Successo della terapia
Ho da poco iniziato una terapia cognitivo comportamentale per un problema di ansia prima di incontrare gente per motivi di lavoro o per semplici incontri. A causa dell'ansia ho negli ultimi tempi considerevolmente ridotto la mia vita sociale e professionale all'essenziale. Ho fatto già due sedute il dottore mi sembra bravo, mi ascolta, mi lascia parlare, mi fa domande per capire meglio e sembra interessato al mio problema. Devo però ammettere che seduta dopo seduta sono costretto ad aprirmi sempre più, a parlare di me e a rivelare i miei “lati oscuri”… tutto questo mi spaventa, temo di essere giudicato o di essere visto con occhi diversi dal mio psicologo. Non ho nulla di cui vergognarmi – sia chiaro – ma essendo una persona troppo riservata tendo a sfuggire al giudizio altrui, cercando di espormi il meno possibile. Probabilmente la mia ansia dipende anche da questo mio lato del carattere, ma dover forzarmi per risolvere il mio problema mi spaventa un poco. Per me queste sedute sono una scelta che ho deciso di fare perché vorrei risolvere il mio problema e affrontare le difficoltà quotidiane con serenità e risolutezza. Alle volte però mi chiedo se questa terapia sarà veramente efficace, se semplici colloqui potranno aiutarmi a liberarmi di un peso che sta condizionando tanto la mia vita e che non capisco da dove si origini. In definitiva: posso o devo parlare liberamente con il mio medico? E poi quante possibilità ci sono che la terapia abbia successo? Vi prego di aiutarmi… a volte mi sembra che convivere con questa ansia sia come vivere a metà.
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Gent.le utente,
quelli che lei definisce semplici colloqui sono lo spazio protetto all'interno del quale può condividere il suo vissuto, attivando un processo di elaborazione della sua esperienza che in un'atmosfera non giudicante creata dal terapeuta, le consentirà di aprirsi, rispettando i suoi tempi, progressivamente sempre di più.
Lo psicologo-psicoterapeutea non è un medico e l'efficacia della psicoterapia dipende da molti fattori: la motivazione al cambiamento del cliente, la qualità dellla presenza del terapeuta, il rapporto di fiducia tra terapeuta e cliente e le resistenze che si attiveranno dentro di lei al processo di cambiamento.
Spero di averle offerto qualche spunto di riflessione da approfondire in psicoterapia.
quelli che lei definisce semplici colloqui sono lo spazio protetto all'interno del quale può condividere il suo vissuto, attivando un processo di elaborazione della sua esperienza che in un'atmosfera non giudicante creata dal terapeuta, le consentirà di aprirsi, rispettando i suoi tempi, progressivamente sempre di più.
Lo psicologo-psicoterapeutea non è un medico e l'efficacia della psicoterapia dipende da molti fattori: la motivazione al cambiamento del cliente, la qualità dellla presenza del terapeuta, il rapporto di fiducia tra terapeuta e cliente e le resistenze che si attiveranno dentro di lei al processo di cambiamento.
Spero di averle offerto qualche spunto di riflessione da approfondire in psicoterapia.
Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it
[#2]
Ex utente
Grazie per gli interessanti spunti. Forse ha toccato un punto dolente: quanto sono convinto io di cambiare? cioè io ho a che fare con la paura di sentirmi male quando sono con gli altri e questo mi porta a ridurre i momenti di condivisione con gli altri, soprattutto se poco conosciuti. questo problema per me è come un'ombra, sono io stesso che la produco ma non riesco a liberarmene per quanto io mi sforzi di non farci caso. è una specie di nemico che mi prende alle spalle... lei mi parla di "motivazione al cambiamento"... quale può essere il cambiamento che devo attuare se questo nemico in fondo per me è ancora oscuro? da parte mia c'è la volontà di parlare con lo psicologo di tutte le mie situazioni di disagio, dei miei vissuti dolorosi... ma poi? come posso diventare protagonista del successo della mia terapia? la scelta di andare dallo psicologo è per me importante visto che sto cercando di mettere soldi da parte, nonostante lavori (ingiustamente) da precario. cosa posso fare in più per rendere fruttuosa la mia terapia?
