Non posso pensare di reagire così ogni volta che se ne presenta l'occasione.
Cosa posso fare?
Posso considerare l'idea di qualche blando calmante come valeriana o fiori di bach? Non che siano miracolose, ma almeno un piccolo aiuto...
Scusate se mi sono dilungata.
Aspetto le Vostre opinioni.
Grazie e tutti Voi.
RingraziandoVi in anticipo per l'attenzione che mi dedicherete, cercherò di essere sintetica e completa allo stesso tempo.
Questa è la mia situazione:
Soffro di crisi di panico associati ad agoràfobia.
Non assumo e non ho mai assunto farmaci.
Mi sono sottoposta a psicoterapia con attività/insegnamento della tecnica di ipnosi.
Da un punto di vista sociale, non ho relazioni profonde, ma solo superficiali e non abituali. Al contrario le persone con cui avevo costruito un legame più intenso sono desaparecitos...
Fino ad adesso le reazioni di coloro che dovrebbero aiutarmi sono passate dalla derisione all'abitudine.
Per quanto concerne la realizzazione delle mie aspirazioni sono delusa ed insoddisfatta.
Essendo una persona profondamente riflessiva ed analitica, ho formulato un quadro chiaro e dettagliato della mia sitazione che affonda le sue radici in tempi molto lontani.
Sperando di averVi fornito alcune informazioni di partenza, vengo al motivo per il quale chiedo il Vostro apprezzatissimo aiuto.
Purtroppo, ciò che a mio giudizio complica le cose e mi da profondi "fastidi" è la somatizzazione delle mie ansie.
Dolori acutissimi all'addome con episodi di vomito mi perseguitano fin dall'infazia.
Da qualche tempo si sono aggiunti anche malditesta insopportabili al punto tale che colori e suoni mi danno la nausea.
Causa ed effetto spesso nel mio caso sono molto sproporzionati. Vedete,sono consapevole ed ho accettato il mio disturbo di panico, perchè so benissimo che il mio disagio, il mio senso di inadeguatezza, il mio senso di inferiorità, in qualche modo, doveva esprimersi e prima o poi sarebbe esploso; anzi forse è meglio che sia venuto fuori in questi anni in quanto non ho una mia famiglia a cui forse questo stato avrebbe fatto male. Certe volte penso anche che tutto questo sia necessario per "cambiare direzione".
Ma quando mi vedo a letto con dolori fisici che mi mettono ko e che non mi danno pace, allora la mia comprensione finisce perchè non voglio e non posso accettare di stare così. Ieri, per cause diverse, ho trascorso TUTTA la notte,con dolori allo stomaco che mi hanno portato a due episodi di vomito e ad un'ora di sonno.
Non so come comportarmi, anche perchè fino a quando la preoccupazione che induce il mio malessere non si risolve nella pratica, i dolori non mi lasciano in pace. Viceversa quando le ie ansie trovano una soluzione nella realtà, miracolosamente tutto scompare.
Sono stanca. Nella vita di ognuno di noi ci sono imprevisti e cose che non vanno come speriamo, ed il fatto di aver sofferto così tanto di crisi di panico, di certo, non mi esimerà dai "momenti no" dell'esistenza.
Non posso pensare di reagire così ogni volta che se ne presenta l'occasione.
Cosa posso fare?
Posso considerare l'idea di qualche blando calmante come valeriana o fiori di bach? Non che siano miracolose, ma almeno un piccolo aiuto...
Scusate se mi sono dilungata.
Aspetto le Vostre opinioni.
Grazie e tutti Voi.
[#1]
>>> Fino ad adesso le reazioni di coloro che dovrebbero aiutarmi sono passate dalla derisione all'abitudine.
>>>
Prima di parlare dei suoi sintomi, s'importerebbe di specificare meglio quest'affermazione? Quali sarebbero, secondo lei, le persone che avrebbero dovuto aiutarla e non l'hanno fatto?
Cordiali saluti
>>>
Prima di parlare dei suoi sintomi, s'importerebbe di specificare meglio quest'affermazione? Quali sarebbero, secondo lei, le persone che avrebbero dovuto aiutarla e non l'hanno fatto?
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#2]
Utente
Salve
Grazie per il Suo interessamanto.
L'affermazione si riferisce alla mia famiglia in primis, a quelli che erano i miei amici-non conoscenti- e ad un paio di insegnanti che ho reputato importanti non solo nel contesto di educazione/formazione ma soprattutto in quello affettivo.
Devo dire però che per quest'ultimo caso, probabilmente la mia aspettativa era eccessiva e col passare del tempo mi sono resa conto che non potevo pretendere da un docente di occuparsi di me.
Spero di aver risposto alla Sua domanda.
Grazie
Grazie per il Suo interessamanto.
L'affermazione si riferisce alla mia famiglia in primis, a quelli che erano i miei amici-non conoscenti- e ad un paio di insegnanti che ho reputato importanti non solo nel contesto di educazione/formazione ma soprattutto in quello affettivo.
Devo dire però che per quest'ultimo caso, probabilmente la mia aspettativa era eccessiva e col passare del tempo mi sono resa conto che non potevo pretendere da un docente di occuparsi di me.
Spero di aver risposto alla Sua domanda.
