Incapacità di vivere.
Salve,mi chiamo Loredana,ho 22 anni e vivo a Palermo.
Il rapporto tra i miei genitori non è stato mai sereno,e da piccola mi sono ritrovata ad assistere spesso alle loro liti,tant'è che vivevo con terrore perenne per le liti che si sarebbero potute verificare.
Quando avevo 15 anni i miei si separarono,perché mia madre tradì mio padre,lasciandolo per il suo primo amore.Giudicai mia madre,anche se dentro di me la giustificavo;in fondo mio padre era sempre stata una persona immatura.Andai in un primo momento a vivere con mio padre,chiudendo i rapporti con mia madre.A 16 anni iniziò un periodo critico,nella mia vita.Conobbi un ragazzo,Filippo,del quale mi innamorai,concedendogli la mia verginità.Mesi dopo capii che per lui ero solo sesso,ed inizia a concedermi ad altri,senza considerarmi,senza avere alcun rispetto per me stessa.Fumavo hashish e bevevo alcol.Apparentemente avevo una vita meravigliosa:un sacco di amici,al liceo andavo bene,tutti mi adoravano.
A Natale del 2004,quando avevo 17 anni e mezzo,tentai il suicidio,6 mesi prima ero entrata in anoressia.Mi mancava mia madre,mi mancava un punto fermo,mi mancava l'amore,una forma qualsiasi di amore.
Due giorni dopo cercai mia madre,che mi invitò nella sua nuova casa per Capodanno;così,il 1° dell'anno 2005,ci riappacificammo,e conobbi Antonino,suo nipote acquisito.Mi innamorai di lui a prima vista!Dopo una settimana,e senza neppure conoscerci,iniziammo una storia insieme.Ormai sono 5 anni e mezzo che siamo fidanzati.Lui mi salvò: ricominciai a mangiare,e non bevvi né fumai più.Lui era così diverso dai ragazzi che conoscevo,era così diverso da Filippo...
E' necessario che io descriva i nostri reciproci caratteri:io sono socievole, allegra,fantasiosa,curiosa,mi emoziono per nulla!Qualcuno dice che emano un'energia particolare,dicono che sono un'anima libera.
Antonino è il mio opposto:lui è serio,solitario,evita di fare cose fuori dall'ordinario perché non vuole sbagliare,ha la mentalità molto chiusa,e difficilmente si lascia trasportare dalle emozioni.E'...è banale.Ma che è banale me ne rendo conto solo adesso.
Durante questi 5 anni io mi sono completamente annullata,vivendo solo di lui,e perdendo un sacco di esperienze.Questi anni sono trascorsi in completa solitudine,perché per via del suo carattere chiuso non abbiamo amici,e questo mi è pesato tantissimo.Ho anche lasciato gli studi,dopo il liceo, per stare più vicina possibile a lui.Lo amavo in maniera estrema,così premuroso ed amorevole.Ed i progetti di una famiglia meravigliosa li aveva anche lui,e sembravano così realizzabili!
Adesso mi ritrovo senza stimoli né certezze,con la sola voglia di partire,di riappropriarmi di me stessa,di capire cosa voglio dalla mia esistenza,di assaggiare il mondo,di lasciare scoppiare la voglia di vita che c'è in me.Invece mi sento come in trance,e non so svegliarmi.E più non riesco a reagire e più sento l'ansia del tempo che corre troppo velocemente, ed io sto sprecando anni preziosi.
Cosa mi suggerisce?
Grazie.
Il rapporto tra i miei genitori non è stato mai sereno,e da piccola mi sono ritrovata ad assistere spesso alle loro liti,tant'è che vivevo con terrore perenne per le liti che si sarebbero potute verificare.
Quando avevo 15 anni i miei si separarono,perché mia madre tradì mio padre,lasciandolo per il suo primo amore.Giudicai mia madre,anche se dentro di me la giustificavo;in fondo mio padre era sempre stata una persona immatura.Andai in un primo momento a vivere con mio padre,chiudendo i rapporti con mia madre.A 16 anni iniziò un periodo critico,nella mia vita.Conobbi un ragazzo,Filippo,del quale mi innamorai,concedendogli la mia verginità.Mesi dopo capii che per lui ero solo sesso,ed inizia a concedermi ad altri,senza considerarmi,senza avere alcun rispetto per me stessa.Fumavo hashish e bevevo alcol.Apparentemente avevo una vita meravigliosa:un sacco di amici,al liceo andavo bene,tutti mi adoravano.
A Natale del 2004,quando avevo 17 anni e mezzo,tentai il suicidio,6 mesi prima ero entrata in anoressia.Mi mancava mia madre,mi mancava un punto fermo,mi mancava l'amore,una forma qualsiasi di amore.
