Situazione affettiva
Salve,
mi scuso anticipatamente per il disturbo e perché sono consapevole sin d’ora che sarò prolissa.
La molla che mi spinge a scrivervi è la mia situazione sentimentale, anche se i problemi che ho sono molteplici e si sono manifestati per la prima volta sette anni fa.
Sto con un ragazzo da 9 anni or sono; quando ci siamo conosciuti eravamo poco più che ragazzini, ma già all’epoca le nostre diversità erano più che evidenti.
La nostra è sempre stata una storia a distanza perché abbiamo portato avanti gli studi universitari in due città diverse e, prescindendo da una gelosia iniziale, ci siamo sempre dati i nostri spazi.
Io, però, nel 2001 ho avuto una grave forma di attacchi di panico, caratterizzata da una forte ipocondria (ormai al pronto soccorso ero di casa!!!). Ho curato questo mio disturbo rivolgendomi ad uno psichiatra che mi ha prescritto antidepressivi. Il disturbo è rientrato quasi subito, nel senso che riesco a condurre una vita normale senza farmaci, (a parte qualche goccia di benzodiazepine ogni tanto per dormire) ; l’ipocondria però è rimasta come senso di malessere generalizzato, che mi provoca diverse somatizzazioni di cui mi lamento, risultando spesso pesante alle persone che mi stanno vicine (con gli estranei sono sempre normalissima; nessuno direbbe mai che sono un’ansiosa; come se volessi nascondere al mondo intero di avere dei problemi).
Tutto ciò, naturalmente, ha avuto delle ripercussioni sul rapporto di coppia perché io mi sono spesso “aggrappata” a lui nell’affrontare le mie difficoltà e non gli ho permesso di poter fare le sue scelte in piena autonomia.
Due anni fa, infatti, abbiamo avuto una brutta crisi che io ho gestito malissimo diventando ossessiva; ciò ha portato lui a sentirsi costretto a stare con me e ciò ha peggiorato ulteriormente la misura della mia scarsa autostima; facendomi sentire come una che non vale niente per la società è che non può essere apprezzata per nessuna qualità all’esterno. Da quel momento in poi si è instaurato un circolo vizioso, nel quale, in ogni discussione lui, preso dalla rabbia, mi elenca tutti i miei difetti ed i miei errori ed io mi sento sempre più a terra ed incapace di reagire, come una persona debole ed in balia degli eventi (quale io non ero).
Credo di aver sviluppato da lui una dipendenza affettiva, nel senso che, ogni qualvolta si è vicini ad una rottura io mi sento morire e faccio delle scene pietose; lui, dal canto suo, forte di questa mia dipendenza, vorrebbe plasmare lati del mio carattere a suo piacimento perché così non gli vado bene.
Adesso stiamo attraversando un’altra crisi dettata dal fatto che ormai siamo in un’età in cui si dovrebbero fare delle scelte definitive ed io ho paura di non saperla gestire e di ricadere nel baratro delle altre volte.
Mi piacerebbe avere un vostro parere su questa situazione.
Cordiali saluti.
mi scuso anticipatamente per il disturbo e perché sono consapevole sin d’ora che sarò prolissa.
La molla che mi spinge a scrivervi è la mia situazione sentimentale, anche se i problemi che ho sono molteplici e si sono manifestati per la prima volta sette anni fa.
Sto con un ragazzo da 9 anni or sono; quando ci siamo conosciuti eravamo poco più che ragazzini, ma già all’epoca le nostre diversità erano più che evidenti.
La nostra è sempre stata una storia a distanza perché abbiamo portato avanti gli studi universitari in due città diverse e, prescindendo da una gelosia iniziale, ci siamo sempre dati i nostri spazi.
Io, però, nel 2001 ho avuto una grave forma di attacchi di panico, caratterizzata da una forte ipocondria (ormai al pronto soccorso ero di casa!!!). Ho curato questo mio disturbo rivolgendomi ad uno psichiatra che mi ha prescritto antidepressivi. Il disturbo è rientrato quasi subito, nel senso che riesco a condurre una vita normale senza farmaci, (a parte qualche goccia di benzodiazepine ogni tanto per dormire) ; l’ipocondria però è rimasta come senso di malessere generalizzato, che mi provoca diverse somatizzazioni di cui mi lamento, risultando spesso pesante alle persone che mi stanno vicine (con gli estranei sono sempre normalissima; nessuno direbbe mai che sono un’ansiosa; come se volessi nascondere al mondo intero di avere dei problemi).
