Senso di colpa lutto
Salve. Vi ringrazio per questo spazio. Sono un ragazzo di 23 anni.
Circa 3 mesi fa è prematuramente scomparso mio padre per una doppia neoplasia del tipo signet ring cells al colon, da quello che ho capito una forma rara, particolarmente aggressiva e con prognosi sfavorevole. Mio padre è sempre stato un uomo fisicamente in salute (non ricordo nemmeno una influenza) anche se ha sempre sofferto per alcuni episodi difficili dovuti a stress, ansia e depressione. Per circa 3/4 mesi ha sofferto di un fastidio addominale, una certa "tensione addominale", ed è stato seguito medicalmente per tutto questo periodo da un gastroenterologo a pagamento che (eseguendo una ecografia/esami del sangue e non una più definitiva colonscopia e probabilemnte non aspettandosi una cosa così grave)ha sbagliato diagnosi (si parlava di colite o di diverticoli) facendo tardare alcuni esami (colonscopia e sabgue occulto nelle feci)e la risposta definitiva. Questa è arrivata solo quando mio papà si trovava già in ospedale dopo un veloce peggiorare delle cose nel mese di Dicembre. Il ricovero è stato molto breve, 2 settimane e la malattia me l'ha portato via. Da allora ho sentito medici e guardo su internet moltissimo sulla malattia di mio padre.
Io provo da allora un senso di colpa che mi ha distrugge: il pensiero del sentirmi giudicato, osservato mi tocca per TUTTo il giorno e vorrei scomparire. Mi vergogno ad uscire e farmi vedere e penso sempre che le persone mi giudichino un assassino, responsabile della morte di mio padre, per averlo trascurato. Dal momento del ricovero io gli sono stato sempre vicino: il mio rapporto con lui è stato di simbiosi in quel breve periodo. Mi rimprovero nei mesi precendenti di non aver preso in mano le carte delle visite e di non aver dubitato dell'operato del medico: ho continuato a fare la mia vita, studiando molto ecc. Io NON immaginavo fosse una cosa così grave. Mi fidavo e mi fido ciecamente di mio padre e sapevo che stava facendo tutto il necessario per la sua cura. Non ho mai avuto esperienze di questo tipo e mi sono limitato al sostegno affettivo: lo rincuoravo e gli davo piccoli suggerimenti come "tieni la pancia la caldo", cose così.
Ora sono perso; non so come andare avanti. Sono sempre stato un ragazzo tranquillo, studioso e tutti hannos emrpe ldoato la mia tranquillità, il mio essere "per bene", al limite del "represso". Ora mi vedo come un assassino e non riesco a camminare a testa normale (non alta, quello non l'ho mai fatto): seppur so di non aver volutamente sbagliato temo di non poter più rialzarmi sotto il peso del giudizio che io mi do e che io credo gli altri mi diano. Mi sento "marchiato". So che mio padre non mi vorrebbe vedere così ma non riesco a rialzarmi. Soffro di mal di testa, stanchezza, momenti di "caduta" quasi in uno stato catatonico e rabbia verso di me (mi ritrovo spesso a scivermi o pensare insulti). Vorrei capire quali le mie colpe e quale il giudizio delle persone nei miei confronti
Circa 3 mesi fa è prematuramente scomparso mio padre per una doppia neoplasia del tipo signet ring cells al colon, da quello che ho capito una forma rara, particolarmente aggressiva e con prognosi sfavorevole. Mio padre è sempre stato un uomo fisicamente in salute (non ricordo nemmeno una influenza) anche se ha sempre sofferto per alcuni episodi difficili dovuti a stress, ansia e depressione. Per circa 3/4 mesi ha sofferto di un fastidio addominale, una certa "tensione addominale", ed è stato seguito medicalmente per tutto questo periodo da un gastroenterologo a pagamento che (eseguendo una ecografia/esami del sangue e non una più definitiva colonscopia e probabilemnte non aspettandosi una cosa così grave)ha sbagliato diagnosi (si parlava di colite o di diverticoli) facendo tardare alcuni esami (colonscopia e sabgue occulto nelle feci)e la risposta definitiva. Questa è arrivata solo quando mio papà si trovava già in ospedale dopo un veloce peggiorare delle cose nel mese di Dicembre. Il ricovero è stato molto breve, 2 settimane e la malattia me l'ha portato via. Da allora ho sentito medici e guardo su internet moltissimo sulla malattia di mio padre.