[#3]
Ex utente
ciò che scatena la mia ansia, se ci penso bene, è la paura di essere giudicato, di non essere accettato, di essere emarginato... forse perchè ho sperimentato da piccolo il rifiuto del gruppo. Invece mi rassicura il sentirmi compreso, accettato, stimato e capito nei miei aspetti anche più goffi e particolari... e quando mi sento compreso allora la mia ansia si riduce notevolmente. però come posso pretendere da colleghi freddi e ambiziosi un clima familiare, se loro per primi pensano solo a loro stessi?
[#4]
>>> però come posso pretendere da colleghi freddi e ambiziosi un clima familiare
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Non deve. Nell'ambiente lavorativo i contatti caldi e familiari sono un'eccezione, un di più che quando c'è, bene, ma non è la norma. Dovrà cercare la sua soddisfazione relazionale altrove, non dove lavora. Ma queste cose gliele dirà anche il collega da cui sta andando.
La paura del rifiuto è in realtà qualcosa di più di una paura. Ricerche recenti mostrano che quando ci si sente rifiutati si attivano nel cervello anche reazioni identiche al dolore fisico. Quindi il lavoro che dovrà fare consisterà nel diventare progressivamente meno sensibile, nel farsi venire un po' di "callo" sociale e diventare più resistente alle critiche.
Oltre a questo dovrà essere aiutato a riordinare le sue priorità e a capire che la motivazione al miglioramento può venire solo da dentro lei stesso, non può esserle infusa dall'esterno. In altre parole, lo psicologo bravo sarà quello che le mostrerà cosa fare, rendendoglielo il più acettabile possibile, ma non potrà farlo al suo posto.
Cordiali saluti
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Non deve. Nell'ambiente lavorativo i contatti caldi e familiari sono un'eccezione, un di più che quando c'è, bene, ma non è la norma. Dovrà cercare la sua soddisfazione relazionale altrove, non dove lavora. Ma queste cose gliele dirà anche il collega da cui sta andando.
La paura del rifiuto è in realtà qualcosa di più di una paura. Ricerche recenti mostrano che quando ci si sente rifiutati si attivano nel cervello anche reazioni identiche al dolore fisico. Quindi il lavoro che dovrà fare consisterà nel diventare progressivamente meno sensibile, nel farsi venire un po' di "callo" sociale e diventare più resistente alle critiche.
Oltre a questo dovrà essere aiutato a riordinare le sue priorità e a capire che la motivazione al miglioramento può venire solo da dentro lei stesso, non può esserle infusa dall'esterno. In altre parole, lo psicologo bravo sarà quello che le mostrerà cosa fare, rendendoglielo il più acettabile possibile, ma non potrà farlo al suo posto.
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#5]
Ex utente
ma nonostante la mia ferma volontà di cambiare e di superare le mie difficoltà di timidezza e ansia, come posso contrastare la sensazione di sentirmi male prima di una riunione per esempio? ci sono cose che sembrano non dipendere dalla mia volontà, come il batticuore prima di entrare sul luogo di lavoro o il timore di incrociare uno dei capi. da parte mia posso fare lo sforzo di non evitare queste situazioni, ma poi? se dovessi sentire di non farcela e di mettere in atto strategie di evitamento?
[#6]
Lei ha detto di aver appena iniziato una psicoterapia cognitivo-comportamentale. Questa è una terapia attiva e prescrittiva, dove dovrebbe ricevere indicazioni comportamentali precise su cosa fare o non fare, oltre all'ascolto.
Alcuni terapeuti usano le prime sedute per inquadrare bene il problema e poi dare le indicazioni. Quindi dovrebbe parlarne con il suo terapeuta.
Cordiali saluti
Alcuni terapeuti usano le prime sedute per inquadrare bene il problema e poi dare le indicazioni. Quindi dovrebbe parlarne con il suo terapeuta.
