Psicoterapia inefficace

Gentili dottori,
provo a descrivere qualcosa della mia storia sperando di essere abbastanza chiaro.
Credo che parte dei miei problemi siano legati alla famiglia in cui sono cresciuto e in cui mi trovo adesso. Non penso che i miei genitori siano “cattivi”, ma sono senz’altro problematici per cui mi sono spesso trovato in un ambiente conflittuale con frequenti tensioni e litigi. In effetti anche le mie sorelle hanno dovuto ricorrere agli psicologi…
Da bambino ero piuttosto timido e chiuso in me stesso. La situazione è peggiorata durante l’adolescenza quando ho cominciato ad essere particolarmente ansioso e quando sono comparse le prime crisi epilettiche di grande male. In un primo momento si è pensato, vista la mia situazione psicologica e famigliare, ad un’origine psichica dei disturbi; per questo ho effettuato sedute neuropsichiatriche , ma dato il persistere delle crisi e le caratteristiche delle stesse mi è stato finalmente prescritto il Depakin. Con questa terapia (circa 600 mg/die) è stato ottenuto un completo controllo delle crisi ed anche un miglioramento dell’irritabilità che mi accompagnava.
Nei primi anni di università ho cominciato ad avere sintomi depressivi e ansiosi. Per questo il neurologo mi ha prescritto a 23 anni paroxetina a 20 mg/die; ho avuto un rapido miglioramento dei sintomi e non mi ero mai sentito meglio in vita mia… quando però smettevo la terapia tutto tornava come prima.
A 24 anni (2001) inizio anche la psicoterapia (una seduta a settimana) presso un centro di salute mentale. Ho proseguito questa terapia fino a quest’anno quindi per oltre nove anni. Ho parlato di parecchie cose, dei possibili traumi, delle cose che più mi hanno fatto soffrire, sono stato anche molto in silenzio, ma alla fine ho desistito perché ho constato che malgrado queste numerose sedute i miglioramenti sono stati molto scarsi o minimi.
Peraltro nel 2002 in concomitanza di una delusione affettiva e della riduzione della terapia con Depakin e paroxetina ho avuto un grave episodio depressivo. Avevo già iniziato la psicoterapia, ma di mia iniziativa consulto una psichiatra (dello stesso CSM dello psicoterapeuta) perché stavo veramente male e temevo di perdere il controllo e farmi del male. Mi viene consigliato di aumentare il dosaggio del Depakin fino a 1000 mg/die come stabilizzatore dell’umore, il Cipralex a 20 mg/die e lo Zyprexa; quest’ultimo non potrò assumerlo in quanto alle prime somministrazioni mi causa una crisi epilettica nel sonno. Comunque con la terapia a base di Depakin e Cipralex la situazione migliora di molto e soprattutto scompaiono quei momenti di disperazione profonda e di impulso a farmi del male. La psichiatra parla di una depressione endogena connessa alla malattia epilettica e mi consiglia di proseguire a tempo indefinito la terapia. Conferma anche il disturbo di personalità e l’opportunità di continuare per molto tempo la psicoterapia.
In effetti con questo trattamento non ho più avuto ricadute depressive ed episodi di grave angoscia e negli anni il Cipralex è stato portato a 15 mg ed ora a 10 mg. Si è tentato di sospenderlo del tutto, ma sono ricomparsi sintomi ansiosi. Anche questo mi ha portato a concludere che la psicoterapia è stata poco efficace e che per me in questo momento i farmaci sono ancora importanti.
E’ da circa sei mesi che non effettuo più sedute psicoterapiche e non sto peggio; anzi un po’ mi sento sollevato perché oramai costituivano un peso e mi creavano disagio.
Ho sempre fatto molta fatica a parlare e le “risposte” che mi venivano date mi lasciavano spesso insoddisfatto; ho spesso percepito il terapeuta come freddo e distante nei miei confronti, indifferente verso la mia situazione.
Nonostante sia deluso dalla psicoterapia, visto che sono cronicamente insoddisfatto e lontano dalla serenità vorrei un vostro parere circa l’opportunità di riprendere un trattamento psicologico altrove o presso lo stesso terapeuta… potrebbe essere di una qualche utilità o costituire un altro fallimento? … certo i farmaci mi evitano i sintomi più penosi, ma ora sto semplicemente sopravvivendo…
Grazie in anticipo.
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Dr. Leonardo Fricano Psicologo, Psicoterapeuta 232 12
Gentile signore, il fatto che lei abbia fronteggiato forti periodi di malessere ed insuccessi terapeutici e nonostante questi, si ritrovi sempre pronto a reagire ed a mettere in discussione le sue decisioni, ( ad esempio riguardo la psicoterapia) questo dimostra di lei che e' una persona flessibile e determinata nel conseguire i suoi obiettivi. Detto questo occorre precisare che molti successi con la psicoterapia si ottengono principalmente quando tra terapeuta e paziente si instaura una sincera e fattiva cooperazione. Quando lei mi scrive: "Ho sempre fatto molta fatica a parlare e le “risposte” che mi venivano date mi lasciavano spesso insoddisfatto; ho spesso percepito il terapeuta come freddo e distante nei miei confronti, indifferente verso la mia situazione.", credo che questa alleanza tra lei e il terapeuta non si e' venuta a creare. Nello stesso tempo e' anche opportuno porre un piccolo dubbio riguardo a quanto questa sua precedente psicoterapia sia stata inefficace e per farlo occorre che lei attraverso un salto di fantasia, riesca a immaginare come si sarebbe evoluto il disturbo senza psicoterapia. Secondo lei non sarebbe cambiato niente, oppure riflettendoci meglio scopre che forse in tantissime occasioni, proprio questo supporto le ha consentito di fare la differenza? Ci rifletta con calma e sinceramente prima di darsi una risposta. Il mio suggerimento e ' che lei deve riprendere un percorso psicoterapeutico. Se lei deve riprenderlo con chi lo ha interrotto o sceglierne un altro, decida lei. Quello che in questo caso deve farle a mio parere da guida, e' che lei deve sperimentare un ambiente relazionale empatico, privo di pregiudizi e dove sentendosi capito ed accolto, possa dare voce ed elaborazione a tutto ciò che per lei e' fonte di disagio. Con la speranza di averle dato un chiarimento utile, rimango a sua disposizione. Cordiali saluti

