Omosessualità, bugie ai genitori, sensi di colpa e altro
Buongiorno a tutti,
provo a esporvi il mio problema, o meglio i miei problemi, anche se è dura farlo in poche righe.
Ho 24 anni, sono gay (anche se l'argomento sessualità richiederebbe una analisi a parte: non so se sono gay o meno, diciamo per adesso che sono bisessuale) e sto con un ragazzo da circa tre anni; con i miei genitori non avevo mai affrontato l'argomento, fino a circa un anno fa: stanco del dover continuamente nascondere le cose, del dover continuamente mentire ed attuare sotterfugi, ho deciso di raccontare la mia situazione a mia madre (sia riguardo l'omosessualità, sia riguardo al fatto che sono fidanzato). Purtroppo la reazione è stata a dir poco disastrosa (ed odiosa) direi: non sto a dilungarmi sui dettagli, ma in sostanza mi ha detto che "è preoccupata per me", che "avrò una vita difficile", che "non sono una persona normale", ecc... Una volta mi ha anche chiesto, in tono totalmente ingenuo: "ma i tuoi amici ti <<tengono>> così?". Insomma tutte cose abbastanza umilianti. Il fatto è che lei sta davvero soffrendo molto, non lo fa per cattiveria. Lei crede davvero che la mia omosessualità (o bisessualità che sia) sia una malattia. Da quando sono successi questi fatti è cambiata, non mi parla quasi più, è sempre triste, irascibile, depressa ecc. Ed io non faccio che sentirmi in colpa. Pensavo che parlandone con lei mi sarei sentito più "libero" più a posto con la coscienza, ma invece è successo esattamente il contrario: ora racconto bugie come prima, e metto in atto gli stessi sotterfugi di prima, con la differenza che ormai non ci crede più neanche lei. D'altra parte non saprei proprio cosa fare... Vista la reazione che c'è stata io mi sono chiuso ancora di più e non riesco ad affrontare l'argomento. Ogni volta che vedo lui racconto qualche storia inventata, e ogni volta mi sento sempre più un verme. Sono arrivato addirittura a non uscire (ne con lui ne con gli amici) pur di evitare questo imbarazzo. Da quando sono successi questi fatti anche la mia situazione col mio compagno è peggiorata: quando sono con lui da una parte sono felice, dall'altra mi sento in ansia perchè mi sembra di "tradire" mia madre, di farle del male. è un conflitto davvero tremendo. So di essere ormai "grande" e di dover fare la mia vita, e so anche che è un mio diritto, ma non è così facile a dirsi. Tengo a precisare che il resto della mia vita è, almeno in apparenza, totalmente "normale": ottimi voti all'università, successi sul lavoro, il solito gruppetto di amici, ecc.. Peccato che mi sento sempre come "in torto" come persona.. e tutto ciò che di bello c'è nella mia vita non riesco a godermelo.. Forse questa situazione non è nuova, e so che è il rapporto con i miei genitori quello su cui dovrei indagare, e so anche che la questione omosessualità non è che la punta dell'iceberg.. Ma diciamo che con questi ultimi fatti la situazione è diventata insostenibile.. Scusate lo sfogo.. Mi conviene sentire uno psicologo vero? .. Grazie a tutti, buona giornata!!
provo a esporvi il mio problema, o meglio i miei problemi, anche se è dura farlo in poche righe.