Tutto ciò, naturalmente, ha avuto delle ripercussioni sul rapporto di coppia perché io mi sono spesso “aggrappata” a lui nell’affrontare le mie difficoltà e non gli ho permesso di poter fare le sue scelte in piena autonomia.
Due anni fa, infatti, abbiamo avuto una brutta crisi che io ho gestito malissimo diventando ossessiva; ciò ha portato lui a sentirsi costretto a stare con me e ciò ha peggiorato ulteriormente la misura della mia scarsa autostima; facendomi sentire come una che non vale niente per la società è che non può essere apprezzata per nessuna qualità all’esterno. Da quel momento in poi si è instaurato un circolo vizioso, nel quale, in ogni discussione lui, preso dalla rabbia, mi elenca tutti i miei difetti ed i miei errori ed io mi sento sempre più a terra ed incapace di reagire, come una persona debole ed in balia degli eventi (quale io non ero).
Credo di aver sviluppato da lui una dipendenza affettiva, nel senso che, ogni qualvolta si è vicini ad una rottura io mi sento morire e faccio delle scene pietose; lui, dal canto suo, forte di questa mia dipendenza, vorrebbe plasmare lati del mio carattere a suo piacimento perché così non gli vado bene.
Adesso stiamo attraversando un’altra crisi dettata dal fatto che ormai siamo in un’età in cui si dovrebbero fare delle scelte definitive ed io ho paura di non saperla gestire e di ricadere nel baratro delle altre volte.
Mi piacerebbe avere un vostro parere su questa situazione.
Cordiali saluti.
[#1]
Gent.ma utente,
penso che la sua situazione vada osservata da più prospettive che tengano conto sia del disturbo ansioso di cui dice di soffrire (panico?, ipocondria?, disturbo ossessivo compulsivo?) che della relazione affettiva.
Potrebbe valere la pena di rivolgersi ad un terapeuta (esperto) che l'aiuti ad affrontare e superare le sue paure (fobie? ansia di separazione?, preoccupazioni di malattia? altro?) e l'aiuti a fare chiarezzza sul tipo di relazione che intercorre fra lei e il moroso nonchè sulle vostre intenzioni future.
Consideri che, nel tentativo di superare i propri timori, è abbastanza frequente appoggiarsi a qualcuno (familiare, amico, morosi, ecc.)per ricevere supporto emotivo o sostegno che tuttavia raramente sortisce l'effetto sperato; le paure, con il giusto aiuto possono essere superate affrontandole.
Cordiali saluti
Gianni Savron
penso che la sua situazione vada osservata da più prospettive che tengano conto sia del disturbo ansioso di cui dice di soffrire (panico?, ipocondria?, disturbo ossessivo compulsivo?) che della relazione affettiva.
Potrebbe valere la pena di rivolgersi ad un terapeuta (esperto) che l'aiuti ad affrontare e superare le sue paure (fobie? ansia di separazione?, preoccupazioni di malattia? altro?) e l'aiuti a fare chiarezzza sul tipo di relazione che intercorre fra lei e il moroso nonchè sulle vostre intenzioni future.
Consideri che, nel tentativo di superare i propri timori, è abbastanza frequente appoggiarsi a qualcuno (familiare, amico, morosi, ecc.)per ricevere supporto emotivo o sostegno che tuttavia raramente sortisce l'effetto sperato; le paure, con il giusto aiuto possono essere superate affrontandole.
Cordiali saluti
Gianni Savron
Gianni Savron
Via Bassa 31
48124 Ravenna
Tel. 0544-463501
[#2]
Gentile utente,
credo che la sua domanda sia collocabile in una difficoltà a saper gestire la dipendenza affettiva.
Ha iniziato un rapporto a "distanza" e probabilmente lei ha avuto i primi problemi quando questa distanza si è ridotta (la mia è una ipotesi); comunque sembra che la crisi che avverte è una crisi dove lei continua a non riconoscersi adulta e si aggrappa al suo fidanzato cercando approvazione e sicurezze.
