Solitudine, sbandamento, disturbo bipolare e panico notturno: un vuoto incolmabile

Salve,mi chiamo M. ho 22 anni.

Ho cambiato 4 classi in diverse 3 scuole elementari perché non mi trovavo bene con i compagni: non riuscivo ad integrarmi.
Ho cambiato nuovamente zona alle medie trovando sollievo in un ambiente che mi fece sentire supportato e valorizzato permettendomi di esprimere tutto il mio potenziale (non una materia al di sotto dell'ottimo, incoraggiamento allo sviluppo delle abilità informatiche, una volta una prof. mi chiamò e mi prese per riparare un computer al posto del tecnico :-)
Insomma un corpo docente eccezionale, dei compagni tolleranti,finalmente un ambiente.
Cambio completo alle superiori,biennio reggo poi non più.
Come al solito sono uno dei pochi di città, il resto viene da fuori.A momenti non parlo nemmeno la stessa lingua.I bulli mi perseguitano e sono, come sempre, il solo.
I prof. fanno finta di niente se non addirittura li aiutano.
Cerco conforto nelle 2 amicizie delle medie ma le strade sono diverse e scopro l'inganno.
Mi creo una realtà alternativa.
Tutto questo succede in un quartiere con nessun coetaneo, a giocare sempre coi i più piccoli o grandi, tutti amici del fratello.Paura nel gioco a calcio,tenterò un recupero a 16 anni ma è troppo tardi.

Giorni e giorni a fissare la finestra volendo uscire con qualcuno o a parlare ma non c'è nessuno.
Nessuno all'oratorio,nessuno nel quartiere,nessuno a fare la spesa o nei bar,nessuno in bicicletta,nessuno a pattinare,nessuno a sciare (fondo),nessuno in questa o quella associazione,attività culturale,evento o altro.Tutto morente.

Non vado in discoteca.

Cerco, cerco, cerco: mi ammalo.
Passo la maggior parte del mio tempo a cercare, NON TRASCURO NULLA, devo trovarlo il mio ambiente, desidero amicizie vere.

Vado da 4 anni da una psicologa (Psicoterapia Cognitivo Comportamentale) e per 8 volte dallo psichiatra, diagnosi di disturbo bipolare di stato non di forma (per brevi periodi sono stato bene,c'era qualcuno).
In cura con Carbolithium 300mg, due al dì con un periodo o più intervallato dai più disparati psicofarmaci.

Sono ormai convinto che nemmeno la psicologa sa più cosa farmi fare, dove tentare.

Il problema è che sono molto diverso dai miei coetanei,sono come pensiero -per gli eventi- più vicino ad un 30enne quindi riesco a relazionarmi solo con i bambini e gli adulti più grandi ma a fatica.
Non è un problema stare con gli adulti è che ho un vuoto che sento oramai incolmabile da alcun farmaco.
Mi mancano tutti quegli affetti,momenti di gioco e svago che solo allora pare potevo vivere e ora non più.

Parrebbe inoltre che sia omosessuale ma li guardo e sono diverso pure tra i diversi.

Sto bene solo quando la memoria si cancella e non ricordo niente.
Non capisco dove mi trovo,cammino nel vuoto.
Non dormo più.

Non ho passato e non riesco a concepire futuro.Che fare? Sono fermo con tutto,vado solo a sbattere di associazione in associazione,qualcuno mi vuole, altri no,altrove entro ma non è per me e sto male.

PS:famiglia la rifiuto, ho già tentato,anche lì
[#1]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Gentile Amico,

i suoi genitori dov'erano mentre lei viveva tutto il disagio che ci ha descritto?
Sembra che lei li tenga fuori dal discorso perchè non si è mai aspettato qualcosa da loro.
E' così?

Lei riflette e ritrova intorno a sè la solitudine e il vuoto che sente dentro, e che non possono certo essere riempiti da qualche farmaco.
Ha fatto bene a rivolgersi ad una psicologa, ma può essere che il percorso con lei sia giunto al termine e che ora potrebbe ottenere maggiore aiuto da un altro psicoterapeuta, magari di diverso orientamento.
E' solo un'idea e ovviamente è lei a conoscere la situazione, me a volte capita che un professionista aiuti a compiere un tratto di strada e che per continuarla serva l'aiuto di qualcun'altro.

Non mi è poi chiaro se sta studiando o lavorando o è inoccupato: come passa la giornata?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

[#2]
Utente
Utente
Si, è così. Purtroppo ho dovuto tagliare e di molto per restare in 3000 parole.

Ho fatto da genitore ai miei.
Padre violento picchiava madre e fratello, io no.
Rimanevo spettatore perché una volta da bambino, mi picchiò persi la parola e raccontando l'accaduto alla famiglia di lui -delle iene- lo riprese e da allora solo ricatti e violenza verbale, urla e qualche sberla.
Non ha hobby o amici solo le partite alla TV con la zia e scarica tutto sulla famiglia.
E' un orso, mai una parola carina, un incoraggiamento, una carezza, un sorriso. C'è solo lui. A tavola parla lui -monologhi- e DEVI esserci, ogni giorno tornavo a casa e, finito a scuola, cominciavo a casa.
Da un po' va meglio ma ho imposto la cortina di ferro.