Grazie
[#3]
Gent.le ragazza,
i fiori di bach non hanno alcuna efficacia scientificamente riconosciuta, io le consiglierei di fare un controllo delle sue attuali condizioni fisiche e poi prendere in considerazione la possibilità di riprendere la psicoterapia, anche se non è chiaro se l'ha interrotta o è ancora in corso.
i fiori di bach non hanno alcuna efficacia scientificamente riconosciuta, io le consiglierei di fare un controllo delle sue attuali condizioni fisiche e poi prendere in considerazione la possibilità di riprendere la psicoterapia, anche se non è chiaro se l'ha interrotta o è ancora in corso.
Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it
[#4]
Mi sembra che lei sia contemporaneamente sofferente e rassegnata, come se la manifestazione del disagio fosse un male necessario.
Forse la terapia alla quale si è sottoposta non ha saputo individuare le cause del suo problema, se ora il quadro clinico è quello che ci espone e le somatizzazioni sono così fastidiose e persistenti.
Mi sembra anche che lei stia cercando risposte di altro tipo (fitoterapia e floriterapia) perchè non ha più molta fiducia negli interventi di tipo psicologico, ma queste soluzioni sono di tipo sintomatico e non sono efficaci su tutti - come del resto nemmeno i farmaci.
A mio avviso dovrebbe tornare all'idea originaria, e cioè che quello che la può aiutare è un intervento di tipo psicologico, e contattare un altro professionista rispetto a chi l'ha seguita in passato.
Le persone attorno a lei possono sostenerla (o meno), ma non possono risolvere il suo problema.
Le faccio tanti auguri,
Forse la terapia alla quale si è sottoposta non ha saputo individuare le cause del suo problema, se ora il quadro clinico è quello che ci espone e le somatizzazioni sono così fastidiose e persistenti.
Mi sembra anche che lei stia cercando risposte di altro tipo (fitoterapia e floriterapia) perchè non ha più molta fiducia negli interventi di tipo psicologico, ma queste soluzioni sono di tipo sintomatico e non sono efficaci su tutti - come del resto nemmeno i farmaci.
A mio avviso dovrebbe tornare all'idea originaria, e cioè che quello che la può aiutare è un intervento di tipo psicologico, e contattare un altro professionista rispetto a chi l'ha seguita in passato.
Le persone attorno a lei possono sostenerla (o meno), ma non possono risolvere il suo problema.
Le faccio tanti auguri,
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#5]
>>> probabilmente la mia aspettativa era eccessiva
>>>
Sì, è decisamente possibile.
Quando si ha un problema specifico, è opportuno che a occuparsene siano degli specialisti. Spesso si tende a classificare i problemi psichici come "quelle cose che ognuno dovrebbe risolversi da sé, o al massimo con l'aiuto di parenti, amici e conoscenti".
Tuttavia, se dopo un certo numero di tentativi e un po' di tempo si vede che non ci si riesce, è opportuno rivolgersi allo psicologo psicoterapeuta.
Fiori di Bach, fitofarmaci e rimedi "naturali" in genere, per la loro caratteristica di poter essere autoprescritti, rischiano di alimentare l'illusione del fai-da-te. Oltre a non insegnarle niente, perché uscire dall'ansia non significa calmarsi, sedarsi o tranquillizzarsi.
Cordiali saluti
>>>
Sì, è decisamente possibile.
Quando si ha un problema specifico, è opportuno che a occuparsene siano degli specialisti. Spesso si tende a classificare i problemi psichici come "quelle cose che ognuno dovrebbe risolversi da sé, o al massimo con l'aiuto di parenti, amici e conoscenti".
Tuttavia, se dopo un certo numero di tentativi e un po' di tempo si vede che non ci si riesce, è opportuno rivolgersi allo psicologo psicoterapeuta.
Fiori di Bach, fitofarmaci e rimedi "naturali" in genere, per la loro caratteristica di poter essere autoprescritti, rischiano di alimentare l'illusione del fai-da-te. Oltre a non insegnarle niente, perché uscire dall'ansia non significa calmarsi, sedarsi o tranquillizzarsi.
Cordiali saluti
[#6]
Utente
Grazie per Il Vostro intervento.
Chiarisco un po' un aspetto che tutti Voi avete sottolineato.
Mi riferisco all'"aiuto" delle persone che in quei momenti a mio avviso avrebbero dovuto essere presenti.
E' evidente che io non sono entrata nello specifico delle loro reazioni e non ho dato un quadro chiaro della situazione.
Parto dal concetto di "aiuto". Aiuto non significa soluzione. Non posso pretendere che il loro intervento avesse messo fine al mio problema.
Aiuto non è diagnosi.Non posso chiedere di essere curata da una persona che non ne ha le facoltà oltre che le competenze per farlo.
Dunque su questo, ne ero già consapevole e non ho chiarito bene in precedenza.
Aiuto è semplicemente presenza affettuosa. Nessuno di loro può o avrebbe potuto essere all'altezza di uno specialista, ma non potete negare che la vicinanza, il fatto stesso di non essere solo, senza nessuna forma di altra pretesa, aiuti il paziente a sentirsi supportato.