Il suo compagno reagisce a tutto questo carico di pretese maltrattandola e rifiutandola.
Sicuramente può rivolgersi ad uno psicoterapeuta per affrontare le difficoltà che sta incontrando.
In bocca al lupo e mi faccia sapere
Dott. Marco Ventola
credo che la sua domanda sia collocabile in una difficoltà a saper gestire la dipendenza affettiva.
Ha iniziato un rapporto a "distanza" e probabilmente lei ha avuto i primi problemi quando questa distanza si è ridotta (la mia è una ipotesi); comunque sembra che la crisi che avverte è una crisi dove lei continua a non riconoscersi adulta e si aggrappa al suo fidanzato cercando approvazione e sicurezze.
Il suo compagno reagisce a tutto questo carico di pretese maltrattandola e rifiutandola.
Sicuramente può rivolgersi ad uno psicoterapeuta per affrontare le difficoltà che sta incontrando.
In bocca al lupo e mi faccia sapere
Dott. Marco Ventola
[#3]
Gentile utente,
per la sua condizione e' necessario rivolgersi ad uno psichiatra che possa inquadrare perfettamente tutta la sua condizione in modo da introdurre un adeguato trattamento.
Cordiali Saluti
Dr. F.S. Ruggiero
http://www.francescoruggiero.it
per la sua condizione e' necessario rivolgersi ad uno psichiatra che possa inquadrare perfettamente tutta la sua condizione in modo da introdurre un adeguato trattamento.
Cordiali Saluti
Dr. F.S. Ruggiero
http://www.francescoruggiero.it
https://wa.me/3908251881139
https://www.instagram.com/psychiatrist72/
[#4]
Gent.ma sig.na,
Direi che un percorso psicoterapeutico è quello che manca a lei. Ormai i farmaci hanno dato tutto quello che ci si poteva aspettare da loro. Infatti si sono placati gli attacchi di panico.
Ma non l'ansia esistenziale.
Il rapporto di coppia, peraltro, risulta in parte compromesso.
Ma soprattutto il rapporto tra voi due si pone, ma non abbia paura delle parole, come un rapporto sado-masochistico. Le sue paure ipocondriache, il terrore dell'abbandono, e la richiesta di aiuto, sono così enormemente cresciuti che il suo stato psichico, impoverito ed esausto dalla lunga ed inutile lotta tra la parte chiara e la parte scura della sua psiche, tra l'io e la sua ombra, l'ha fatta scivolare in uno stato di masochismo psicologico, mentre nel suo ragazzo si è andata formando o sviluppando, se era in nuce, una cattiva e pervicace forma di sadismo psicologico. Cosicché entrambi siete soddisfatti di un rapporto malato che vi logora ulteriormente, ma che ha la sua ragione di essere proprio dallo stare assieme, e dall'essere uno dipendente dal'altro. Se lei vuole ancora sviluppare, mettere in pratica, attuare questa forma di masochismo psicologico (altri direbbero "spirituale") ha bisogno di lui, ma di converso, egli ha bisogno di lei per alimentare e soddisfare l'atteggiamento e la vocazione sadica, ripeto di un sadismo psicologico (altri direbbero di un sadismo "spirituale").
Ma è lei che deve andare dallo psicoterapeuta, perché da lei è nato tutto questo rapporto strano. Lo psicoterapeuta, se poi è un analista è ancor meglio. Anzi, dovendo investigare o portarla ad investigare aspetti profondi della sua psiche, ritengo che la psicoterapia dovrebbe essere condotta sul piano analitico.
Io le auguro di trovare uno specialista in gamba, femmina o maschio, meglio femmina, che sappia condurla con delicatezza e con dolcezza, fin quando è possibile, verso alcuni strati profondi della sua psiche, dove hanno origine questi suoi stati d'animo.
Tanti auguri.
Con viva cordialità.
Dr. A. Vita.
[#5]
Gentile utente, dalla sua narrazione, pur non potendosi formulare diagnosi se non attreverso una approfondita visita specialistica, per quel che si può apprezzare, è ventilabile un'ipotesi eziopatogenetica riconducibile ad una struttura di personalità di tipo fobico. Tale tipo di disturbo ha finito per pesare inevitabilmente sul rapporto di coppia. Ora questo genere di problemi potrebbero essere risolti con una buona psicoterapia eventualmente associata a trattamento.
