Paranoia o realtà?
Un tema che mi sta molto a cuore, perché le persone mi accusano spesso di essere un paranoico, con allegata denotazione spregiativa - che ormai avevo supposto bandita da una società che si proclama “civile”.
Ho 31 anni, ho seguito il mio percorso, ho fatto le mie scelte. Ho già avuto a che fare con gli psicologi in passato, a causa di presunti “attacchi di panico” che poi si sono rivelati essere tutt’altro (aure emicraniche) per i quali, su insistenza di parenti e della mia stessa ragazza, ho seguito una terapia farmacologica e una serie di colloqui inutili con due psicologi. Inutile a dirsi che questa terapia non è servita a niente, e il problema, almeno sintomatologicamente, è stato risolto da un neurologo.
Mi ritengo una persona intelligente, equilibrata, narciso anche se non ricerco mai l’approvazione degli altri, misantropo incallito, tendente all’irascibilità, a volte all’insicurezza, dotato di un certo acume, ma soprattutto consapevole di me stesso. Inoltre non mi fido degli altri, e preferisco fare a modo mio. Certo però non un paranoico. Su questo argomento, e non sugli altri, discordo dall’opinione degli altri su di me.
In particolare mi sembra che tutti siano anche troppo leggeri a dare questo giudizio, perché alla fine di giudizio si tratta.
Ammetto perfettamente di avere una tendenza a pensare male della gente, delle situazioni e di usare la mia logica per presupporre un qualche cosa di negativo dietro alle apparenze, ma è altresì vero che il 90% delle volte…ho ragione.
L'esempio degli "attacchi di panico" mi pare emblematico.
Di fatto spesso ho ragione a “pensare male” e a discordare dalle teorie comunemente accettate. Vero è che svelo qualche cosa di negativo, per me, per chi ritengo facente parte del mio gruppo, o per la logica e il buon senso.
La cosa assurda è che anche avendo dimostrato coi fatti di aver ragione…il giudizio rimane uguale. Io sono Il Paranoico.
Questo mi porta ad esacerbare la mia misantropia, anche se di facciata ormai riesco quasi a controllarla. Effettivamente detesto la gente, detesto il conformismo e la banalità, i luoghi comuni, al stupidità delle masse; detesto anche il dover stare in luoghi pubblici colmi di persone urlanti, o a stretto contatto di rompicoglioni. Detesto il fatto che le persone ti inseguano ovunque tu vada: se sono su una spiaggia deserta, e deve arrivare per forza qualcun altro, dove si andrà a mettere se non a 1 m da me, con 10 km di spiaggia libera? Lo stesso accade alle mostre, o in qualsiasi altro contesto. Questo mi fa impazzire, e mi tocca andarmene per preservare l’agognata solitudine. Ma non mi pare una paranoia: è un fenomeno che chiunque può constatare in un contesto sociale.
Bene, alla fin fine la domanda è: chi stabilisce e come, il confine tra paranoia e realtà? E’ giusto pensare male?
Suppongo che la risposta sia: è giusto finché non mi fa star male.
Bene, io non sto male. Quindi: tutto ok, ho scritto un romanzo per niente. Fine dei caratteri disponibili.
Ho 31 anni, ho seguito il mio percorso, ho fatto le mie scelte. Ho già avuto a che fare con gli psicologi in passato, a causa di presunti “attacchi di panico” che poi si sono rivelati essere tutt’altro (aure emicraniche) per i quali, su insistenza di parenti e della mia stessa ragazza, ho seguito una terapia farmacologica e una serie di colloqui inutili con due psicologi. Inutile a dirsi che questa terapia non è servita a niente, e il problema, almeno sintomatologicamente, è stato risolto da un neurologo.
Mi ritengo una persona intelligente, equilibrata, narciso anche se non ricerco mai l’approvazione degli altri, misantropo incallito, tendente all’irascibilità, a volte all’insicurezza, dotato di un certo acume, ma soprattutto consapevole di me stesso. Inoltre non mi fido degli altri, e preferisco fare a modo mio. Certo però non un paranoico. Su questo argomento, e non sugli altri, discordo dall’opinione degli altri su di me.
