Psicoterapia...

Cari dottori,

seguo da oramai quasi 8 mesi una psicoterapia cognitiva post-razionalista per trattare una certa tendenza ansiosa, seguita da sensi di inadeguatezza, difficoltà relazionali e autostima vacillante.. un mix che mi porto dietro praticamente da sempre.

Accanto ai primi benefici, sperimento - a fasi alterne - il ritorno dell'inadeguatezza, del pessimismo, della non accettazione personale e di quel malessere interiore che mi proponevo di sconfiggere.

In questi mesi, ho compreso alcuni importanti aspetti del mio "funzionamento", ma ogni tanto mi chiedo se questo percorso mi stia conducendo ad una vera guarigione. Nei "momenti no", infatti, mi sento inadeguato, perdo interesse per ogni cosa, sono stanco, sfiduciato e mi sento proprio depresso.

Sembra proprio che la psicoterapia non sia il percorso lineare che mi ero immaginato... ora mi chiedo:

1)Quando tutto ciò diventa non più ammissibile e si può pensare che qualcosa non stia funzionando e che sia il caso di cercare altrove?

2)Dopo quanto tempo una terapia di tipo cognitivo, al di là di tutte le specificità, DEVE iniziare a produrre quel profondo cambiamento di prospettive che ci si augura?

3)La sofferenza può far parte di un percorso terapeutico efficace, o il fatto che io provi ancora le vecchie sensazioni non è buon segno?

Grazie davvero.
[#1]
Dr. Antonio Ceccardi Psicologo, Psicoterapeuta 12
Gentile Utente,

una sua frase mi da l'opportunità di rispondere alle sue perplessità: "... Sembra proprio che la psicoterapia non sia il percorso lineare che mi ero immaginato...".

La psicoterapia non è mai un percorso lineare ma un sentiero scosceso pieno di curve e saliscendi, quindi molto faticoso.
Il concetto di guarigione passa attraverso lente e dolorose prese di coscienza e attraverso faticosi tentativi di modificare modelli di comportamento condizionati da esperienze di vita, stile di personalità, traumi, apprndimenti disfunzionali, resistenze.
Troverà spesso pubblicazioni e consigli sul modello di psicoterapia da seguire.
Ritengo che la cosa veramente importante sia quella di rivolgersi ad un terapeuta qualificato, come sicuramente lei ha fatto.
Potrei darle mille indicazioni e fare altrettante congetture sulla situazione che pone, ma, nel suo esclusivo interesse, le consiglio di completare il percorso proposto dal suo terapeuta parlando direttamente con lui di queste perplessità e dubbi, sicuramente lo aiuterà ad aiutarla in modo più efficace.

Cordialmente la saluto

Dr. Antonio Ceccardi
www.centroikos.it

[#2]
Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2009 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile Utente

Qualsiasi Modello psicoterapico presenta vantaggi e limiti,non tutti i disturbi possono essere trattati da una specifica scuola o orientamento,ma al di là di ciò quello che a lei spaventa di più sono a mio avviso i pochi progressi conseguiti...

La terapia non può precedere mai secondo una scala in crescita questo sarebbe (ad absurdum) alcune volte si procede con maggiore lentezza altre volte più velocemente,,,il ritmo della terapia non può essere stabilito in anticipo cosi come i risultati,sappiate cmq che l'orientamento intrapreso scientificamente sembra molto efficace per i disturbi da lei lamentati.

Secondo il mio parere dovreste parlare al vs terapeuta anche dei suoi dubbi questo fa parte della terapia stessa!


Cordialemente

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Gentile utente, un percorso di psicoterapia, come ogni altra occasione di crescita e apprendimento, non consiste in una linea perfetta. Spesso si fa un passo indietro per farne due avanti, ma non è detto che andare in psicoterapia debba significare sofferenza.

Di solito si fa l'equazione: capire il proprio funzionamento = guarire, ma quasi mai conoscere le cause dei propri problemi - da un punto di vista psicologico - è indispensabile per risolverli. A questo proposito ogni indirizzo terapeutico si regola in modo diverso.

Dal mio punto di vista, se è vero che la psicoterapia è un percorso, e se si deve fare un viaggio, si deve solo preoccuparsi di come fare ad arrivare a destinazione, non è interessante sapere come si era arrivati al punto di partenza. Quando la casa brucia, prima si spegne l'incendio, poi s'indaga sulle cause che l'avevano provocato.

