Nervosismo, stress e problemi fisici (gastrite)
Gentili dottori,
Non so se il mio sia un problema psicologico, psichiatrico o di tipo più propriamente fisico, e mi auguro che anche gli specialisti di altri settori leggano questo consulto. A 15 anni (ora ne ho 23) ho avuto il primo attacco di panico: senso di nausea e vomito, fiato corto, sudore freddo, improvvise vampate di caldo, tremore, crisi di pianto; in questi anni ho avuto molti altri attacchi, con un picco a Giugno 2008, quando, dopo aver saputo che un mio carissimo amico era morto in un incidente stradale, ho avuto diversi attacchi al giorno per circa due settimane. Decisi allora di rivolgermi al centro di igiene mentale della mia città, dove una psichiatra mi prescrisse una cura di Alprazolam 7 gocce x 3 volte al giorno per 10 giorni. Dopo qualche giorno interruppi la cura perchè mi "rintronava", mi imposi di tranquillizzarmi e alla fine la situazione si risolse da sola. Da allora ho avuto qualche altro attacco (l'ultimo proprio ieri), che ho curato di volta in volta o sforzandomi di stare tranquilla o, nei casi più seri, con 4-5 gocce di Alprazolam.
Il 1° Dicembre 2009, dopo circa 15 giorni di dolori alla bocca dello stomaco e difficoltà a digerire, il mio medico di famiglia mi ha diagnosticato una leggera colite e una seria gastrite da curare con Omeprazen 20 (1 compressa ogni mattina) e Motilium (1 compressa 15 minuti prima dei pasti), quest'ultimo sostituito dopo un paio di mesi con Motilex con la stessa posologia. Ogni 20 giorni andavo dal medico per la visita di controllo, e tutto questo è durato fino a Giugno 2010, quando ho provato a mangiare normalmente senza prendere le medicine e, visto che non avevo problemi, ho sospeso le cure. Per tutti i 6 mesi di cura il medico mi ha detto che gastrite e colite erano causate dallo stress e che dovevo "calmarmi", senza però prescrivermi nulla per questo, e per di più ripetendo ad ogni visita "guarda che se non ti calmi ti faccio fare una gastroscopia", mettendomi ancora più in ansia. Non mi capita spesso di arrabbiarmi (e uso un eufemismo), ma quando succede tendo a reprimere tutto, e generalmente finisco con lo svegliarmi nel cuore della notte e correre a vomitare succhi gastrici, perchè, conoscendo la mia reazione, quando sono molto nervosa evito di cenare.
Non so davvero cosa fare, ho provato a parlarne a casa e mi è stato detto che non ho bisogno di cure ma solo di calmarmi (come se potessi scegliere di non arrabbiarmi). Cosa dovrei fare?
Mi scuso se mi sono dilungata tanto, e Vi ringrazio già da ora.
Non so se il mio sia un problema psicologico, psichiatrico o di tipo più propriamente fisico, e mi auguro che anche gli specialisti di altri settori leggano questo consulto. A 15 anni (ora ne ho 23) ho avuto il primo attacco di panico: senso di nausea e vomito, fiato corto, sudore freddo, improvvise vampate di caldo, tremore, crisi di pianto; in questi anni ho avuto molti altri attacchi, con un picco a Giugno 2008, quando, dopo aver saputo che un mio carissimo amico era morto in un incidente stradale, ho avuto diversi attacchi al giorno per circa due settimane. Decisi allora di rivolgermi al centro di igiene mentale della mia città, dove una psichiatra mi prescrisse una cura di Alprazolam 7 gocce x 3 volte al giorno per 10 giorni. Dopo qualche giorno interruppi la cura perchè mi "rintronava", mi imposi di tranquillizzarmi e alla fine la situazione si risolse da sola. Da allora ho avuto qualche altro attacco (l'ultimo proprio ieri), che ho curato di volta in volta o sforzandomi di stare tranquilla o, nei casi più seri, con 4-5 gocce di Alprazolam.