In particolare mi sembra che tutti siano anche troppo leggeri a dare questo giudizio, perché alla fine di giudizio si tratta.
Ammetto perfettamente di avere una tendenza a pensare male della gente, delle situazioni e di usare la mia logica per presupporre un qualche cosa di negativo dietro alle apparenze, ma è altresì vero che il 90% delle volte…ho ragione.
L'esempio degli "attacchi di panico" mi pare emblematico.
Di fatto spesso ho ragione a “pensare male” e a discordare dalle teorie comunemente accettate. Vero è che svelo qualche cosa di negativo, per me, per chi ritengo facente parte del mio gruppo, o per la logica e il buon senso.
La cosa assurda è che anche avendo dimostrato coi fatti di aver ragione…il giudizio rimane uguale. Io sono Il Paranoico.
Questo mi porta ad esacerbare la mia misantropia, anche se di facciata ormai riesco quasi a controllarla. Effettivamente detesto la gente, detesto il conformismo e la banalità, i luoghi comuni, al stupidità delle masse; detesto anche il dover stare in luoghi pubblici colmi di persone urlanti, o a stretto contatto di rompicoglioni. Detesto il fatto che le persone ti inseguano ovunque tu vada: se sono su una spiaggia deserta, e deve arrivare per forza qualcun altro, dove si andrà a mettere se non a 1 m da me, con 10 km di spiaggia libera? Lo stesso accade alle mostre, o in qualsiasi altro contesto. Questo mi fa impazzire, e mi tocca andarmene per preservare l’agognata solitudine. Ma non mi pare una paranoia: è un fenomeno che chiunque può constatare in un contesto sociale.
Bene, alla fin fine la domanda è: chi stabilisce e come, il confine tra paranoia e realtà? E’ giusto pensare male?
Suppongo che la risposta sia: è giusto finché non mi fa star male.
Bene, io non sto male. Quindi: tutto ok, ho scritto un romanzo per niente. Fine dei caratteri disponibili.
[#3]
Psicoterapeuta, Psicologo
Gentile Utente,
mi permetto di segnalarle un link con un articolo interessante inerente all'argomento da lei proposto:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/223-la-paranoia.html
Cordiali saluti.
[#4]
Utente
Ho avuto modo di apprezzare alcune risposte del dott. Santonocito.
Nell'articolo ci sono aluni elementi in cui mi riconosco e altri no, ma francamente la maggior parte della gente che conosco io a questo punto può essere definita "delirante paranoico".
Mi sembra chiaro che il discrimine sia la sistematicità dell'errore delle supposizioni del paranoico (a parte quelle palesemente demenziali come credere di essere un dio). Infatti si parla nell'articolo di paranoia nel caso questo sistema di paranoie e teorie complottistiche e persecutorie non abbiano un fondamento.
Se invece ce l'avessero? Come si definisce l'individuo? "Sospettoso"? E che differenza di sentimenti ha rispetto a un paranoico? Nessuna, forse.
Una parte mi ha interessato in particolare:
"Esiste poi il disturbo paranoide di personalità, caratterizzato da un quadro pervasivo di sfiducia e sospettosità, che porta a interpretare le intenzioni altrui come malevole. Gli individui con questo disturbo presumono che gli altri - anche familiari, amici e colleghi - li sfruttino, li danneggino o li ingannino, anche quando non esistono prove che ciò avvenga. Provano costantemente risentimento e sono incapaci di dimenticare gli insulti e le offese subite, perché queste avvalorano la tesi che gli altri ce l’abbiano con loro. Com’è facile intuire, queste persone hanno grande difficoltà ad andare d’accordo con gli altri, perché qualunque relazione è vissuta come pericolosa, a causa della loro eccessiva sospettosità e ostilità."
Questa è la descrizione di mia madre. E di molte altre persone che ho avuto modo di conoscere. Sono tutti malati se si sbagliano?