Cerco di rispondere alle sue domande.

>>> 1)Quando tutto ciò diventa non più ammissibile e si può pensare che qualcosa non stia funzionando e che sia il caso di cercare altrove?
>>>

La scelta di cambiare terapeuta e/o modello di terapia alla fine può solo essere dell'interessato. Se lei si sta chiedendo "quando tutto ciò diventa inammissibile", forse si sta già ponendo la questione. Otto mesi potrebbero aver già prodotto dei risultati, oppure no, dipende dal tipo del problema e dal tipo di obiettivi terapeutici che vi eravate prefissi.

>>> 2)Dopo quanto tempo una terapia di tipo cognitivo, al di là di tutte le specificità, DEVE iniziare a produrre quel profondo cambiamento di prospettive che ci si augura?
>>>

Su questo potranno risponderle anche i colleghi cognitivisti. In generale la psicoterapia cognitiva ha caratteristiche di brevità, e l'ottenere risultati in tempi possibilmente contenuti dovrebbe essere uno dei suoi obiettivi.

>>> 3)La sofferenza può far parte di un percorso terapeutico efficace, o il fatto che io provi ancora le vecchie sensazioni non è buon segno?
>>>

Se provasse con la stessa frequenza e intensità le vecchie sensazioni, vorrebbe dire che la terapia non starebbe avendo effetto. Se però si trattasse di piccoli disagi, legati più alle novità esperite attraverso la terapia - ad esempio, per l'esecuzione di eventuali compiti ricevuti dal terapeuta - allora sarebbe normale.

In conclusione, dovrebbe trattare tutti questi suoi dubbi con il suo terapeuta. Può anche leggere questi articoli, per informarsi:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#4]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Cari dottori, grazie per l'attenzione e per le risposte.

Dottor Santonocito, la ringrazio ma quei due articoli me li sarò già letti più o meno 10 volte.

Mi rendo conto che la situazione è abbastanza ingarbugliata.
Avendo io un'organizzazione cognitiva di tipo ossessivo, potrete ben capire come per me sia problematico prendere decisioni e quanto le situazioni di stallo e di incertezza mi mettano in profonda crisi.

Mi trovo davanti 2 ordini di considerazioni:

1) In questi mesi di terapia sono capitate altre 2 importanti situazioni di "crisi", caratterizzate da umore depresso e sfiducia nei confronti del percorso intrapreso. In entrambi i casi, i momentacci sono stati "propedeutici" ad importanti acquisizioni fatte in seduta. Se, quindi, da una parte potrei ricondurre l'attuale stato di abbattimento ad una dinamica simile, dall'altro lato è anche vero che PRIMA O POI la mia situazione psicologica dovrà pure stabilizzarsi... sennò uno cosa la intraprende a fare una terapia?

2) D'altra parte è innegabile che dei miglioramenti pratici siano intercorsi. Ad esempio, sembra scomparsa la paura degli sguardi che mi causava ansia sui mezzi pubblici fino a pochi mesi fa. In più ho potuto recentemente sperimentare sensibili miglioramenti nella spontaneità nei rapporti con le persone. E tutto ciò non è poco.

Insomma, non posso dire che questa terapia si sia rivelata inutile, ma nemmeno che sia stata risolutiva. Almeno per ora.

Da un lato, considerando i miglioramenti e l'apertura nei confronti del terapeuta sono orientato a continuare il percorso intrapreso. Dall'altro, constatando l'abbattimento e la sfiducia che mi assalgono periodicamente, è forte la tentazione di cercare altre vie, magari più rapide e maggiormente indolori.

Ho parlato al terapista di queste perplessità, abbiamo capito in che modo sono stato assalito dall'umore depresso e lui mi ha detto che:

1) non devo avere fretta.
2) nel caso, posso darmi un termine oltre il quale decidere di cambiare.

E’ inoltre venuta fuori una questione di grande importanza: sono entrato in terapia per risolvere alcune questioni pratiche (l’ansia sociale, l’inattività con l’altro sesso ecc.), ora mi rendo conto che tali questioni sono semplicemente un sintomo di una situazione interiore che non è mai stata ottimale. Insomma, mi sembra che qui sia in gioco la mia intera esistenza; studio e interessi modani sembrano così passati in secondo piano.