Due giorni dopo cercai mia madre,che mi invitò nella sua nuova casa per Capodanno;così,il 1° dell'anno 2005,ci riappacificammo,e conobbi Antonino,suo nipote acquisito.Mi innamorai di lui a prima vista!Dopo una settimana,e senza neppure conoscerci,iniziammo una storia insieme.Ormai sono 5 anni e mezzo che siamo fidanzati.Lui mi salvò: ricominciai a mangiare,e non bevvi né fumai più.Lui era così diverso dai ragazzi che conoscevo,era così diverso da Filippo...
E' necessario che io descriva i nostri reciproci caratteri:io sono socievole, allegra,fantasiosa,curiosa,mi emoziono per nulla!Qualcuno dice che emano un'energia particolare,dicono che sono un'anima libera.
Antonino è il mio opposto:lui è serio,solitario,evita di fare cose fuori dall'ordinario perché non vuole sbagliare,ha la mentalità molto chiusa,e difficilmente si lascia trasportare dalle emozioni.E'...è banale.Ma che è banale me ne rendo conto solo adesso.
Durante questi 5 anni io mi sono completamente annullata,vivendo solo di lui,e perdendo un sacco di esperienze.Questi anni sono trascorsi in completa solitudine,perché per via del suo carattere chiuso non abbiamo amici,e questo mi è pesato tantissimo.Ho anche lasciato gli studi,dopo il liceo, per stare più vicina possibile a lui.Lo amavo in maniera estrema,così premuroso ed amorevole.Ed i progetti di una famiglia meravigliosa li aveva anche lui,e sembravano così realizzabili!
Adesso mi ritrovo senza stimoli né certezze,con la sola voglia di partire,di riappropriarmi di me stessa,di capire cosa voglio dalla mia esistenza,di assaggiare il mondo,di lasciare scoppiare la voglia di vita che c'è in me.Invece mi sento come in trance,e non so svegliarmi.E più non riesco a reagire e più sento l'ansia del tempo che corre troppo velocemente, ed io sto sprecando anni preziosi.
Cosa mi suggerisce?
Grazie.
[#1]
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile Utente, mi sembra che, nella storia della sua vita, la regista non sia stata lei.
Rileggendo la sua narrazione, ho avuto l'impressione che le scelte importanti della sua esistenza, più che essere dettate da motivazioni, più o meno ponderate, ma sue, siano da lei attribuite ad eventi esterni, ad altre persone o ai suoi vissuti emotivi.
Al contempo, mi colpisce il fatto che le emozioni che ci riferisce siano insieme così intense e così laceranti: il suo bisogno di divertimento, la sua ricerca d'amore, il suo aggrapparsi tenacemente ad una stabilità affettiva cui fa da contrappunto la tensione a "riappropriarsi di sé stessa", a riscoprire lo slancio vitale che teme di aver soffocato sull'altare di una progettualità che ora le sta stretta sono da lei narrate come esperienze forti e totalizzanti, dalle quali può aver cercato rifugio in una relazione rassicurante.
Lei anelava ad una "famiglia meravigliosa". Purtroppo, le famiglie non sono mai "meravigliose", così come non lo sono i partner ed i rapporti con gli altri. Non sono neanche fonte di stabilità, di certezza o promesse di felicità: tutti questi "tesori", più che mete, sono delle tensioni comuni agli esseri umani.
Il problema sorge quando cerchiamo negli altri quella forza e quelle energie che non compete loro fornirci.
Quando alle spalle abbiamo una storia di relazioni da cui non abbiamo ricavato sufficiente capacità di "stare da soli", a volte possiamo ricercare con decisione negli altri sollievo ad emozioni negative da cui vogliamo fuggire.
In questi casi, le scelte che compiamo sono motivate dal bisogno di evitare questi vissuti dolorosi, più che di "tendere verso" gli altri. Se ciò accade, gli effetti collaterali di tali scelte possono essere senso di noia, di fastidio, di costrizione; la possibilità stessa di scegliere ci sembra che venga meno, e possiamo attribuire agli altri la causa delle nostre decisioni e delle nostre sofferenze.
Gentile signora, gli anni non si sprecano. La nostra vita va avanti, ed il nostro passato non è più importante del nostro presente, né del nostro futuro. Le scelte che abbiamo compiuto nel passato non sono "maledizioni" che ci accompagneranno per tutta la vita, sussurrandoci nelle orecchie che abbiamo sbagliato: le scelte sono solo scelte, e tutte comportano delle rinunce.
Mi permetto di suggerirle soltanto di non pensare che uno psicologo, o un amico, o chiunque altro possa scegliere per lei: certo, queste persone possono aiutarla a "pensare a come sta pensando", magari dandole indicazioni su come ottimizzare le sue risorse, ma la scelta spetta solo a lei.
