La fine della terapia
Gentili Dottori,
sono una ragazza di 24 anni e sto affrontando un percorso di psicoterapia da circa 4 anni, a causa di un'antica, "insipiegabile" sofferenza che progressivamente si è delineata come un problema legato all'identità, al narcisismo patologico, con effetti depressivi e problematiche legate al cibo(chiedo scusa per la mia scarsa padronanza con il gergo tecnico).
Nell'ultimo anno e mezzo gli effetti estremamente positivi del percorso hanno indotto la mia terapeuta e me a diminuire progressivamente gli incontri: attualmente sono io a fissare le sedute circa una volta ogni mese/ mese e mezzo, mentre all'inizio della terapia avevamo una frequenza di 2 volte a settimana.
Per qualche ragione, però, negli ultimi tempi ho avuto la percezione di un lento e inesorabile peggioramento, che non sono riuscita a condividere con la mia terapeuta in modo del tutto sincero.
La maggior "autodefinizione" che avevo conquistato (o così mi pareva) lascia spazio a insicurezze palesi, evidenti, che mi immobilizzano. Prima della terapia credevo (di credere) di essere una specie di genio e allo stesso tempo mi detestavo; nel corso della terapia ho cercato di capire chi ero veramente, e per un buon lasso di tempo ho avuto il coraggio di provare a vivere con libertà.. ora mi sembra di essere giunta alla conclusione di non avere nessuna capacità, di essere un'inetta.
Non so identificare la ragione di questa "involuzione" e non capisco nemmeno il perché della mia chiusura nei confronti della terapeuta: quando stavo bene c'era come il desiderio di "tirar fuori" solo i progressi e concentrarmi su quelli, tacendo la parte ombra a me stessa e a lei. E ora che la parte ombra dilaga ho come la sensazione che la dottressa abbia già fatto tutto il possibile per me, e che renderla partecipe di ciò che sto vivendo equivalga a vanificare ufficialmente tutti i passi avanti fatti fin'ora.
Al momento non so cosa fare. Sento dentro di me la minacciosa tentazione di lasciarmi andare: la delusione di tornare indietro dopo 4 anni di lavoro si trasforma in una paura immensa e dolorosa. Non so se credo ancora nella tearapia. Per la prima volta metto seriamente in discussione l'idea di poter essere aiutata.
Se qualcuno di voi ha esperienza di "fasi" di questo genere, sono infinitamente grata per una suggerimento.
Grazie
C.
sono una ragazza di 24 anni e sto affrontando un percorso di psicoterapia da circa 4 anni, a causa di un'antica, "insipiegabile" sofferenza che progressivamente si è delineata come un problema legato all'identità, al narcisismo patologico, con effetti depressivi e problematiche legate al cibo(chiedo scusa per la mia scarsa padronanza con il gergo tecnico).
Nell'ultimo anno e mezzo gli effetti estremamente positivi del percorso hanno indotto la mia terapeuta e me a diminuire progressivamente gli incontri: attualmente sono io a fissare le sedute circa una volta ogni mese/ mese e mezzo, mentre all'inizio della terapia avevamo una frequenza di 2 volte a settimana.
Per qualche ragione, però, negli ultimi tempi ho avuto la percezione di un lento e inesorabile peggioramento, che non sono riuscita a condividere con la mia terapeuta in modo del tutto sincero.
La maggior "autodefinizione" che avevo conquistato (o così mi pareva) lascia spazio a insicurezze palesi, evidenti, che mi immobilizzano. Prima della terapia credevo (di credere) di essere una specie di genio e allo stesso tempo mi detestavo; nel corso della terapia ho cercato di capire chi ero veramente, e per un buon lasso di tempo ho avuto il coraggio di provare a vivere con libertà.. ora mi sembra di essere giunta alla conclusione di non avere nessuna capacità, di essere un'inetta.
Non so identificare la ragione di questa "involuzione" e non capisco nemmeno il perché della mia chiusura nei confronti della terapeuta: quando stavo bene c'era come il desiderio di "tirar fuori" solo i progressi e concentrarmi su quelli, tacendo la parte ombra a me stessa e a lei. E ora che la parte ombra dilaga ho come la sensazione che la dottressa abbia già fatto tutto il possibile per me, e che renderla partecipe di ciò che sto vivendo equivalga a vanificare ufficialmente tutti i passi avanti fatti fin'ora.