Ho 24 anni, sono gay (anche se l'argomento sessualità richiederebbe una analisi a parte: non so se sono gay o meno, diciamo per adesso che sono bisessuale) e sto con un ragazzo da circa tre anni; con i miei genitori non avevo mai affrontato l'argomento, fino a circa un anno fa: stanco del dover continuamente nascondere le cose, del dover continuamente mentire ed attuare sotterfugi, ho deciso di raccontare la mia situazione a mia madre (sia riguardo l'omosessualità, sia riguardo al fatto che sono fidanzato). Purtroppo la reazione è stata a dir poco disastrosa (ed odiosa) direi: non sto a dilungarmi sui dettagli, ma in sostanza mi ha detto che "è preoccupata per me", che "avrò una vita difficile", che "non sono una persona normale", ecc... Una volta mi ha anche chiesto, in tono totalmente ingenuo: "ma i tuoi amici ti <<tengono>> così?". Insomma tutte cose abbastanza umilianti. Il fatto è che lei sta davvero soffrendo molto, non lo fa per cattiveria. Lei crede davvero che la mia omosessualità (o bisessualità che sia) sia una malattia. Da quando sono successi questi fatti è cambiata, non mi parla quasi più, è sempre triste, irascibile, depressa ecc. Ed io non faccio che sentirmi in colpa. Pensavo che parlandone con lei mi sarei sentito più "libero" più a posto con la coscienza, ma invece è successo esattamente il contrario: ora racconto bugie come prima, e metto in atto gli stessi sotterfugi di prima, con la differenza che ormai non ci crede più neanche lei. D'altra parte non saprei proprio cosa fare... Vista la reazione che c'è stata io mi sono chiuso ancora di più e non riesco ad affrontare l'argomento. Ogni volta che vedo lui racconto qualche storia inventata, e ogni volta mi sento sempre più un verme. Sono arrivato addirittura a non uscire (ne con lui ne con gli amici) pur di evitare questo imbarazzo. Da quando sono successi questi fatti anche la mia situazione col mio compagno è peggiorata: quando sono con lui da una parte sono felice, dall'altra mi sento in ansia perchè mi sembra di "tradire" mia madre, di farle del male. è un conflitto davvero tremendo. So di essere ormai "grande" e di dover fare la mia vita, e so anche che è un mio diritto, ma non è così facile a dirsi. Tengo a precisare che il resto della mia vita è, almeno in apparenza, totalmente "normale": ottimi voti all'università, successi sul lavoro, il solito gruppetto di amici, ecc.. Peccato che mi sento sempre come "in torto" come persona.. e tutto ciò che di bello c'è nella mia vita non riesco a godermelo.. Forse questa situazione non è nuova, e so che è il rapporto con i miei genitori quello su cui dovrei indagare, e so anche che la questione omosessualità non è che la punta dell'iceberg.. Ma diciamo che con questi ultimi fatti la situazione è diventata insostenibile.. Scusate lo sfogo.. Mi conviene sentire uno psicologo vero? .. Grazie a tutti, buona giornata!!
[#1]
>>> Mi conviene sentire uno psicologo vero?
>>>
Lei cosa ne pensa?
Il punto in cui si trova adesso è quello comune a molti giovani nella stessa situazione: il problema di far accettare la propria condizione di gay ai genitori.
Per un genitore è sempre difficile, all'inizio, perché in un battibaleno vede andare in frantumi il sogno di poter avere dei nipoti. Può sembrare una cosa da poco, ma se si considera che dal punto di vista della natura l'unico motivo per cui veniamo al mondo è mettere al mondo dei figli, può non sembrare così strano. Se ha fratelli o sorelle potrebbe essere meno doloroso, ma per i genitori all'inizio è difficile comunque.
L'unica cosa da fare è non forzare la mano e dare tempo a sua madre di abituarsi all'idea. Senza ostentazioni, senza sfide o lotte improduttive. Vada vanti per la sua strada e rispetti i suoi sentimenti. Alla fine se ne farà una ragione.
Nel frattempo, dalle sue parole mi sembra opportuno il supporto di uno psicologo, perché è evidente che anche lei ha della strada da fare, per quanto riguarda l'accettazione di se stesso.
Cordiali saluti
>>>
Lei cosa ne pensa?
Il punto in cui si trova adesso è quello comune a molti giovani nella stessa situazione: il problema di far accettare la propria condizione di gay ai genitori.
Per un genitore è sempre difficile, all'inizio, perché in un battibaleno vede andare in frantumi il sogno di poter avere dei nipoti. Può sembrare una cosa da poco, ma se si considera che dal punto di vista della natura l'unico motivo per cui veniamo al mondo è mettere al mondo dei figli, può non sembrare così strano. Se ha fratelli o sorelle potrebbe essere meno doloroso, ma per i genitori all'inizio è difficile comunque.
L'unica cosa da fare è non forzare la mano e dare tempo a sua madre di abituarsi all'idea. Senza ostentazioni, senza sfide o lotte improduttive. Vada vanti per la sua strada e rispetti i suoi sentimenti. Alla fine se ne farà una ragione.
Nel frattempo, dalle sue parole mi sembra opportuno il supporto di uno psicologo, perché è evidente che anche lei ha della strada da fare, per quanto riguarda l'accettazione di se stesso.
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#2]
Ex utente
Grazie mille dottore per la sua risposta.
Devo dire che ha colto nel segno: in effetti sono figlio unico e per giunta credo che i miei appartengano alla categoria dei genitori apprensivi/superprotettivi (adesso magari un po' meno, ma lo sono stati per certo quando ero più piccolo).