Costruisca uno spazio in cui poter riflettere con maggiore lucidità sulla sua situazione attuale; valuti che cosa è veramente importante per lei, con la consapevolezza che tutti noi scegliamo, e tutti noi lo facciamo rinunciando a qualcosa, soffrendo, e sopravvalutando spesso ciò che ci sembra di aver perduto a scapito di ciò che abbiamo acquisito.
Lei a cosa vuole rinunciare?
Cordiali saluti ed in bocca al lupo per le decisioni della sua vita
Rileggendo la sua narrazione, ho avuto l'impressione che le scelte importanti della sua esistenza, più che essere dettate da motivazioni, più o meno ponderate, ma sue, siano da lei attribuite ad eventi esterni, ad altre persone o ai suoi vissuti emotivi.
Al contempo, mi colpisce il fatto che le emozioni che ci riferisce siano insieme così intense e così laceranti: il suo bisogno di divertimento, la sua ricerca d'amore, il suo aggrapparsi tenacemente ad una stabilità affettiva cui fa da contrappunto la tensione a "riappropriarsi di sé stessa", a riscoprire lo slancio vitale che teme di aver soffocato sull'altare di una progettualità che ora le sta stretta sono da lei narrate come esperienze forti e totalizzanti, dalle quali può aver cercato rifugio in una relazione rassicurante.
Lei anelava ad una "famiglia meravigliosa". Purtroppo, le famiglie non sono mai "meravigliose", così come non lo sono i partner ed i rapporti con gli altri. Non sono neanche fonte di stabilità, di certezza o promesse di felicità: tutti questi "tesori", più che mete, sono delle tensioni comuni agli esseri umani.
Il problema sorge quando cerchiamo negli altri quella forza e quelle energie che non compete loro fornirci.
Quando alle spalle abbiamo una storia di relazioni da cui non abbiamo ricavato sufficiente capacità di "stare da soli", a volte possiamo ricercare con decisione negli altri sollievo ad emozioni negative da cui vogliamo fuggire.
In questi casi, le scelte che compiamo sono motivate dal bisogno di evitare questi vissuti dolorosi, più che di "tendere verso" gli altri. Se ciò accade, gli effetti collaterali di tali scelte possono essere senso di noia, di fastidio, di costrizione; la possibilità stessa di scegliere ci sembra che venga meno, e possiamo attribuire agli altri la causa delle nostre decisioni e delle nostre sofferenze.
Gentile signora, gli anni non si sprecano. La nostra vita va avanti, ed il nostro passato non è più importante del nostro presente, né del nostro futuro. Le scelte che abbiamo compiuto nel passato non sono "maledizioni" che ci accompagneranno per tutta la vita, sussurrandoci nelle orecchie che abbiamo sbagliato: le scelte sono solo scelte, e tutte comportano delle rinunce.
Mi permetto di suggerirle soltanto di non pensare che uno psicologo, o un amico, o chiunque altro possa scegliere per lei: certo, queste persone possono aiutarla a "pensare a come sta pensando", magari dandole indicazioni su come ottimizzare le sue risorse, ma la scelta spetta solo a lei.
Costruisca uno spazio in cui poter riflettere con maggiore lucidità sulla sua situazione attuale; valuti che cosa è veramente importante per lei, con la consapevolezza che tutti noi scegliamo, e tutti noi lo facciamo rinunciando a qualcosa, soffrendo, e sopravvalutando spesso ciò che ci sembra di aver perduto a scapito di ciò che abbiamo acquisito.
Lei a cosa vuole rinunciare?
Cordiali saluti ed in bocca al lupo per le decisioni della sua vita
[#2]
Utente
Gentile dottore, è incredibile come lei, attraverso 3000 battute di tastiera, sia riuscito a comprendere esattamente la situazione. E' vero tutto quello che ha detto, le sue impressioni sono fondate: non mi sento protagonista della mia vita, non ne ho mai preso realmente parte; ho cercato di attingere dal mio ragazzo ciò che mi serviva, ma che a me mancava, ovvero forza, stabilità, sicurezza; il bisogno di scoprire me stessa, di sentirmi vivere davvero, è così forte e prorompente dentro di me che sto addirittura male, nel vero senso del termine. A volte ho come la sensazione di impazzire! Adesso mi sono resa conto di tutto questo, ma non so come uscirne, visto che questo modo di vivere ha condizionato tutta la mia esistenza, ad oggi.