Io provo da allora un senso di colpa che mi ha distrugge: il pensiero del sentirmi giudicato, osservato mi tocca per TUTTo il giorno e vorrei scomparire. Mi vergogno ad uscire e farmi vedere e penso sempre che le persone mi giudichino un assassino, responsabile della morte di mio padre, per averlo trascurato. Dal momento del ricovero io gli sono stato sempre vicino: il mio rapporto con lui è stato di simbiosi in quel breve periodo. Mi rimprovero nei mesi precendenti di non aver preso in mano le carte delle visite e di non aver dubitato dell'operato del medico: ho continuato a fare la mia vita, studiando molto ecc. Io NON immaginavo fosse una cosa così grave. Mi fidavo e mi fido ciecamente di mio padre e sapevo che stava facendo tutto il necessario per la sua cura. Non ho mai avuto esperienze di questo tipo e mi sono limitato al sostegno affettivo: lo rincuoravo e gli davo piccoli suggerimenti come "tieni la pancia la caldo", cose così.
Ora sono perso; non so come andare avanti. Sono sempre stato un ragazzo tranquillo, studioso e tutti hannos emrpe ldoato la mia tranquillità, il mio essere "per bene", al limite del "represso". Ora mi vedo come un assassino e non riesco a camminare a testa normale (non alta, quello non l'ho mai fatto): seppur so di non aver volutamente sbagliato temo di non poter più rialzarmi sotto il peso del giudizio che io mi do e che io credo gli altri mi diano. Mi sento "marchiato". So che mio padre non mi vorrebbe vedere così ma non riesco a rialzarmi. Soffro di mal di testa, stanchezza, momenti di "caduta" quasi in uno stato catatonico e rabbia verso di me (mi ritrovo spesso a scivermi o pensare insulti). Vorrei capire quali le mie colpe e quale il giudizio delle persone nei miei confronti
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>>> Vorrei capire quali le mie colpe e quale il giudizio delle persone nei miei confronti
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Smetterà di sentirsi giudicato dagli altri quando smetterà di giudicarsi da solo.
La perdita del padre dà la sensazione di aver perso un punto di riferimento fondamentale, una colonna portante della propria esistenza, e comporta lo sforzo di dover ricreare tale riferimento ex novo, da soli, dentro di sé. Questo però richiederà un po' di tempo. Non di rado tale evento si accompagna al senso di colpa, esattamente del tipo che descrive: "Avrei potuto far di più per lui".
Il lutto richiede tempo per essere superato, ma normalmente ci si riesce da soli. Se tuttavia sentisse di non riuscire a farcela, dei consulti con uno psicologo potranno aiutarla.
Cordiali saluti
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Smetterà di sentirsi giudicato dagli altri quando smetterà di giudicarsi da solo.
La perdita del padre dà la sensazione di aver perso un punto di riferimento fondamentale, una colonna portante della propria esistenza, e comporta lo sforzo di dover ricreare tale riferimento ex novo, da soli, dentro di sé. Questo però richiederà un po' di tempo. Non di rado tale evento si accompagna al senso di colpa, esattamente del tipo che descrive: "Avrei potuto far di più per lui".
Il lutto richiede tempo per essere superato, ma normalmente ci si riesce da soli. Se tuttavia sentisse di non riuscire a farcela, dei consulti con uno psicologo potranno aiutarla.
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#2]
"Mi rimprovero nei mesi precedenti di non aver preso in mano le carte delle visite e di non aver dubitato dell'operato del medico"
"seppur so di non aver volutamente sbagliato temo di non poter più rialzarmi sotto il peso del giudizio che io mi do e che io credo gli altri mi diano"
Caro ragazzo,
non hai sbagliato nulla nè volutamente nè involontariamente.
Tuo padre si è giustamente fidato del medico che lo aveva in cura, e che - come a volte succede - può aver commesso degli errori di valutazione che hanno avuto un esito tragico.
Anche seguendo più da vicino la questione non saresti stato in grado di capire se il medico stava sbagliando qualcosa, perchè non ne hai la competenza e hai comprensibilmente ritenuto che tuo padre fosse in grado di occuparsi della propria salute. Vedendo che si era fatto visitare ed esaminare come potevi pensare che questo non fosse sufficiente?
Il pensiero che gli altri ti giudichino male è una proiezione di quello che stai pensando di te stesso, e che probabilmente è un residuo di quella che chiamiamo "onnipotenza infantile" - e cioè la modalità di pensiero tipica dell'infanzia, che porta i bambini a pensare di non avere limiti e di poter intervenire in qualunque situazione determinandone l'esito.