Condivido anche il suo consiglio di non forzare troppo la mano, consiglio che tra l'altro mi hanno anche dato alcuni amici con i quali mi sono confidato... Io ci sto provando, ma il fatto è che dentro di me mi sento sempre teso, come in procinto di "essere scoperto" (ma a far cosa poi?), come se stessi facendo qualcosa di male, come se stessi deludendo i miei genitori.
Il fatto comunque è che in realtà mi sono sempre sentito soffocato da loro. Non mi hanno mai alzato le mani ne castigato, ho sempre avuto tutto, la macchina appena compiuti i 18, l'ultimo modello di computer, ecc, ma non mi hanno mai lasciato essere me stesso. è sempre stato così: finchè portavo a casa bei voti, finchè vincevo la partita di calcio andava tutto bene; quando facevo qualcosa che "non andava" (ma si parla di piccole cose, cose che fanno tutti i ragazzi, mettersi un orecchino, tingersi i capelli, fumare una sigaretta) si partiva con "hai perso la nostra fiducia", "ci hai traditi", "noi ti diamo tutto e tu ci ringrazi così" ecc. Seguito in alcuni casi dai pianti (o un semplice magone) di mia madre e da giorni di musi lunghi e silenzi.
Sono sempre stati ansiosi: devi tornare presto, attenzione alla "droga", attenzione agli sconosciuti, attenzione a questo e a quell'altro...
Ed io, per quanto mi senta in un certo modo "ribelle", ho un costante bisogno di approvazione da parte loro, è come una sorta di dipendenza...
Io ci ho pensato parecchio e penso che il problema di fondo sia questo; la questione dell'omosessualità è stata soltanto la goccia che ha fatto traboccare il vaso di un rapporto... mi dispiace dirlo, ma direi per certi versi malsano.
Comunque accolgo il consiglio di lavorare anche sulla mia accettazione. Sono anni che dico di volermi rivolgere a uno psicologo ma non l'ho ancora fatto..
Proverò a "prendere il coraggio" anche perchè ho tanta voglia di tornare ad essere sereno!
Grazie ancora.
PS: c'è un dettaglio importante che ho omesso nel primo post: mio padre non sa nulla della mia omosessualità; io avevo pensato di confidarmi con mia madre, e poi, convinto che sarebbe andato tutto bene, parlarne anche con lui. Ma visto come si sono messe le cose e vista la delusione nello scoprire la reazione di mia madre alla fine ho lasciato perdere.
Devo dire che ha colto nel segno: in effetti sono figlio unico e per giunta credo che i miei appartengano alla categoria dei genitori apprensivi/superprotettivi (adesso magari un po' meno, ma lo sono stati per certo quando ero più piccolo).
Condivido anche il suo consiglio di non forzare troppo la mano, consiglio che tra l'altro mi hanno anche dato alcuni amici con i quali mi sono confidato... Io ci sto provando, ma il fatto è che dentro di me mi sento sempre teso, come in procinto di "essere scoperto" (ma a far cosa poi?), come se stessi facendo qualcosa di male, come se stessi deludendo i miei genitori.
Il fatto comunque è che in realtà mi sono sempre sentito soffocato da loro. Non mi hanno mai alzato le mani ne castigato, ho sempre avuto tutto, la macchina appena compiuti i 18, l'ultimo modello di computer, ecc, ma non mi hanno mai lasciato essere me stesso. è sempre stato così: finchè portavo a casa bei voti, finchè vincevo la partita di calcio andava tutto bene; quando facevo qualcosa che "non andava" (ma si parla di piccole cose, cose che fanno tutti i ragazzi, mettersi un orecchino, tingersi i capelli, fumare una sigaretta) si partiva con "hai perso la nostra fiducia", "ci hai traditi", "noi ti diamo tutto e tu ci ringrazi così" ecc. Seguito in alcuni casi dai pianti (o un semplice magone) di mia madre e da giorni di musi lunghi e silenzi.
Sono sempre stati ansiosi: devi tornare presto, attenzione alla "droga", attenzione agli sconosciuti, attenzione a questo e a quell'altro...
Ed io, per quanto mi senta in un certo modo "ribelle", ho un costante bisogno di approvazione da parte loro, è come una sorta di dipendenza...
Io ci ho pensato parecchio e penso che il problema di fondo sia questo; la questione dell'omosessualità è stata soltanto la goccia che ha fatto traboccare il vaso di un rapporto... mi dispiace dirlo, ma direi per certi versi malsano.
Comunque accolgo il consiglio di lavorare anche sulla mia accettazione. Sono anni che dico di volermi rivolgere a uno psicologo ma non l'ho ancora fatto..
