Sensazione di sconforto in assenza del partner

Salve, sono una ragazza di 19 anni, e sono fidanzata con un ragazzo di 20 da quasi un anno. Entrmbi siamo studenti e viviamo a casa con la famiglia, anche se dovremo andare a convivere da dicembre.
Ho notato che dopo un paio di mesi di fidanzamento ho cominciato a non volermi mai dividere da lui.
Tutte le volte che ci dobbiamo salutare mi sento assalire da una sensazione di grande sconforto. Trovo qualsiasi scusa per stare assieme a lui anche solo pochi secondi in più, e non sopporto l'idea di non sapere quando sarà la prossia volta che ci dovremo vedere. Anche se so che il giorno dopo ci vedremo, trovo comunque difficile la separazione, che diventa quasi inaffrontabile quando non ho idea di quando sarà la prossima volta che ci vedremo. Inoltre più tempo (di seguito) passo assieme e lui, e più è difficile separarmene alla fine.
Quando non siamo assieme ho il suo pensiero fisso in mente.
Non mi era mai successo in tutta la mia vita.
Sono una persona che fino a un annetto fa non aveva propriamente "un gruppo di amici", solo ultimamente ho trovato delle persone con le quali mi piace passare il tempo. Sono davvero care per me, ma mentre da loro non ho problemi a dividermi, con il mio ragazzo è tutta un'altra faccenda.
Vado dalla psicologa da 4 anni ormai. Ho iniziato perchè mia madre mi ha invitata ad avere un sostegno psicologico in età adolescenziale, e accettai. Tutto questo però va avanti da davero molto tempo, e ho ormai perso l'interesse. Mi sembra veramente inutile ora come ora andare dalla psicologa. Mi pare di parlare del più e del meno, ormai. Non ho più nulla da dirle, insomma!
Il problema di cui sto esponendo la natura è uscito solo recentemente. Ne ho parlato alla psicologa, ma mi pare di ottenere da lei risposte alle quali arrivo anche da sola: so benissimo che devo vivere la mia vita, avere i miei obiettivi e le mie aspirazioni senza dipendere da nessuno. C'è da dire inoltre che nonostante questo disagio, non ho perso di vista i miei obiettivi. Sento solo difficile passare il tempo senza il mio fidanzato. E' come se senza di lui le ore non passassero mai.
Fin da bambina è mancata la figura maschile nella mia crescita: c'è sempre stata tensione tra me e mio padre, che era schivo nei miei confronti. In compenso mio nonno lo sostituì pienamente. Purtroppo questa persona morì quando avevo 5 anni.
Ho pensato che la mia esperienza avrebbe maturato una certa ostilità per il sesso maschile così assente nei miei confronti, ma non è così! Ne ignoro il motivo, ma odio le donne. Posseggo solo 2 amiche (una la conosco dalla nascita, l'altra è un po' "maschiaccia" nei modi, ma fa comunque valere la propria femminilità), gli altri son tutti uomini. Mi infastidisce ritrovare nelle donne le caratteristiche tipiche da clichet femminile: frivole, un po' oche, superficiali, poco sincere, calcolatrici, ecc..
Cosa posso fare per fronteggiare la situazione con il mio ragazzo? Mi rendo conto di essere pesante, ma non so come fronteggiare la situazione.
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Dr. Antonio Vita Psicologo, Psicoterapeuta 708 23 51
Gentile Utente,

Lei è diventata dipendente dal suo ragazzo e non è colpa di lui, mi pare. E' lei che realizza tutto quello che le è mancato da piccola, e cioè un buon rapporto con suo padre trasferendo la sua figura nel suo ragazzo. Cosicché il ragazzo è per lei un fidanzato, ma anche un amico e se vogliamo anche un padre. Questa dipendenza non le permette di avere una vita propria e libera da ogni vincolo e ne va di mezzo anche la capacità di autogestirsi e autodeterminarsi. Non le permette nemmeno di vedere soddisfatta e realizzata la propria esistenza. Dalla dipendenza si potrà passare all'assuefazione? Perché allora rischierà di raggiungere una saturazione del rapporto che potrrebbe portarla alla noia. O potrebbe provocare nel suo ragazzo fastidio per questa assillante e continua presenza. Ma guardi, che la mia è una pura costatazione, avallata soltanto da casi simili che si sono verificati in molti giovani. Una volta poi che andrete a vivere assieme dovrete stabilire, anche tacitamente o0 frontalmente, dei confini per riuscire a vivere in tempi e spazi propri.

Cordiali saluti e molti auguri.
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Attivo dal 2010 al 2013
Ex utente
La ringrazio molto per la sua tesi!
Farò del mio meglio per essere più rilassata e affrontare la mia vita con sicurezza.
Giunta alla convivenza lascerò a ognuno i propri spazi.
Ma secondo lei cosa si dovrebbe fare o pensare quando una persona ci manca? E' solo quello il mio problema, alla fine. Sapere come affrontare la sensazione di sconforto tipica di quando ci manca molto una persona.
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Dr. Antonio Vita Psicologo, Psicoterapeuta 708 23 51


Se una persona ci manca significa che questa è complementare al nostro essere e al nostro esistere.
Non bisogna esserne dipendenti, ripeto, ma occorre prendere atto che è la persona giusta per poter vivere insieme a lei (lui in questo caso) la nostra vita e il nostro avvenire.

