Depressione (?) post-trauma a distanza
Salve,
sono una ragazza che convive da 17 anni con una patologia per la quale non esiste trattamento. Per ora riesco a mascherarla abbastanza bene ma potrebbe peggiorare fino a portarmi a una grossa disabilità. A 10 anni ho deciso di dedicare la mia vita allo studio della patologia e oggi lavoro in un laboratorio di ricerca molto buono e inizio ad avere dei risultati molto promettenti. Nessuno sa il motivo del mio interesse, dico che è per passione. Mi vergognerei a farlo sapere in giro perchè verrebbe meno la mia credibilità scientifica. Questa patologia mi ha sempre dato delle crisi di tristezza infinita per l'impossibilità di guarire e chiusura interpersonale. Tuttavia da quando sono in prima linea (2 anni) queste crisi si sono aggravate: fatico a dormire, non voglio andare a dormire, a volte mi prende il petto e fatico a respirare, ho sempre le lacrime agli occhi, non voglio andare a lavoro, guardo sempre per terra, non rido più come una volta e non riesco a divertirmi anche se provo a sforzarmi, ogni tanto mi accorgo di contare e di sentire una canzone anche per 2-3 ore di fila. Ho chiesto pure a dei miei amici di distrarmi ma non riesco a pensare ad altro. A volte quando mi parlano mi accorgo che guardo le loro labbra muoversi ma io penso solo a quanto sono disperata. Sono disperata perchè ho terrore che non riuscirò più a venir fuori da questo stato. Non so che cosa fare. So solo che se è il prezzo da pagare per combattere contro la mia malattia, sono disposta a pagarlo. Solo che mi sta dando dei problemi. Mi vergogno anche a chiedere aiuto al mio ragazzo e alla mia famiglia anzi, li sto allontanando... Vi prego datemi un qualche tipo d'aiuto! Grazie.
sono una ragazza che convive da 17 anni con una patologia per la quale non esiste trattamento. Per ora riesco a mascherarla abbastanza bene ma potrebbe peggiorare fino a portarmi a una grossa disabilità. A 10 anni ho deciso di dedicare la mia vita allo studio della patologia e oggi lavoro in un laboratorio di ricerca molto buono e inizio ad avere dei risultati molto promettenti. Nessuno sa il motivo del mio interesse, dico che è per passione. Mi vergognerei a farlo sapere in giro perchè verrebbe meno la mia credibilità scientifica. Questa patologia mi ha sempre dato delle crisi di tristezza infinita per l'impossibilità di guarire e chiusura interpersonale. Tuttavia da quando sono in prima linea (2 anni) queste crisi si sono aggravate: fatico a dormire, non voglio andare a dormire, a volte mi prende il petto e fatico a respirare, ho sempre le lacrime agli occhi, non voglio andare a lavoro, guardo sempre per terra, non rido più come una volta e non riesco a divertirmi anche se provo a sforzarmi, ogni tanto mi accorgo di contare e di sentire una canzone anche per 2-3 ore di fila. Ho chiesto pure a dei miei amici di distrarmi ma non riesco a pensare ad altro. A volte quando mi parlano mi accorgo che guardo le loro labbra muoversi ma io penso solo a quanto sono disperata. Sono disperata perchè ho terrore che non riuscirò più a venir fuori da questo stato. Non so che cosa fare. So solo che se è il prezzo da pagare per combattere contro la mia malattia, sono disposta a pagarlo. Solo che mi sta dando dei problemi. Mi vergogno anche a chiedere aiuto al mio ragazzo e alla mia famiglia anzi, li sto allontanando... Vi prego datemi un qualche tipo d'aiuto! Grazie.
[#1]
Gentile signora,
l'avvicinarsi alla sua patologia e il cercare di "affrontarla" con lo studio e il dedicarsi ad essa da un punto di vista scientifico ha in sè senz'altro degli aspetti positivi, ma purtroppo la base - essenziale - affinchè una persona riesca ad avvicinarsi a temi dolorosi non è quello di "sopprimere le emozioni", ragionando sul tema (in questo caso, la sua malattia) in modo scientifico e teorico, ma "tirare fuori" e dare spazio al dolore per la situazione, in modo da riuscire ad elaborarlo e piano piano imparare a gestirlo...
in questo senso, mi sembra di capire che forse Lei non ha mai fatto questo passaggio, pensando di riuscire a tenere sotto controllo il dolore attraverso un approccio "razionale" al problema, ma come lei stessa sta sperimentando, ora il dolore viene fuori ugualmente, facendola sentire disperata, come lei stessa dice.
Le consiglierei, pertanto, di contattare uno psicologo, in modo da poter avere il tempo e lo spazio per parlare della sua dolorosa condizione, spazio che purtroppo non riescono (per 1000 motivi) a darle i suoi amici e i suoi affetti più cari. Mi rendo conto che possa essere terribile anche solo pensare a riaprire la ferita che questa patologia le ha causato. Ma mi creda, è l'unico modo per poter imparare a convivere con questa malattia e a gestire i dolorosi pensieri che l'accompagnano.