Proverò a "prendere il coraggio" anche perchè ho tanta voglia di tornare ad essere sereno!
Grazie ancora.
PS: c'è un dettaglio importante che ho omesso nel primo post: mio padre non sa nulla della mia omosessualità; io avevo pensato di confidarmi con mia madre, e poi, convinto che sarebbe andato tutto bene, parlarne anche con lui. Ma visto come si sono messe le cose e vista la delusione nello scoprire la reazione di mia madre alla fine ho lasciato perdere.
[#3]
>>> il fatto è che dentro di me mi sento sempre teso, come in procinto di "essere scoperto" (ma a far cosa poi?), come se stessi facendo qualcosa di male, come se stessi deludendo i miei genitori.
>>>
Certo, e lo psicologo le servirà proprio a superare questa sensazione sgradevole.
>>> Ed io, per quanto mi senta in un certo modo "ribelle", ho un costante bisogno di approvazione da parte loro, è come una sorta di dipendenza...
>>>
Questo è evidente. Non solo deve ancora lavorare per l'accettazione della sua omosessualità, ma ancora deve fare quel tanto che basta di percorso per arrivare a maturazione completa e sentirsi individuo adulto, più che un figlio che deve render conto continuamente ai genitori. Tutto questo potrà ottenerlo, con l'aiuto del professionista adatto.
Se ancora non l'ha detto a suo padre, può decidere di farlo o non farlo, dipende da lei e dal rapporto che sente di avere con lui. Se non lo farà, prima o poi potrebbe farlo sua madre, e questa sarà anche una piccola cartina di tornasole che dirà qualcosa sulla qualità del rapporto che esiste fra loro.
Legga questi due articoli, la aiuteranno nella scelta di un terapeuta:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Cordiali saluti
>>>
Certo, e lo psicologo le servirà proprio a superare questa sensazione sgradevole.
>>> Ed io, per quanto mi senta in un certo modo "ribelle", ho un costante bisogno di approvazione da parte loro, è come una sorta di dipendenza...
>>>
Questo è evidente. Non solo deve ancora lavorare per l'accettazione della sua omosessualità, ma ancora deve fare quel tanto che basta di percorso per arrivare a maturazione completa e sentirsi individuo adulto, più che un figlio che deve render conto continuamente ai genitori. Tutto questo potrà ottenerlo, con l'aiuto del professionista adatto.
Se ancora non l'ha detto a suo padre, può decidere di farlo o non farlo, dipende da lei e dal rapporto che sente di avere con lui. Se non lo farà, prima o poi potrebbe farlo sua madre, e questa sarà anche una piccola cartina di tornasole che dirà qualcosa sulla qualità del rapporto che esiste fra loro.
Legga questi due articoli, la aiuteranno nella scelta di un terapeuta:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Cordiali saluti
[#4]
Ex utente
Grazie per gli articoli, li ho trovati molto informativi.
Se posso rubarle ancora qualche minuto prezioso, vorrei farle qualche ultima domanda: secondo lei è possibile trovare servizi validi anche presso il servizio sanitario nazionale (consultori familiari ecc.)?
Come lei immagina essendo uno studente non posso permettermi per ora di spendere grosse cifre per le sedute; i lavori che faccio sono saltuari ma in questo momento essendo vicino alla laurea non sto lavorando, quindi sono un po' al verde.
Comunque io sono di Milano, se per caso potesse segnalarmi (eventualmente in privato) qualche collega fidato gliene sarei molto grato! (anche se non in servizio sanitario nazionale, poi vedrò il da farsi)
Grazie ancora per le utili risposte e buona serata.
Se posso rubarle ancora qualche minuto prezioso, vorrei farle qualche ultima domanda: secondo lei è possibile trovare servizi validi anche presso il servizio sanitario nazionale (consultori familiari ecc.)?
Come lei immagina essendo uno studente non posso permettermi per ora di spendere grosse cifre per le sedute; i lavori che faccio sono saltuari ma in questo momento essendo vicino alla laurea non sto lavorando, quindi sono un po' al verde.
Comunque io sono di Milano, se per caso potesse segnalarmi (eventualmente in privato) qualche collega fidato gliene sarei molto grato! (anche se non in servizio sanitario nazionale, poi vedrò il da farsi)
Grazie ancora per le utili risposte e buona serata.
[#5]
Nel pubblico lavorano ottimi professionisti, purtroppo però non è quasi mai possibile sceglierli. Si prenota un colloquio, ma poi lo psicologo o il terapeuta viene assegnato "d'ufficio" e non è possibile cambiarlo. Di solito esistono limiti anche per quanto riguarda il numero di sedute che è possibile fare. In compenso si spende molto poco, il solo ticket.