Il senso di onnipotenza residuo provoca a volte il senso di colpa negli adulti, perchè non agevola il ridimensionamento della percezione delle proprie potenzialità (e quindi responsabilità), e fa sì che la persona si illuda che il proprio intervento avrebbe potuto cambiare l'esito degli eventi.
Solo di rado però è così, di solito si tratta di situazioni che non sarebbero state modificabili ed il senso di colpa è totalmente irrazionale.
Se non riuscirai a superare almeno in parte questo stato d'animo nelle prossime settimane ti consiglio di contattare uno psicologo perché potresti essere a rischio di sviluppare una risposta depressiva, e sarebbe decisamente meglio intervenire in tempo.
Ti faccio tanti auguri, se vuoi aggiornaci sulla situazione e facci sapere come ti senti.
"seppur so di non aver volutamente sbagliato temo di non poter più rialzarmi sotto il peso del giudizio che io mi do e che io credo gli altri mi diano"
Caro ragazzo,
non hai sbagliato nulla nè volutamente nè involontariamente.
Tuo padre si è giustamente fidato del medico che lo aveva in cura, e che - come a volte succede - può aver commesso degli errori di valutazione che hanno avuto un esito tragico.
Anche seguendo più da vicino la questione non saresti stato in grado di capire se il medico stava sbagliando qualcosa, perchè non ne hai la competenza e hai comprensibilmente ritenuto che tuo padre fosse in grado di occuparsi della propria salute. Vedendo che si era fatto visitare ed esaminare come potevi pensare che questo non fosse sufficiente?
Il pensiero che gli altri ti giudichino male è una proiezione di quello che stai pensando di te stesso, e che probabilmente è un residuo di quella che chiamiamo "onnipotenza infantile" - e cioè la modalità di pensiero tipica dell'infanzia, che porta i bambini a pensare di non avere limiti e di poter intervenire in qualunque situazione determinandone l'esito.
Il senso di onnipotenza residuo provoca a volte il senso di colpa negli adulti, perchè non agevola il ridimensionamento della percezione delle proprie potenzialità (e quindi responsabilità), e fa sì che la persona si illuda che il proprio intervento avrebbe potuto cambiare l'esito degli eventi.
Solo di rado però è così, di solito si tratta di situazioni che non sarebbero state modificabili ed il senso di colpa è totalmente irrazionale.
Se non riuscirai a superare almeno in parte questo stato d'animo nelle prossime settimane ti consiglio di contattare uno psicologo perché potresti essere a rischio di sviluppare una risposta depressiva, e sarebbe decisamente meglio intervenire in tempo.
Ti faccio tanti auguri, se vuoi aggiornaci sulla situazione e facci sapere come ti senti.
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#3]
Ex utente
La ringrazio per la risposta tempestiva, GRAZIE mille. Il mio problema sta proprio nel capire dove ho sbagliato, quanto, se ho sbagliato e se le persone vedono questi miei errori o meno, in che modo, se mi giudicano o meno. Trattenere queste idee senza balazare da un lato all'altro. Io so anche che questo "temere" per me stesso, temere gli altri e temere che gli altri si arrabbino non è per me una esperienza nuova, ma in questa situazione è come se si fosse accesa, amplificarata a più non posso. Non sono mai stato protagonista di cose "eclatanti" nella mia vita, in positivo e in negativo (molti i rimorsi). Il mio problema sta nel capire ciò che è reale (come le persone effettivamente mi vedono ora, i loro sentimenti nei miei confronti, il loro sguardo) e ciò che è nella mia testa, nel mio punto di vista: nei pensieri in cui ogni giorno e continuamente torno e ritorno (accusandomi e vergognandomi, seppur "sento" di non aver mai agito con cattiveria verso mio papà, sbagliando volutamente, visto che la nostra relazione era del tutto normale (anzi le 2 settimane della nostra vicinanza in ricovero-anche fisica-sono state per me le più belle della mia vita: mi sembra di aver tirato fuori la devozione e la stima che anche prima portavo ma che nelsl quotidianità forse non era espressa come avrei voluto). Questo non sapere come pensare di me e non sapere cosa le persone mi fanno balzare da idee del tipo "sei un assassino" a idee del tipo non è colpa di nessuno, non è colpa tua": non trovo il vero.
[#5]
"questo "temere" per me stesso, temere gli altri e temere che gli altri si arrabbino non è per me una esperienza nuova, ma in questa situazione è come se si fosse accesa, amplificata a più non posso"
Probabilmente il punto è questo, oltre al normale lutto quello che è accaduto ha portato anche al peggioramento dei timori che ci hai esposto.