Io ho ricevuto soltanto cori canzonatori e risate grasse a non finire. Mi sentivo apostrafare simpaticamente (e qui sono sarcastica) con appellativi quali "Monaca" e altri riferimenti che ometterò di specificare. Io facevo fatica ad passare da una stanza all'altra della casa perchè mi sembrava un tragitto troppo lungo e dovevo assistere a risolini vari. Non voglio neppure aggiungere altro. Concludo dicendo, Aiuto è ricevere un minimo di rispetto.
Ditemi, qualora lo vogliate, liberamente cosa ne pensate.
Chiarisco un po' un aspetto che tutti Voi avete sottolineato.
Mi riferisco all'"aiuto" delle persone che in quei momenti a mio avviso avrebbero dovuto essere presenti.
E' evidente che io non sono entrata nello specifico delle loro reazioni e non ho dato un quadro chiaro della situazione.
Parto dal concetto di "aiuto". Aiuto non significa soluzione. Non posso pretendere che il loro intervento avesse messo fine al mio problema.
Aiuto non è diagnosi.Non posso chiedere di essere curata da una persona che non ne ha le facoltà oltre che le competenze per farlo.
Dunque su questo, ne ero già consapevole e non ho chiarito bene in precedenza.
Aiuto è semplicemente presenza affettuosa. Nessuno di loro può o avrebbe potuto essere all'altezza di uno specialista, ma non potete negare che la vicinanza, il fatto stesso di non essere solo, senza nessuna forma di altra pretesa, aiuti il paziente a sentirsi supportato.
Io ho ricevuto soltanto cori canzonatori e risate grasse a non finire. Mi sentivo apostrafare simpaticamente (e qui sono sarcastica) con appellativi quali "Monaca" e altri riferimenti che ometterò di specificare. Io facevo fatica ad passare da una stanza all'altra della casa perchè mi sembrava un tragitto troppo lungo e dovevo assistere a risolini vari. Non voglio neppure aggiungere altro. Concludo dicendo, Aiuto è ricevere un minimo di rispetto.
Ditemi, qualora lo vogliate, liberamente cosa ne pensate.
[#7]
Fino a che continuerà a individuare negli altri una delle cause principali del suo malessere (anche se non l'unica) renderà un cattivo favore a se stessa. Che ci piaccia o no, gli altri ci trattano nel modo in cui insegnamo loro a trattarci. Quindi deve imparare lei per prima come insegnare agli altri il modo in cui vuole essere trattata.
Lei dev'essere una persona fragile e sensibile, talmente sensibile da aver creduto che, aspettando sufficientemente a lungo, gli altri avrebbero capito da soli come trattarla nel modo "giusto" e darle l'affetto che sente di meritare. Solo che ha aspettato un bel pezzo, e che cosa è successo? Che si ritrova sempre i suoi problemi, con in più la delusione e l'impressione che gli altri non abbiano fatto la loro parte e siano stati per giunta scorretti e beffardi con lei.
Allora, lei ha bisogno di qualcuno che l'aiuti a liberarsi dai suoi sintomi, ma soprattutto che le insegni il modo per fortificarsi, diventare meno fragile e sviluppare più "anticorpi" psicologici. In questo modo riuscirà a conservare la sua sensibilità, che è sempre un'ottima cosa, senza però confonderla con la fragilità.
Altrimenti sarà sempre un essere troppo vulnerabile e fuori posto in mezzo a delle persone apparentemente troppo insensibili.
Cordiali saluti
Lei dev'essere una persona fragile e sensibile, talmente sensibile da aver creduto che, aspettando sufficientemente a lungo, gli altri avrebbero capito da soli come trattarla nel modo "giusto" e darle l'affetto che sente di meritare. Solo che ha aspettato un bel pezzo, e che cosa è successo? Che si ritrova sempre i suoi problemi, con in più la delusione e l'impressione che gli altri non abbiano fatto la loro parte e siano stati per giunta scorretti e beffardi con lei.
Allora, lei ha bisogno di qualcuno che l'aiuti a liberarsi dai suoi sintomi, ma soprattutto che le insegni il modo per fortificarsi, diventare meno fragile e sviluppare più "anticorpi" psicologici. In questo modo riuscirà a conservare la sua sensibilità, che è sempre un'ottima cosa, senza però confonderla con la fragilità.
Altrimenti sarà sempre un essere troppo vulnerabile e fuori posto in mezzo a delle persone apparentemente troppo insensibili.
Cordiali saluti
[#8]
Non conosciamo a sufficienza la sua storia, ma può essere che il rapporto con queste persone sia ciò che le causa malessere, e che quindi lei si aspetti che ciò che le provoca disagio le sia anche di sollievo.
Capisce che è paradossale.
Per questo dovrebbe cercare di non concentrarsi più così tanto su quello che la sua situazione suscita nelle persone attorno a lei, sa già cosa aspettarsi e dando eccessiva considerazione a queste risposte ottiene solo di stare ancora peggio.
Se non sono in grado di capire quanto lei sta male è inutile insistere, la sola strada produttiva è quella dell'intervento psicologico che però non avrà successo se non rinuncerà a utilizzare il suo malessere come mezzo per dimostrare ad altri sia che lei sta male, sia che loro sono insensibili e superficiali.