Nel privato è possibile scegliere il professionista cui affidarsi e di conseguenza anche l'indirizzo terapeutico. Si spende di più, ma si può considerare una terapia ben riuscita come un investimento per la propria vita.
Se desidera riferimenti di colleghi nella sua zona, può contattarmi privatamente.
Cordiali saluti
Nel privato è possibile scegliere il professionista cui affidarsi e di conseguenza anche l'indirizzo terapeutico. Si spende di più, ma si può considerare una terapia ben riuscita come un investimento per la propria vita.
Se desidera riferimenti di colleghi nella sua zona, può contattarmi privatamente.
Cordiali saluti
[#6]
Ex utente
Perfetto...
In questi giorni andrò ad informarmi presso il CPS (centro psico sociale) della mia zona. L'idea è quella di provare con il servizio pubblico e vedere un po' come va; se dovessi trovarmi bene ok, altrimenti provvederò diversamente.
Grazie ancora Dr.Santonocito, è stato molto gentile e le sue risposte mi sono state utili.
PS: credo che aprirò prima o poi un altro consulto riguardante il mio rapporto con mio padre, che è tutto un altro paio di maniche, quindi a risentirci (nel caso vorrà rispondermi).
Cordiali saluti
In questi giorni andrò ad informarmi presso il CPS (centro psico sociale) della mia zona. L'idea è quella di provare con il servizio pubblico e vedere un po' come va; se dovessi trovarmi bene ok, altrimenti provvederò diversamente.
Grazie ancora Dr.Santonocito, è stato molto gentile e le sue risposte mi sono state utili.
PS: credo che aprirò prima o poi un altro consulto riguardante il mio rapporto con mio padre, che è tutto un altro paio di maniche, quindi a risentirci (nel caso vorrà rispondermi).
Cordiali saluti
[#7]
Gentile Utente,
Lei sta cercando qui di intraprendere con noi una specie di analisi psicologica del suo caso, una specie di percorso psicoterapeutico.
La psicoterapia ha bisogno di vedersi in faccia, di conoscersi di parlarsi, di raccontare le cose al terapeuta, di porre i problemi uno ad uno senza remore e senza sotterfugi. Ecco, tutto questo va fatto nel setting terapeutico.
Il conflitto con se stesso. Dopo la sua rivelazione alla madre sono iniziati dei sensi di colpa, più o meno mascherati, che hanno invaso la sua vita e che le danno molti fastidi e molte difficoltà di rapporto. Quando è con la madre, pensa con sentimenti di colpa al suo ragazzo, quando sta con il suo ragazzo, pensa conflittualmente a sua madre. Non si sente più bene né come figlio, né come fidanzato.
Ha voluto parlarne con la madre perché non sopportava più sotterfugi, ma la madre non ha capito. Ho sentito spesso, più spesso in trasmissioni televisive che dal vivo, delle difficoltà che la madre ha di accettare l’omosessualità di suo figlio e se ne fa dei sensi di colpa.
Una madre un giorno disse che finalmente aveva accettato nel figlio questa sua situazione, l’aveva capita perché aveva visto suo figlio felice con il suo compagno, infelice senza.
Lei è felice con il suo compagno?
L’accettazione dei genitori è sempre l’ultima a venire, ma poi anch’essi comprendono. Dicono che il padre la vive male, ma la madre la vive malissimo. Ma la madre, quando riesce a capire e comprendere che la felicità è indipendente dall’orientamento sessuale del figlio, allora è la prima della famiglia ad accettare questo stato di cose.
Mi creda, lo farà, se lei però, che si definisce omosessuale e bisex, capisce appieno che cosa effettivamente è che la trascina nel mondo incantato dell’amore.
Con tanti auguri.
Lei sta cercando qui di intraprendere con noi una specie di analisi psicologica del suo caso, una specie di percorso psicoterapeutico.
La psicoterapia ha bisogno di vedersi in faccia, di conoscersi di parlarsi, di raccontare le cose al terapeuta, di porre i problemi uno ad uno senza remore e senza sotterfugi. Ecco, tutto questo va fatto nel setting terapeutico.
Il conflitto con se stesso. Dopo la sua rivelazione alla madre sono iniziati dei sensi di colpa, più o meno mascherati, che hanno invaso la sua vita e che le danno molti fastidi e molte difficoltà di rapporto. Quando è con la madre, pensa con sentimenti di colpa al suo ragazzo, quando sta con il suo ragazzo, pensa conflittualmente a sua madre. Non si sente più bene né come figlio, né come fidanzato.