Cordiali Saluti
dr Giovanni Ronzani
Cordiali Saluti
dr Giovanni Ronzani
Cordiali Saluti
dr Giovanni Ronzani
[#6]
Ex utente
Gentili dottori vi ringrazio per la vostra disponibilità.
Il problema di fondo è legato al fatto di essere una ragazza molto insicura, per questo non riesco ad accettare di perdere le poche certezze che ho.
Nella coppia molto spesso la mia mente trascura di analizzare i problemi oggettivi, in vista di un obiettivo legato al fatto di volere a tutti i costi una famiglia e portare a termine una strada intrapresa. E' come se volessi controllare ogni cosa ed eliminare a tutti i costi l'imprevisto dalla mia vita; ho anche pensato che il panico che ho avuto fosse un modo di attirare l'attenzione su di me, come una richiesta di aiuto all'esterno.
Trovo molto interessante l'intervento del dott. Vendola relativo alla mia ricerca di sicurezze, infatti la critica più grossa che il mio ragazzo mi fa riguarda il fatto che quando ci troviamo in fasi di stabilità io quasi mi dimentico di lui.
Lui ritiene che io sia fondamentalmente una persona egoista, focalizzata solo su me stessa ed incapace di sacrificarsi per gli altri.
Questa mia insicurezza dipende da una serie di fattori, da ricercare anche in ambito familiare, e sono consapevole del fatto che essi vadano approfonditi.
Condivido anche quanto detto dal dott. Vita con riferimento allo "strano rapporto" che si è instaurato e credo che esso derivi da una rabbia che lui ha nei miei confronti, determinata da una sua insoddisfazione sul nostro rapporto; io infatti non sono propriamente il suo ideale di donna a prescindere dai miei problemi.
Proveniamo da due mondi molto diversi; lui proviene da una famiglia "patriarcale"; io invece ho due genitori abituati ad effettuare scelte indipendenti.
Per quanto riguarda la psicoterapia, ho fatto per un pò una terapia cognitivo-comportamentale a Roma, che mi ha aiutato a superare alcuni problemi (paura aerei, metropolitane, etc); credo che però sia arrivato il momento di indagare a fondo sulla questione e pertanto forse la terapia psicoanalitica sarebbe la scelta giusta; ho però paura di non arrivare da nessuna parte perchè sono a conoscenza di terapie lunghissime che non hanno prodotto, poi, i risultati sperati.
Ringrazio tutti per i preziosi consigli fornitomi.
Cordiali saluti.
Il problema di fondo è legato al fatto di essere una ragazza molto insicura, per questo non riesco ad accettare di perdere le poche certezze che ho.
Nella coppia molto spesso la mia mente trascura di analizzare i problemi oggettivi, in vista di un obiettivo legato al fatto di volere a tutti i costi una famiglia e portare a termine una strada intrapresa. E' come se volessi controllare ogni cosa ed eliminare a tutti i costi l'imprevisto dalla mia vita; ho anche pensato che il panico che ho avuto fosse un modo di attirare l'attenzione su di me, come una richiesta di aiuto all'esterno.
Trovo molto interessante l'intervento del dott. Vendola relativo alla mia ricerca di sicurezze, infatti la critica più grossa che il mio ragazzo mi fa riguarda il fatto che quando ci troviamo in fasi di stabilità io quasi mi dimentico di lui.
Lui ritiene che io sia fondamentalmente una persona egoista, focalizzata solo su me stessa ed incapace di sacrificarsi per gli altri.
Questa mia insicurezza dipende da una serie di fattori, da ricercare anche in ambito familiare, e sono consapevole del fatto che essi vadano approfonditi.
Condivido anche quanto detto dal dott. Vita con riferimento allo "strano rapporto" che si è instaurato e credo che esso derivi da una rabbia che lui ha nei miei confronti, determinata da una sua insoddisfazione sul nostro rapporto; io infatti non sono propriamente il suo ideale di donna a prescindere dai miei problemi.
