Paura di rischiare
Cari dottori psicologi,
vi scrivo brevemente per chiedere un vostro consiglio. Sono un avvocato che si muove tra la pratica forense e lo studio. Dopo i primi ottimi risultati professionali, ho passato 1 anno con retribuzioni a progetto (da fame) pur continuando a lavorare con la passione e la serietà di sempre. La vita che facevo era abbastanza monotona: pochissimi amici (con cui mi vedevo rare volte), tanto lavoro (che è stata la mia principale fonte di appagamento nonostante ambiente frustrante), niente amore.
Poi la svolta: da fine settembre sono in Germania grazie ad un concorso da me vinto per approfondire pratica forense in ambito internazionale. Si tratta di un’opportunità favolosa: nuovo ambiente, tutto da conoscere, tutto da ricominciare. Eppure sento sempre di avere tante inibizioni.
Prima di partire mi ero ripromesso di “darmi totalmente” a questa nuova esperienza, cioè di superare le mie timidezze, le mie ansie, la mia eccessiva ponderazione, per vivere al massimo e trarre il più possibile profitto da questa attività, anche a costo di “farmi male”. E invece mi ritrovo sempre a dover fare i conti con il mio timore di essere giudicato, la mia paura di andare troppo oltre, il continuo rimuginare sul tempo e sulle opportunità perse a causa di una scarsa programmazione o di eccessivi ripensamenti.
Così sento che mi sto di nuovo chiudendo in me stesso, che la mia eccessiva prudenza è forse l’ostacolo più grande alla mia realizzazione professionale e sociale. La mia azienda ad esempio offre corsi di lingua, ma io indugio a iscrivermi per timore di sottrarre troppo tempo alla mia attività… poi però mi pento.
Alla fine, tranne alcuni italiani, sto conoscendo pochissimi stranieri perché passo gran parte del mio tempo alla mia scrivania o a casa. Ho paura di non raggiungere gli obiettivi professionali che mi sono proposto a breve termine, ma per raggiungerli devo necessariamente impegnarmi e “rischiare”, cioè osare proporre qualcosa di nuovo, farmi avanti con i miei capi, senza i soliti timori e le solite insicurezze. Però non so mai se ciò che posso proporre è effettivamente all’altezza di quello che mi viene richiesto.
Vorrei tanto sentire dentro di me bruciare un fuoco, dare il massimo, osare, rischiare, anche se questo potrebbe essere un salto nel buio. Ma perché rinunciare o pesare tutto, se alla fine quello che mi rimane è sempre lo stesso? Se non rischio adesso – mi ripeto – quando potrò farlo??? Eppure quando si passa all’atto di rischiare, ecco, ricomincio ad essere prudente e di fatto procedo molto lentamente, troppo lentamente…
vi scrivo brevemente per chiedere un vostro consiglio. Sono un avvocato che si muove tra la pratica forense e lo studio. Dopo i primi ottimi risultati professionali, ho passato 1 anno con retribuzioni a progetto (da fame) pur continuando a lavorare con la passione e la serietà di sempre. La vita che facevo era abbastanza monotona: pochissimi amici (con cui mi vedevo rare volte), tanto lavoro (che è stata la mia principale fonte di appagamento nonostante ambiente frustrante), niente amore.
Poi la svolta: da fine settembre sono in Germania grazie ad un concorso da me vinto per approfondire pratica forense in ambito internazionale. Si tratta di un’opportunità favolosa: nuovo ambiente, tutto da conoscere, tutto da ricominciare. Eppure sento sempre di avere tante inibizioni.
Prima di partire mi ero ripromesso di “darmi totalmente” a questa nuova esperienza, cioè di superare le mie timidezze, le mie ansie, la mia eccessiva ponderazione, per vivere al massimo e trarre il più possibile profitto da questa attività, anche a costo di “farmi male”. E invece mi ritrovo sempre a dover fare i conti con il mio timore di essere giudicato, la mia paura di andare troppo oltre, il continuo rimuginare sul tempo e sulle opportunità perse a causa di una scarsa programmazione o di eccessivi ripensamenti.
Così sento che mi sto di nuovo chiudendo in me stesso, che la mia eccessiva prudenza è forse l’ostacolo più grande alla mia realizzazione professionale e sociale. La mia azienda ad esempio offre corsi di lingua, ma io indugio a iscrivermi per timore di sottrarre troppo tempo alla mia attività… poi però mi pento.
Alla fine, tranne alcuni italiani, sto conoscendo pochissimi stranieri perché passo gran parte del mio tempo alla mia scrivania o a casa. Ho paura di non raggiungere gli obiettivi professionali che mi sono proposto a breve termine, ma per raggiungerli devo necessariamente impegnarmi e “rischiare”, cioè osare proporre qualcosa di nuovo, farmi avanti con i miei capi, senza i soliti timori e le solite insicurezze. Però non so mai se ciò che posso proporre è effettivamente all’altezza di quello che mi viene richiesto.