Insomma, vedo una certa labilità nel porre confini sull'argomento. Dove inizia la patologia e dove finisce, in particolare.
Distinti saluti.
Nell'articolo ci sono aluni elementi in cui mi riconosco e altri no, ma francamente la maggior parte della gente che conosco io a questo punto può essere definita "delirante paranoico".
Mi sembra chiaro che il discrimine sia la sistematicità dell'errore delle supposizioni del paranoico (a parte quelle palesemente demenziali come credere di essere un dio). Infatti si parla nell'articolo di paranoia nel caso questo sistema di paranoie e teorie complottistiche e persecutorie non abbiano un fondamento.
Se invece ce l'avessero? Come si definisce l'individuo? "Sospettoso"? E che differenza di sentimenti ha rispetto a un paranoico? Nessuna, forse.
Una parte mi ha interessato in particolare:
"Esiste poi il disturbo paranoide di personalità, caratterizzato da un quadro pervasivo di sfiducia e sospettosità, che porta a interpretare le intenzioni altrui come malevole. Gli individui con questo disturbo presumono che gli altri - anche familiari, amici e colleghi - li sfruttino, li danneggino o li ingannino, anche quando non esistono prove che ciò avvenga. Provano costantemente risentimento e sono incapaci di dimenticare gli insulti e le offese subite, perché queste avvalorano la tesi che gli altri ce l’abbiano con loro. Com’è facile intuire, queste persone hanno grande difficoltà ad andare d’accordo con gli altri, perché qualunque relazione è vissuta come pericolosa, a causa della loro eccessiva sospettosità e ostilità."
Questa è la descrizione di mia madre. E di molte altre persone che ho avuto modo di conoscere. Sono tutti malati se si sbagliano?
Insomma, vedo una certa labilità nel porre confini sull'argomento. Dove inizia la patologia e dove finisce, in particolare.
Distinti saluti.
[#5]
Gentile utente, la patologia inizia dove inizia la sofferenza. Se non c'è sofferenza, è difficile parlare di patologia, o abnormalità, che dir si voglia.
La sofferenza di chi?
In psicopatologia si distinguono i quadri che provocano sofferenza al soggetto, da quelli che la provocano alle persone che gli vivono accanto. Alcuni quadri provocano dolore all'interessato, come ad esempio l'ansia o la depressione. Altri, invece, come i disturbi di personalità, sono percepiti come fastidiosi e disturbanti soprattuutto dalle persone che vivono attorno all'interessato. Loro, provano fastidio, non lui. Per l'interessato in questi casi spesso vale: "i malati siete voi, che non capite".
I disturbi di personalità, dal punto di vista psicologico, sono innanzitutto e primariamente dei disturbi della relazione con gli altri.
Cordiali saluti
La sofferenza di chi?
In psicopatologia si distinguono i quadri che provocano sofferenza al soggetto, da quelli che la provocano alle persone che gli vivono accanto. Alcuni quadri provocano dolore all'interessato, come ad esempio l'ansia o la depressione. Altri, invece, come i disturbi di personalità, sono percepiti come fastidiosi e disturbanti soprattuutto dalle persone che vivono attorno all'interessato. Loro, provano fastidio, non lui. Per l'interessato in questi casi spesso vale: "i malati siete voi, che non capite".
I disturbi di personalità, dal punto di vista psicologico, sono innanzitutto e primariamente dei disturbi della relazione con gli altri.
Cordiali saluti
[#6]
Utente
Quindi?
Dovrei dedurre che se io me ne frego del giudizio che gli "altri" hanno di me (paranoico), e che ne soffrono, a prescindere dal fatto che io abbia ragione e diritto ad essere come sono, sono malato. Non che la maggior parte della gente scarica responsabilità secondo le più variopinte modalità.
Mi sembra veramente paradossale.
Ho letto un esempio interessante: Stalin temeva per la sua vita, forse a ragione.
Le chiedo: Stalin era un paranoico?