Proveniamo da due mondi molto diversi; lui proviene da una famiglia "patriarcale"; io invece ho due genitori abituati ad effettuare scelte indipendenti.
Per quanto riguarda la psicoterapia, ho fatto per un pò una terapia cognitivo-comportamentale a Roma, che mi ha aiutato a superare alcuni problemi (paura aerei, metropolitane, etc); credo che però sia arrivato il momento di indagare a fondo sulla questione e pertanto forse la terapia psicoanalitica sarebbe la scelta giusta; ho però paura di non arrivare da nessuna parte perchè sono a conoscenza di terapie lunghissime che non hanno prodotto, poi, i risultati sperati.
Ringrazio tutti per i preziosi consigli fornitomi.
Cordiali saluti.
[#7]
Gentile Utente,
se lei avverte la necessità di "approfondire" e di riavvicinarsi a chi è lei veramente, forse è davvero il caso di dare voce a questa necessità, in un contesto tecnico e protetto
Se aspetta il momento giusto, in cui si sentirà "sicura", beh questo momento credo non arriverà mai
Io coglierei l'attimo
Cordialmente
Daniel Bulla
dbulla@libero.it
se lei avverte la necessità di "approfondire" e di riavvicinarsi a chi è lei veramente, forse è davvero il caso di dare voce a questa necessità, in un contesto tecnico e protetto
Se aspetta il momento giusto, in cui si sentirà "sicura", beh questo momento credo non arriverà mai
Io coglierei l'attimo
Cordialmente
Daniel Bulla
dbulla@libero.it
Cordialmente
Daniel Bulla
dbulla@libero.it, Twitter _DanielBulla_
[#8]
Gentile utente,
se davvero sente l'esigenza di rimettersi in gioco per affrontare di petto i suoi problemi potrebbere essere proprio il momento più favorevole per effettuare un nuova consultazione che porti, in primis, un po' di chiarezza sul caso e in seguito l'impostazione di percorso terapeutico adeguato. Tenga presente a questo proposito che per ciò che concerne le psicoterapie non sempre la lunghezza temporale equivale ad efficiacia cos' come i fallimenti precedenti non precludono il raggiumgiemto di buoni risultati. spesso si tratta di trovare l'approccio più adeguato sia per il tipo di disturbo che di personalità del paziente.
Con i migliori auguri
F.I.Passoni
studiopsicologia@hotmail.it
F.I.Passoni
Dir. di SYNESIS, Centro di Consulenza Psicologica, Psicoterapia & Ipnosi Clinica
studiopsicologia@hotmail.it
[#9]
Gentile sig.na,
le scrivo solo ora perché la sua lettera mi ha fatto molto pensare, sia per quello che ha scritto sia per ciò che penso abbia taciuto; ho anche riflettuto sulle molte risposte che il suo appello ha ricevuto, e sui consigli - talvolta contrastanti - dei vari colleghi.
Sinceramente, non so nemmeno se lei leggerà mai questa mia, dato che la sua replica del 27 ottobre mi suona un po' anche come un congedo.
Comunque, eccomi a lei.
In tutta la sua esposizione, pur avendone molte opportunità, non ha mai citato la parola "amore". Mi chiedo perché voi stiate ancora insieme. Lei accenna ad una "dipendenza", e al terrore di rimanere sola non coronando il suo sogno (credo di matrimonio): ma lei vuole veramente sposare un uomo che non ama? E il suo compagno, che lei ignora quando tutto va bene, ma che le porta un continuo rancore per scelte influenzate da lei, e che si attacca ad ogni piccola cosa per dimostrarle che lei "non vale, non è nessuno..." ecc. : lui la ama? Insomma, perché continuate a stare insieme?
In quanto a patologie, mi è forte il sospetto che siate tutti e due bisognosi di terapia.
E a proposito di terapia, visto che ciascuno ha detto la sua, vorrei chiarirle almeno un paio di cose.