Vorrei tanto sentire dentro di me bruciare un fuoco, dare il massimo, osare, rischiare, anche se questo potrebbe essere un salto nel buio. Ma perché rinunciare o pesare tutto, se alla fine quello che mi rimane è sempre lo stesso? Se non rischio adesso – mi ripeto – quando potrò farlo??? Eppure quando si passa all’atto di rischiare, ecco, ricomincio ad essere prudente e di fatto procedo molto lentamente, troppo lentamente…
[#1]
Gentile Lettore,
indubbiamente l'opportunità di andare all'estero può essere un modo per fare nuove esperienze, per conoscere persone e per "buttarsi" in esperienze dal gusto nuovo ed inaspettato.
Tuttavia il nostro modo di essere è sato soprattutto da insegnamenti e da comportamenti che abbiamo adottato fin dall'infanzia, comportamenti che per lungo tempo sono andati bene, o che ci hanno permesso di stare al mondo, e che non possono essere "spazzati via" magicamente semplicemente dal "cambiare aria" e dal fare un'esperienza all'estero.
In questo senso, l'unica soluzione che Le consiglio è quella di contattare uno psicologo, con il quale iniziare un percorso di consulenza, per comprendere meglio questo suo modo di essere e per eventualmente cercare di modificare qualcosa nella Sua vita e nel Suo approccio con il mondo.
In bocca al lupo
indubbiamente l'opportunità di andare all'estero può essere un modo per fare nuove esperienze, per conoscere persone e per "buttarsi" in esperienze dal gusto nuovo ed inaspettato.
Tuttavia il nostro modo di essere è sato soprattutto da insegnamenti e da comportamenti che abbiamo adottato fin dall'infanzia, comportamenti che per lungo tempo sono andati bene, o che ci hanno permesso di stare al mondo, e che non possono essere "spazzati via" magicamente semplicemente dal "cambiare aria" e dal fare un'esperienza all'estero.
In questo senso, l'unica soluzione che Le consiglio è quella di contattare uno psicologo, con il quale iniziare un percorso di consulenza, per comprendere meglio questo suo modo di essere e per eventualmente cercare di modificare qualcosa nella Sua vita e nel Suo approccio con il mondo.
In bocca al lupo
Dr.ssa Chiara Facchetti
Ordine degli Psicologi della Lombardia (n. iscriz. 03/12625)
www.milanopsicologa.it
[#2]
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile utente, ho trovato interessante la sua richiesta poichè mette in evidenza due aspetti che spesso non sono tanto consapevoli. Il primo è la paura di essere giudicato e di rischiare. Che io credo molto unite tra loro. Dall'altro il desiderio di dimostrare, l'ambizione e forse anche un pizzico di orgoglio che spingono a fare sempre qualcosa in più.
Quello che ho capito è che queste due forze, una ce spinge e l'altra che frena non sono in equilibrio ma sembrano farsi lo sgambetto tra di loro dandole l'impressione di essere sempre indietro. Credo anche che questo potrebbe in qualche modo toglierle il gusto per quelle conquiste che riesce a portare a termine, dando sempre più rilevanza a ciò che ha perso.
Comunque è lei che valuta quanto di ciò che ho scritto corrisponde al vero.
Concordando con la collega ritengo che un percorso terapeutico le sarebbe di giovamento. Magari se deve restare in germania per del tempo potrebbe cominciare un percorso proprio là.
Un Saluto
Quello che ho capito è che queste due forze, una ce spinge e l'altra che frena non sono in equilibrio ma sembrano farsi lo sgambetto tra di loro dandole l'impressione di essere sempre indietro. Credo anche che questo potrebbe in qualche modo toglierle il gusto per quelle conquiste che riesce a portare a termine, dando sempre più rilevanza a ciò che ha perso.
Comunque è lei che valuta quanto di ciò che ho scritto corrisponde al vero.
Concordando con la collega ritengo che un percorso terapeutico le sarebbe di giovamento. Magari se deve restare in germania per del tempo potrebbe cominciare un percorso proprio là.
Un Saluto
[#3]
Ex utente
Grazie per le risposte.
