Psicoterapia, relazione, fiducia

ciao a tutti cari psicologi,

ho 23 anni e da febbraio sono in terapia presso uno specialista cognitivo. I miei problemi, credo, sono a base ansiosa e me li porto dietro fin da quando ero piccolo. Ho il terrore del giudizio degli altri. Mi sono così recato da questo terapeuta e la terapia è iniziata molto bene, direi che fra alti e bassi (alcuni dei quali molto pesanti) ci sono state delle conquiste. Sono riuscito a dirgli tante cose di cui mi vergognavo terribilmente.. non l'avrei mai creduto. Purtroppo, però, a distanza di quasi un anno mi rendo conto che non sempre riesco ad essere sincero con lui: sia per quanto riguarda il nostro percorso (mi crea molto disagio esternare pensieri e dubbi circa la terapia o lui stesso), sia per quanto riguarda il mio disagio: sono pensieri che mi causano grande vergogna e non li dico mai a nessuno!! So che la sincerità e la fiducia sono importanti. Ma è veramente frustrante: voler dire qualcosa e al contempo non voler dirlo!!
Ovviamente mi vergognerei pure a dire una cosa tipo "ci sono cose che mi vergogno a dire"... non so se mi spiego!!! Io credo che se riuscissi ad aprirmi di più, a rinunciare alla "maschera", a fidarmi totalmente, a far diventare il terapeuta un altro "me stesso" con cui dialogare, la terapia potrebbe progredire... ma così la sento incompleta, imperfetta, bloccata...

come faccio?

grazie :)
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Dr.ssa Elisa Flavia Di Muro Psicologo 221 6
Gentile ragazzo,

e se provasse a parlarne col suo terapeuta partendo non dal senso di vergogna che ha difficoltà a superare, ma dall'aspetto positivo del suo bisogno, cioè quello di fare un ulteriore salto in avanti nella terapia, come dice lei riuscendo a 'rinunciare alla "maschera", a fidarmi totalmente, a far diventare il terapeuta un altro "me stesso" con cui dialogare'?

Tenga conto che però, per fare passi in avanti, è importante lei conservi comunque la percezione del terapeuta come un ALLEATO, ma "altro da lei". Questo perché la sua difficoltà sembrerebbe legata proprio all'essere in relazione (con altri che percepisce come "giudicanti" e pericolosi per la sua autostima), ed è superabile attraverso la relazione stessa (con un altro, il terapeuta, suo alleato e "non giudicante").

Che ne dice, se la sente di provare in questo modo? : )

Dr.ssa Elisa Flavia Di Muro
www.psicologicamente.altervista.org

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Gentile utente, raccontare tutto di sé al terapeuta non è scontato né necessario, a seconda del tipo di terapia che si sta facendo. Se è seguito da un cognitivista dovreste, in linea generale, fare un percorso focalizzato sul problema e quindi le informazioni che il terapeuta abbisogna dev'essere lui a chiederle. Ciò di cui non ha bisogno, non dovrebbe chiederglielo.

Quindi le domando: il dubbio di non aprirsi a sufficienza con il suo terapeuta è soltanto suo, oppure è stato il terapeuta a farle notare che se non si apre di più la terapia potrebbe stagnare?

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Grazie ad entrambi.

Rispondo a tutti e due: il dubbio di non aprirmi a sufficienza mi è venuto autonomamente, il terapeuta non me l'ha detto esplicitamente, ma spesso mi dice che rimango sul "generale" e teorico. E questo è vero purtroppo... molte cose che mi capitano e che mi causano emozioni spiacevoli non riesco a dirle, così come non riesco a parlare di certe mie convinzioni o pensieri. Il fatto è che sono una persona estremamente riservata.. lo sono sempre stato.. e ho visto sempre gli altri come ostili e giudicanti. Quindi non mi apro mai totalmente, per paura di rivelare debolezze e faccio così anche con il dottore. Purtroppo non mi sono mai fidato totalmente di lui.. tempo fa gliel'ho anche detto.. ma continuo a fidarmi poco!

Per il resto questo è un periodo dove sono spesso sfiduciato e giù di morale, perchè questo percorso mi sembra quasi inutile..questo perchè continuo, come ho sempre fatto, a "vivere a metà", pieno di paranoie e insicurezze. Il dottore è poco direttivo.. dice che ci vuole tempo.. alle volte mi chiedo se non stia perdendo tempo... e soldi.

Diciamo che questo atteggiamento ce l'ho verso un po' tutti gli specialisti della salute, medici compresi, visti il più delle volte come persone interessate ad intascare che come ALLEATI..
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Dr. Domenico Bumbaca Psicologo, Psicoterapeuta 144
gentile utente

lei dice:
"... ce l'ho verso un po' tutti gli specialisti della salute, medici compresi, visti il più delle volte come persone interessate ad intascare che come ALLEATI.. "


Insomma, gli specialisti della salute, secondo LEI, si preoccupano solo di INTASCARE!