Adesso posso dire che voglio rinunciare alla stabilità del rapporto con il mio ragazzo, al sua affetto e alla sicurezza che deriva da questo rapporto, pur di ricostruirmi, pur di ritornare ad emozionarmi, pur di sentirmi viva. Io lo voglio, fortemente, eppure non riesco a portare avanti realmente questi bisogni, e queste rinunce. Sono forse un'ingorda, che non vuole effettivamente rinunciare a nulla, oppure la mia capacità di reazione è intorpidita al punto da non sapere uscire fuori?
Credo che in realtà io stia aspettando l'ennesimo fatto esterno, che decida per me, come magari un altro innamoramento. E questa mezza consapevolezza mi rende triste, insicura, arrabbiata con me stessa.
Il fatto è che mi costerebbe molto provocare tanto dolore in una persona che mi ha dato così tanto. E poi mi sento in colpa per tutti i progetti fatti insieme, per averlo illuso, per avergli fatto credere che sarebbe stato per sempre. Ma in fondo, ne ero sicura anche io... E poi lui ha solo me: non ha amici, e ha difficoltà ad intraprendere dei rapporti. Lo lascerei da solo.
Adesso posso dire che voglio rinunciare alla stabilità del rapporto con il mio ragazzo, al sua affetto e alla sicurezza che deriva da questo rapporto, pur di ricostruirmi, pur di ritornare ad emozionarmi, pur di sentirmi viva. Io lo voglio, fortemente, eppure non riesco a portare avanti realmente questi bisogni, e queste rinunce. Sono forse un'ingorda, che non vuole effettivamente rinunciare a nulla, oppure la mia capacità di reazione è intorpidita al punto da non sapere uscire fuori?
Credo che in realtà io stia aspettando l'ennesimo fatto esterno, che decida per me, come magari un altro innamoramento. E questa mezza consapevolezza mi rende triste, insicura, arrabbiata con me stessa.
Il fatto è che mi costerebbe molto provocare tanto dolore in una persona che mi ha dato così tanto. E poi mi sento in colpa per tutti i progetti fatti insieme, per averlo illuso, per avergli fatto credere che sarebbe stato per sempre. Ma in fondo, ne ero sicura anche io... E poi lui ha solo me: non ha amici, e ha difficoltà ad intraprendere dei rapporti. Lo lascerei da solo.
[#3]
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile Signora, mi sembra che lei abbia già materiale su cui riflettere. In fondo, se da una parte su molte questioni mi sembra che abbia le idee abbastanza chiare, dall'altra mi sembra che lei oscilli tra il desiderio di non ferire una persona a cui è affezionata e quello di "liberarsi" da un cappotto troppo pesante, che le sembra che la impacci nei movimenti.
A questo aggiungerei anche molte altre "indecisioni", con cui spesso ci confrontiamo in momenti "caldi" del nostro ciclo di vita. E' nel fronteggiare questi grovigli che sta anche molto del "gusto" di crescere, e questo è un processo che ci accompagna per tutta la vita.
E' importante che lei tenga ben presente che ogni scelta è già di per sè una rinuncia: se optiamo per una cosa, perdiamo l'altra, e questo fa parte dell'atto stesso di scegliere.
La invito a soffermarsi un pò di più sui suoi vissuti emotivi: a volte, le nostre scelte sembrano "ammantate" di razionalità, mentre in realtà sono pesantemente condizionate dalla paura, dall'ansia, dalla tristezza.
Lei sa di essere libera di scegliere: molti dei vincoli ce li imponiamo noi stessi, sono più nostre paure che dati di realtà. Si dia però anche il tempo di farlo. Non sempre le decisioni prese sull'onda dell'insofferenza, o del senso di colpa, o dell'ansia sono quelle che ci conducono là dove volevamo andare davvero.
Cordiali saluti e...buon lavoro!
A questo aggiungerei anche molte altre "indecisioni", con cui spesso ci confrontiamo in momenti "caldi" del nostro ciclo di vita. E' nel fronteggiare questi grovigli che sta anche molto del "gusto" di crescere, e questo è un processo che ci accompagna per tutta la vita.
E' importante che lei tenga ben presente che ogni scelta è già di per sè una rinuncia: se optiamo per una cosa, perdiamo l'altra, e questo fa parte dell'atto stesso di scegliere.
La invito a soffermarsi un pò di più sui suoi vissuti emotivi: a volte, le nostre scelte sembrano "ammantate" di razionalità, mentre in realtà sono pesantemente condizionate dalla paura, dall'ansia, dalla tristezza.
Lei sa di essere libera di scegliere: molti dei vincoli ce li imponiamo noi stessi, sono più nostre paure che dati di realtà. Si dia però anche il tempo di farlo. Non sempre le decisioni prese sull'onda dell'insofferenza, o del senso di colpa, o dell'ansia sono quelle che ci conducono là dove volevamo andare davvero.
Cordiali saluti e...buon lavoro!
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 2.9k visite dal 26/04/2010.
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