Dovrei dedurre che se io me ne frego del giudizio che gli "altri" hanno di me (paranoico), e che ne soffrono, a prescindere dal fatto che io abbia ragione e diritto ad essere come sono, sono malato. Non che la maggior parte della gente scarica responsabilità secondo le più variopinte modalità.
Mi sembra veramente paradossale.
Ho letto un esempio interessante: Stalin temeva per la sua vita, forse a ragione.
Le chiedo: Stalin era un paranoico?
[#7]
>>> Quindi?
>>>
Il "quindi" in questo caso ce lo deve mettere lei, non qualcun'altro. Se lei non soffre, è possibile che si stia parlando di problemi che non esistono. D'altra parte, da qui nessuna diagnosi sarebbe possibile né su di lei né, men che meno, su terze persone da lei citate.
>>> se io me ne frego del giudizio che gli "altri" hanno di me (paranoico)
>>>
Fregarsene del giudizio altrui non è paranoia. Di per sé non è nemmeno un comportamento sempre funzionale o disfunzionale. Può essere funzionale in alcuni casi e disfunzionale in altri. Anzi, molto al conttrario, il paranoico è molto interessato al giudizio che gli altri hanno di lui.
>>> Le chiedo: Stalin era un paranoico?
>>>
Non avendo conosciuto Stalin di persona, e non avendo mai avuto colloqui clinici con lui, sarei presentuoso a voler azzardare una diagnosi. Chi lo ha conosciuto, tuttavia, diceva che lo fosse.
Bechterev, uno psichiatra che lo visitò, pagò con la vita l'avergli posto diagnosi di paranoia. Il dittatore lo fece uccidere poco tempo dopo che gliel'ebbe comunicata, gli fece estrarre il cervello dalla scatola cranica ed ordinò che fosse esposto al museo della scienza.
Cordiali saluti
>>>
Il "quindi" in questo caso ce lo deve mettere lei, non qualcun'altro. Se lei non soffre, è possibile che si stia parlando di problemi che non esistono. D'altra parte, da qui nessuna diagnosi sarebbe possibile né su di lei né, men che meno, su terze persone da lei citate.
>>> se io me ne frego del giudizio che gli "altri" hanno di me (paranoico)
>>>
Fregarsene del giudizio altrui non è paranoia. Di per sé non è nemmeno un comportamento sempre funzionale o disfunzionale. Può essere funzionale in alcuni casi e disfunzionale in altri. Anzi, molto al conttrario, il paranoico è molto interessato al giudizio che gli altri hanno di lui.
>>> Le chiedo: Stalin era un paranoico?
>>>
Non avendo conosciuto Stalin di persona, e non avendo mai avuto colloqui clinici con lui, sarei presentuoso a voler azzardare una diagnosi. Chi lo ha conosciuto, tuttavia, diceva che lo fosse.
Bechterev, uno psichiatra che lo visitò, pagò con la vita l'avergli posto diagnosi di paranoia. Il dittatore lo fece uccidere poco tempo dopo che gliel'ebbe comunicata, gli fece estrarre il cervello dalla scatola cranica ed ordinò che fosse esposto al museo della scienza.
Cordiali saluti
[#8]
Utente
Beh, la diagnosi di "paraculismo" su molti terzi la posso porre io, per esperienza.
Mi pareva di avere capito che in questo caso (poter parlare di paranoia) si potesse azzardare l'ipotesi all'insorgere del disagio (vero o falso che sia) di chi circonda il "paranoico", non dal "paranoico" stesso, che potrebbe non manifestare alcuna sofferenza. Per questo mi ero stranito (e a dire il vero sono tuttora dubbioso sul tema di base, che non è una diagnosi che non ho chiesto su me o su altri, ma i limiti della diagnosi stessa di paranoia). E lo avevo dedotto da questo passaggio:
"Altri, invece, come i disturbi di personalità, sono percepiti come fastidiosi e disturbanti soprattuutto dalle persone che vivono attorno all'interessato. Loro, provano fastidio, non lui. Per l'interessato in questi casi spesso vale: "i malati siete voi, che non capite".