Dal punto di vista razionale e oggettivo dubito davvero che qualcuno possa incolparti di qualcosa, e mi piacerebbe sapere in tutto ciò tua madre che ruolo ha e ha avuto durante la malattia di tuo padre.
Il fatto che vi siate particolarmente avvicinati durante il ricovero e il tuo timore di essere incolpato mi fanno pensare che prima il vostro rapporto non andasse a gonfie vele: forse lo percepivi come un padre esigente, che non ti valorizzava? O non ti sentivi all'altezza di quello che si aspettava da te?
Probabilmente il punto è questo, oltre al normale lutto quello che è accaduto ha portato anche al peggioramento dei timori che ci hai esposto.
Dal punto di vista razionale e oggettivo dubito davvero che qualcuno possa incolparti di qualcosa, e mi piacerebbe sapere in tutto ciò tua madre che ruolo ha e ha avuto durante la malattia di tuo padre.
Il fatto che vi siate particolarmente avvicinati durante il ricovero e il tuo timore di essere incolpato mi fanno pensare che prima il vostro rapporto non andasse a gonfie vele: forse lo percepivi come un padre esigente, che non ti valorizzava? O non ti sentivi all'altezza di quello che si aspettava da te?
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Ex utente
Purtroppo mia madre è una persona buona ma con molti limiti. Lei ha sempre avuto qualche problema a relazionarsi, anche con me e mio papà-che la consoceva molto meglio di me, e qualche limite nel "fare". Temo di non poter fare molto affidamento su di Lei, anche durante la malattia. Proprio per questo sento ancor di più il peso della mia responsablità. Per il resto il rapporto con mio padre non è di semplice definizione. Dal mio punto di vista posso dire di non essere un "santo" ma spero dimnon averlo mai deluso. Direi che il nostro rapporto era un rapporto tra genitore e figlio da adulti, ma mai volutamente o coscientemente distanti. Ancora ora lo percepisco: poche "tenerezze" (chiedo scusa per il termine ma non mi aveniva in mente altro, ma (spero) reciproca stima, fiducia: io mi sono sempre percepito simile a lui. La mancanza di mia madre (in senso di presenza emozionale e talvolta "fisica") e il mio avere tutto sommato fino ad ora "la testa sulle spalle" (bravo a scuola ecc) mi hanno fatto crescere in una certa autonomia (almeno questo è il mio colpo d'occhio): talvolta è stato un pò duro- non raro il mio confronto con le famiglie molto vicine, molto "fisiche"-intime, ma tutto sommato, ne parlavo proprio con mio padre, ero contento della mia autonomia. Comunque io ho sempre avuto ed ho massima stima per mio padre: anche quando, lo riconosco, vedevo (um pò di tristezza) in lui grandi potenzialità che purtroppo le difficoltà della vita lo avevano portato a rinunciare (una scuola che non faceva per lui, un brutto lavoro, un figlio "inaspettato")a ciò che avrebbe meritato.
[#7]
Dal momento che ti definisci "figlio inaspettato" e una delle difficoltà della vita che gli hanno fatto rinunciare a tante cose, penso che il tuo senso di colpa sia legato a questioni più datate rispetto al solo periodo della malattia.
Il mio consiglio è di monitorare la situazione e chiedere aiuto, se ti renderai conto che si complica invece di migliorare.
Il mio consiglio è di monitorare la situazione e chiedere aiuto, se ti renderai conto che si complica invece di migliorare.
[#8]
Ex utente
Ho deciso di chiedere aiuto su suo consiglio. Sento di non poter più riprendere a "vivere": il penisero della mia colpa (spesso mi ritrovo a pensare brutte cose su di me, insulti ecc), del giudizio degli altri, dei nostri errori e il mio vedere la storia della malattia come una storia sbagliata, "a-normale", piena di errori, assurda per il 2011 (non so come spiegarlo) mi fa vergognare e non vedo via di uscita. Mi fa star nmale pensare che siamo andati tardi all'ospedale attendendo quel maledetto esito della istologia. Mi fa star male pensare che posso avere avuto un momento di caduta e non aver fatto ciò avrei dovuto fare. Non sapete quanto spero che sia tutto nella mia testa e non nella realtà: il pensiero che sia vero mi spaventa in modo inimmaginabile. Come posso ricordare la morte di mio padre come un errore mio, una corsa troppo tarda al'ospedale, una trascuratezza mia?: per questo sono 3/4 mesi che chiedo a tutti il loro parere, chiedo se è colpa mia ecc. Questi pensieri mi parallizzano! da mattina appena apro gli occhi a letto fino a sera. Non so davvero come andare avanti così. Non vedo uscita. Vorrei tanto capire ciò che è successo, se mio papà è stato l'unico, cosa dovrei pensare di me e come andare avanti: sarebbe la gioia più grande della mia vita uscirepoter tirate un sospiro di sollievo che ormai pesa non so quanto scoprendo che era tutto nella mia testa, anche se temo non sia così.