Vi sono:
1) Medici, Specialisti in Psichiatria, alcuni dei quali fanno anche psicoterapia;
2)altri, anch'essi Medici Psichiatri, che invece si affidano esclusivamente ai farmaci, ritenendo la psicoterapia poco o nulla efficace;
3) e ancora, ci sono Medici, Specialisti in Psicologia Clinica, che di frequente fanno psicoterapia;
4) poi, sempre tra i Medici, ci sono gli "abusivi": spesso Specialisti in Neurologia, che però - giocando sull'ignoranza dei pazienti, che vedono gli Psichiatri solo come "medici dei matti", e si rivolgono al Neurologo per problemi psicologici - allora ne approfittano e "fanno" gli Psichiatri e gli Psicoterapeuti;
5) a parte ci sono gli Psicologi generali, che fanno "colloqui di sostegno";
6) molti Psicologi però hanno fatto studi di specializzazione, diventando Psicoterapeuti (ma attenzione! nessuno di loro può prescrivere farmaci, ed anche - e questo è davvero molto, molto importante - non sono in grado di stabilire se una patologia "psicologica" non sia prodotta, sostenuta o accompagnata, da una malattia organica!);
7) infine ci sono i "Counsellors", che dovrebbero astenersi dal fare terapia, ma occuparsi solo di migliorare lo stato di vita di "chi sta bene"; ma anche qui, purtoppo, ci sono le pecore nere.
Come può notare, questa "costellazione" di "professionisti della mente", già di suo può confondere il profano, il "non addetto ai lavori". Ma se poi ci addentriamo nella Psicoterapia, anzi nelle diverse metodiche di Psicoterapia, allora - se non lo si è già - c'è davvero da diventare matti.
Io non voglio, però, aggravare la sua problematica: le darò quindi solo un suggerimento di massima, quello che darei ad un parente stretto, per il suo esclusivo benessere.
Si rivolga ad uno Psichiatra, cioè un Medico Specialista in Psichiatria, che sappia usare i farmaci ma che pratichi anche la psicoterapia: fra tutte, quella che scientificamente ha dato maggiori prove di efficacia è la Psicoterapia Cognitiva (nuovo nome della Terapia Cognitivo-Comportamentale); tra l'altro, mi pare che l'abbia già sperimentata con successo. Che il terapeuta sia un uomo o una donna è relativamente indifferente, tranne per il fatto che con un uomo lei potrebbe "trasferire" su di lui quella dipendenza che adesso grava sul suo compagno; se il Medico sa gestire questa modalità, potrebbe essere un bene, altrimenti - da serio professionista - la riferirà ad un altro collega, o ad una collega donna.
Però lo faccia per davvero. Lo faccia subito. Lei è importante, come sono importanti tutti gli attimi di vita che invece così si lascia scappare. Lo faccia adesso: spenga il computer e si metta a telefonare per un appuntamento. Non ha scusanti per non farlo. La vita, mi creda, può essere meravigliosa; ma tutto dipende da lei. E lei se lo merita, anche se pensa il contrario.
Cordialmente,
Dott. Luca Borelli
lb@lucaborelli.com
le scrivo solo ora perché la sua lettera mi ha fatto molto pensare, sia per quello che ha scritto sia per ciò che penso abbia taciuto; ho anche riflettuto sulle molte risposte che il suo appello ha ricevuto, e sui consigli - talvolta contrastanti - dei vari colleghi.
Sinceramente, non so nemmeno se lei leggerà mai questa mia, dato che la sua replica del 27 ottobre mi suona un po' anche come un congedo.
Comunque, eccomi a lei.
In tutta la sua esposizione, pur avendone molte opportunità, non ha mai citato la parola "amore". Mi chiedo perché voi stiate ancora insieme. Lei accenna ad una "dipendenza", e al terrore di rimanere sola non coronando il suo sogno (credo di matrimonio): ma lei vuole veramente sposare un uomo che non ama? E il suo compagno, che lei ignora quando tutto va bene, ma che le porta un continuo rancore per scelte influenzate da lei, e che si attacca ad ogni piccola cosa per dimostrarle che lei "non vale, non è nessuno..." ecc. : lui la ama? Insomma, perché continuate a stare insieme?
In quanto a patologie, mi è forte il sospetto che siate tutti e due bisognosi di terapia.
E a proposito di terapia, visto che ciascuno ha detto la sua, vorrei chiarirle almeno un paio di cose.
