Atmosfera familiare negativa

Mi chiamo Daniele ho 21 anni e da un bel periodo sto affrontando una situazione alquanto negativa che concerne non solo la mia vita, ma anche tutto quel che mi sta intorno.

Sono il quarto figlio della famiglia, sono nato 10 anni dopo l'ultimo e ben 15 anni dopo il primo.
Questo mi ha provocato grandi disagi sin da bambino, non ho mai avuto un rapporto stretto con i miei genitori, che credevano di darmi affetto semplicemente regalandomi ciò che chiedevo, che a quei tempi potevano essere dei semplici oggetti materiali.

Non ho mai trascorso una vacanza con loro ne tantomeno ho mai ricevuto delle lodi quando andavo bene a scuola il che mi portava spesso a essere assente dall'ambiente scolastico, con poche opposizioni da parte dei miei che come dicevo mi han sempre assecondato.

Ho conosciuto una ragazza di Verona e a 17 anni sono andato via di casa per un anno, mollando definitivamente la scuola. Ho vissuto un bel periodo, ho ritrovato me stesso vivendo a casa di questa ragazza, avevo la voglia di studiare e quella di lavorare, di crearmi un futuro, finche poi i rapporto con quest'ultima si sono complicati e son dovuto tornare a casa.

L'ambiente di casa mia è molto monotono, non sono mai andato a cena con i miei genitori e so di non avere lo stesso rapporto che hanno avuto i miei amici (conosciuto nel corso del tempo) con i loro. Sarà la scarsità di lavoro e di fondi economici, saranno le preoccupazioni dei figli più grandi (il primo si sposò proprio quando io tornai e un altro si è trasferito definitivamente), ma le attenzioni che io ho ricevuto, a parte i soliti beni materiali, non sono state delle più garbate.

Mi re iscrissi a scuola in quel periodo, frequentai il terzo anno presi la qualifica e al quarto anno ricapitò la situazione di prima, ovvero la mattina mi svegliavo e non mi si presentava alcuna voglia di proseguire gli studi.
Ovviamente questo è dato anche da molti miei errori di cui ne sto pagando le conseguenze, l'essere stato poco responsabile in quegli anni, mi ha pesato e non poco, quando lo ero invece (durante il quarto anno) si sono presentate in famiglia molte difficoltà economiche che mi han portato a voler cercare un lavoro per guadagnare quel qualcosina per uscire la sera con gli amici a svagarmi, dato che in casa io nn riuscivo ne riesco a stare.

Questa situazione è andata via via diventando sempre più difficile da sopportare per me, le discussioni familiari si sono allargate colpendo duramente anche il mio stato di "nullafacente" (anche i miei fratelli non fanno altro che ripetermi di andare a lavorare ormai) e quando mi si presentava l'opportunità di lavorare la prendevo sempre senza alcuna voglia e senza stimoli, ed a queste discussioni si sono aggiunte anche molti litigi tra fratelli e le proprie ragazze (che ovviamente vengono a sfogarsi a casa con mia madre).
Vorrei sapere da voi se tutto ciò che vi ho descritto, lo considerate un problema che vada risolto (se si come?) e se questo davvero può incidere sul mio futuro
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile Daniele, la invito a riformulare la sua richiesta.

Quando si cerca di risolvere un problema, è utile definirlo bene.

Per "problema" intende:

- il fatto che i suoi genitori non le hanno riservato più attenzioni quando lei era più piccolo?
- il fatto che lei pensi che questa sia la causa di altre difficoltà?
- il fatto che lei pensi "non mi hanno dato affetto, non mi vogliono bene"?
- il modo in cui lei si valuta?
- le sue difficoltà a trovare una meta da cercare di raggiungere?
- il fatto che nella sua famiglia siano presenti tensioni e difficoltà economiche?

Gentile Daniele, fare chiarezza nella sua mente è compito suo. Cerchi di comprendere in maniera più specifica quale ritiene che sia la sua sofferenza.

Cordialmente
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Buongiorno Daniele, io credo che la voglia di studiare o lavorare, quando non c'è e quando non c'è nessuna malattia conclamata come depressione o altro, sia necessario sforzarsi e farsela venire. Non per far piacere ai genitori o ai fratelli, ma per noi stessi. Non cada nell'errore in cui cadono alcuni, di crearsi l'alibi dell'essersi sentiti poco amati da piccoli per evitare di darsi da fare da grandi.

Questa non è una critica, sia ben chiaro, ma solo una spiegazione rispetto al fatto che lei, se ci pensa, è rimasto troppo dipendente dalla sua famiglia. In modo sottile, ma ne è ancora dipendente. Il suo è l'atteggiamento del bambino piccolo, incapace di fare le cose, che si aspetta che qualcun'altro prima gli dimostri tutto il suo amore, per dargli la motivazione a darsi da fare.

Se i genitori ci hanno fatto dei torti, è una cosa che ciascuno di noi deve imparare ad accettare e superare. Altrimenti il rischio è di affezionarsi troppo al ruolo di chi ha subito un'ingiustizia, e di condannarsi da soli all'immobilismo.

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Gentile utente,

a quanto le ha già chiesto il dr. Calì aggiungo che sì, tutto quello che le è successo ha contribuito a determinare la situazione attuale, e no, non si può risolvere quello che ormai è passato - ma solo lavorare sul presente e sulle influenze che gli eventi trascorsi stanno avendo sulla vita attuale.