Una volta che ha stabilito che lo sono si accontenti di questa consapevolezza, non pretenda che cambino e non pretenda che riconoscano di aver sbagliato, perchè molto probabilmente non lo faranno e lei starà ancora male continuando ad aspettarsi che invece questo accada.
Capisce che è paradossale.
Per questo dovrebbe cercare di non concentrarsi più così tanto su quello che la sua situazione suscita nelle persone attorno a lei, sa già cosa aspettarsi e dando eccessiva considerazione a queste risposte ottiene solo di stare ancora peggio.
Se non sono in grado di capire quanto lei sta male è inutile insistere, la sola strada produttiva è quella dell'intervento psicologico che però non avrà successo se non rinuncerà a utilizzare il suo malessere come mezzo per dimostrare ad altri sia che lei sta male, sia che loro sono insensibili e superficiali.
Una volta che ha stabilito che lo sono si accontenti di questa consapevolezza, non pretenda che cambino e non pretenda che riconoscano di aver sbagliato, perchè molto probabilmente non lo faranno e lei starà ancora male continuando ad aspettarsi che invece questo accada.
[#9]
Utente
Grazie a tutti Voi.
Dopo diverso tempo trascorso invano a subire atteggiamenti inappropriati da coloro che mi circondavano,raggiunsi (e mantengo fermamente)questo grado di consapevolezza:
Oggettivamente i miei genitori (in primis) avrebbero dovuto sostenermi;per motivi noti non lo hanno fatto;
non posso aspettare che loro improvvisamente si accorgano del mio disturbo.E' una grandissima perdita di tempo continuare ad attribuire colpe a loro, malgrado le mancanze siano state evidenti;dunque mi sono rassegnata al loro modo di agire;dirò di più, scommettiamo che se io riuscissi a realizzare i miei obiettivi, sarebbero in grado di prendersene anche i meriti? Non mi sorprenderebbe!
Ad ogni modo questa consapevolezza non mi mette più nella posizione di chi aspetta l'intervento o la comprensione compassionevole degli altri in generale; al contrario, mi da modo di pensare che non cambierò il loro modo incredibilmente superficiale di agire, non cambierò ciò che mi hanno fatto in passato, ma posso cambiare la mia vita partendo da me con tutto quello che questa operazione necessita.
Se ho specificato quanto questa loro indifferenza mista a derisione mi abbia ferito in passato è perchè per quanto il Vostro intento fosse puramente quello di farmi comprendere che in questi casi poco possono fare amici e parenti, ma che invece è necessario la presenza dello specialista, ho percepito anche velatamente una sorta di giustificazione per loro(del genere, in fondo "non era compito loro") e che la mia era una pretesa.
Con i loro nomignoli, con le loro risate, i miei famigliari (genitori, nonni e zii in un unico coretto) invece peggiorarono tanto la situazione, e malgrado la mia totale attuale assenza di aspettativa nei loro confronti, nessuno di loro merita giustificazione.
Tra i tanti buoni consigli di cui vi ringrazio, ho letto la frase "deve imparare lei per prima come insegnare agli altri il modo in cui vuole essere trattata".
Lei ha ragione perchè ciò che sostiene corrisponde a verità. Se però questa affermazione viene estesa alla mia famiglia, mi spiace, ma non riesco a concepirla. Credo che un figlio meriti rispetto come persona incondizionatamente. Non potevo insegnare a mio padre e mia madre a non prendermi in giro, e questo atteggiamento non era affatto dipeso dal mio modo di fare quanto piuttosto da una superficialità ed incoscienza che è attribuibile solo a loro. Devo dire che inoltre essendo, io una gravidanza indesiderata, i miei genitori hanno fatto di questo aggettivo un modo di porsi nei miei confronti, facendomi sentire sempre un peso. La frase che mi ha accompagnato durante l'infanzia è "non capisci niente" e "hai paura della tua stessa ombra"
Io ho reagito, credo un po' per cercare la loro approvazione (errore clamoroso), studiando più del dovuto, e cercando di essere sempre "la prima della classe". Il risultato è la formazione di due sè: uno legato alle concezioni familiare, dunque quella che io chiamo-forse impropriatamente-coscienza di base pari a zero; l'altro che mi dipinge,invece, come una persona in grado di impegnarsi, e sa bene che per ottenere qualsiasi risultato deve dare il massimo.
La mia problematica mi ha bloccato parecchio e questa mia non realizzazione, a parere dei miei famigliari, non è altro che la conferma di quanto inutile sia stato il mio voler evolvermi, perchè "cosa poteva aspettarsi una come me..." Ora, come avrei dovuto pormi, per dar loro modo di rispettarmi?
Il punto è che adesso, quando arrivo a stati fisici di malessere, io ho paura. Questi episodi mi scoraggiano a fare dei passi che invece io dovrei e vorrei fare per il mio benessere.
Dopo diverso tempo trascorso invano a subire atteggiamenti inappropriati da coloro che mi circondavano,raggiunsi (e mantengo fermamente)questo grado di consapevolezza:
Oggettivamente i miei genitori (in primis) avrebbero dovuto sostenermi;per motivi noti non lo hanno fatto;
non posso aspettare che loro improvvisamente si accorgano del mio disturbo.E' una grandissima perdita di tempo continuare ad attribuire colpe a loro, malgrado le mancanze siano state evidenti;dunque mi sono rassegnata al loro modo di agire;dirò di più, scommettiamo che se io riuscissi a realizzare i miei obiettivi, sarebbero in grado di prendersene anche i meriti? Non mi sorprenderebbe!