Cordiali saluti
[#7]
Ex utente
infatti sono ancora nella fase di inquadramento del mio problema da parte del terapeuta. però la vita scorre nel frattempo e nella mia testa ogni tanto si insinua il dubbio sull'efficacia della terapia: servirà a risolvere effettivamente il mio problema? cosa posso fare da parte mia per permettere che la terapia vada a buon fine?
[#8]
>>> cosa posso fare da parte mia per permettere che la terapia vada a buon fine?
>>>
Imparare ad affidarsi, accettando nel contempo la possibilità che la sua terapia non funzioni.
Se riuscisse a fare questo, sarebbe già guarito per un buon 50%.
Cordiali saluti
>>>
Imparare ad affidarsi, accettando nel contempo la possibilità che la sua terapia non funzioni.
Se riuscisse a fare questo, sarebbe già guarito per un buon 50%.
Cordiali saluti
[#10]
Impari a stare all'interno della relazione col suo psicoterapeuta. Lei attualmente sta pagando in termini economici ed emotivi, ed è ansioso dei risultati. Non usi questo forum per cercare conferme: non farà altro che alimentare i suoi dubbi.
Intraprendere un percorso di crescita e cambiamento non è mai stato divertente per nessuno: è per questo che occorre tempo.
In questo momento è come se lei stesse annaspando, ha paura di "affogare" dentro di sè. Starà meglio quando, anche grazie alla psicoterapia, imparerà a tuffarsi e "nuotare" nella propria vita e scoprirà che in alcuni momenti, liberi da paure...si può "respirare sott'acqua"!
In bocca al lupo e arrivederci
Intraprendere un percorso di crescita e cambiamento non è mai stato divertente per nessuno: è per questo che occorre tempo.
In questo momento è come se lei stesse annaspando, ha paura di "affogare" dentro di sè. Starà meglio quando, anche grazie alla psicoterapia, imparerà a tuffarsi e "nuotare" nella propria vita e scoprirà che in alcuni momenti, liberi da paure...si può "respirare sott'acqua"!
In bocca al lupo e arrivederci
Dr. Roberto Fantasia
www.psicologo-fantasia.com
[#11]
Ex utente
Grazie a tutti per le risposte. La terapia sta andando avanti e si vedono i primi risultati. Vorrei sapere però perchè il mio psicologo, pur essendo cognitivo-comportamentale, si sta concentrando sul mio passato e mi fa continuamente domande sulla mia famiglia. La terapia cognitiva non si concentrava sui sintomi? qui invece mi sembra di fare un lavoro psicoanalitico. cosa ne pensate?
[#15]
Ex utente
un'altra cosa: il mio malessere dura ormai da circa 2 anni, tra alti e bassi, e solo ora comincio a venirne a capo. ho però timore che questo lungo periodo, che mi ha portato un po' a isolarmi e a vivere quasi in una campana di vetro, possa lasciare dei segni. oppure posso avere la speranza di riprendere la mia vita tra le mani?
[#16]
Gent.le utente,
le domande sul passato hanno senso anche se fatte da uno psicanalista, non sono una tecnica e non vanno estrapolate dal contesto del colloquio terapeutico.
Per quanto riguarda la seconda domanda se la psicoterapia è efficace determina il recupero del potere personale e l'evoluzione verso una completa realizzazione di sé stessi, quindi il cambiamento se è autentico coinvolgerà il suo modo di essere, perchè nascerà dentro di lei.
le domande sul passato hanno senso anche se fatte da uno psicanalista, non sono una tecnica e non vanno estrapolate dal contesto del colloquio terapeutico.
Per quanto riguarda la seconda domanda se la psicoterapia è efficace determina il recupero del potere personale e l'evoluzione verso una completa realizzazione di sé stessi, quindi il cambiamento se è autentico coinvolgerà il suo modo di essere, perchè nascerà dentro di lei.
Questo consulto ha ricevuto 16 risposte e 3.5k visite dal 10/04/2011.
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.