Madre, succube, sviluppò schizofrenia nel 2004.
Da allora tengo un po' insieme il tutto ma talvolta non riesco a tenere insieme neanche me stesso.
Non posso esser triste che mamma va in ansia per tutto.
Non bastano le righe per raccontare.
Solo rammenti che so usare il computer quindi tutte quelle cose o pratiche le ho prese a mio carico (parlo anche di conti correnti, investimenti...) e che ho tamponato in tutti i modo possibili: un esempio? 4 anni fa vendevo i costosissimi abiti firmati di mio fratello indossati una volta e poi scappati su ebay recuperando circa 570€ netti pur di non sentire urla e litigi ma non servì a nulla.
Papà urlava se parlavi al telefono con qualcuno.
Le bollette erano sempre astronomiche -urla e litigi- solo per due telefonate mentre il fratello responsabile era fuori a cena da uno o dall'altro. Ecc...

Mio fratello è un despota viziato. Estorce soldi come ad un bambino alla mamma. Avendo il controllo dei conti scoprii anche questo. La risposta? Vai dallo psichiatra. :_-|

In famiglia tutti parlano male di tutto e tutti.
Casa mia è una azienda, come quella di proprietà di mio padre.

Alle festività,ad esempio, non potendomi sottrarre devo reggere la conversazione per evitare che litighino o si azzannino tra parenti.

La mia vita fino ad ora è stata tutta un compensare: tenere in piedi una casa, trovare compagnia ad una mamma triste, risolvere le grane di papà, soddisfare le voglie del fratello con cambiamenti di piani, promozioni e ingegnandosi di modo da evitare liti furiose quanto inutili.

A casa mia si litiga per il pane.
Mamma insegnate, padre ingegnere titolare di ditta.

Più volte mi sono intossicato con il cibo prendendolo dal frigo.

Cosa vuole che mi aspetti da loro?


Studio un particolare e speciale corso di ingegneria.
Da settembre è il primo anno fuori corso.
Mi iscrissi per il numero basso di iscritti, più che per l'indirizzo per la speranza di trovare un piccolo ambiente.
16 persone, 11/12 effettive.
Purtroppo sono l'ultimo prima della riforma, funzionale o meno, come tutti i cambiamenti casini alluccinanti (in 4 giorni ho ricevuto 4 versioni diverse di quando avrei potuto fare un esame del quale non si sapeva neanche più di che cosa parlasse).
L'unico proveniente da un liceo.
L'unico di città.
Nei modi più schifosi ho visto gli altri passare e il resto ritirarsi.
Ci sono solo io.
Da solo devo mandare mail a cui i prof. non rispondono.
Da solo devo organizzarmi.
Mangiare da solo non è un problema. Ho mangiato così per 3 anni di fila poi ho smesso di mangiare non avendo la pausa pranzo.
La sessione passata sono stato in 3 diverse classi. In nessuna di queste qualcuno ha mai interagito con me. O mi attivavo io o potevo non esistere. Una piccola classe intera (una ventina) non sa nemmeno il mio nome. Ho provato a parlare ma con i coetanei, specie ingegneri, ho davanti un muro.
E potrei andare avanti...
Sono una rogna, i miei esami non ci sono più, quando vado li fanno apposta per me. Chiamano solo me.
Non posso studiare in gruppo (un periodo ci sono riuscito arrangiandomi qua e là e, per quanto precario, fu fantastico).
Mi mancano pochi esami ma mi manca il terreno sotto ai piedi.
Ho fatto un programma della giornata tipo fatto di studio, almeno un'interazione sociale anche banale come andare a prendere il pane, ecc, lo seguo, ma non riesco.
E' tutto fluttuante e in balia di quello che capita.
In gioco c'è la mia indipendenza finanziaria e la possibilità di andarsene di qui ma non ci arrivo.

Anche io ero dell'idea di cambiare psicologa.
Mi trattiene:
1) Il fatto che la dott. sa mi ha preso quando ero ancora a scuola (era una psicologa di istituto) quindi mi conosce da molto e sa tutto (come le dicevo servirebbero 2 mesi almeno per riuscire a ricostruire il bandolo della matassa).

2) Lavora collaborando con il mio psichiatra.

3) Adesso sono messo davvero male, cambiare la vedo dura.


Può suggerirmi un percorso diverso?
La ringrazio moltissimo.
[#3]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
In che senso un percorso diverso?
Non credo che ci siano altre soluzioni utili in questo momento, se ha in mente qualcosa me lo dica.

Penso sicuramente che dovrebbe parlare chiaro con la psicologa: se il fatto che vi conoscete da molti anni può essere un vantaggio per certi versi, per altri può aver portato all'instaurazione di un legame che lei non riesce ad interrompere perchè magari la dottoressa è diventata per lei una figura di riferimento di tipo genitoriale.
Dal momento che la sua situazione è quella che ci ha descritto penso che possa essere così, ma se continuare in questo modo non si sta rivelando nè positivo nè produttivo è necessaria una svolta.

Lei ha bisogno di essere aiutato a non prendersi più sulle spalle il peso della casa e dei singoli familiari e a superare l'immenso senso di solitudine che prova.
Se il percorso attuale non la sta aiutando in questo senso è necessario che ne parliate, anche per chiarire se lei sta dando un'interpretazione errata allo stato d'animo della dottoressa, della quale ha detto che non "sa più cosa farmi fare, dove tentare".
Forse le cose non stanno così, e se invece stanno così è opportuno che ne parliate.

Se nel dire di essere "messo davvero male" si riferisce a questioni economiche penso che potrà rivolgersi ad un CPS o anche ad un altro psicologo privato facendo presente la sua situazione (di solito si va incontro a chi davvero è in difficoltà), e per quanto riguarda lo psichiatra non credo che avrebbe difficoltà a dialogare con un altro collega.

Prima di prendere una decisione deve però parlare con la psicologa attuale: chiarite le cose, e ci faccia sapere se ci sono novità.

I miei migliori auguri,
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