Ad ogni modo questa consapevolezza non mi mette più nella posizione di chi aspetta l'intervento o la comprensione compassionevole degli altri in generale; al contrario, mi da modo di pensare che non cambierò il loro modo incredibilmente superficiale di agire, non cambierò ciò che mi hanno fatto in passato, ma posso cambiare la mia vita partendo da me con tutto quello che questa operazione necessita.
Se ho specificato quanto questa loro indifferenza mista a derisione mi abbia ferito in passato è perchè per quanto il Vostro intento fosse puramente quello di farmi comprendere che in questi casi poco possono fare amici e parenti, ma che invece è necessario la presenza dello specialista, ho percepito anche velatamente una sorta di giustificazione per loro(del genere, in fondo "non era compito loro") e che la mia era una pretesa.
Con i loro nomignoli, con le loro risate, i miei famigliari (genitori, nonni e zii in un unico coretto) invece peggiorarono tanto la situazione, e malgrado la mia totale attuale assenza di aspettativa nei loro confronti, nessuno di loro merita giustificazione.
Tra i tanti buoni consigli di cui vi ringrazio, ho letto la frase "deve imparare lei per prima come insegnare agli altri il modo in cui vuole essere trattata".
Lei ha ragione perchè ciò che sostiene corrisponde a verità. Se però questa affermazione viene estesa alla mia famiglia, mi spiace, ma non riesco a concepirla. Credo che un figlio meriti rispetto come persona incondizionatamente. Non potevo insegnare a mio padre e mia madre a non prendermi in giro, e questo atteggiamento non era affatto dipeso dal mio modo di fare quanto piuttosto da una superficialità ed incoscienza che è attribuibile solo a loro. Devo dire che inoltre essendo, io una gravidanza indesiderata, i miei genitori hanno fatto di questo aggettivo un modo di porsi nei miei confronti, facendomi sentire sempre un peso. La frase che mi ha accompagnato durante l'infanzia è "non capisci niente" e "hai paura della tua stessa ombra"
Io ho reagito, credo un po' per cercare la loro approvazione (errore clamoroso), studiando più del dovuto, e cercando di essere sempre "la prima della classe". Il risultato è la formazione di due sè: uno legato alle concezioni familiare, dunque quella che io chiamo-forse impropriatamente-coscienza di base pari a zero; l'altro che mi dipinge,invece, come una persona in grado di impegnarsi, e sa bene che per ottenere qualsiasi risultato deve dare il massimo.
La mia problematica mi ha bloccato parecchio e questa mia non realizzazione, a parere dei miei famigliari, non è altro che la conferma di quanto inutile sia stato il mio voler evolvermi, perchè "cosa poteva aspettarsi una come me..." Ora, come avrei dovuto pormi, per dar loro modo di rispettarmi?
Il punto è che adesso, quando arrivo a stati fisici di malessere, io ho paura. Questi episodi mi scoraggiano a fare dei passi che invece io dovrei e vorrei fare per il mio benessere.
[#10]
>>> Il punto è che adesso, quando arrivo a stati fisici di malessere, io ho paura. Questi episodi mi scoraggiano a fare dei passi che invece io dovrei e vorrei fare per il mio benessere.
>>>
Ed è proprio per questo che senza l'aiuto dello specialista rischia di perdere un mare di tempo.
Alcune ferite guariscono da sole, strada facendo, ma per quelle più grosse è necessario l'aiuto esterno.
Al di là di tutto il suo sfogo mostra che razionalmente ha già capito che i suoi genitori non cambieranno mai. Solo che emotivamente lo spera ancora, come forse ha sempre fatto, fin da bambina, ed è quest'incongruenza a farla soffrire.
I genitori sono l'unica cosa che non possiamo sceglierci a questo mondo. Prima si accetta questo fatto, prima si smette di essere figli e si diventa adulti.
Cordiali saluti
>>>
Ed è proprio per questo che senza l'aiuto dello specialista rischia di perdere un mare di tempo.
Alcune ferite guariscono da sole, strada facendo, ma per quelle più grosse è necessario l'aiuto esterno.
Al di là di tutto il suo sfogo mostra che razionalmente ha già capito che i suoi genitori non cambieranno mai. Solo che emotivamente lo spera ancora, come forse ha sempre fatto, fin da bambina, ed è quest'incongruenza a farla soffrire.
I genitori sono l'unica cosa che non possiamo sceglierci a questo mondo. Prima si accetta questo fatto, prima si smette di essere figli e si diventa adulti.