Mi scusi ma ... cosa? Cosa se non il dovuto in cambio della propria prestazione?
Non crede che gli specialisti della salute, al pari di qualsiasi altro specialista, a fronte di un LAVORO, abbiano il diritto di percepire il giusto compenso?

Non pensa che questa aggressività che ha espresso con la frase ci cui sopra, sveli altro?

Come può pretendere di evitare la stagnazione se lei NON DICE, le cose che potrebbero far progredire la relazione?

E' un pò come, ad esempio, potrebbe accadere quando si va da quasiasi altro specialista. Si immagini di avere un dolore in una parte del corpo, ad esempio il fegato e, invece di dirlo al medico, se lo tiene per se. Come fa il medico a prescrivere la giusta terapia? E, in quel caso, lei cosa farebbe? Sarebbe diffidente di quel professionista perchè non ha capito?

Per la Psiche, accade la stessa cosa, se lei tace, come possono progredire le cose?

Parlando del suo terapeuta, ha detto:

"....mi sono così recato da questo terapeuta e la terapia è iniziata molto bene, direi che fra alti e bassi (alcuni dei quali molto pesanti) ci sono state delle conquiste. Sono riuscito a dirgli tante cose di cui mi vergognavo terribilmente.. non l'avrei mai creduto..."

Ora invece dice

"...Purtroppo non mi sono mai fidato totalmente di lui.. tempo fa gliel'ho anche detto.. ma continuo a fidarmi poco!..."

Non coglie una contraddizione in tutto questo?

Se lei non ne parla, le cose non evolgono.
Gli specialisti della salute, non sono Maghi che leggono il pensiero, ma professionisti che lavorano basandosi sul materiale che LEI fornisce e fanno il lavoro per CURARE e aiutare le persone e a fronte di questo lavoro, percepiscono un onorario e NON lo INTASCANO.

La invito a riflettere su questo punto perchè finchè LEI ha questo nella sua testa, finchè non attribuisce ai professionisti della salute la giusta dimensione, percepirà sempre in modo distorto ogni possibile cura.


cordialmente


Dr. Domenico Bumbaca - Psicologo Psicoterapeuta
ad indirizzo Junghiano
https://www.PsicoanalistaRoma.it/

[#5]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Lei parla di alleati, ma per allearsi bisogna essere in due.

Pensi a quest'esempio. Lei arriva in una sala d'aspetto, in mezzo a tante altre persone. Siccome sono tutti sconosciuti, rimane sulle sue. Se ne sta zitto, serio, sospettoso. Assume un'espressione chiusa e riservata, guarda le persone un po' di sottecchi. Che cosa fanno gli altri? Pensano: "Guarda questo che espressione torva e chiusa che ha!" E immediatamente anche loro fanno lo stesso: la guardano storto. E questo conferma la sua impressione iniziale: "Ecco! Lo sapevo, ce l'hanno con me!"

Ora pensi invece a lei quando potrebbe aver risolto il suo problema. Entra nella stessa sala, ma stavolta con fare sorridente e amichevole. Gli altri penseranno: "Toh, guarda che tipo simpatico" e le sorrideranno a loro volta.

Finché presumerà che gli altri siano ostili e giudicanti, continuerà a suscitare in loro proprio le reazioni che teme.

Cordiali saluti
[#6]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
dott. Santonocito, lei ha perfettamente ragione. Ma nella pratica.. che fare?
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Nella pratica... dal mio punto di vista dovrebbe essere il terapeuta a suggerirle dei compiti per sbloccare il circolo vizioso. Questo è ciò che distingue le terapie orientate al problema, come anche le terapie cognitive dovrebbero essere.

Io credo che dovrebbe parlare con il suo terapeuta proprio di questo, se ancora non avete affrontato l'argomento, dicendogli chiaro e tondo che lei ha problemi a fidarsi degli altri e chiedendogli se non ha delle indicazioni pratiche da darle, da mettere in atto.

Può anche leggere questi due articoli per capire le differenze fra alcuni dei principali orientamenti psicoterapeutici e su cosa aspettarsi da una psicoterapia:

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html

http://www.giuseppesantonocito.it/art_psicoterapia.htm

Purtroppo da qui non si possono fare interventi diretti, ma posso garantirle che il suo problema è noto, e che di solito è possibile sbloccarlo abbastanza presto. Poi, naturalmente, è necessario lavorare per costruire le abilità sociali necessarie, ma il primo passo è rompere il circolo vizioso che mantiene in vita il problema.

Cordiali saluti
[#8]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
caro dottore, il mio terapeuta non ha mai dato grande importanza agli esercizi e forse il problema è proprio questo.. se a ciò aggiungiamo che non riesco a dire tutto, non mi sorprende molto la situazione. Il problema è che non è la prima volta che la terapia prende questa piega... non so che pensare. Forse non è il terapeuta adatto a me!

grazie per l'attenzione!