Ha voluto parlarne con la madre perché non sopportava più sotterfugi, ma la madre non ha capito. Ho sentito spesso, più spesso in trasmissioni televisive che dal vivo, delle difficoltà che la madre ha di accettare l’omosessualità di suo figlio e se ne fa dei sensi di colpa.
Una madre un giorno disse che finalmente aveva accettato nel figlio questa sua situazione, l’aveva capita perché aveva visto suo figlio felice con il suo compagno, infelice senza.
Lei è felice con il suo compagno?
L’accettazione dei genitori è sempre l’ultima a venire, ma poi anch’essi comprendono. Dicono che il padre la vive male, ma la madre la vive malissimo. Ma la madre, quando riesce a capire e comprendere che la felicità è indipendente dall’orientamento sessuale del figlio, allora è la prima della famiglia ad accettare questo stato di cose.
Mi creda, lo farà, se lei però, che si definisce omosessuale e bisex, capisce appieno che cosa effettivamente è che la trascina nel mondo incantato dell’amore.
Con tanti auguri.
[#8]
Ex utente
Gentile Dr.Vita, innanzi tutto la ringrazio per la sua risposta.
Il quadro che lei ha delineato (in cui mi riconosco perfettamente) termina con una domanda; non so se lei si aspettava una risposta, ma provo a darla comunque.
"Lei è felice con il suo compagno?"
Lo ero, finche non sono iniziati i sensi di colpa.
Lo sono anche ora, anche se forse non come prima: ci sono giorni in cui va tutto bene, ma ci sono anche giorni in cui io sono a dormire a casa sua (all'insaputa dei miei genitori) e mi viene l'ansia e faccio fatica a dormire; giorni in cui sono triste e giorni in cui sono irascibile, perchè mi sento sempre un peso sulla coscienza.
Come posso essere felice se mi sento sempre in torto?
Il mio ragazzo si è accorto di tutto ciò, e mi ha detto chiaramente che dall'epoca della mia "confessione" mi vede triste, dice che non sono più il ragazzo allegro e solare che ero prima.
Ho tanta paura di perderlo per questo, e di rovinare totalmente il rapporto.
Lui capisce e mi aiuta, ma per quanto ancora lo fara?
Ha qualche anno meno di me, ma i suoi genitori sanno già tutto da tempo, ed accettano senza problemi. Con loro ho un bel rapporto, mi invitano a cena, a dormire, al cinema, ecc.
Questo non fa che farmi sentire ancora più "intrappolato" e infelice per la mia condizione.
Beh insomma le cose da dire vedo che non finiscono mai, e anche questa volta sono partito volendo scrivere 3 righe e invece ne ho scritte dieci volte tanto.
Certo come dice lei è meglio trovare uno specialista col quale confrontarsi faccia a faccia, ma anche questi consulti online mi sono stati utili, più che altro per farmi prendere finalmente la decisione... di farlo. Conto già per la prossima settimana (tempi permettendo col servizio pubblico) di vedere qualcuno...
Quindi ancora molte grazie!
Buona serata,
Il quadro che lei ha delineato (in cui mi riconosco perfettamente) termina con una domanda; non so se lei si aspettava una risposta, ma provo a darla comunque.
"Lei è felice con il suo compagno?"
Lo ero, finche non sono iniziati i sensi di colpa.
Lo sono anche ora, anche se forse non come prima: ci sono giorni in cui va tutto bene, ma ci sono anche giorni in cui io sono a dormire a casa sua (all'insaputa dei miei genitori) e mi viene l'ansia e faccio fatica a dormire; giorni in cui sono triste e giorni in cui sono irascibile, perchè mi sento sempre un peso sulla coscienza.
Come posso essere felice se mi sento sempre in torto?
Il mio ragazzo si è accorto di tutto ciò, e mi ha detto chiaramente che dall'epoca della mia "confessione" mi vede triste, dice che non sono più il ragazzo allegro e solare che ero prima.
Ho tanta paura di perderlo per questo, e di rovinare totalmente il rapporto.
Lui capisce e mi aiuta, ma per quanto ancora lo fara?
Ha qualche anno meno di me, ma i suoi genitori sanno già tutto da tempo, ed accettano senza problemi. Con loro ho un bel rapporto, mi invitano a cena, a dormire, al cinema, ecc.
Questo non fa che farmi sentire ancora più "intrappolato" e infelice per la mia condizione.
Beh insomma le cose da dire vedo che non finiscono mai, e anche questa volta sono partito volendo scrivere 3 righe e invece ne ho scritte dieci volte tanto.
