Lutto dopo anni e ansia
Buongiorno,
vorrei avere un parere in merito all'elaborazione di un lutto avvenuto due anni fa. Nel 2009, quando avevo 22 anni appena compiuti, ho perso mia madre in seguito ad un cancro.
Ho una storia un po' particolare per quanto riguarda i rapporti con gli psicologi:
- dai 14 ai 16 anni sono stata seguita da una psicologa - il motivo era la separazione dei miei genitori, padre violento che io non volevo più vedere. E' stato un percorso molto utile che mi ha aiutata nella crescita, nell'adolescenza;
- verso i 21 anni, quando è stato diagnosticato il tumore a mia madre, ho pensato di rivolgermi ad una persona che mi aiutasse ad affrontare il momento senza abbandonare gli studi universitari: ho trovato uno psicologo che però psicologo non era (nessuna iscrizione a nessun albo) e che è sparito nel momento peggiore - quello della perdita;
- in seguito ad attacchi di panico, ansia e depressione dovuti al lutto, alla fine di una relazione (breve e superficiale sì, ma in un momento così forse mi rassicurava) e alla "sparizione" di molti amici, mi rivolgo ad uno psichiatra, che mi prescrive Alprazolam (5 goccie al giorno) per tre mesi. La situazione migliora, almeno fisicamente per quanto riguarda tachicardie, insonnia ecc.
- faccio un breve percorso di counseling per riprendere i ritmi con l'università e affrontare l'ansia: sono figlia unica, non ho molti rapporti col resto della mia famiglia, lavoro da sola, sono molto disillusa sulle amicizie - dipendo da me!
Dopo tutto questo, soffro ancora d'ansia. Ho ancora tachicardia, faccio incubi ricorrenti, sono molto irritabile e triste. In modo particolare affronto male l'università: prima di ogni esame ho delle crisi ingestibili in cui non riesco a pensare ad altro che al lutto di ormai due anni fa. E' possibile che dopo anni di lavoro su me stessa ancora avvenga questo?
Ho espresso all'ultima psicologa le mie perplessità, la mia incertezza sul muovere passi da sola, d'altra parte ho paura di una dipendenza dalla psicoterapia.
Cosa mi suggerireste di fare?
Grazie in anticipo.
vorrei avere un parere in merito all'elaborazione di un lutto avvenuto due anni fa. Nel 2009, quando avevo 22 anni appena compiuti, ho perso mia madre in seguito ad un cancro.
Ho una storia un po' particolare per quanto riguarda i rapporti con gli psicologi:
- dai 14 ai 16 anni sono stata seguita da una psicologa - il motivo era la separazione dei miei genitori, padre violento che io non volevo più vedere. E' stato un percorso molto utile che mi ha aiutata nella crescita, nell'adolescenza;
- verso i 21 anni, quando è stato diagnosticato il tumore a mia madre, ho pensato di rivolgermi ad una persona che mi aiutasse ad affrontare il momento senza abbandonare gli studi universitari: ho trovato uno psicologo che però psicologo non era (nessuna iscrizione a nessun albo) e che è sparito nel momento peggiore - quello della perdita;
- in seguito ad attacchi di panico, ansia e depressione dovuti al lutto, alla fine di una relazione (breve e superficiale sì, ma in un momento così forse mi rassicurava) e alla "sparizione" di molti amici, mi rivolgo ad uno psichiatra, che mi prescrive Alprazolam (5 goccie al giorno) per tre mesi. La situazione migliora, almeno fisicamente per quanto riguarda tachicardie, insonnia ecc.
- faccio un breve percorso di counseling per riprendere i ritmi con l'università e affrontare l'ansia: sono figlia unica, non ho molti rapporti col resto della mia famiglia, lavoro da sola, sono molto disillusa sulle amicizie - dipendo da me!
Dopo tutto questo, soffro ancora d'ansia. Ho ancora tachicardia, faccio incubi ricorrenti, sono molto irritabile e triste. In modo particolare affronto male l'università: prima di ogni esame ho delle crisi ingestibili in cui non riesco a pensare ad altro che al lutto di ormai due anni fa. E' possibile che dopo anni di lavoro su me stessa ancora avvenga questo?
