Dipendenza da cocaina

Buongiorno, mi trovo in una situazione in cui davvero non so come comportarmi.

Circa un anno fa mi sono accorta che mio marito, 35enne abusava di stupefacenti, perlopiù cocaina, devo ammettere che forse litigando continuamente per questa cosa (soprattutto per le bugie e la situazione economica in cui ha messo anche me) non gli sono stata molto utile ma davanti ad un suo rifiuto nell'ammettere la serietà del problema, di fronte ad uno stretto rapporto con suo fratello tossicodipendente da eroina, di fronte alle mille bugie e alle mille promesse di smettere mai mantenute mi è stato difficile trovare il giusto comportamento da assumere.

Se non fosse che circa un mese fa, in preda a "ingiustificate" tachicardie ci siamo recati al pronto soccorso e ci hanno detto che il cervello, dopo essere stato sottoposto all'uso costante di cocaina per diversi mesi, ha iniziato a dare gli impulsi sbagliati al cuore.

Mio marito si è molto spaventato e ha completamente smesso l'uso di qualunque cosa, ha persino dimezzato le sigarette. Il problema sembrava "risolto" se non fosse che è subentrata una brutta depressione che l'ha portato ad aver paura di uscire di casa (se non fosse per me che con la scusa di commissioni lo trascino in giro non metterebbe piede fuori casa), paura di guidare con la pioggia, paura della gente.

Infatti è già la fine della 4° settimana di mutua che fa. Ora non so se la "carenza" da cocaina possa averlo portato a questo, sta di fatto che si rifiuta di rivolgersi ad un centro di tossicodipendenza (un sert l'ha chiamato il suo medico), dove sicuramente troveremmo dei medici competenti che potrebbero aiutarlo a scavarsi dentro.

E' anche vero che quando è stato male suo fratello si è defilato, con la scusa di sentirsi in colpa non è venuto mai a trovarlo e gli ha fatto una telefonata dopo 3 settimane. Oltretutto stiamo cercando una gravidanza che non arriva da 3 anni e parte del problema deriva dalla qualità del suo sperma.

Quando è con me sembra che si riprenda, cerco di farlo ridere e giocare, d'altronde siamo una coppia di giovani sposi, poi nei momenti che meno mi immagino sembrano crearsi una montagna di problemi come un'assenza ingiustificata da lavoro, perchè pioveva e non si sentiva di guidare....non so se essere un pò più dura e spingerlo verso il sert, o cercare con l'amore e la pazienza di fargli tornare quella voglia di vivere sereno che ha sempre avuto.

Purtroppo io vengo anche da una situazione familiare in cui mia mamma, trovandosi vedova a 50 anni con 5 figli in casa è stata ricoverata in clinica psichiatrica per mesi e io mi sono sobbarcata la situazione. Sono quindi molto restia a qualunque formula medicinale perchè l'esperienza mi ha insegnato che senza forza di volonta per uscirne è solo un anestetico che ammortizza un pò il problema, non è la soluzione.

Mi scuso per essermi dilungata tanto, chissà forse avevo anche io un pò bisogno di parlare con qualcuno che mi capisse un pò meglio. i miei più cordiali saluti federica

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Dr. Vincenzo Menniti Psichiatra 126 2
Gentile utente,molto spesso all'uso di sostanze è sotteso un quadro di sofferenza psichica molto complesso, per risolvere il quale il soggetto ricorre all'uso delle sostanze stesse. Nel caso di suo marito mi sembra di intravedere sintomi depressivi e di ansia per i quali solo un buon psichiatra può esservi d'aiuto.E' opportuno, come lei ribadisce, stare vicino a suo marito, dargli il suo amore, ma purtroppo non basta. La depressione è proprio la malattia della volontà!Come può una persona continuare a svolgere le proprie mansioni, il proprio lavoro se è la volontà ad essere annullata? E' come se dicesse ad uno zoppo di metterci buona volontà a camminar bene...con tutti i suoi sforzi non ci riuscirà!Posso comprendere l'esperienza di sua madre, ma non può fare di tutta l'erba un fascio.Deve poi considerare l'effetto delle sostanze sul sistema nervoso e come la brusca sospenzione abbia potuto determinare queste alterazioni del tono dell'umore.
Se suo marito dovesse essere reticente a rivolgersi presso un Sert, la soluzione più adeguata è quella di farlo seguire da un buon psichiatra.

I miei migliori auguri.

Dott. Vincenzo Menniti

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Dr.ssa Chiara Cimbro Psicologo, Psicoterapeuta 124 3
Gentile utente,
sono d'accordo con il parere espresso precedentemente dal collega.
In una situazione come quella da lei descritta o vi rivolgete ad un servizio territoriale come il Sert, oppure intraprendete la via privata con uno specilialista che possa prendere in carico il vostro caso.

Purtroppo il tempo da solo non è una variabile in grado di modificare in meglio questa condizione.

In questo momento è soprattutto lei che ha in mano le redini della situazione e che può intervenire in modo decisivo.

I migliori auguri, cordialmente,
Dr. Chiara Cimbro.

Dott.ssa Chiara Cimbro
Psicologa Psicoterapeuta

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Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187
Gentile Utente,
secondo me in questo momento si potrebbe abbandonare momentaneamente l'ipotesi del sert: primo perchè tanto suo marito ci andrebbe non volentieri, rischiando di compromettere la stessa cura; opterei invece per la via privata, e la situazione ottimale sarebbe quella di farsi seguire da due specialisti, ovvero uno psichiatra ed uno psicologo.

non escluderei anche un terzo fattore complementare ai precedenti, ovvero frequentare i gruppi di auto-aiuto. Al sert ci si può rivolgere anche successivamente

il senso della cura sarà quello di aiutare entrambi (lei e il marito) a gestire questo periodo difficile, soprattutto laddove vi sia la progettualità filiale, per questo è necessario pensare ad un team di esperti

Cordialmente

Daniel Bulla

dbulla@libero.it