Certo come dice lei è meglio trovare uno specialista col quale confrontarsi faccia a faccia, ma anche questi consulti online mi sono stati utili, più che altro per farmi prendere finalmente la decisione... di farlo. Conto già per la prossima settimana (tempi permettendo col servizio pubblico) di vedere qualcuno...
Quindi ancora molte grazie!
Buona serata,
[#9]
<Lo ero, finche non sono iniziati i sensi di colpa>
<ci sono giorni in cui va tutto bene, ma ci sono anche giorni in cui io sono a dormire a casa sua (all'insaputa dei miei genitori) e mi viene l'ansia>
<i suoi genitori sanno già tutto da tempo, ed accettano senza problemi. Con loro ho un bel rapporto, mi invitano a cena, a dormire, al cinema>
Gentile Utente,
I sensi di colpa misurano il conflitto tra il desiderio di vivere in un certo modo e il dovere di essere in altro modo. Il “suo” Superio, che è una specie di coscienza morale, parla in modo indiretto e non approva completamente quello che lei fa. D'altra parte lei è infelice senza il suo ragazzo. Continua così a permanere la situazione conflittuale tra il diritto al piacere e il senso del dovere. E se prima è l'angoscia a farle compagnia, spesso l'assale l'ansia di essere ciò che vuole essere per il suo ragazzo.
Riguardo ai genitori ce ne sono alcuni, informati del fatto, che riescono ad accettare la situazione e non farsene un problema. Ce ne sono altri invece, come sua madre, per ora, a dover fare quel percorso che la porterà ad accettare la sua situazione.
Rimane per lei ancora da stabilire il suo essere a volte eterosessuale, se ho ben capito, e cioè il fatto che una terza istanza viene ad insinuare in lei il tarlo del dubbio, e quindi a peggiorare la situazione conflittuale: il sentirsi a volte attratto dalle ragazze e magari ad avere dei rapporti etero. Almeno l'ho capita così la sua espressione di non comprender bene tra la situazione omosessuale e quella bisessuale. E questo comporta un ulteriore modo di vivere male la sua esistenza. E questo, eventualmente sia porprio così ed io non sia stato tratto in inganno da un suo modo di dire, va a peggiorare la situazione e a dover essere esaminato (analizzato) bene insieme con il suo psicoterapeuta.
Eventualmente sbagliassi non se ne dolga, ritornerò volentieri sull'argomento.
Cordiali saluti.
<ci sono giorni in cui va tutto bene, ma ci sono anche giorni in cui io sono a dormire a casa sua (all'insaputa dei miei genitori) e mi viene l'ansia>
<i suoi genitori sanno già tutto da tempo, ed accettano senza problemi. Con loro ho un bel rapporto, mi invitano a cena, a dormire, al cinema>
Gentile Utente,
I sensi di colpa misurano il conflitto tra il desiderio di vivere in un certo modo e il dovere di essere in altro modo. Il “suo” Superio, che è una specie di coscienza morale, parla in modo indiretto e non approva completamente quello che lei fa. D'altra parte lei è infelice senza il suo ragazzo. Continua così a permanere la situazione conflittuale tra il diritto al piacere e il senso del dovere. E se prima è l'angoscia a farle compagnia, spesso l'assale l'ansia di essere ciò che vuole essere per il suo ragazzo.
Riguardo ai genitori ce ne sono alcuni, informati del fatto, che riescono ad accettare la situazione e non farsene un problema. Ce ne sono altri invece, come sua madre, per ora, a dover fare quel percorso che la porterà ad accettare la sua situazione.
Rimane per lei ancora da stabilire il suo essere a volte eterosessuale, se ho ben capito, e cioè il fatto che una terza istanza viene ad insinuare in lei il tarlo del dubbio, e quindi a peggiorare la situazione conflittuale: il sentirsi a volte attratto dalle ragazze e magari ad avere dei rapporti etero. Almeno l'ho capita così la sua espressione di non comprender bene tra la situazione omosessuale e quella bisessuale. E questo comporta un ulteriore modo di vivere male la sua esistenza. E questo, eventualmente sia porprio così ed io non sia stato tratto in inganno da un suo modo di dire, va a peggiorare la situazione e a dover essere esaminato (analizzato) bene insieme con il suo psicoterapeuta.
Eventualmente sbagliassi non se ne dolga, ritornerò volentieri sull'argomento.
Cordiali saluti.