Al momento non so cosa fare. Sento dentro di me la minacciosa tentazione di lasciarmi andare: la delusione di tornare indietro dopo 4 anni di lavoro si trasforma in una paura immensa e dolorosa. Non so se credo ancora nella tearapia. Per la prima volta metto seriamente in discussione l'idea di poter essere aiutata.
Se qualcuno di voi ha esperienza di "fasi" di questo genere, sono infinitamente grata per una suggerimento.
Grazie
C.
[#1]
Gentile Utente,
dopo una "tempesta" arriva solitamente il sole. Ma basta una piccola nuvola per far tornare la paura della tempesta.
Anche se la nuvola, in realtà, potrebbe essere solo una nuvola.
Per cui non è detto che questo sia l'inizio di una ricaduta, potrebbe anche essere un semplice momento passeggero: l'ideale sarebbe parlarne liberamente con la sua terapeuta, ma se "sente" che con questa persona non c'è più nulla da fare può sempre sentire un secondo parere.
D'altra parte non mi sembra in discussione il "credere" che la terapia possa aiutarla: è già successo, no?
dopo una "tempesta" arriva solitamente il sole. Ma basta una piccola nuvola per far tornare la paura della tempesta.
Anche se la nuvola, in realtà, potrebbe essere solo una nuvola.
Per cui non è detto che questo sia l'inizio di una ricaduta, potrebbe anche essere un semplice momento passeggero: l'ideale sarebbe parlarne liberamente con la sua terapeuta, ma se "sente" che con questa persona non c'è più nulla da fare può sempre sentire un secondo parere.
D'altra parte non mi sembra in discussione il "credere" che la terapia possa aiutarla: è già successo, no?
[#2]
"La delusione di tornare indietro dopo 4 anni di lavoro si trasforma in una paura immensa e dolorosa"
Gentile ragazza, non si torna mai indietro, il malessere che prova è certamente reale e angosciante, ma sicuramente diverso da quello di 4 anni fa.
E' probabile che stia attraversando un altro nodo problematico che deve necessariamente affrontare con la sua terapeuta.
E' forse dispiaciuta della fine del percorso? Ha forse paura di mettersi in gioco senza la terapeuta? C'è realmente qualcosa di importante che non è stato ancora affrontato?
Se fosse così sarebbe normale, è una questione di cui lei dovrebbe parlare.
La relazione con il proprio psicologo fa parte della terapia stessa, ma spesso molte persone interrompono il trattamento per paura di offendere il terapeuta.
Le fase che lei sta attraversando è certamente comune a molti, cerci di tranquillizzarsi.
Spero di esserle stata d'aiuto.
Un caro saluto.
Gentile ragazza, non si torna mai indietro, il malessere che prova è certamente reale e angosciante, ma sicuramente diverso da quello di 4 anni fa.
E' probabile che stia attraversando un altro nodo problematico che deve necessariamente affrontare con la sua terapeuta.
E' forse dispiaciuta della fine del percorso? Ha forse paura di mettersi in gioco senza la terapeuta? C'è realmente qualcosa di importante che non è stato ancora affrontato?
Se fosse così sarebbe normale, è una questione di cui lei dovrebbe parlare.
La relazione con il proprio psicologo fa parte della terapia stessa, ma spesso molte persone interrompono il trattamento per paura di offendere il terapeuta.
Le fase che lei sta attraversando è certamente comune a molti, cerci di tranquillizzarsi.
Spero di esserle stata d'aiuto.
Un caro saluto.
Dott.ssa Giselle Ferretti Psicologa Psicoterapeuta
www.giselleferretti.it
https://www.facebook.com/giselleferrettipsicologa?ref=hl
[#3]
Gentile ragazza, da ciò che dice nella sua terapia avete affrontato problemi nelle aree della personalità e del comportamento alimentare.
Avete anche affrontato l'aspetto relazionale? Attualmente, direbbe che la sua vita relazionale/affettiva è soddisfacente?
