Resistenza alla psicoterapia
Salve, sono una ragazza di 21 anni. Soffro di attacchi di panico, agorafobia, conseguente depressione da ormai 4 anni.
Premetto la mia storia clinica: primo attacco di panico a 18 anni, mi sono rivolta ad una psicoterapeuta a cui mi ero già affidata durante l'adolescenza per disturbi ossessivo-compulsivi. Mi è stata proposta una terapia familiare (già fatta durante l'adolescenza) ma ho rifiutato perchè è stata negativa come esperienza. Dall'esordio del mio primo attacco di panico c'è stata una regressione fino a non riuscire più ad uscire di casa, così mi sono rivolta così alla mia attuale psicoterapista, da 3 anni proseguo con lei in un percorso di psicoanalisi e al mio psichiatra che mi ha dignosticato una nevrosi fobica e somministrato xanax (0, 75 ak giorno) e paroxetina (0,20 al giorno) che tuttora prendo. I primi risultati ottenuti dall'unione delle terapie sono stati ottimi, tanto che in pochi mesi sono riuscita a gestire i sintomi e a vivere una vita del tutto "normale". Per un anno e mezzo sono stata bene, riuscivo a gestire l'ansia e ho scalato i medicinali. Poi mi sno stabilizzata sentimentalmente, ho subito un lutto e la situazione è iniziata a regredire lentamente. In un anno sono passata dallo state completamente bene alla situazione iniziale: totale chiusura, non riuscire ad uscire di casa, forti fobie specifiche, continua stanchezza e pensieri negativi. Il mio psichiatra mi ha detto di continuare con le stesse dosi, e aspettare (dopo un anno mi aspetto un intervento meno passivo) invece il percorso con la mia terapeuta continua, siamo sempre più vicine al nocciolo della questione.
Il punto cruciale è la mia forte resistenza, che ho iniziato a presentare da un mese, anche alla psicoterapia. Ho enormi difficoltà ad andare, e sempre più spesso salto le sedute perchè mi blocco prima di uscire. Il mio rapporto con la terapia è ambivalente: voglio continuarla, ma dall'altra parte vorrei essere 'lasciata in pace'perchè ho una fortissima paura di affrontare le mie sfferenza. Sono conscia di questa resistenza, e sto lavorandoci su con la terapeuta. Mi chiedo però se è normale una resistenza tale? Se non sia il caso di cambiare terapia, per cercarne un altra in cui ho meno resistenza?ad esempio ho letto delle terapie strategiche brevi, potrebbero essere il giusto intervento ora o è consigliabile non cambiare la terapia iniziata?
In qualunque caso come posso superarle? Posso risolvere i miei problemi?
Pongo queste domande, che posson sembrare banali, perchè sono ignorante nel campo e sono angosciata dall'entità della situazione e le mie speranze di risolvere i problemi diminuiscono. Io vorrei continuare e portare a termine il percorso iniziato con la mia terapista, ma se può essere utile una terapia di altro tipo, la intraprenderei. Non so a chi rivolgermi per consigli di questo tipo (il mio psichiatra non si espone), confido in vostre risposte.
Premetto la mia storia clinica: primo attacco di panico a 18 anni, mi sono rivolta ad una psicoterapeuta a cui mi ero già affidata durante l'adolescenza per disturbi ossessivo-compulsivi. Mi è stata proposta una terapia familiare (già fatta durante l'adolescenza) ma ho rifiutato perchè è stata negativa come esperienza. Dall'esordio del mio primo attacco di panico c'è stata una regressione fino a non riuscire più ad uscire di casa, così mi sono rivolta così alla mia attuale psicoterapista, da 3 anni proseguo con lei in un percorso di psicoanalisi e al mio psichiatra che mi ha dignosticato una nevrosi fobica e somministrato xanax (0, 75 ak giorno) e paroxetina (0,20 al giorno) che tuttora prendo. I primi risultati ottenuti dall'unione delle terapie sono stati ottimi, tanto che in pochi mesi sono riuscita a gestire i sintomi e a vivere una vita del tutto "normale". Per un anno e mezzo sono stata bene, riuscivo a gestire l'ansia e ho scalato i medicinali. Poi mi sno stabilizzata sentimentalmente, ho subito un lutto e la situazione è iniziata a regredire lentamente. In un anno sono passata dallo state completamente bene alla situazione iniziale: totale chiusura, non riuscire ad uscire di casa, forti fobie specifiche, continua stanchezza e pensieri negativi. Il mio psichiatra mi ha detto di continuare con le stesse dosi, e aspettare (dopo un anno mi aspetto un intervento meno passivo) invece il percorso con la mia terapeuta continua, siamo sempre più vicine al nocciolo della questione.