Bel pantano, vero?
[#5]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
>>> 2) nel caso, posso darmi un termine oltre il quale decidere di cambiare.
>>>

Questa può essere una buona idea.

>>> sono entrato in terapia per risolvere alcune questioni pratiche (l’ansia sociale, l’inattività con l’altro sesso ecc.), ora mi rendo conto che tali questioni sono semplicemente un sintomo di una situazione interiore che non è mai stata ottimale.
>>>

Potrebbe benissimo essere l'opposto: lei sta male perché ha paura degli altri e non riesce ad avere una ragazza. Se fosse così, servirebbe poco partire dall'interno: dovrebbe prima iniziare ad agire in modo nuovo, gradualmente, per poi sentire le cose in modo diverso. Queste sono però considerazioni che non tutti gli indirizzi terapeutici condividono.

Cordiali saluti
[#6]
Dr.ssa Ilenia Sussarellu Psicoterapeuta, Psicologo 648 21
In questo suo ultimo post pare che sia emersa la parte di lei più funzionale, quella meno perfezionistica ed autosabottatirice;
dalla lettura del suo primo intervento pareva non traesse nulla di positivo dalla Psicoterapia intrapresa mentre ora emergono in mdo evidente alcuni importanti cambiamenti.

Credo anche io che lei debba avere la pazienza di aspettare seza far corrispondere il cambiamento con il concetto di guarigione; il primo ci consente di notare, apprezzare e valorizzare ogni piccolo obiettivo raggiunto (cambiamento dello schema di base) mentre il secondo (che è più simile al perfezionismo) ci lascia nell'attesa che arrivi quel giorno in cui non penserò più così e che non starò più cosò ma intanto il tempo passa ed io non rendo produttivo il tempo speso in psicoterapia.

Le faccio tanti auguri

Dr.ssa Ilenia Sussarellu, i.sussarellu@libero.it
Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale, Psicologo Cilinico-Forense

[#7]
Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2008 al 2022
Psicologo, Psicoterapeuta
Io credo che le conclusioni tratte col suo terapeuta siano decisamente utili al percorso. Avete ridefinito gli obiettivi e vi è la disponibilità a prendere un tempo entro il quale valutare i risultati.
La invito a seguire queste due direttrici al fine di valutare il suo percorso terapeutico.


[#8]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Grazie ancora a tutti per le risposte.

Eh sì, cari dottori.. sta venendo fuori tutta l'ambivalenza e la "bipolarità" che mi caratterizzano: a periodi "up" - nei quali sperimento buon umore, ottimismo, voglia di mettermi in gioco e sensazioni piacevoli - si succedono periodi "down", nei quali mi deprimo (al punto da non riuscire a fare nulla) e mi sembra che i miei problemi siano ancora tutti lì.
Una cosa che non mi sarei mai aspettato e che mi causa paura e scoramento è, proprio, constatare come nei periodi negativi i sintomi, precendentemente affievoliti, riprendano vigore. Io mi chiedo: E' normale che succeda questo in una terapia impostata correttamente? Io, da profano, pensavo che le acquisizioni fatte in terapia fossero più o meno stabili..

Il mio dubbio deriva proprio da questo punto.

Poi, a voler essere pignoli, potrei anche chiedermi come sia possibile che lo specialista chieda al paziente di porSI un limite.. ma non dovrebbe essere il professionista a farlo?
E' vero che non possono essere fatte previsioni precise, ma a voler pensare male si potrebbe supporre una certa paura di esporsi, di essere chiari e di dotare il paziente di pericolosi strumenti di valutazione del proprio lavoro... non so se mi spiego. Voi che dite?
[#9]
Dr. Antonio Ceccardi Psicologo, Psicoterapeuta 12
Gentile Utente,

a volte il controllo eccessivo del percorso rischia di far smarrire la via.
Continuo ad invitarla a parlare in modo chiaro e fiducioso con il suo terapeuta.
Se lei non accetta "il rischio" di affidarsi, difficilmente potrà aiutarla.