Il 1° Dicembre 2009, dopo circa 15 giorni di dolori alla bocca dello stomaco e difficoltà a digerire, il mio medico di famiglia mi ha diagnosticato una leggera colite e una seria gastrite da curare con Omeprazen 20 (1 compressa ogni mattina) e Motilium (1 compressa 15 minuti prima dei pasti), quest'ultimo sostituito dopo un paio di mesi con Motilex con la stessa posologia. Ogni 20 giorni andavo dal medico per la visita di controllo, e tutto questo è durato fino a Giugno 2010, quando ho provato a mangiare normalmente senza prendere le medicine e, visto che non avevo problemi, ho sospeso le cure. Per tutti i 6 mesi di cura il medico mi ha detto che gastrite e colite erano causate dallo stress e che dovevo "calmarmi", senza però prescrivermi nulla per questo, e per di più ripetendo ad ogni visita "guarda che se non ti calmi ti faccio fare una gastroscopia", mettendomi ancora più in ansia. Non mi capita spesso di arrabbiarmi (e uso un eufemismo), ma quando succede tendo a reprimere tutto, e generalmente finisco con lo svegliarmi nel cuore della notte e correre a vomitare succhi gastrici, perchè, conoscendo la mia reazione, quando sono molto nervosa evito di cenare.
Non so davvero cosa fare, ho provato a parlarne a casa e mi è stato detto che non ho bisogno di cure ma solo di calmarmi (come se potessi scegliere di non arrabbiarmi). Cosa dovrei fare?
Mi scuso se mi sono dilungata tanto, e Vi ringrazio già da ora.
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"mi imposi di tranquillizzarmi"
" ho provato a parlarne a casa e mi è stato detto che non ho bisogno di cure ma solo di calmarmi (come se potessi scegliere di non arrabbiarmi)".
"dovevo calmarmi"
Gentile utente, credo che il suo sia un problema psicologico che genera una serie di problemi fisici.
Ho evidenziato all'inizio questi brani della sua richiesta perchè evidenziano, da una parte che se calmarsi è un dovere risulta impossibile farlo, dall'altra che anche i familiari come pure il medico che l'ha curata le hanno suggerito, un pò troppo semplicemente che basta calmarsi per risolvere tutto.
Io credo che una buona psicoterapia, per esempio di indirizzo cognitivo-comportamentale, le potrebbe essere di giovamento.
Infatti, la aiuterebbe ad esplorare le ragioni di tanta ansia e di tanta fatica per reprimere le sue emozioni negative (tipo la rabbia) tanto da indurla a un vero e proprio progetto, per quanto inconsapevole, di autoboicottaggio sul fisico.
Si attivi quanto prima per cercare un sostegno psicologico per iniziare un percorso che l'aiuterà anche a migliorare la sintomatologia fisica.
" ho provato a parlarne a casa e mi è stato detto che non ho bisogno di cure ma solo di calmarmi (come se potessi scegliere di non arrabbiarmi)".
"dovevo calmarmi"
Gentile utente, credo che il suo sia un problema psicologico che genera una serie di problemi fisici.
Ho evidenziato all'inizio questi brani della sua richiesta perchè evidenziano, da una parte che se calmarsi è un dovere risulta impossibile farlo, dall'altra che anche i familiari come pure il medico che l'ha curata le hanno suggerito, un pò troppo semplicemente che basta calmarsi per risolvere tutto.
Io credo che una buona psicoterapia, per esempio di indirizzo cognitivo-comportamentale, le potrebbe essere di giovamento.
Infatti, la aiuterebbe ad esplorare le ragioni di tanta ansia e di tanta fatica per reprimere le sue emozioni negative (tipo la rabbia) tanto da indurla a un vero e proprio progetto, per quanto inconsapevole, di autoboicottaggio sul fisico.
Si attivi quanto prima per cercare un sostegno psicologico per iniziare un percorso che l'aiuterà anche a migliorare la sintomatologia fisica.
Dr.ssa Grazia La Manna
Psicologa- psicoterapeuta analitico transazionale
www.grazialamanna.it
[#2]
Caro ragazzo,
la sua storia di vita sembra essere costellata da svariate somatizzazioni, trattate esclusivamente farmacologicamente.
In questi casi, l'approccio ottimale è quello combinato: farmacologico e psicoterapico, il primo contiene la sintomatologia ed il secondo lavora sulle cause.
Il suo corpo si esprime con i sintomi, che vanno ascoltai, decodificati e tradotti in parole.
Un caro augurio
la sua storia di vita sembra essere costellata da svariate somatizzazioni, trattate esclusivamente farmacologicamente.
In questi casi, l'approccio ottimale è quello combinato: farmacologico e psicoterapico, il primo contiene la sintomatologia ed il secondo lavora sulle cause.