Auguri.
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Attivo dal 2010 al 2013
Ex utente
La ringrazio della delucidazione.
Farò del mio meglio :)
E' stato molto esauriente, grazie ancora!
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Dr.ssa Grazia La Manna Psicologo, Psicoterapeuta 23
Gentile utente,
desidero integrare alcune considerazioni mie a quelle molto opportune del collega.
mi colpisce il fatto che lei abbia iniziato e proseguito per alcuni anni un percorso psicologico di cui però non mi è chiara la motivazione e l'obiettivo.
Credo che il suo problema nel separarsi dal suo ragazzo possa essere legato anche a un suo problema di autostima, ovvero pensare di essere ok solo con un uomo accanto.
SIcuramente lo avrà già fatto con la psicologa che la segue ma comprendere il significato di alcune sue scelte (es. le amicizie, il ragazzo ecc)la può sicuramente aiutare.

Dr.ssa Grazia La Manna
Psicologa- psicoterapeuta analitico transazionale
www.grazialamanna.it

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Dr.ssa Ilenia Sussarellu Psicoterapeuta, Psicologo 648 21 5
Gentile Ragazza,
io credo che il tuo lavoro con la psicoterapeuta non possa considerarsi concluso almeno fino a che non cercate di comprendere da quale difficoltà arriva questa forma di attaccamento verso il tuo partener e di distacco verso le donne, non credo che le due cose siano disgiunte.

Ti suggerisco di parlarne con lei in modo approfondito ed eventualmente, se lei non si mostra intenzionata ad affrontare il problema in termini sistematici, valuta la possibilità di sentire un altro parere.

Ti faccio tanti auguri

Dr.ssa Ilenia Sussarellu, i.sussarellu@libero.it
Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale, Psicologo Cilinico-Forense

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Attivo dal 2010 al 2013
Ex utente
Il percorso con la mia psicologa è cominciato quando mia madre mi ha proposto un sostegno psicologico per affrontare l'eta adolescenziale perchè si rendeva conto che lei col suo lavoro era spesso fuori e non aveva sempre tempo per ascoltarmi o parlare assieme. Accettai, e da allora sono sempre andata dalla psicologa: inizialmente per risolvere problemi di chiusura emotiva (ero un po' asociale), poi le sedute mi servirono anche per allentare la tensione del rapporto con mio padre. Oggettivamente io ormai non serbo più rancore per mio padre, e sono diventata una persona sociale, alla quale piace stare in mezzo alla gente. E' che non so se fosse lo scopo della terapia, ma mi pare di avere raggiunto lo stato attuale grazie alle mia maturazione personale, non tanto per via della psicologa.
Mi viene da pensare che anche le lacune psicologiche attuali potranno essere sanate piano piano dalla mia maturazione, e che quindi la psicologa possa risultare futile.
Una cosa che mi indispone un po' forse è proprio il fatto che sia donna, e che soprattutto non parli molto: lei comincia la seduta chiedendomi come sto, e poi io rispondo e prendo lo slancio per parlare di quello che mi aggrada, diciamo. Sono una persona loquace, ho sempre qualcosa da dire più o meno. E' che mi piacerebbe che a una mia perplessità lei mi risponda con una "soluzione".
Anche solo dirmi una frase che mi possa fare comprendere qualcosa, o consigliarmi delle riflessioni, ecc..
Non voglio mi risolva il problema, ma che mi dia i mezzi con cui superarlo, perchè sennò è come se io non stessi facendo affidamento a una psicologa. Così mi sembra di "fare tutto da sola", di fare quel che farei se lei non ci fosse lei.
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Dr.ssa Grazia La Manna Psicologo, Psicoterapeuta 23
é sicuramente opportuno che tu liberamente scelga se proseguire o no questo percorso, ma per poterlo cerca prima di chiarire alcune cose con la psicologa che ti segue:
1. riprendere e eventualmente riformulare il vostro contratto terapeutico
2. esplicitare con lei il tuo disagio
3. qualora decidessi che vuoi interrompere questo rapporto terapeutico, cerca di trovarne uno in alternativa.
il suggerimento della collega di rivolgersi a un terapeuta uomo mi sembra molto opportuno e semmai cerca di informarti prima sull'approccio teraputico usato.
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Attivo dal 2010 al 2013
Ex utente
Le ho già parlato che non mi sento molto propensa a continuare il percorso terapeutico.. lei però dice che io ne ho ancora bisogno. Non so proprio cosa dirle, alla fine non mi può obbligare, però ogni volta che le dico così mi assicura che si sarebbero dimezzate le sedute per non smettere drasticamente, ma non ha ancora mai mantenuto la parola. Ogni volta che glielo faccio notare lei dice che secondo lei sarebbe opportuno continuare con una certa costanza..
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Dr.ssa Grazia La Manna Psicologo, Psicoterapeuta 23
Credo che tra lei e la psicologa l'alleanza terapeutica non funzioni più in modo efficace, in quanto la comunicazione procede su lunghezze d'onda diverse.
A questo punto sta solo a lei decidere se continuare o meno una psicoterapia, magari con un altro terapeuta.
Sicuramente a Bolgna ce ne sono molti e competenti, anche nella Asl.