"
Carino l'aneddoto di Stalin, ma non era ciò che intendevo chiedere.
Riformulo per ipotesi astratta: se una persona teme continuamente complotti ai suoi danni, ma di fatto questi complotti sono tutti fondati, è patologico?
Pura curiosità, non essendo esattamente questo il mio caso.
Comunque la ringrazio ugualmente e non le faccio perdere altro tempo.
Distinti saluti.
Mi pareva di avere capito che in questo caso (poter parlare di paranoia) si potesse azzardare l'ipotesi all'insorgere del disagio (vero o falso che sia) di chi circonda il "paranoico", non dal "paranoico" stesso, che potrebbe non manifestare alcuna sofferenza. Per questo mi ero stranito (e a dire il vero sono tuttora dubbioso sul tema di base, che non è una diagnosi che non ho chiesto su me o su altri, ma i limiti della diagnosi stessa di paranoia). E lo avevo dedotto da questo passaggio:
"Altri, invece, come i disturbi di personalità, sono percepiti come fastidiosi e disturbanti soprattuutto dalle persone che vivono attorno all'interessato. Loro, provano fastidio, non lui. Per l'interessato in questi casi spesso vale: "i malati siete voi, che non capite".
"
Carino l'aneddoto di Stalin, ma non era ciò che intendevo chiedere.
Riformulo per ipotesi astratta: se una persona teme continuamente complotti ai suoi danni, ma di fatto questi complotti sono tutti fondati, è patologico?
Pura curiosità, non essendo esattamente questo il mio caso.
Comunque la ringrazio ugualmente e non le faccio perdere altro tempo.
Distinti saluti.
[#9]
>>> se una persona teme continuamente complotti ai suoi danni, ma di fatto questi complotti sono tutti fondati, è patologico?
>>>
Legga anche gli aforismi sulla paranoia riportati in questa pagina, sulla colonna destra, potrebbero aiutarla a farsi un'idea più precisa di qualunque spiegazione:
http://www.giuseppesantonocito.it/art_paranoia.htm
>>> i limiti della diagnosi stessa di paranoia
>>>
I limiti non sono della diagnosi, ma del modo in cui essa viene fatta.
Per poter fare un'ipotesi diagnostica il clinico ha bisogno di colloquiare direttamente con la persona.
Una cosa è parlare in astratto, leggendo delle descrizioni come quelle che ha visto nel mio articolo, altra cosa è far corrispondere tali descrizioni a una persona reale. Fare questo, richiede esperienza clinica e la presenza faccia a faccia con l'interessato.
In altre parole, sarebbe fuorviante tentare di attribuire a qualcuno, in astratto, l'ipotesi di "paranoico" o di qualsiasi altra categoria diagnostica semplicemente dopo averne letto la descrizione in internet.
Se ha altri dubbi, chieda pure.
Cordiali saluti
>>>
Legga anche gli aforismi sulla paranoia riportati in questa pagina, sulla colonna destra, potrebbero aiutarla a farsi un'idea più precisa di qualunque spiegazione:
http://www.giuseppesantonocito.it/art_paranoia.htm
>>> i limiti della diagnosi stessa di paranoia
>>>
I limiti non sono della diagnosi, ma del modo in cui essa viene fatta.
Per poter fare un'ipotesi diagnostica il clinico ha bisogno di colloquiare direttamente con la persona.
Una cosa è parlare in astratto, leggendo delle descrizioni come quelle che ha visto nel mio articolo, altra cosa è far corrispondere tali descrizioni a una persona reale. Fare questo, richiede esperienza clinica e la presenza faccia a faccia con l'interessato.
In altre parole, sarebbe fuorviante tentare di attribuire a qualcuno, in astratto, l'ipotesi di "paranoico" o di qualsiasi altra categoria diagnostica semplicemente dopo averne letto la descrizione in internet.
Se ha altri dubbi, chieda pure.
Cordiali saluti
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 9.5k visite dal 03/08/2010.
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