Il suo corpo si esprime con i sintomi, che vanno ascoltai, decodificati e tradotti in parole.
Un caro augurio
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#3]
Ex utente
Gentilissime dottoresse,
Credo di potermi spiegare anche da sola le ragioni di questo stress, ma non so davvero come potrei risolvere la situazione: sono una studentessa universitaria che passa quattro giorni alla settimana lontana da casa, e che spesso quando torna nella sua città trova situazioni un po' problematiche. I miei genitori litigano spesso per questioni di lavoro, e non di rado mi ritrovo a dover passare i miei tre giorni a casa nel tentativo di mediare tra due persone che non si parlano o che comunque si tengono il muso a vicenda; preciso che sono figlia unica. Ho lasciato il mio ragazzo tre anni fa, ma continuiamo a vederci e, mentre i suoi sentimenti verso di me sono chiarissimi, io non capisco quali siano i miei, e alterno periodi di indipendenza (magari adocchiando qualcun altro) a periodi in cui temo di perderlo. Nella città dove studio convivo con quattro ragazze che conosco dalle scuole superiori e che si sparlano dietro a vicenda, e per questo mi autoescludo da tutto ciò che succede in casa (e a dir la verità, loro non fanno molto per coinvolgermi in quello che fanno). Mi mancano quattro esami per conseguire la laurea triennale, e quando torno a casa i miei non fanno altro che riferirmi di figli di loro amici che si sono laureati, rinfacciandomi il fatto di essere in ritardo di due anni: hanno ragione, e adesso sto facendo di tutto per recuperare il tempo perduto (da Marzo 2010 ad oggi ho dato cinque esami, di cui uno ripetuto tre volte); non sono mai stata una piagnucolona, né in famiglia né con altri, ma sono arrivata al punto che appena mia madre inizia a parlarmi dell'università mi vengono le lacrime agli occhi, per la rabbia e la frustrazione che i miei non capiscano gli sforzi che sto facendo. Nel giro di poco tempo ho perso due amici (uno si è suicidato, l'altro è morto in un incidente stradale), mia nonna e il mio cane (so che è strano che lo includa in questa lista, ma aveva 16 anni e per me è stato come perdere un fratello minore).
Se la psicoterapia cognitivo-comportamentale consiste semplicemente nel parlare di queste cose, non so fino a che punto potrebbe aiutarmi. Con questo non voglio dire che vorrei imbottirmi di farmaci (di cui ho paura), ma davvero non credo che solo parlarne potrebbe cambiare la mia situazione.
Credo di potermi spiegare anche da sola le ragioni di questo stress, ma non so davvero come potrei risolvere la situazione: sono una studentessa universitaria che passa quattro giorni alla settimana lontana da casa, e che spesso quando torna nella sua città trova situazioni un po' problematiche. I miei genitori litigano spesso per questioni di lavoro, e non di rado mi ritrovo a dover passare i miei tre giorni a casa nel tentativo di mediare tra due persone che non si parlano o che comunque si tengono il muso a vicenda; preciso che sono figlia unica. Ho lasciato il mio ragazzo tre anni fa, ma continuiamo a vederci e, mentre i suoi sentimenti verso di me sono chiarissimi, io non capisco quali siano i miei, e alterno periodi di indipendenza (magari adocchiando qualcun altro) a periodi in cui temo di perderlo. Nella città dove studio convivo con quattro ragazze che conosco dalle scuole superiori e che si sparlano dietro a vicenda, e per questo mi autoescludo da tutto ciò che succede in casa (e a dir la verità, loro non fanno molto per coinvolgermi in quello che fanno). Mi mancano quattro esami per conseguire la laurea triennale, e quando torno a casa i miei non fanno altro che riferirmi di figli di loro amici che si sono laureati, rinfacciandomi il fatto di essere in ritardo di due anni: hanno ragione, e adesso sto facendo di tutto per recuperare il tempo perduto (da Marzo 2010 ad oggi ho dato cinque esami, di cui uno ripetuto tre volte); non sono mai stata una piagnucolona, né in famiglia né con altri, ma sono arrivata al punto che appena mia madre inizia a parlarmi dell'università mi vengono le lacrime agli occhi, per la rabbia e la frustrazione che i miei non capiscano gli sforzi che sto facendo. Nel giro di poco tempo ho perso due amici (uno si è suicidato, l'altro è morto in un incidente stradale), mia nonna e il mio cane (so che è strano che lo includa in questa lista, ma aveva 16 anni e per me è stato come perdere un fratello minore).