Dott. Giusti, se non sbaglio dovremmo essere coetanei o quasi, visto che ci siamo laureati nello stesso anno. La sua risposta ha ben messo in luce la mia problematica, ovvero la conflittualità, a volte lacerante, tra queste due forze. Diciamo che la seconda prevale sulla prima, nel senso che orgoglio e ambizione mi spingono ad andare avanti nonostante l'inerzia esercitata dal timore di essere giudicato e dalla paura di rischiare. Da qui nasce il mio senso di frustrazione e la sensazione di mancato appagamento. Ho l'impressione di essere come una macchina che pur potendo correre a 140 km su autostrada, cioè 10 km in più del limite, preferisce andare a 90 perchè è più sicuro. Ma il traguardo così si allontana e la vita mi insegna che è sempre meglio prendere un treno in anticipo o al massimo in orario, perchè non si sa quando ne passa un altro.
Dott. Giusti, se non sbaglio dovremmo essere coetanei o quasi, visto che ci siamo laureati nello stesso anno. La sua risposta ha ben messo in luce la mia problematica, ovvero la conflittualità, a volte lacerante, tra queste due forze. Diciamo che la seconda prevale sulla prima, nel senso che orgoglio e ambizione mi spingono ad andare avanti nonostante l'inerzia esercitata dal timore di essere giudicato e dalla paura di rischiare. Da qui nasce il mio senso di frustrazione e la sensazione di mancato appagamento. Ho l'impressione di essere come una macchina che pur potendo correre a 140 km su autostrada, cioè 10 km in più del limite, preferisce andare a 90 perchè è più sicuro. Ma il traguardo così si allontana e la vita mi insegna che è sempre meglio prendere un treno in anticipo o al massimo in orario, perchè non si sa quando ne passa un altro.
[#4]
Ex utente
Ho scoperto che l'ente presso cui lavoro offre un servizio di consulenza psicologica. Sarei tentato di andarci, ma ho troppo timore di mettermi a nudo di fronte a una persona di cui, seppure professionista, non so se veramente fidarmi. Però la cosa mi potrebbe essere di grande aiuto a completare il mio percorso verso una vita normale e dinamica. Mi potete dare un aiuto?
[#5]
Gentile utente,
se il suo timore è legato a possibili indiscrezioni che potrebbero trapelare in azienda, le posso dire che gli psicologi sono tenuti ad osservare il segreto professionale(codice deontologico).
Era questo il senso della sua domanda?
se il suo timore è legato a possibili indiscrezioni che potrebbero trapelare in azienda, le posso dire che gli psicologi sono tenuti ad osservare il segreto professionale(codice deontologico).
Era questo il senso della sua domanda?
Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it
[#6]
Ex utente
Sì dott. Rinella, lei ha toccato un aspetto del mio problema. Espongo molto brevemente la mia situazione sperando in un vostro efficace aiuto.
PROBLEMA: timore di essere giudicato male e frainteso (in ambito professionale)
CONSEGUENZE: ansia, continua tensione prima e a volte durante riunioni e meeting di lavoro, paura di sentirsi fisicamente male e di trovarsi in situazioni imbarazzanti -> tutto ciò frena la mia libertà, il mio estro e la mia esuberanza professionale. A volte evito situazioni che potrebbero crearmi problemi, ma se è importante la mia presenza non rinuncio, nonostante le difficoltà che la mia partecipazione comporta
SOLUZIONE: servizio di consulenza psicologica della mia azienda
DUBBI: 1) gli psicologi sono assunti dalla mia stessa azienda e lavorano per loro. Quanto posso sentirmi libero di aprirmi in una situazione del genere?
2) mi posso veramente fidare dello psicologo? capirà le mie esigenze, custodirà con riservatezza quanto io gli dirò? o ci riderà sopra e magari ne farà argomento di discussione con altri colleghi o suoi amici? io ho veramente bisogno di aprirmi, ma non riesco a farlo nemmeno con i miei amici più fidati, figuariamoci con un estraneo. Come si può costruire un rapporto di fiducia con il proprio psicologo?
3) parlare liberamente dei miei problemi significherà svuotarmi. per me sarà certamente una liberazione ma anche una grande sofferenza, perchè dopo mi sentirò come se non fossi più il padrone di me stesso, perchè ho permesso ad un altro di entrare nella mia intimità. ho paura dopo di sentirmi spaesato, privato della mia riservatezza, ma ho tanto tanto bisogno di confrontarmi e di avere consigli per vivere finalmente più sereno.
4) in linea di massima preferirei uno psicologo e non una psicologa (mi farebbe sentire più tranquillo, non ho alcun pregiudizio di sorta). ma se poi trovassi uno psicologo rude e freddo, incapace di comprendermi come potrebbe fare una donna? forse conviene su questo punto lasciare al caso
Al fondo di ogni ansia o paura so che ci sono ragioni a volte oscure o più complesse di quanto appaiono i sintomi. Io conosco il mio malessere, l'ho esplorato e sto cercando con fatica di superarlo, giorno per giorno. So di essere sulla buona strada, ma so che un aiuto in questo momento potrebbe accelerare il mio percorso. E credo che ora e qui sia il momento propizio. Ma come posso fare a vincere i miei dubbi? Ho paura di espormi troppo e poi ritrovarmi bruciato.