Il punto cruciale è la mia forte resistenza, che ho iniziato a presentare da un mese, anche alla psicoterapia. Ho enormi difficoltà ad andare, e sempre più spesso salto le sedute perchè mi blocco prima di uscire. Il mio rapporto con la terapia è ambivalente: voglio continuarla, ma dall'altra parte vorrei essere 'lasciata in pace'perchè ho una fortissima paura di affrontare le mie sfferenza. Sono conscia di questa resistenza, e sto lavorandoci su con la terapeuta. Mi chiedo però se è normale una resistenza tale? Se non sia il caso di cambiare terapia, per cercarne un altra in cui ho meno resistenza?ad esempio ho letto delle terapie strategiche brevi, potrebbero essere il giusto intervento ora o è consigliabile non cambiare la terapia iniziata?
In qualunque caso come posso superarle? Posso risolvere i miei problemi?
Pongo queste domande, che posson sembrare banali, perchè sono ignorante nel campo e sono angosciata dall'entità della situazione e le mie speranze di risolvere i problemi diminuiscono. Io vorrei continuare e portare a termine il percorso iniziato con la mia terapista, ma se può essere utile una terapia di altro tipo, la intraprenderei. Non so a chi rivolgermi per consigli di questo tipo (il mio psichiatra non si espone), confido in vostre risposte.
[#1]
La terapia breve strategica è in generale molto indicata per ansia e panico. Trattandosi di un intervento breve, se decidesse di provarla non sarebbe costretta a lasciare il suo attuale terapeuta, se entrambi fossero d'accordo. Si tratta di interventi diversi da quello psicoanalitico. Ne parli magari con lui e nel frattempo può informarsi leggendo qui:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/376-che-cos-e-la-psicoterapia-breve-strategica.html
http://www.giuseppesantonocito.it/art_psicoterapia.htm
Cordiali saluti
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/376-che-cos-e-la-psicoterapia-breve-strategica.html
http://www.giuseppesantonocito.it/art_psicoterapia.htm
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#3]
Aiutare il paziente a non rimanere intrappolato nelle sue resistenze è anche compito del terapeuta. È chiaro anche, però, che nessun terapeuta la inviterà ad andare in terapia, questa è una decisione che solo lei può prendere.
La terapia breve strategica dedica comunque un'attenzione particolare al tema della resistenza e al suo disinnesco.
Cordiali saluti
La terapia breve strategica dedica comunque un'attenzione particolare al tema della resistenza e al suo disinnesco.
Cordiali saluti
[#4]
Mi colpisce che parli di forte resistenza attribuendola solo ad una tua paura. La psicoterapia è una relazione a due, quindi dipende anche dalla tua terapeuta superare questa situazione di stallo, soprattutto se si è creata una buona relazione tra di voi.
Cari saluti
Cari saluti
Dr.ssa Rossella Chiusolo
www.psicologa-aprilia-albano.com
333 4869659
[#6]
>>> Cosa potrebbe fare la mia terapeuta?
>>>
Niente, purtroppo, se è lei a decidere di non andare.
Ciò che un terapeuta non può e non dovrebbe fare è cercare di convincere un paziente ad andare in terapia.