Vi sono:
1) Medici, Specialisti in Psichiatria, alcuni dei quali fanno anche psicoterapia;
2)altri, anch'essi Medici Psichiatri, che invece si affidano esclusivamente ai farmaci, ritenendo la psicoterapia poco o nulla efficace;
3) e ancora, ci sono Medici, Specialisti in Psicologia Clinica, che di frequente fanno psicoterapia;
4) poi, sempre tra i Medici, ci sono gli "abusivi": spesso Specialisti in Neurologia, che però - giocando sull'ignoranza dei pazienti, che vedono gli Psichiatri solo come "medici dei matti", e si rivolgono al Neurologo per problemi psicologici - allora ne approfittano e "fanno" gli Psichiatri e gli Psicoterapeuti;
5) a parte ci sono gli Psicologi generali, che fanno "colloqui di sostegno";
6) molti Psicologi però hanno fatto studi di specializzazione, diventando Psicoterapeuti (ma attenzione! nessuno di loro può prescrivere farmaci, ed anche - e questo è davvero molto, molto importante - non sono in grado di stabilire se una patologia "psicologica" non sia prodotta, sostenuta o accompagnata, da una malattia organica!);
7) infine ci sono i "Counsellors", che dovrebbero astenersi dal fare terapia, ma occuparsi solo di migliorare lo stato di vita di "chi sta bene"; ma anche qui, purtoppo, ci sono le pecore nere.
Come può notare, questa "costellazione" di "professionisti della mente", già di suo può confondere il profano, il "non addetto ai lavori". Ma se poi ci addentriamo nella Psicoterapia, anzi nelle diverse metodiche di Psicoterapia, allora - se non lo si è già - c'è davvero da diventare matti.
Io non voglio, però, aggravare la sua problematica: le darò quindi solo un suggerimento di massima, quello che darei ad un parente stretto, per il suo esclusivo benessere.
Si rivolga ad uno Psichiatra, cioè un Medico Specialista in Psichiatria, che sappia usare i farmaci ma che pratichi anche la psicoterapia: fra tutte, quella che scientificamente ha dato maggiori prove di efficacia è la Psicoterapia Cognitiva (nuovo nome della Terapia Cognitivo-Comportamentale); tra l'altro, mi pare che l'abbia già sperimentata con successo. Che il terapeuta sia un uomo o una donna è relativamente indifferente, tranne per il fatto che con un uomo lei potrebbe "trasferire" su di lui quella dipendenza che adesso grava sul suo compagno; se il Medico sa gestire questa modalità, potrebbe essere un bene, altrimenti - da serio professionista - la riferirà ad un altro collega, o ad una collega donna.
Però lo faccia per davvero. Lo faccia subito. Lei è importante, come sono importanti tutti gli attimi di vita che invece così si lascia scappare. Lo faccia adesso: spenga il computer e si metta a telefonare per un appuntamento. Non ha scusanti per non farlo. La vita, mi creda, può essere meravigliosa; ma tutto dipende da lei. E lei se lo merita, anche se pensa il contrario.
Cordialmente,
Dott. Luca Borelli
lb@lucaborelli.com
Prof. Dott. Luca Borelli
Medico Chirurgo Psicologo Psicoterapeuta
Docente Universitario di Tecniche di Terapia
[#10]
Gent.ma Utente,
se sente il bisogno di indagare a fondo su se stessa e sulla questione, non perda tempo.
Concordo anche con quello che Le ha suggerito il Dott. Borrelli.
La scelta dello psicoterapeuta giusto e del tipo di psicoterapia, in relazione alle sue problematiche, è fondamentale.
Le faccio i migliori auguri,
Dott.ssa Giambalvo.
se sente il bisogno di indagare a fondo su se stessa e sulla questione, non perda tempo.
Concordo anche con quello che Le ha suggerito il Dott. Borrelli.
La scelta dello psicoterapeuta giusto e del tipo di psicoterapia, in relazione alle sue problematiche, è fondamentale.
Le faccio i migliori auguri,
Dott.ssa Giambalvo.
Elena Giambalvo
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 4.8k visite dal 25/10/2007.
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Approfondimento su Dipendenza affettiva
Come superare la dipendenza affettiva? Perché e come si instaura e cosa fare per superare una relazione non equilibrata che provoca sofferenza.