[#10]
Ex utente
Gentile Dr. Vita, non si è affatto sbagliato! Lei ha capito bene quello che io ho scritto, probabilmente sono io quello che deve ancora capire bene come stanno le cose. La mia "bisessualità" è ipotetica: il tarlo del dubbio mi viene soltanto dal fatto che, onestamente, il corpo femminile non mi ripugna, cosa che invece sento dire da molti gay. Per intenderci: preferisco di gran lunga i ragazzi, sia come attrazione fisica che affettiva, però riuscirei ad avere un rapporto sessuale con una ragazza, riuscirei comunque ad eccitarmi, anche se forse a fatica, ed anche se proverei molto molto poco rispetto a quello che proverei con un ragazzo. Esperienze con le ragazze ne ho avute, anche se tutte poco soddisfacenti. Da quando sto col mio ragazzo cioè da circa tre anni non ne ho più, anche perchè non ne sento il bisogno, e tantomeno sento il bisogno di tradirlo.
Anni fa ho avuto una ragazza per un anno: mi piaceva, è stato un bel periodo, ma non ne ero innamorato, e comunque ho sempre avuto, nel privato, fantasie omoesessuali sui miei amichetti e compagni di scuola.
E' da un po' di tempo che mi frulla una cosa per la testa: quando e se (si, sono ingenuo:) la storia col mio ragazzo dovesse finire vorrei provare a trovarmi una ragazza, per fare chiarezza. Anche se onestamente credo che se non avessi questa "pressione genitoriale" non lo farei, e mi troverei semplicemente un altro ragazzo, o starei da solo per un po'. E' abbastanza triste a pensarci bene...
Vorrei che quel maledetto "superio" di cui lei parla mi lasciasse in pace una buona volta!
Domani comunque andrò ad informarmi presso il CPS della mia zona, che ho scoperto essere proprio dietro casa.
... Ma se mi chiedono il motivo per cui chiedo l'incontro con lo psicologo cosa devo dire? Problemi in famiglia? Problemi personali? Non devo dire niente? Spero non mi liquidino subito...
Grazie mille ancora una volta e buona domenica!
Anni fa ho avuto una ragazza per un anno: mi piaceva, è stato un bel periodo, ma non ne ero innamorato, e comunque ho sempre avuto, nel privato, fantasie omoesessuali sui miei amichetti e compagni di scuola.
E' da un po' di tempo che mi frulla una cosa per la testa: quando e se (si, sono ingenuo:) la storia col mio ragazzo dovesse finire vorrei provare a trovarmi una ragazza, per fare chiarezza. Anche se onestamente credo che se non avessi questa "pressione genitoriale" non lo farei, e mi troverei semplicemente un altro ragazzo, o starei da solo per un po'. E' abbastanza triste a pensarci bene...
Vorrei che quel maledetto "superio" di cui lei parla mi lasciasse in pace una buona volta!
Domani comunque andrò ad informarmi presso il CPS della mia zona, che ho scoperto essere proprio dietro casa.
... Ma se mi chiedono il motivo per cui chiedo l'incontro con lo psicologo cosa devo dire? Problemi in famiglia? Problemi personali? Non devo dire niente? Spero non mi liquidino subito...
Grazie mille ancora una volta e buona domenica!
[#11]
Ex utente
Gentili dottori,
volevo soltanto confermarvi che oggi mi sono finalmente recato al CPS per prenotare l'incontro con lo psicologo. Non mi hanno dato l'appuntamento perchè non avevo l'impegnativa del medico (anche se in realtà sul loro sito c'è scritto che è PREFERIBILE, ma non obbligatoria), ma me la procurerò al più presto.
Se sono riuscito a fare questo passo, che rimando da anni, è anche grazie alle vostre parole e ai vostri consigli, e i progressi che farò (e sono sicuro che li farò, tanto peggio non può andare:) li dovrò in parte anche a voi!
Grazie, e complimenti per il servizio che offrite, è molto utile.
Cordiali saluti.
volevo soltanto confermarvi che oggi mi sono finalmente recato al CPS per prenotare l'incontro con lo psicologo. Non mi hanno dato l'appuntamento perchè non avevo l'impegnativa del medico (anche se in realtà sul loro sito c'è scritto che è PREFERIBILE, ma non obbligatoria), ma me la procurerò al più presto.
Se sono riuscito a fare questo passo, che rimando da anni, è anche grazie alle vostre parole e ai vostri consigli, e i progressi che farò (e sono sicuro che li farò, tanto peggio non può andare:) li dovrò in parte anche a voi!
Grazie, e complimenti per il servizio che offrite, è molto utile.
Cordiali saluti.
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