Cordiali saluti
[#11]
Gent.le ragazza,
provi a considerare il suo disagio un segnale d'allarme che le sta dicendo che sta andando nella direzione sbagliata, è per questo che ha paura, questa paura sta cercando di dirle che è arrivato il momento di iniziare a prendersi cura di sé, anche se questo significa chiedere aiuto, lei ha già maturato un buon livello di consapevolezza adesso si tratta di assumersi la responsabilità di riprendere le redini della propria vita, lo deve a sé stessa, al valore che riconosce a lei come persona.
provi a considerare il suo disagio un segnale d'allarme che le sta dicendo che sta andando nella direzione sbagliata, è per questo che ha paura, questa paura sta cercando di dirle che è arrivato il momento di iniziare a prendersi cura di sé, anche se questo significa chiedere aiuto, lei ha già maturato un buon livello di consapevolezza adesso si tratta di assumersi la responsabilità di riprendere le redini della propria vita, lo deve a sé stessa, al valore che riconosce a lei come persona.
[#12]
Ha perfettamente ragione: un figlio dovrebbe essere amato e rispettato in maniera incondizionata, senza dover mendicare un trattamento dignitoso.
A volte purtroppo i genitori di figli indesiderati non riescono ad adattarsi e fanno pagare ai bambini il prezzo di una nascita non attesa: questo non dovrebbe mai accadere ma purtroppo succede.
Non pensi che qualcuno di noi intendesse sminuire il ruolo che i suoi genitori hanno sicuramente avuto nel provocare il suo malessere attuale.
Il fatto di essersi sempre sentita non voluta ha sicuramente contribuito in maniera importante a generare i suoi disturbi e a consentirle di raggiungere solo un equilibrio fragile, che lei ha faticosamente costruito e che ora fatica a preservare.
Credo che la paura che la sta assalendo quando si presentano sintomi fisici derivi dal timore di non riuscire più a tenere assieme tutti i pezzi, perchè questo le costa fatica e sofferenza.
Le auguro davvero di riuscire quanto prima a recuperare le energie e la fiducia necessarie per rivolgersi ad un altro psicologo, e che questo possa finalmente essere risolutivo.
A volte purtroppo i genitori di figli indesiderati non riescono ad adattarsi e fanno pagare ai bambini il prezzo di una nascita non attesa: questo non dovrebbe mai accadere ma purtroppo succede.
Non pensi che qualcuno di noi intendesse sminuire il ruolo che i suoi genitori hanno sicuramente avuto nel provocare il suo malessere attuale.
Il fatto di essersi sempre sentita non voluta ha sicuramente contribuito in maniera importante a generare i suoi disturbi e a consentirle di raggiungere solo un equilibrio fragile, che lei ha faticosamente costruito e che ora fatica a preservare.
Credo che la paura che la sta assalendo quando si presentano sintomi fisici derivi dal timore di non riuscire più a tenere assieme tutti i pezzi, perchè questo le costa fatica e sofferenza.
Le auguro davvero di riuscire quanto prima a recuperare le energie e la fiducia necessarie per rivolgersi ad un altro psicologo, e che questo possa finalmente essere risolutivo.
[#13]
Utente
Sono commossa dalle belle parole che avete impiegato per me.
Vi ringrazio di cuore.
In effetti, per ragioni già elencate, io non riesco a sentirmi figlia.
Quando penso all'idea di famiglia, ne immagino più una mia, dove la madre sono io: ho smesso da tanto tempo di associare questo concetto alla mia famiglia di nascita.
Neppure inconsciamente, io desidero che i miei genitori intervengano. Sono una persona che ha raggiunto-non così facilmente- una certa onestà con sè stessa e che tende ad analizzare ciò che accade, considerando sentimenti e stati d'animo. Se dentro di me, ci fosse anche solo un minuscolo desiderio di essere aiutata dai miei genitori, lo ammetterei con franchezza, anche perchè nasconderlo servirebbe a poco. Il punto è che ho già riposto le mie aspettative in altre persone affinchè mi aiutassero ed è stata una perdita di tempo e di energie. Perchè improvvisamente i miei genitori dovrebbero cambiare rotta e assumere il "controllo" della situazione? No, è una cosa che potrebbe accadere solo in quelle fiction neanche troppo impegnative...
Con il tempo ho considerato questo disturbo dannatamente una risorsa. Mi toglie tanto, ma mi ha svelato più di qualcosa. E' vero stavo andando in una direzione sbagliata: ero sempre in cerca di approvazione, quella stessa approvazione che non ricevevo in famiglia. Per fare ciò, non esprimevo mai la mia rabbia e cercavo di non litigare mai con nessuno, perchè questo avrebbe significato esser allontanata. Niente era mai abbastanza, ho raggiunto risultati elevati ma niente di questo faceva smettere quella sensazione di incapacità che, al primo sbaglio, veniva fuori. Ora sono cambiata profondamente, e anche se "tanti treni sono passati davanti a me, senza averne preso alcuno", sento che il cambio di direzione era necessario.
"Credo che la paura che la sta assalendo quando si presentano sintomi fisici derivi dal timore di non riuscire più a tenere assieme tutti i pezzi, perchè questo le costa fatica e sofferenza."
E' totalmente così. Io stessa non avrei saputo dirlo meglio.
Ed è questa precarietà che mi spaventa.
Il punto è che la psicoterapia,-cosa che ho dovuto fare di nascosto- a mio giudizio mi ha già aiutato. Credo che le terapie non siano delle soluzioni, ma degli strumenti con cui si deve lavorare. Quest'ultima operazione spetta a me, non allo psicologo.