PROBLEMA: timore di essere giudicato male e frainteso (in ambito professionale)
CONSEGUENZE: ansia, continua tensione prima e a volte durante riunioni e meeting di lavoro, paura di sentirsi fisicamente male e di trovarsi in situazioni imbarazzanti -> tutto ciò frena la mia libertà, il mio estro e la mia esuberanza professionale. A volte evito situazioni che potrebbero crearmi problemi, ma se è importante la mia presenza non rinuncio, nonostante le difficoltà che la mia partecipazione comporta
SOLUZIONE: servizio di consulenza psicologica della mia azienda
DUBBI: 1) gli psicologi sono assunti dalla mia stessa azienda e lavorano per loro. Quanto posso sentirmi libero di aprirmi in una situazione del genere?
2) mi posso veramente fidare dello psicologo? capirà le mie esigenze, custodirà con riservatezza quanto io gli dirò? o ci riderà sopra e magari ne farà argomento di discussione con altri colleghi o suoi amici? io ho veramente bisogno di aprirmi, ma non riesco a farlo nemmeno con i miei amici più fidati, figuariamoci con un estraneo. Come si può costruire un rapporto di fiducia con il proprio psicologo?
3) parlare liberamente dei miei problemi significherà svuotarmi. per me sarà certamente una liberazione ma anche una grande sofferenza, perchè dopo mi sentirò come se non fossi più il padrone di me stesso, perchè ho permesso ad un altro di entrare nella mia intimità. ho paura dopo di sentirmi spaesato, privato della mia riservatezza, ma ho tanto tanto bisogno di confrontarmi e di avere consigli per vivere finalmente più sereno.
4) in linea di massima preferirei uno psicologo e non una psicologa (mi farebbe sentire più tranquillo, non ho alcun pregiudizio di sorta). ma se poi trovassi uno psicologo rude e freddo, incapace di comprendermi come potrebbe fare una donna? forse conviene su questo punto lasciare al caso
Al fondo di ogni ansia o paura so che ci sono ragioni a volte oscure o più complesse di quanto appaiono i sintomi. Io conosco il mio malessere, l'ho esplorato e sto cercando con fatica di superarlo, giorno per giorno. So di essere sulla buona strada, ma so che un aiuto in questo momento potrebbe accelerare il mio percorso. E credo che ora e qui sia il momento propizio. Ma come posso fare a vincere i miei dubbi? Ho paura di espormi troppo e poi ritrovarmi bruciato.
[#7]
Gentile Utente,
-"Io conosco il mio malessere, l'ho esplorato e sto cercando con fatica di superarlo...so che un aiuto in questo momento potrebbe accelerare il mio percorso"-
Conoscere il proprio malessere implica la capacità di riconoscere ciò che non va, ma non comporta il superamento dei propri disagi.Un aiuto potrebbe quindi "sbloccare" il suo percorso.
In questo post lei esprime le stesse modalità che applica anche alle altre situazioni che ha così bene esposto nella sua prima mail:"la paura di essere giudicato, il continuo rimuginare, eccessivi ripensamenti, eccessive paure".
Ma in fondo, come dice lei stesso," se non rischio ora quando potrò farlo?"
E' proprio parlando in presenza con un collega che lei potrà esporre senza reticenze e affrontare efficacemente ciò che ci ha scritto qui, compresi tutti i dubbi e le difficoltà che incontra nel rivolgersi ad uno psicologo e a dargli la sua fiducia.
Molti auguri per un sereno futuro
-"Io conosco il mio malessere, l'ho esplorato e sto cercando con fatica di superarlo...so che un aiuto in questo momento potrebbe accelerare il mio percorso"-
Conoscere il proprio malessere implica la capacità di riconoscere ciò che non va, ma non comporta il superamento dei propri disagi.Un aiuto potrebbe quindi "sbloccare" il suo percorso.
In questo post lei esprime le stesse modalità che applica anche alle altre situazioni che ha così bene esposto nella sua prima mail:"la paura di essere giudicato, il continuo rimuginare, eccessivi ripensamenti, eccessive paure".
Ma in fondo, come dice lei stesso," se non rischio ora quando potrò farlo?"
E' proprio parlando in presenza con un collega che lei potrà esporre senza reticenze e affrontare efficacemente ciò che ci ha scritto qui, compresi tutti i dubbi e le difficoltà che incontra nel rivolgersi ad uno psicologo e a dargli la sua fiducia.
Molti auguri per un sereno futuro
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 2.5k visite dal 19/10/2010.
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