Se la psicoterapia cognitivo-comportamentale consiste semplicemente nel parlare di queste cose, non so fino a che punto potrebbe aiutarmi. Con questo non voglio dire che vorrei imbottirmi di farmaci (di cui ho paura), ma davvero non credo che solo parlarne potrebbe cambiare la mia situazione.
[#4]
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/427-la-psicoterapia-il-modello-cognitivo-comportamentale.html
Gentile ragazza,
la psicoterapia non consiste nel semoplice parlare ma nel raggiungere la consapevolezza di pensieri, emozioni e comportamenti disfunzionali per cambiarli in modo più adattivo.
il link che le segnalo è quello di un articolo di un collega che spiega in cosa consiste la psicoterapia cognitivo comportamentale che è una delle strade, non la migliore e sicuramente efficace, ma consente di affiancare all'uso dei farmaci un lavoro su di sè.
Infatti, i farmaci curano i sintomi ma non garantiscono che i sintomi non si presentino più, specie se non ne capiamo le ragioni.
Da ciò che racconta motivi di compressione ne ha davvero diversi.
Credo perciò che lei si trovi a vivere un copione di vita disfunzionale (cfr. analisi transazionale)che andrebbe rideciso in termini più funzionali e adattivi.
Gentile ragazza,
la psicoterapia non consiste nel semoplice parlare ma nel raggiungere la consapevolezza di pensieri, emozioni e comportamenti disfunzionali per cambiarli in modo più adattivo.
il link che le segnalo è quello di un articolo di un collega che spiega in cosa consiste la psicoterapia cognitivo comportamentale che è una delle strade, non la migliore e sicuramente efficace, ma consente di affiancare all'uso dei farmaci un lavoro su di sè.
Infatti, i farmaci curano i sintomi ma non garantiscono che i sintomi non si presentino più, specie se non ne capiamo le ragioni.
Da ciò che racconta motivi di compressione ne ha davvero diversi.
Credo perciò che lei si trovi a vivere un copione di vita disfunzionale (cfr. analisi transazionale)che andrebbe rideciso in termini più funzionali e adattivi.
[#5]
>>> Se la psicoterapia cognitivo-comportamentale consiste semplicemente nel parlare di queste cose, non so fino a che punto potrebbe aiutarmi.
>>>
Se davvero ne è convinta, come mai ha scritto a noi in Psicologia?
Cordiali saluti
>>>
Se davvero ne è convinta, come mai ha scritto a noi in Psicologia?
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#6]
<Per tutti i 6 mesi di cura il medico mi ha detto che gastrite e colite erano causate dallo stress e che dovevo "calmarmi">
Gentile utente,
Credo che sia una nevrosi di conversione.
Niente di grave. Una nevrosi è uno stato d'animno alterato da una serie di cause di carattere eminentemente psicologiche che spesso provocano delle alterazioni sul piano organico e quindi: gastriti, mal di pancia , sino alle ulcere, dove lei non è arrivata.
Si chiamano di conversione appunto perchè situazioni di stress, di emozioni negative forti, producono dei concomitanti fisici che portano anche a malattie organiche.
A mio avviso, che è quello da psicologo, lei dovrebbe intraprendere una psicoterapia, ma psicoterapia della parola, dell'incontro con un terapeuta che la stia ad ascoltare, che le dia tempo di "vomitare" tutte le tematiche che lei utilmente scrive in queste righe , ma che lei dovrebbe raccontare ad uno suo terapeuta.
Quindi si scelga uno psicoterapeuta, della parola, e intraprenda un percorso con lui (o con lei) che le permetterà di affrontare, capire, comprendere e combattere tutte quelle emozioni, stati d'animo, tensioni che le procurano un "male di vivere".
Soltanto così riuscirà ad avere ragione del suo stato e a ritrovare pace e serenità. E farà scomparire tutti quei malanni che l'affliggono.
Molti cordiali saluti e tanti auguri.
Gentile utente,
Credo che sia una nevrosi di conversione.
Niente di grave. Una nevrosi è uno stato d'animno alterato da una serie di cause di carattere eminentemente psicologiche che spesso provocano delle alterazioni sul piano organico e quindi: gastriti, mal di pancia , sino alle ulcere, dove lei non è arrivata.