Se io dopo la terapia, continuo a restare nel mio ambiente- dove se non giochi a fare la velina, non sei nessuno e dunque io non mi trovo bene- continuo a non fare nessun passo significativo per la mia crescita, a questo punto quale è la mia parte in questo persorso di guarigione?
Secondo Voi, spostarmi un po' da tutto questo, potrebbe aiutarmi?
Grazie mille
Vi ringrazio di cuore.
In effetti, per ragioni già elencate, io non riesco a sentirmi figlia.
Quando penso all'idea di famiglia, ne immagino più una mia, dove la madre sono io: ho smesso da tanto tempo di associare questo concetto alla mia famiglia di nascita.
Neppure inconsciamente, io desidero che i miei genitori intervengano. Sono una persona che ha raggiunto-non così facilmente- una certa onestà con sè stessa e che tende ad analizzare ciò che accade, considerando sentimenti e stati d'animo. Se dentro di me, ci fosse anche solo un minuscolo desiderio di essere aiutata dai miei genitori, lo ammetterei con franchezza, anche perchè nasconderlo servirebbe a poco. Il punto è che ho già riposto le mie aspettative in altre persone affinchè mi aiutassero ed è stata una perdita di tempo e di energie. Perchè improvvisamente i miei genitori dovrebbero cambiare rotta e assumere il "controllo" della situazione? No, è una cosa che potrebbe accadere solo in quelle fiction neanche troppo impegnative...
Con il tempo ho considerato questo disturbo dannatamente una risorsa. Mi toglie tanto, ma mi ha svelato più di qualcosa. E' vero stavo andando in una direzione sbagliata: ero sempre in cerca di approvazione, quella stessa approvazione che non ricevevo in famiglia. Per fare ciò, non esprimevo mai la mia rabbia e cercavo di non litigare mai con nessuno, perchè questo avrebbe significato esser allontanata. Niente era mai abbastanza, ho raggiunto risultati elevati ma niente di questo faceva smettere quella sensazione di incapacità che, al primo sbaglio, veniva fuori. Ora sono cambiata profondamente, e anche se "tanti treni sono passati davanti a me, senza averne preso alcuno", sento che il cambio di direzione era necessario.
"Credo che la paura che la sta assalendo quando si presentano sintomi fisici derivi dal timore di non riuscire più a tenere assieme tutti i pezzi, perchè questo le costa fatica e sofferenza."
E' totalmente così. Io stessa non avrei saputo dirlo meglio.
Ed è questa precarietà che mi spaventa.
Il punto è che la psicoterapia,-cosa che ho dovuto fare di nascosto- a mio giudizio mi ha già aiutato. Credo che le terapie non siano delle soluzioni, ma degli strumenti con cui si deve lavorare. Quest'ultima operazione spetta a me, non allo psicologo.
Se io dopo la terapia, continuo a restare nel mio ambiente- dove se non giochi a fare la velina, non sei nessuno e dunque io non mi trovo bene- continuo a non fare nessun passo significativo per la mia crescita, a questo punto quale è la mia parte in questo persorso di guarigione?
Secondo Voi, spostarmi un po' da tutto questo, potrebbe aiutarmi?
Grazie mille
[#14]
>>> Quando penso all'idea di famiglia, ne immagino più una mia, dove la madre sono io:
>>>
Questo è un traguardo nobile, ma tenga presente che se non risolve prima le questioni che ha aperte con se stessa, rischia di girarle ai suoi figli. Non sarebbe la prima, succede da sempre.
>>> Credo che le terapie non siano delle soluzioni
Sì, la psicoterapia può benissimo essere una soluzione, lo è per molte persone che a noi si rivolgono ogni giorno.
Non tutte le psicoterapie sono uguali, però, e nemmeno gli psicoterapeuti. Tutto sta a trovare il professionista adatto al caso e al tipo di problema da risolvere. Se lei ha avuto un'unica esperienza di terapia che non ha risolto del tutto, non significa affatto che ciò non sia possibile.
Cordiali saluti
>>>
Questo è un traguardo nobile, ma tenga presente che se non risolve prima le questioni che ha aperte con se stessa, rischia di girarle ai suoi figli. Non sarebbe la prima, succede da sempre.
>>> Credo che le terapie non siano delle soluzioni
Sì, la psicoterapia può benissimo essere una soluzione, lo è per molte persone che a noi si rivolgono ogni giorno.
Non tutte le psicoterapie sono uguali, però, e nemmeno gli psicoterapeuti. Tutto sta a trovare il professionista adatto al caso e al tipo di problema da risolvere. Se lei ha avuto un'unica esperienza di terapia che non ha risolto del tutto, non significa affatto che ciò non sia possibile.
Cordiali saluti
[#15]
Gent.le ragazza,
il processo di svincolo dalla propria famiglia di origine non è solo fisiologico ma salutare per realizzare quel processo di crescita personale che le consentirà di diventare una persona adulta e autonoma, l'importante è che sia una scelta consapevole e non una fuga dalla propria fragilità.
il processo di svincolo dalla propria famiglia di origine non è solo fisiologico ma salutare per realizzare quel processo di crescita personale che le consentirà di diventare una persona adulta e autonoma, l'importante è che sia una scelta consapevole e non una fuga dalla propria fragilità.
[#16]
Utente
Capisco...