Cordiali saluti
Avete anche affrontato l'aspetto relazionale? Attualmente, direbbe che la sua vita relazionale/affettiva è soddisfacente?
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#4]
Utente
Cari Dottori,
grazie per le vostre risposte. Credo che coglierò il suggerimento e parlerò con la mia terapeuta della stessa paura che ho di aprirmi con lei, oltre che della paura della tempesta.
Credo sia in gioco anche il timore di deludere lei, che in un modo o nell'altro è diventato per me un riferimento e forse anche un modello "femminile" che mi mancava.. affrontare questo timore in fondo fa parte dello stesso processo di crescita che sto vivendo.
Circa l'aver "taciuto" qualcosa di importante, sto facendo molti sogni in cui lei mi "ipnotizza" e mi stimola a ricordare qualche cosa che ho rimosso, e a liberarmi. Non so se sia solo una fantasia o se in effetti io debba ancora tirar fuori qualcosa che a livello conscio mi sfugge.
Proverò a riflettere anche sull'eventualità che io sia dispiaciuta per la fine della terapia, e spaventata di volare da sola (cose entrambe assolutamente probabili!)..
Grazie ancora,
C.
grazie per le vostre risposte. Credo che coglierò il suggerimento e parlerò con la mia terapeuta della stessa paura che ho di aprirmi con lei, oltre che della paura della tempesta.
Credo sia in gioco anche il timore di deludere lei, che in un modo o nell'altro è diventato per me un riferimento e forse anche un modello "femminile" che mi mancava.. affrontare questo timore in fondo fa parte dello stesso processo di crescita che sto vivendo.
Circa l'aver "taciuto" qualcosa di importante, sto facendo molti sogni in cui lei mi "ipnotizza" e mi stimola a ricordare qualche cosa che ho rimosso, e a liberarmi. Non so se sia solo una fantasia o se in effetti io debba ancora tirar fuori qualcosa che a livello conscio mi sfugge.
Proverò a riflettere anche sull'eventualità che io sia dispiaciuta per la fine della terapia, e spaventata di volare da sola (cose entrambe assolutamente probabili!)..
Grazie ancora,
C.
[#5]
Utente
In risposta al dottor Santonocito (non avevo visto la Sua risposta nel momento in cui scrivevo la precedente), mi pare che le questioni che sono state affrontate in terapia relativamente alla personalità e al comportamento alimentare abbiano spontaneamente condotto ad affrontare questioni relazionali, che erano ad esse collegate.. la mia vita relazionale attualmente è soddisfacente per quel che riguarda l'aspetto sentimentale (sono finalmente riuscita ad aprirmi con un ragazzo con cui sto costruendo una storia molto importante da un anno e mezzo), ma non dal punto di vista delle amicizie: sono molto sola e la vita non sembra mettere sul mio percorso persone da cui io senta di poter imparare e con cui condividere.. qualcosa mi dice che forse sia la mia paura di confrontarmi a tenerle lontane! Comunque la ringrazio per la sua osservazione, perché in effetti mette in luce questo aspetto su cui probabilmente devo ancora lavorare molto-
[#6]
Sì, come ha ben visto le questioni relazionali sono collegate alle altre due aree, e il fatto che stia costruendo una storia con il suo ragazzo è una risorsa importantissima, e quindi deve continuare a coltivarla.
Se però sul versante amicizie le cose sono ancora meno che soddisfacenti, forse è proprio lì che bisogna lavorare. In fondo il confronto con gli altri è uno specchio di come vediamo noi stessi: saprà di aver risolto i suoi problemi quando si renderà conto che relazionarsi con gli altri sarà diventato più facile, meno problematico e più piacevole.
Cordiali saluti e molti auguri
Se però sul versante amicizie le cose sono ancora meno che soddisfacenti, forse è proprio lì che bisogna lavorare. In fondo il confronto con gli altri è uno specchio di come vediamo noi stessi: saprà di aver risolto i suoi problemi quando si renderà conto che relazionarsi con gli altri sarà diventato più facile, meno problematico e più piacevole.
Cordiali saluti e molti auguri
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 4.7k visite dal 13/04/2010.
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