Dr. Leonardo Fricano Psicologo e Psicoterapeuta
Palermo,Bagheria
tel 091 7721646 cell 393 4271998
www.leonardofricano.com

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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
Gentile utente,

le terapie che riferisce richiamano una diagnosi di disturbo bipolare, lei riferisce depressione, sarebbe meglio che innanzitutto chiarisse qual'è il disturbo, altrimenti anche la scelta delle cure è confusa.
"La psicoterapia", così come "i farmaci" non sono termini che significano qualcosa, sono categorie generiche. Ogni terapia deve avere i suoi scopi e le sue indicazioni, rispetto a una diagnosi.
Non è che per forza la psicoterapia significhi parlare e raccontare i dettagli del proprio passato, non consiste in una esposizione guidata dei propri problemi, c'è una interazione e temi di interazione, che possono essere più o meno espliciti, dipende anche dalla tecnica.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Gentile utente, vorrei porle un paio di domande. Quale tipo di psicoterapia ha fatto (apparentemente sembrerebbe trattarsi di una terapia psicodinamica) e per quali sintomi, specificamente, aveva chiesto aiuto allo psicoterapeuta?

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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Utente
Utente
Gentili dottori,
anzitutto vi ringrazio per l'attenzione e per la sollecitudine con cui avete fornito un vostro parere.

In riferimento a quanto scritto dal dott. Fricano posso dire che mi ha offerto alcuni spunti di riflessione su cui cercherò di soffermarmi in questo periodo... la speranza di poter trovare un contesto accogliente in cui poter parlare senza troppe difficoltà di quello che mi causa disagio c'è ancora. Una difficoltà è proprio quella di trovare la persona (terapeuta) "giusta".

Rispondendo invece al dott. Pacini e al dott. Santonocito:

- non vi so dire con precisione che tipo di psicoterapia abbia seguito. In altre parole il terapeuta non mi ha detto a quale scuola faccia riferimento e nel chiederglielo (soprattutto nei primi periodi) mi aveva detto che in fin dei conti questo non era molto importante e rappresentava una mia difesa, un tentativo di razionalizzare e di evitare di parlare di quello che realmente mi dava disagio.
- ho deciso di iniziare la psicoterapia soprattutto per la presenza di sintomi depressivi, problemi relazionali (isolamento, difficoltà nello stringere legami, rapporti difficili in famiglia) e una generale insoddisfazione esistenziale.
- per quanto riguarda la diagnosi mi è stato parlato genericamente dalla psichiatra di disturbio dell'umore connesso all'epilessia (su base biologica) e di disturbo della personalità. Non conosco la diagnosi psichiatrica precisa nel senso di quelle che si ritrovano nel DSM. Sicuramente sono stato "inquadrato" e descritto adeguatamente e tutto sarà stato riportato minuziosamente in cartella. Tuttavia, seppur curioso di conoscere la casellina di appartenenza, non ho chiesto esplicitamente di saperla cercando di accontentarmi di quanto dettomi... in effetti ho fiducia nella psichiatra che mia ha seguito e se ha deciso di non entrare nei dettagli diagnostici credo l'abbia fatto per il mio bene.

Grazie ancora per l'attenzione e i consigli.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 45.3k 1k
Gentile utente,

E' necessario definire meglio sia la diagnosi (disturbo dell'umore è vago, più ancora disturbo della personalità senza ulteriore specificazione), sia la terapia.

Sapere che tecnica (non scuola di pensiero, che non è importante e non deve essere l'asse portante di un intervento terapeutico) si sta impiegando almeno a grandi linee mi sembra necessario.
Necessario sia per stabilire i tempi in cui valutare se è utile, sia per stabilire i parametri da tener presenti per valutare se le cose evolvono bene, sia per discutere eventuali collateralità, che possono esservi anche con le psicoterapie specialmente nelle fasi iniziali.
Non è che vi sia un obbligo assoluto di dire al paziente un nome che poco aggiunge ai sintomi che il malato conosce già, ma la diagnosi ci deve essere per stabilire prognosi (previsione) e scelta del trattamento.
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