Se la sua vita oggi è insoddisfacente, e mi pare proprio che lo sia, può lavorare su di sè (con l'aiuto di un esperto) per cambiare il modo in cui interagisce con le situazioni e per liberarsi dalla zavorra del passato.
Per quanto le siano mancate alcune cose ora tocca a lei in prima persona occuparsi del suo benessere e del suo futuro.

Saluti e auguri,

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

[#4]
Utente
Utente
Vi ringrazio innanzitutto per la disponibilità nel rispondermi, al Dottor Calì:

Per problema intendo il non aver ricevuto attenzioni da piccolo, l'essere stato assecondato solo materialmente e non sotto il punto di vista affettivo, può aver inciso sui mancati risultati nell'ambito scolastico?

E intendo anche sapere se questa situazione, che si protrae ancora ora col passare del tempo, può incidere a sua volta sul mio futuro, l'aria di negatività presenta in casa che vivo giorno dopo giorno, nonostante io cerchi di essere ottimista, può in qualche modo, anche inconsciamente, darmi difficoltà nella vita da persona indipendente che sto cercando di crearmi?
Se si, cosa posso fare? Parlarne con i miei o tacere e non ascoltare ciò che avviene a casa e stare il più lontano possibile dal contesto familiare durante la giornata?

Io mi sono reso conto che le volte in cui riesco a "ragionare" e a cercar una soluzione alla mia situazione (esempio: cercar di studiare da privatista per diplomarmi a giugno), beh tutte queste volte in cui ottengo delle idee, non sono tra le quattro mura di casa, ma con amici, cioè in pratica quando sono a casa è come se la mia mente si bloccasse e di sfornare idee non ne volesse proprio sapere.

Al Dottor Santonocito, ho pensato anche a questo, ovvero che fossi io stesso a volermi creare un alibi, poiché la mia vita è attualmente insoddisfacente e quindi cercar di spostare le colpe mie su qualcun altro, ma penso anche che ho bisogno di agire per me stesso, per il mio futuro e quindi di darmi da fare per crearmi qualcosa migliore dell'attuale presente. In effetti è proprio questa la domanda:

Sono io il problema?
Cioè è ovvio che è anche colpa mia, però fino a che punto?
Non mi serve un alibi, ma solo capire se ho bisogno di ignorare tutto ciò, discuterne con i miei o discuterne con me stesso.

Io ho provato a spiegare ai miei che non mi sento a mio agio in famiglia, che discutere e/o pensare continuamente a cose non risolvibili con discussioni o pensieri è inutile. Bisogna farsene una ragione e cercar di continuare ad essere ottimisti e soprattutto, trasmettere un'aria positiva in casa, che mi aiuterebbe a cogliere in modo migliore le occasioni che mi si pongono davanti, ma non credo porterà a nessun risultato purtroppo...

Cosa posso fare io?
Devo davvero tapparmi le orecchie e cercar di pensare solo a me stesso?

Al dottor Massaro: Un esperto che aiuto potrebbe darmi in tutto ciò?
Secondo lei è necessario o sono cose risolvibili con un po di impegno?

Grazie ancora delle risposte.

Distinti Saluti
Daniele
[#5]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
>>> In effetti è proprio questa la domanda:
Sono io il problema?
Cioè è ovvio che è anche colpa mia, però fino a che punto?
>>>

Inizierà a uscire dal problema appena riuscirà a uscire da un'ottica di colpevolizzazione.

Qualcuno ha detto che lo stolto è quello che dà agli altri la colpa dei propri mali, l'uomo intelligente è quello che la dà a se stesso e l'uomo saggio è quello che non dà colpe né agli altri né a se stesso.

In genere, quando si hanno problemi psicologici si tenta di adottare la stessa logica che si usa per risolvere altri problemi: se ne cercano le cause. Solo che in questi casi spesso non serve, mentre è opportuno prendere atto del problema nel presente, per poterlo risolvere.

L'utilità dell'esperto consiste nell'aiutarla a fare riflessioni come quelle che sta facendo qui con noi, e nel ricevere anche compiti pratici, comportamentali, che possono aiutarla a uscire gradualmente dall'immobilità.

Non è escluso che possa riuscirci anche da solo, ma se in tanti anni ancora ciò non è avvenuto, potrebbe continuare a perdere altro tempo, rinunciando all'aiuto professionale.

Cordiali saluti
[#6]
Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
Daniele, non aver ricevuto le attenzioni che desiderava non è un problema. Pensare che questo condizionerà tutta la sua vita sì.

Certo, se lei si "identifica" coi suoi pensieri (cioè se crede che i suoi pensieri "siano" lei), probabilmente penserà di "essere" un problema.

Ed è comprensibile che, in casa, quando sente il trambusto dei conflitti che di tanto in tanto o spesso vi albergano, si attivino i pensieri "negativi", e lei si "senta" negativo; e, forse, reagisce in modo passivo a queste sensazioni.

Ma queste spiegazioni non l'aiutano a risolvere il problema. Affrontare i problemi "di testa", col pensiero, la può aiutare a "pensarli risolti", ma non a risolverli davvero.

Se vorrà affrontare le sue difficoltà in modo più incisivo, penso potrà esserle utile confrontarsi, come già suggeritole dal Dott. Santonocito, con un professionista che l'aiuti a trasformare i "progetti" in "cantieri".

Cordialmente
[#7]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Caro Daniele,

concordo con le risposte che le hanno già dato i miei colleghi, e alla sua domanda rispondo che l'impegno è necessario, ma può non essere sufficiente: quando le situazioni sono complesse e il disagio è significativo un aiuto esterno può essere invece risolutivo.