Saluti cordiali

Dr Antonio Ceccardi
[#10]
Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2008 al 2022
Psicologo, Psicoterapeuta
Carissimo,
le ricadute fanno parte del trattamento e questo va accettato, perchè è così. Non cambiano le nostre parti "patologiche" ma il nostro modo di viverle. In altre parole lei non smetterà di essere "down" in favore del suo essere sempre "up". Poichè "up" e "down" fanno parte del ciclo vitale. Imparerà a vivere anche nei periodi "down", a viverli, a starci anche bene, a rialzare la testa. Non saprei quali altre espressioni metaforiche utilizzare. Spero di essere stato chiaro.

Per quanto riguarda il tempo e la valutazione dato che è stato lei a porre dei dubbi credo che sia giusto che sia lei a valutare. Che facciamo, si passa dal mettere in discussione l'efficacia di un trattamento per poi lasciare che la persona che lo applica decida al posto nostro?
Chi può dire se lei sta meglio o peggio? Il suo terapeuta, un test clinico o lei stesso?

La mia impressione è che lei non si fidi molto di questa persona, eppure da quel che dice sembra che avrebbe preferito fosse questa persona a prendere delle decisioni importanti al posto suo.
[#11]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Dottori Ceccardi e Giusti, la mai totale fiducia, purtroppo, fa parte di me. E' la stessa mai totale fiducia che ho in me stesso... o meglio, una fiducia che viene meno a seguito di perturbazioni minime.

"Che facciamo, si passa dal mettere in discussione l'efficacia di un trattamento per poi lasciare che la persona che lo applica decida al posto nostro?"


Dottor Giusti, quello che dice è vero: ha espresso un paradosso che in me si realizza appieno. E ciò è dovuto al fatto che mi mancano i riferimenti interni, così che li cerco all'esterno, continuamente.

"Chi può dire se lei sta meglio o peggio? Il suo terapeuta, un test clinico o lei stesso?"

Idem con patate. :-(


Idealmente, avrei bisogno di una persona in grado di "prendere di petto" questi aspetti di me, con cui - purtroppo - mi trovo a dover fare i conti.


Comunque sia, grazie infinite per l'attenzione.
[#12]
Dr. Antonio Ceccardi Psicologo, Psicoterapeuta 12
Comunque la si veda, lei è riuscito ad attivare tante persone sul suo problema.
E' sicuro che i dubbi relativi al suo terapeuta non siano in realtà collegati proprio al fatto che è la terapia stessa a "prenderla di petto"?
Io di lei conosco solo alcune frasi, piccoli frammenti selezionati.
Forse, ma è solo una ipotesi, questo spazio per lei è più rassicurante, meno coinvolgente di una psicoterapia.
Se non si fida del terapeuta è importante comunicarglielo.
Se non lo comunica, penso proprio che stia fuggendo da un'esperienza per lei faticosa e dolorosa.
Nel suo esclusivo interesse, non mi sento di essere un compagno di fuga.
La saluto cordialmente e le faccio tanti auguri di riuscire a chiedere aiuto a chi sta cercando di aiutarla da otto mesi.
[#13]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Dott Ceccardi, le sue ipotesi potrebbero essere vere.

Tuttavia, già in passato sottoposi al terapeuta la non piena fiducia nei suoi confronti.

La risposta fu: "Potremmo considerare la possibilità che la terapia sia finita quando riuscirà a fidarsi di me."

Posso sempre dirglielo un'altra volta..

Grazie
[#14]
Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2008 al 2022
Psicologo, Psicoterapeuta
Senta, sarà una pretesa eccessiva da parte mia, ma credo che dalla risposta del suo terapeuta si possa desumere che è un bravo terapeuta.

Quando sentirà una piena fiducia nel suo terapeuta probabilmente i suoi problemi saranno pienamente scomparsi, e sentirà di potersi fidare molto più di se stesso.

In bocca al lupo per tutto e buon proseguimento di terapia
[#15]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Questo già mi tranquillizza... posso già prevedere, però, che sarà una rassicurazione transitoria; purtroppo, per come sono fatto, il dubbio serpeggia sempre in me. Me lo disse anche uno psichiatra al quale, quest'estate, sottoposi le prime grandi indecisioni.

Ciò che resta da fare è esternare questa non piena fiducia e, insieme ad essa, anche il senso di colpa che ne deriva nei confronti del terapeuta (particolare che non avevo ancora esposto).

Grazie infinite per il tempo, la passione e l'impegno che dedicate a chi, come me, si trova in difficoltà.

Cordiali Saluti.