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"sono 3/4 mesi che chiedo a tutti il loro parere, chiedo se è colpa mia"
Cosa ti rispondono? Immagino che ti dicano che in quel frangente la persona competente non eri tu, ma chi lo stava seguendo e che potrebbe aver commesso un errore (il condizionale è d'obbligo, perchè non è detto che il quadro clinico potesse far pensare ad un tumore e che quindi il dottore abbia sbagliato qualcosa).
A proposito del medico che lo aveva in cura, hai più parlato con lui di come è finita?
Cosa ti rispondono? Immagino che ti dicano che in quel frangente la persona competente non eri tu, ma chi lo stava seguendo e che potrebbe aver commesso un errore (il condizionale è d'obbligo, perchè non è detto che il quadro clinico potesse far pensare ad un tumore e che quindi il dottore abbia sbagliato qualcosa).
A proposito del medico che lo aveva in cura, hai più parlato con lui di come è finita?
[#11]
Ex utente
scusi ho sbagliato tasto. "questo benedetto esame che non arrivava. In quel frangente mi rimprovero di non aver visto, di non aver fatto. Non enavevo l'espeienza ma continuo a pensare che sia un mio errore che vorrei tanto pagare, scontare per poter riprendere a vivere dignitosamente. Io mi fidavo di mio papà. Non cambiava nulla dal punto di vista clinico 15 giorni di ospedale in più però questa cosa mi sta creando moltissimi problemi. Questo medico curante, pur essendo un medico chirurgo specializzato nell'apparato digerente e gastroenterologo (riceve in casa di cura e studio privato perchè è in pensione, prima ha lavorato molto in ospedale) si è comportato molto male: io sono andato a parlarci senza volerlo accusare di nulla, ma lui si è dimostrato impreparato, confuso, come se avesse sottovalutato, (poteva dirmi la verità, cioè che non si aspettava da quella sintomatologia e per l'età giovane una cosa di quel tipo e così rara, sarebeb satto un confroto anche per me) e ha detto che sarebbe stato mio padre a rifiutare un esame-posticipandolo-(io lo conosco, è impossibile, più o meno una cosa simile l ho fatta io 1 18 anni da solo in più andava a pagamento!)..anche questo mi ha molto deluso e mi rimprovero di non aver chiesto di più su questo dottore che sulla carta ci ispirava massima fiducia (ci era stato consigliato da una amica di mio papà, era il fratello di un medico di base che a lungo ha seguito la nostra famiglia, solo dopo è uscito che secondo molti non è bravo: io però non lo sapevo assolutamente). Non sapevo nemmeno cosa era una colonscopia Ottobre/Novembvre. Tuttavia questo incubo dell'essere andato 15/20 giorni troppo tardi in ospedale non mi fa star bene: parlo con un parente e mi rassicura (e qui dopo ebbrezza iniziale del tornare alla vita provo senso di colpa del "star meglio" con la paura di ricadere e di vedere troppo facilmente l'accaduto) e tiro il fiato poi cado ancora nei mei pensieri, e tutto torna buio, marchiato.
[#12]
Se il problema fosse solo stabilire se oggettivamente hai sbagliato qualcosa penso che la questione sarebbe presto risolta, dal momento che non avevi gli strumenti per valutare la situazione e intervenire.
E' inutile anche giudicare l'accaduto alla luce delle conseguenze, perchè in quel momento nulla vi faceva pensare o anche minimamente sospettare che la situazione fosse più grave di quanto apparisse.
Spero che chiederai aiuto ad uno psicologo anche di persona e che ci farai avere tue notizie!
E' inutile anche giudicare l'accaduto alla luce delle conseguenze, perchè in quel momento nulla vi faceva pensare o anche minimamente sospettare che la situazione fosse più grave di quanto apparisse.
Spero che chiederai aiuto ad uno psicologo anche di persona e che ci farai avere tue notizie!