Si chiamano di conversione appunto perchè situazioni di stress, di emozioni negative forti, producono dei concomitanti fisici che portano anche a malattie organiche.
A mio avviso, che è quello da psicologo, lei dovrebbe intraprendere una psicoterapia, ma psicoterapia della parola, dell'incontro con un terapeuta che la stia ad ascoltare, che le dia tempo di "vomitare" tutte le tematiche che lei utilmente scrive in queste righe , ma che lei dovrebbe raccontare ad uno suo terapeuta.
Quindi si scelga uno psicoterapeuta, della parola, e intraprenda un percorso con lui (o con lei) che le permetterà di affrontare, capire, comprendere e combattere tutte quelle emozioni, stati d'animo, tensioni che le procurano un "male di vivere".
Soltanto così riuscirà ad avere ragione del suo stato e a ritrovare pace e serenità. E farà scomparire tutti quei malanni che l'affliggono.
Molti cordiali saluti e tanti auguri.
[#7]
Ex utente
Gentile dott. Santonocito, come ho scritto all'inizio del primo post, "Non so se il mio sia un problema psicologico, psichiatrico o di tipo più propriamente fisico, e mi auguro che anche gli specialisti di altri settori leggano questo consulto", e dato che ho visto che nella categoria Gastroenterologia si parla di problemi ben più specifici, ho preferito non intasare quella categoria con una richiesta più generica, e rivolgermi a voi psicologi.
Vorrei ringraziare tutti voi dottori che mi state dando consigli così utili. Sto valutando l'ipotesi di tornare al centro di igiene mentale della mia città; di andare da un privato non se ne parla, prima di tutto perchè non ho intenzione di dirlo alla mia famiglia (ho già spiegato come la pensano), e anche perchè non potrei permettermelo. L'unico problema è che, studiando in un'altra città, potrei andare solo ad una seduta alla settimana; ad ogni modo, mi informerò appena possibile.
Vorrei ringraziare tutti voi dottori che mi state dando consigli così utili. Sto valutando l'ipotesi di tornare al centro di igiene mentale della mia città; di andare da un privato non se ne parla, prima di tutto perchè non ho intenzione di dirlo alla mia famiglia (ho già spiegato come la pensano), e anche perchè non potrei permettermelo. L'unico problema è che, studiando in un'altra città, potrei andare solo ad una seduta alla settimana; ad ogni modo, mi informerò appena possibile.
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Ho capito. Tenga presente in ogni caso che la psicoterapia non è un semplice "parlare" del problema. Lo psicoterapeuta è in grado di condurre la conversazione, usando le domande, gli incisi e suscitando la riflessione in modo tale da ottenere effetti concreti nella psiche della persona.
Può leggere questi articoli per ulteriori informazioni:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Potrebbe non essere necessario andare alle sedute tutte le settimane, a seconda del terapeuta e del tipo di problema.
Se ha altre domande, chieda pure.
Cordiali saluti
Può leggere questi articoli per ulteriori informazioni:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Potrebbe non essere necessario andare alle sedute tutte le settimane, a seconda del terapeuta e del tipo di problema.
Se ha altre domande, chieda pure.
Cordiali saluti
[#9]
Ex utente
Gentili dottori,
Ho da esporvi un piccolo dubbio. Dal sito del centro di salute mentale di cui ho parlato in precedenza, mi pare di capire che i servizi offerti siano di natura psichiatrica, e non psicologica o psicoterapeutica. Credete che mi sarebbe d'aiuto parlare con uno psichiatra, o che sia meglio che cerchi una struttura che offra anche servizi di psicoterapia?
Dott. Santonocito, La ringrazio per i link che mi ha fornito, sono stati veramente illuminanti!
Ho da esporvi un piccolo dubbio. Dal sito del centro di salute mentale di cui ho parlato in precedenza, mi pare di capire che i servizi offerti siano di natura psichiatrica, e non psicologica o psicoterapeutica. Credete che mi sarebbe d'aiuto parlare con uno psichiatra, o che sia meglio che cerchi una struttura che offra anche servizi di psicoterapia?
Dott. Santonocito, La ringrazio per i link che mi ha fornito, sono stati veramente illuminanti!
Questo consulto ha ricevuto 9 risposte e 3.9k visite dal 20/10/2010.
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