In bocca al lupo per tutto
Cordiali saluti
l'avvicinarsi alla sua patologia e il cercare di "affrontarla" con lo studio e il dedicarsi ad essa da un punto di vista scientifico ha in sè senz'altro degli aspetti positivi, ma purtroppo la base - essenziale - affinchè una persona riesca ad avvicinarsi a temi dolorosi non è quello di "sopprimere le emozioni", ragionando sul tema (in questo caso, la sua malattia) in modo scientifico e teorico, ma "tirare fuori" e dare spazio al dolore per la situazione, in modo da riuscire ad elaborarlo e piano piano imparare a gestirlo...
in questo senso, mi sembra di capire che forse Lei non ha mai fatto questo passaggio, pensando di riuscire a tenere sotto controllo il dolore attraverso un approccio "razionale" al problema, ma come lei stessa sta sperimentando, ora il dolore viene fuori ugualmente, facendola sentire disperata, come lei stessa dice.
Le consiglierei, pertanto, di contattare uno psicologo, in modo da poter avere il tempo e lo spazio per parlare della sua dolorosa condizione, spazio che purtroppo non riescono (per 1000 motivi) a darle i suoi amici e i suoi affetti più cari. Mi rendo conto che possa essere terribile anche solo pensare a riaprire la ferita che questa patologia le ha causato. Ma mi creda, è l'unico modo per poter imparare a convivere con questa malattia e a gestire i dolorosi pensieri che l'accompagnano.
In bocca al lupo per tutto
Cordiali saluti
Dr.ssa Chiara Facchetti
Ordine degli Psicologi della Lombardia (n. iscriz. 03/12625)
www.milanopsicologa.it
[#2]
Cara ragazza,
mi spiace per la sua situazione e il fatto che non voglia dire di quale patologia si tratta fa mancare degli elementi che potrebbero essere utili per risponderle.
In ogni caso credo che lei necessiti urgentemente di un aiuto perchè la battaglia è molto dura e mi sembra che abbia sviluppato sintomi sia depressivi, sia ansiosi e ossessivi ("ogni tanto mi accorgo di contare e di sentire una canzone anche per 2-3 ore di fila") che segnalano disagio per una situazione che sente sfuggire al suo controllo.
Mi pare di capire che il quadro clinico potrebbe restare stabile per molti anni ancora, e se le cose stanno così lei rischia di vivere molto peggio di quanto potrebbe fare se riuscisse a reagire in maniera diversa ad una situazione sicuramente difficile.
Vorrei anche sottolineare questa sua affermazione:
"Nessuno sa il motivo del mio interesse, dico che è per passione. Mi vergognerei a farlo sapere in giro perchè verrebbe meno la mia credibilità scientifica"
Sembra che lei ritenga che chi fa ricerca debba essere estraneo alla materia dei propri studi per avere non so quale interesse "puro" e scevro da componenti soggettive.
Personalmente non la vedo così, e credo anzi che vivere sulla propria pelle una patologia rafforzi la motivazione ad occuparsene, perchè permette di coniugare le capacità intellettive alla conoscenza e comprensione empirica ed emotiva di quello di cui ci si sta occupando.
Le cito 2 casi di persone che hanno realizzato molto sulla spinta dell'esperienza personale della patologia:
- Fabiola De Clerq, ex bulimica e anoressica, ha fondato l'ABA
- Mario Melazzini, medico malato di SLA, ha fondato l'Aisla
Penso che nessuno si sogni di dire che siccome loro per primi hanno conosciuto la malattia non dovrebbero occuparsene, che mancano di credibilità scientifica o che quello che fanno abbia meno valore rispetto a chi è totalmente estraneo all'oggetto dei propri studi.
Ci pensi!
Le faccio tanti auguri per tutto
mi spiace per la sua situazione e il fatto che non voglia dire di quale patologia si tratta fa mancare degli elementi che potrebbero essere utili per risponderle.
In ogni caso credo che lei necessiti urgentemente di un aiuto perchè la battaglia è molto dura e mi sembra che abbia sviluppato sintomi sia depressivi, sia ansiosi e ossessivi ("ogni tanto mi accorgo di contare e di sentire una canzone anche per 2-3 ore di fila") che segnalano disagio per una situazione che sente sfuggire al suo controllo.
Mi pare di capire che il quadro clinico potrebbe restare stabile per molti anni ancora, e se le cose stanno così lei rischia di vivere molto peggio di quanto potrebbe fare se riuscisse a reagire in maniera diversa ad una situazione sicuramente difficile.