Ho espresso all'ultima psicologa le mie perplessità, la mia incertezza sul muovere passi da sola, d'altra parte ho paura di una dipendenza dalla psicoterapia.
Cosa mi suggerireste di fare?
Grazie in anticipo.
[#1]
Gentile Utente,
"E' possibile che dopo anni di lavoro su me stessa ancora avvenga questo?"
non credo che il percorso narrato abbia dato i risultati sperati. Purtroppo, un percorso di counseling non è un percorso psicoterapico, ovvero ciò che invece sarebbe necessario nel Suo caso.
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Un lutto che riaffiora con tali modalità nasconde risvolti psicologici che sarebbe opportuno approfondire.
Relativamente alla terapia farmacologica, risulta evidente che i motivi per cui è stata intrapresa, non sono ancora estinti.
Credo sia opportuno iniziare un percorso di supporto psicologico senza porsi limite di tempo, puntando eventualmente ad una psicoterapia erogata da Psicologi o Medici.
Cordiali saluti,
"E' possibile che dopo anni di lavoro su me stessa ancora avvenga questo?"
non credo che il percorso narrato abbia dato i risultati sperati. Purtroppo, un percorso di counseling non è un percorso psicoterapico, ovvero ciò che invece sarebbe necessario nel Suo caso.
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Un lutto che riaffiora con tali modalità nasconde risvolti psicologici che sarebbe opportuno approfondire.
Relativamente alla terapia farmacologica, risulta evidente che i motivi per cui è stata intrapresa, non sono ancora estinti.
Credo sia opportuno iniziare un percorso di supporto psicologico senza porsi limite di tempo, puntando eventualmente ad una psicoterapia erogata da Psicologi o Medici.
Cordiali saluti,
Dr. Luca Martis
[#2]
Gentile utente,
mi sembra che la sua storia sia punteggiata da diversi lutti e separazioni, un po' che si sussguono l'un l'altro, ma anche un po' che si intersecano e si sovrappongono.
E' sempre difficile, lungo e doloroso elaborare un lutto; di sicuro il mio consiglio è di intraprendere un percorso psicoterapeutico di orientamento analitico, così da poter cercare una soluzione approfondita e storica delle sue difficoltà.
Leggendo la sua richiesta ho anche notato come più volte lei fa riferimento agli studi universitari e all'importanza che assegna loro, sembrano quasi un punto di appoggio, qualcosa che aiuta a colmare un vuoto... ovviamente questo è solo un piccolo spunto di riflessione.
Cordiali saluti
mi sembra che la sua storia sia punteggiata da diversi lutti e separazioni, un po' che si sussguono l'un l'altro, ma anche un po' che si intersecano e si sovrappongono.
E' sempre difficile, lungo e doloroso elaborare un lutto; di sicuro il mio consiglio è di intraprendere un percorso psicoterapeutico di orientamento analitico, così da poter cercare una soluzione approfondita e storica delle sue difficoltà.
Leggendo la sua richiesta ho anche notato come più volte lei fa riferimento agli studi universitari e all'importanza che assegna loro, sembrano quasi un punto di appoggio, qualcosa che aiuta a colmare un vuoto... ovviamente questo è solo un piccolo spunto di riflessione.
Cordiali saluti
Dr.ssa Federica Meriggioli - Psicologa Psicoterapeuta
Via Roma 131, Spinea Ve
Tel. 3498534295 www.federicameriggioli.com
[#3]
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile utente, consideri che le esperienze di "separazione" per lei sono probabilmente molto ansiogene, per cui la morte di sua madre avrà senz'altro avuto un certo impatto su di lei.
Molte persone che hanno difficoltà nella separazione temono la dipendenza ma al contempo desiderano potersi lasciare andare. Valuti lei se questa caratteristica la riguarda. In caso affermativo credo sia inevitabile che lei affronti un percorso terapeutico con una certa ambivalenza emotiva. Cioè il desiderio di affrontarlo daun lato e temerlo dall'altro.