[#13]
Ex utente
Grazie mille, di cuore. Mi sono rivolto ad un terapeuta e ho fatto le prime 2 sedute di tipo esplorativo in cui ho toccato un pò a ruota libera questa vicenda ed anche altro (rapporto coi genitori, con me stesso ecc). Per ora non ho ricevuto dallo psicologo particolari suggerimenti e confesso che l'attesa è un pò snervante ma capisco che ci vuole tempo.
Mi rendo conto di aver commesso degli errori; ad esempio averi potuto intuire le cose un pò prima e suggerire a mio papà un ricovero 15-20 giorni prima. Mi rendo conto che non sarebbe cambato nilla ma sento in me un peso grandissimo per questo mio errore non cenrtamente volontario. E sento il peso dello sguardo su di me. Il mio mettere in dubbio ogni cosa e il mio tornare e tornare sempre su questo pensiero tutto il giorno mette in corto le poche certezze che prima avevo (es la bontà del rapporto con mio padre: trovo sollievo quando qualcuno mi consola e cerca di spiegare come non ho sbagliato nulla, ma alcuni pensieri come delle lance mi colpiscono: avrei potuto informarmi di più quando non si pensava assolutamente ad una malattia grave (e nemmeno il medico lo aveva capito), avrei dovuto non permettere una persistenza dei sintomi, avrei insomma dovuto "interessarmi" di più? purtroppo anche i ricordi di quei mesi Ottobre/Novembre/Dicembre non sono molti e sono cunfusi, forse damio tornarci sempre su, cercare e ricercare, valutare giudicare..non so..a volte mi ritrovo ad insultarmi, desiderare di scomparire e dire: preferisco sapere che è colpa mia piuttosto che questo limbo, questo stato in cui di minuto in minuto peniseri mi cosncolano e pensieri mi accusano. Spero di essermi spiegato, ho cercato di dire tutto
Mi rendo conto di aver commesso degli errori; ad esempio averi potuto intuire le cose un pò prima e suggerire a mio papà un ricovero 15-20 giorni prima. Mi rendo conto che non sarebbe cambato nilla ma sento in me un peso grandissimo per questo mio errore non cenrtamente volontario. E sento il peso dello sguardo su di me. Il mio mettere in dubbio ogni cosa e il mio tornare e tornare sempre su questo pensiero tutto il giorno mette in corto le poche certezze che prima avevo (es la bontà del rapporto con mio padre: trovo sollievo quando qualcuno mi consola e cerca di spiegare come non ho sbagliato nulla, ma alcuni pensieri come delle lance mi colpiscono: avrei potuto informarmi di più quando non si pensava assolutamente ad una malattia grave (e nemmeno il medico lo aveva capito), avrei dovuto non permettere una persistenza dei sintomi, avrei insomma dovuto "interessarmi" di più? purtroppo anche i ricordi di quei mesi Ottobre/Novembre/Dicembre non sono molti e sono cunfusi, forse damio tornarci sempre su, cercare e ricercare, valutare giudicare..non so..a volte mi ritrovo ad insultarmi, desiderare di scomparire e dire: preferisco sapere che è colpa mia piuttosto che questo limbo, questo stato in cui di minuto in minuto peniseri mi cosncolano e pensieri mi accusano. Spero di essermi spiegato, ho cercato di dire tutto
[#15]
"preferisco sapere che è colpa mia piuttosto che questo limbo, questo stato in cui di minuto in minuto peniseri mi cosncolano e pensieri mi accusano"
Gent.le ragazzo,
nel tentativo di interrompere le sue rimuginazioni lei ha scelto di condannarsi perché se si assolve dovrebbe fare i conti con i suoi sensi di colpa.
Credo che la psicoterapia potrà offrirle l'opportunità di sospendere l'atteggiamento giudicante nei suoi confronti, consentendole di ripristinare modalità corrette di decodifica della sua esperienza che, attualmente, sono distorte dalla sofferenza derivante dalla perdita di suo padre e le impediscono di metabolizzare il lutto serenamente.
Gent.le ragazzo,
nel tentativo di interrompere le sue rimuginazioni lei ha scelto di condannarsi perché se si assolve dovrebbe fare i conti con i suoi sensi di colpa.
Credo che la psicoterapia potrà offrirle l'opportunità di sospendere l'atteggiamento giudicante nei suoi confronti, consentendole di ripristinare modalità corrette di decodifica della sua esperienza che, attualmente, sono distorte dalla sofferenza derivante dalla perdita di suo padre e le impediscono di metabolizzare il lutto serenamente.
Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it
[#17]
Ex utente
Salve. Scrivo dopo un pò di tempo per tenervi aggiornato sulla situazione. Ho fatto 3 sedute, in cui ho parlato sostanzialmete solo io e per ora non ho avuto particoalri indicazioni dallo psicologo. Credtete sia giusto così? devo attendere ancora un pò? Purtroppo il mio sentirmi responsabile persiste e si traduce spesso in un sentirmi ancora più inferiore rispetto agli altri: è come se mi sentissi marchiato, come se la mia vita fosse finita a 23 anni, in stasi, mentre osservo tutti continuare le loro vite. Come posso vivere così? non vedo vie di uscita, nemmeno le più tragiche mi sono possibili. A volte penso che ho ancora tantissime cose che vorrei fare nella mia vita: tanti sogni, piccole cose, anche nella quotidianità. Rivvorei la mia vita di 6 mesi fa. Ora questa non è vita. La speranza di liberarmi da questi pesi che mi porto dietro, capendo forse che ho esagetato il tutto (quanto lo spero..!), è la cosa cosa che mi tiene in vita giorno dopo giorno ma la fatica si fa sentire forte (dubbi sul mio comportamento, sensazione di non aver il diritto ad andare avanti,vergogna, bassa autostima, nervosismo, desiderio di chiedere il parere altrui, sono onnipresenti): sento una certa urgenza di scoprire (lo spero..) di non essere coinvolto nelle sofferenze che il mio papà ha sofferto (nel produrle). Il mio traguardo sarebbe capire che la dove ho sbagliato l'ho fatto (in buona fede, o magari anche spinto da mie difficoltà del momento chissà) poichè la situazione mi ha permesso di farlo e le mie colpe sono di "contorno" alla malattia, alla brutta vicenda: errori che tutti possono compiere nella quotidianità. Purtroppo i mesi passano e ancora non riesco a vedere bene la vicenda, narrarmela.
[#18]
Devi avere un po' di pazienza, hai fatto la scelta giusta ma non puoi pensare di risolvere in 3 sedute.
Penso che lo psicologo stia valutando la tua situazione, come di solito avviene nei primi incontri, e che per questo ti abbia lasciato parlare molto.
Come ti sei trovato?
Penso che lo psicologo stia valutando la tua situazione, come di solito avviene nei primi incontri, e che per questo ti abbia lasciato parlare molto.
Come ti sei trovato?
[#19]
La psicoterapia ti sarà utile proprio in questo senso ad elaborare il tuo vissuto relativo a questa vicenda e a comprendere come mai tutto questo ti fa sentire di avere delle "colpe da espiare" oltre che accettare la perdita di tuo padre, evitando di annichilire la tu autostima.
[#20]
Ex utente
Io mi sono trovato bene, nel senso che non ho avuto (credo) problemi ad aprirmi e ho raccontato molte cose, anche al di la di questo episodio, sotto sua richiesta. Lo psicologo per ora mi ha detto davvero poco, "capisco il tuo stato d'animo, è comprensilbie, ci vuole tempo" e un pò mi ha spaventato: mi domanda sempre se dietro quel "è comprensibile" non mi voglia dire che effettivamente ho commesso errori ecc.
In queste settimane ho sentito anche molte persone vicine alla chiesa cattolica (io credo nelle perosne quindi credo che chiunque disposto a spendere un pò del suo tempo per ascoltarmi possa darmi una mano), per avere una loro opinione ma faccio davero fatica a "farmi convincere". a far si che il sollievo che posso provare dopo un colloquio con un amico, un parente, n prete duri per più di un ora...basta un pensiero che tutto crolla. Il mio tormento è la paura di essermi comportato male, di esser stato un "cattivo folgio" al momento del bisogno, di esser stato superbp ecc. Alla memoria ho sempre un episodio in cui, non sapendo certo la gravità del male, mi sono un pò lamentato con 2 amici per il fatto che in casa "si parlava solo di quello" e un altro in cui, forse un pò irritato dal momento, ho detto ammio papà di provare a fare un giretto, di pensare alle persone che stanno tanto male in ospedale, così per scuoterlo un pò (poi ricordo di avergli fatto capire che ra un momentaccio per me). Se avessi saputo la diagnosi corretta nulla di tutto ciò avrei fatto, però il dubbio sul mio comportamento mi fa star male.