Potrà magari cercare di farle capire quanto sia inutile andarci solo quando "le va", la prossima volta che la rivedrà, ma non molto più di questo.
È controproducente tentare di aiutare chi non vuol essere aiutato.
Cordiali saluti
>>>
Niente, purtroppo, se è lei a decidere di non andare.
Ciò che un terapeuta non può e non dovrebbe fare è cercare di convincere un paziente ad andare in terapia.
Potrà magari cercare di farle capire quanto sia inutile andarci solo quando "le va", la prossima volta che la rivedrà, ma non molto più di questo.
È controproducente tentare di aiutare chi non vuol essere aiutato.
Cordiali saluti
[#7]
il percorso con la mia terapeuta continua, siamo sempre più vicine al nocciolo della questione.
Il mio rapporto con la terapia è ambivalente
Sono conscia di questa resistenza, e sto lavorandoci su con la terapeuta. Mi chiedo però se è normale una resistenza tale? Se non sia il caso di cambiare terapia, per cercarne un altra in cui ho meno resistenza?
Gentile ragazza,
lei ha sintetizzato molto bene il punto in cui è giunta nella sua psicoterapia, e si trova proprio vicina al nocciolo, cioè nel momento più difficile del percorso, ma anche nel momento in cui, lavorando con la sua terapeuta e condividendo con lei le sofferenze attuali e passate, può prodursi il cambiamento tanto cercato.
Non esistono terapie dove non ci si imbatta nella resistenza, fa parte del processo di cambiamento, che a volte si presenta così arduo.
Faccia tesoro del lavoro svolto fin'ora e riconosca a se stessa la fatica e l'impegno che le ha richiesto per trovare l'energia necessaria a superare questo momento di difficoltà.
Cari saluti
Il mio rapporto con la terapia è ambivalente
Sono conscia di questa resistenza, e sto lavorandoci su con la terapeuta. Mi chiedo però se è normale una resistenza tale? Se non sia il caso di cambiare terapia, per cercarne un altra in cui ho meno resistenza?
Gentile ragazza,
lei ha sintetizzato molto bene il punto in cui è giunta nella sua psicoterapia, e si trova proprio vicina al nocciolo, cioè nel momento più difficile del percorso, ma anche nel momento in cui, lavorando con la sua terapeuta e condividendo con lei le sofferenze attuali e passate, può prodursi il cambiamento tanto cercato.
Non esistono terapie dove non ci si imbatta nella resistenza, fa parte del processo di cambiamento, che a volte si presenta così arduo.
Faccia tesoro del lavoro svolto fin'ora e riconosca a se stessa la fatica e l'impegno che le ha richiesto per trovare l'energia necessaria a superare questo momento di difficoltà.
Cari saluti
Dr.ssa Federica Meriggioli - Psicologa Psicoterapeuta
Via Roma 131, Spinea Ve
Tel. 3498534295 www.federicameriggioli.com
[#8]
>> Cosa potrebbe fare la mia terapeuta?
Niente, non ci sono formule concrete da seguire soprattutto se è lei a saltare le sedute.
Piuttosto la invito a riflettere su quanto si sente rassicurata e accolta dalla sua terapeuta e dalla relazione che si è creata con lei.
Se sente che per lei la sua terapeuta è un buon sostegno non ha senso cambiare terapia potrebbe tutto al più intraprendere parallelamente una terapia di tipo cognitivo-comportamentale molto consigliata per il disturbo di panico.
Cari saluti
Niente, non ci sono formule concrete da seguire soprattutto se è lei a saltare le sedute.
Piuttosto la invito a riflettere su quanto si sente rassicurata e accolta dalla sua terapeuta e dalla relazione che si è creata con lei.
Se sente che per lei la sua terapeuta è un buon sostegno non ha senso cambiare terapia potrebbe tutto al più intraprendere parallelamente una terapia di tipo cognitivo-comportamentale molto consigliata per il disturbo di panico.
Cari saluti
Questo consulto ha ricevuto 8 risposte e 6.6k visite dal 07/04/2011.
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