Sono molto dispiaciuto che lei abbia avuto degli incontri infelici con psicologi. Questo sicuramente non ha aiutato.
Il mio consiglio è di vedere se la sensazione di fiducia con la sua psicologa aumenta col tempo, cioè se piano piano sente che vi possa essere spazio per una relazione sicura.
Molte persone che hanno difficoltà nella separazione temono la dipendenza ma al contempo desiderano potersi lasciare andare. Valuti lei se questa caratteristica la riguarda. In caso affermativo credo sia inevitabile che lei affronti un percorso terapeutico con una certa ambivalenza emotiva. Cioè il desiderio di affrontarlo daun lato e temerlo dall'altro.
Sono molto dispiaciuto che lei abbia avuto degli incontri infelici con psicologi. Questo sicuramente non ha aiutato.
Il mio consiglio è di vedere se la sensazione di fiducia con la sua psicologa aumenta col tempo, cioè se piano piano sente che vi possa essere spazio per una relazione sicura.
[#4]
Gentile Utente,
nella sua vita sono entrate e uscite importanti figure di riferimento, in modo repentino o traumatico. Questo ha portato con sè la sensazione di non potersi fidare degli altri, perchè prima o poi ti abbandoneranno. Lei sembra poter fare affidamento solo su se stessa, sul suo lavoro e sull'opportunità di laurearsi.
Il consiglio più pratico, relativo alla terapia, è quello di scegliere con cura un buon psicologo/a psicoterapeuta con indirizzo psicodinamico con cui progettare un percorso senza porsi prima un limite di tempo.
La sua preoccupazione è la dipendenza e forse lei ha proprio centrato il punto delle sue difficoltà attuali: lei dice di essere sola e dipendere solo da sè, lasciando intendere che vorrebbe avere qualcuno con cui con-dividere le responsabilità che la vita ci impone, ma poi dice di avere paura della dipendenza. Pensa che possa essere anche questo timore ad aver inciso sull'allontanamento di alcune sue amicizie?
Se l'ostacolo alla psicoterapia è il timore della dipendenza, questo è un punto importante e sarà sicuramente una delle tematiche di lavoro con lo psicoterapeuta che non la abbandonerà "sul più bello" nè farà in modo di tenerla legata a sè, ma la aiuterà - proprio attraverso il legame che si instaurerà - a diventare definitivamente autonoma, con sicurezza.
I miei auguri.
nella sua vita sono entrate e uscite importanti figure di riferimento, in modo repentino o traumatico. Questo ha portato con sè la sensazione di non potersi fidare degli altri, perchè prima o poi ti abbandoneranno. Lei sembra poter fare affidamento solo su se stessa, sul suo lavoro e sull'opportunità di laurearsi.
Il consiglio più pratico, relativo alla terapia, è quello di scegliere con cura un buon psicologo/a psicoterapeuta con indirizzo psicodinamico con cui progettare un percorso senza porsi prima un limite di tempo.
La sua preoccupazione è la dipendenza e forse lei ha proprio centrato il punto delle sue difficoltà attuali: lei dice di essere sola e dipendere solo da sè, lasciando intendere che vorrebbe avere qualcuno con cui con-dividere le responsabilità che la vita ci impone, ma poi dice di avere paura della dipendenza. Pensa che possa essere anche questo timore ad aver inciso sull'allontanamento di alcune sue amicizie?
Se l'ostacolo alla psicoterapia è il timore della dipendenza, questo è un punto importante e sarà sicuramente una delle tematiche di lavoro con lo psicoterapeuta che non la abbandonerà "sul più bello" nè farà in modo di tenerla legata a sè, ma la aiuterà - proprio attraverso il legame che si instaurerà - a diventare definitivamente autonoma, con sicurezza.
I miei auguri.
Dr.ssa Paola Cattelan
psicologa psicoterapeuta
pg.cattelan@hotmail.it
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 3.7k visite dal 06/02/2011.
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.