Vorrei anche sottolineare questa sua affermazione:
"Nessuno sa il motivo del mio interesse, dico che è per passione. Mi vergognerei a farlo sapere in giro perchè verrebbe meno la mia credibilità scientifica"
Sembra che lei ritenga che chi fa ricerca debba essere estraneo alla materia dei propri studi per avere non so quale interesse "puro" e scevro da componenti soggettive.
Personalmente non la vedo così, e credo anzi che vivere sulla propria pelle una patologia rafforzi la motivazione ad occuparsene, perchè permette di coniugare le capacità intellettive alla conoscenza e comprensione empirica ed emotiva di quello di cui ci si sta occupando.
Le cito 2 casi di persone che hanno realizzato molto sulla spinta dell'esperienza personale della patologia:
- Fabiola De Clerq, ex bulimica e anoressica, ha fondato l'ABA
- Mario Melazzini, medico malato di SLA, ha fondato l'Aisla
Penso che nessuno si sogni di dire che siccome loro per primi hanno conosciuto la malattia non dovrebbero occuparsene, che mancano di credibilità scientifica o che quello che fanno abbia meno valore rispetto a chi è totalmente estraneo all'oggetto dei propri studi.
Ci pensi!
Le faccio tanti auguri per tutto
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#3]
Ex utente
Vi ringrazio entrambe per le risposte molto gentili. Sono andata a fare un primo colloquio con una psicologa e da gennaio andrò a fare alcune sedute...
Per quanto riguarda la dott.sa Flavia Massaro, mi spiace dirlo ma il mondo della ricerca è una giungla... molto competitivo e a volte privo di umanità (nel lavoro e nell'approccio alla sperimentazione), diversamente da quanto alcuni ricercatori intendono far notare. E' un aspetto che mi ha delusa molto, perchè io cercavo in questo tipo di ambiente un sostegno e purtroppo non tutti sono così. C'è anche brava gente, ma è una minima parte.
Ho una patologia della vista: se si dovesse aggravare diventerei completamente cieca. Inutile dire cosa ne risulterebbe. Spero che ora capisca la mia disperazione.
Grazie e arrivederci
Per quanto riguarda la dott.sa Flavia Massaro, mi spiace dirlo ma il mondo della ricerca è una giungla... molto competitivo e a volte privo di umanità (nel lavoro e nell'approccio alla sperimentazione), diversamente da quanto alcuni ricercatori intendono far notare. E' un aspetto che mi ha delusa molto, perchè io cercavo in questo tipo di ambiente un sostegno e purtroppo non tutti sono così. C'è anche brava gente, ma è una minima parte.
Ho una patologia della vista: se si dovesse aggravare diventerei completamente cieca. Inutile dire cosa ne risulterebbe. Spero che ora capisca la mia disperazione.
Grazie e arrivederci
[#4]
Mi spiace molto, e capisco perchè la prospettiva di un peggioramento la atterrisce.
L'ambiente della ricerca in cui lei lavora ha sicuramente limiti e difetti che dipendono dalla natura umana, ma è comunque importante il modo in cui lei si pone: se riuscirà ad accettare almeno in parte la situazione riuscirà forse anche a pensare che dirlo ai suoi colleghi potrebbe non avere conseguenze così negative come oggi le immagina.
Di questo comunque parlerà con la psicologa che ha contattato, ha fatto una scelta saggia e penso proprio che le sarà di grande aiuto.
Le auguro di trascorrere serenamente le prossime Feste e di recuperare un po' alla volta la serenità!
L'ambiente della ricerca in cui lei lavora ha sicuramente limiti e difetti che dipendono dalla natura umana, ma è comunque importante il modo in cui lei si pone: se riuscirà ad accettare almeno in parte la situazione riuscirà forse anche a pensare che dirlo ai suoi colleghi potrebbe non avere conseguenze così negative come oggi le immagina.
Di questo comunque parlerà con la psicologa che ha contattato, ha fatto una scelta saggia e penso proprio che le sarà di grande aiuto.
Le auguro di trascorrere serenamente le prossime Feste e di recuperare un po' alla volta la serenità!
[#5]
Ex utente
Lo spero... mi sento veramente al limite, non so ancora per quanto reggerò. Di solito erano episodi di una giornata, non di 3-4 settimane tutti i giorni... e non c'è verso che passi! mi sa che sono proprio nei guai... mi mancano le forze. Ho iniziato anche a andare a lavorare di pomeriggio perchè la mattina non riesco ad alzarmi dal letto...
[#6]
E' comprensibile che col passare del tempo lei si senta peggio, si tratta di problemi che peggiorano se non si interviene.
Abbia fiducia, ora che sta per iniziare un percorso psicologico: vedrà che un po' alla volta si sentirà meglio.
Se vuole ci aggiorni sulla situazione!
Abbia fiducia, ora che sta per iniziare un percorso psicologico: vedrà che un po' alla volta si sentirà meglio.
Se vuole ci aggiorni sulla situazione!
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 2.3k visite dal 14/12/2010.
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