Anche se mi piacerebbe affermare il contrario, non posso escludere l'idea che questo allontanamento potrebbe essere un modo per andare via da un ambiente in cui mi sento più fragile e ho la sensazione di non aver spazio.
Ma magari la possibilità di stare un po' per conto mio potrebbe anche dare alla mia fragilità l'occasione di fortificarsi, di comprendere che essa si basa su false convinzioni, sicuramente non oggettive.
Insomma, mi piacerebbe tanto mettermi in gioco.
Grazie per il Vostro interesse.
Anche se mi piacerebbe affermare il contrario, non posso escludere l'idea che questo allontanamento potrebbe essere un modo per andare via da un ambiente in cui mi sento più fragile e ho la sensazione di non aver spazio.
Ma magari la possibilità di stare un po' per conto mio potrebbe anche dare alla mia fragilità l'occasione di fortificarsi, di comprendere che essa si basa su false convinzioni, sicuramente non oggettive.
Insomma, mi piacerebbe tanto mettermi in gioco.
Grazie per il Vostro interesse.
[#17]
La possibilità di mettersi in gioco ce l'ha anche se resta nel suo ambiente e forse proprio da lì che deve iniziare a confrontarsi con la sua fragilità a verificare se le sue convinzioni più che oggettive siano funzionali al suo adattamento ad un contesto che oggi percepisce come ostile ma che domani potrebbe imparare a gestire in modo efficace.
[#18]
"quale è la mia parte in questo percorso di guarigione?"
"magari la possibilità di stare un po' per conto mio potrebbe anche dare alla mia fragilità l'occasione di fortificarsi, di comprendere che essa si basa su false convinzioni, sicuramente non oggettive"
Mi sembra molto preoccupata di poter essere passiva e non controllare il corso di un'eventuale psicoterapia, oltre che di essere lei a curarsi da sola della situazione.
L'idea di "mettersi in gioco" e quella di "fortificarsi" uscendo dal suo ambiente non sono sbagliate, ma parziali:
- in qualunque percorso psicologico le sarà richiesto di mettersi in gioco, poichè nessuno di noi è utile a chi ci chiede aiuto senza darci la sua collaborazione
- allontanarsi dal suo ambiente può dimostrarle che lei è sempre lei, e portarle una grossa delusione, se nel frattempo non ha intrapreso un percorso di cambiamento
- lei non è fragile a causa di false convinzioni (non è fragile perchè pensa di esserlo), ma perchè determinate esperienze hanno condotto alla situazione attuale. Lavorare sulle convinzioni (e quindi sul lato razionale del problema), per di più da sola, non potrà essere risolutivo.
Se in prima battuta ci ha chiesto informazioni su valeriana e Fiori di Bach è perchè al momento è spaventata e alla ricerca di soluzioni concrete, più che propensa a ricorrere ad uno psicologo.
Questo le sarà però necessario, appena se la sentirà, se vuole davvero uscirne e non trascinarsi ancora per anni in questo stato di profondo disagio.
"magari la possibilità di stare un po' per conto mio potrebbe anche dare alla mia fragilità l'occasione di fortificarsi, di comprendere che essa si basa su false convinzioni, sicuramente non oggettive"
Mi sembra molto preoccupata di poter essere passiva e non controllare il corso di un'eventuale psicoterapia, oltre che di essere lei a curarsi da sola della situazione.
L'idea di "mettersi in gioco" e quella di "fortificarsi" uscendo dal suo ambiente non sono sbagliate, ma parziali:
- in qualunque percorso psicologico le sarà richiesto di mettersi in gioco, poichè nessuno di noi è utile a chi ci chiede aiuto senza darci la sua collaborazione
- allontanarsi dal suo ambiente può dimostrarle che lei è sempre lei, e portarle una grossa delusione, se nel frattempo non ha intrapreso un percorso di cambiamento
- lei non è fragile a causa di false convinzioni (non è fragile perchè pensa di esserlo), ma perchè determinate esperienze hanno condotto alla situazione attuale. Lavorare sulle convinzioni (e quindi sul lato razionale del problema), per di più da sola, non potrà essere risolutivo.
Se in prima battuta ci ha chiesto informazioni su valeriana e Fiori di Bach è perchè al momento è spaventata e alla ricerca di soluzioni concrete, più che propensa a ricorrere ad uno psicologo.
Questo le sarà però necessario, appena se la sentirà, se vuole davvero uscirne e non trascinarsi ancora per anni in questo stato di profondo disagio.
[#19]
Utente
Grazie per aver risposto.
Potrei per favore chiedere alla Dott.ssa Massaro e a quanti hanno esposto il proprio indirizzo mail se mi da/danno il permesso di inviarLe/Vi un messaggio privato?
Temo che, a causa mia, questo consulto stia diventando troppo lungo, e tolga spazio ad altri utenti...
Grazie.
Potrei per favore chiedere alla Dott.ssa Massaro e a quanti hanno esposto il proprio indirizzo mail se mi da/danno il permesso di inviarLe/Vi un messaggio privato?
Temo che, a causa mia, questo consulto stia diventando troppo lungo, e tolga spazio ad altri utenti...
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Questo consulto ha ricevuto 24 risposte e 2.9k visite dal 15/04/2011.
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