ps: grazie mille per le risposte tempestive
In queste settimane ho sentito anche molte persone vicine alla chiesa cattolica (io credo nelle perosne quindi credo che chiunque disposto a spendere un pò del suo tempo per ascoltarmi possa darmi una mano), per avere una loro opinione ma faccio davero fatica a "farmi convincere". a far si che il sollievo che posso provare dopo un colloquio con un amico, un parente, n prete duri per più di un ora...basta un pensiero che tutto crolla. Il mio tormento è la paura di essermi comportato male, di esser stato un "cattivo folgio" al momento del bisogno, di esser stato superbp ecc. Alla memoria ho sempre un episodio in cui, non sapendo certo la gravità del male, mi sono un pò lamentato con 2 amici per il fatto che in casa "si parlava solo di quello" e un altro in cui, forse un pò irritato dal momento, ho detto ammio papà di provare a fare un giretto, di pensare alle persone che stanno tanto male in ospedale, così per scuoterlo un pò (poi ricordo di avergli fatto capire che ra un momentaccio per me). Se avessi saputo la diagnosi corretta nulla di tutto ciò avrei fatto, però il dubbio sul mio comportamento mi fa star male.
ps: grazie mille per le risposte tempestive
[#21]
Se continui ad attribuire agli altri il compito di "lavarti la coscienza dai sensi di colpa" stai solo rinviando di affrontare il vero problema: tu non sei disposto a perdonarti e questo non ti fa andare né avanti né indietro e sopratutto ti sta portando a proiettare sugli altri (amici, sacerdoti, terapeuti) quei giudizi che nascono dentro di te.
[#22]
Dietro a quel "è comprensibile" c'è solamente la constatazione di come il tuo sia uno dei casi in cui le persone colpite da un lutto tendono ad attribuirsi colpe che non hanno e a pensare che l'accaduto sia colpa loro, che potrebbero aver fatto di più per la persona defunta ecc.
Durante la prossima seduta chiedilo direttamente allo psicologo, penso proprio che ti risponderà che intendeva questo.
Anche le osservazioni che hai fatto a tuo padre e ora ti appaiono crudeli, perchè sai com'è andata a finire, erano probabilmente adeguate nel momento in cui sembrava che tuo padre non soffrisse certo di un grave male, e se fosse stata confermata la diagnosi iniziale le vedresti anche tu in quel modo.
Durante la prossima seduta chiedilo direttamente allo psicologo, penso proprio che ti risponderà che intendeva questo.
Anche le osservazioni che hai fatto a tuo padre e ora ti appaiono crudeli, perchè sai com'è andata a finire, erano probabilmente adeguate nel momento in cui sembrava che tuo padre non soffrisse certo di un grave male, e se fosse stata confermata la diagnosi iniziale le vedresti anche tu in quel modo.
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Ex utente
Ringrazio di nuovo, di cuore, per le tempestive risposte che mi avete dato. In riferimento alla sua risposta, Dottoressa Campione, penso anche io che alla fine dovrò io "girare la chiave"; forse sono un pò insicuro e ho un pò di bassa autostima e mi concetro su ciò che io percepisco come errori, sul male. Non so. Il mio chidere aiuto ad amici ed altri (ed anche il provare vergogna) credo almeno in parte stia proprio nel cercare di capire: se in quella occasione ho sbagliato o meno, "in che misura", quale il rapporto con le conseguenze ecc. Perchè da solo la mente tende ad andare per conto suo e fatico a costrirmi "una narrazione" della cosa (che sia duratura, non so come dire, ragionevole. O forse ho timore del risultato? non saprei..). è come non aver appigli e mettere in dubbio tutto (sono una brava persona? volevo bene a mio padre? ho visto? potevo vedere? perchè non ho fatto questo o quello?). Certo che quando le persone a me care mi rassicurano mi fanno star bene al momento ma poi tutto torna come prima, cade, crolla. Sicuramente come mi avete detto è dovuto al fatto che sono io che devo fare i miei passi dentro me (perdonarmi, rendermi conto). Tuttavia senza sapere cosa è gigante, cosa è piccolo, cosa era ragionevole, cosa non lo era, (assassino o vittima, cattivo figlio o "normale") e a volte non ricordando nemmeno lucidamente i fatti, le vicende, i momenti, gli stati d'animo dei mesi precedenti alla perdita da solo tutto ciò mi è difficilissimo. Per questo mi è difficile uscire da questo limbo. Vivo in libertà ma sento di dovermi punire, senza purtroppo capirne i modi. (Grazie ancora per le risposte, di tutti)
Questo consulto ha ricevuto 24 risposte e 7.4k visite dal 14/04/2011.
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