Io e il mondo

Gentili dottori,

sono uno studente universitario di 22 anni, cresciuto in un contesto familiare molto felice.
Il mio problema: sono timido da sempre. Quella che viene scambiata da alcuni adulti per delicatezza, educazione e signorile flemma, in realtà è un demone dal quale vorrei liberarmi.

I miei blocchi riguardano soprattutto la sfera emozionale: non riesco a lasciarmi andare e appaio spesso "ingessato" e freddo, quando invece sono dotato di un parco emotivo ricco e profondo. Questa maschera si è costruita, col tempo, come reazione ad una certa insicurezza nei miei mezzi umani, che mi caratterizza tutt'oggi. Mi rendo conto, inoltre, di essermi nutrito per anni di bugiardi stereotipi volti a farmi apparire, ai miei stessi occhi, come un'anima delicata in un mondo di - scusate la parola - "stronzi".

Essere osservato mentre svolgo azioni nelle quali non mi sento ferrato mi mette a disagio, compromettendo spesso l'esito della prestazione. Ad esempio, se sto giocando a calcio o a biliardo con amici e si avvicinano degli spettatori, il momento di piacere diventa un supplizio psicologico dal quale voglio uscire al più presto.

Il capitolo più dolente e quello che si ripercuote con maggiore intensità sulla qualità della mia vita, sono i rapporti con l'altro sesso. Il timore del giudizio, il mio sentirmi inadeguato, la paura di apparire noioso o eccentrico mi fanno desistere da qualsiasi tentativo di approccio.
Non ho una vita sessuale e sentimentale e ciò, come è ovvio che sia a 22 anni, mi rende malinconico, nervoso, pigro e pessimista. Anche il mio rendimento negli studi e la mia vitalità ne risentono notevolmente.

Comunque, sono seriamente intenzionato ad affrontare un percorso di psicoterapia. Non so però su che tipologia orientarmi: cognitiva? psicodinamica? di gruppo? singola?

Spero sappiate illumarmi!

Grazie.
[#1]
Dr.ssa Cecilia Sighinolfi Psicologo, Psicoterapeuta 480 24
Gentile ragazzo,
posso comprendere la tua sofferenza: da quanto racconti la tua situazione sta influenzando notevolmente la tua vita quotidiana, nello studio, nelle relazioni sociali, nel tuo rapporto con te stesso.
Condivido quindi la tua decisione di consultare personalmente uno psicologo/psicoterapeuta per una valutazione e per un eventuale percorso adeguato. Per quanto riguarda la scelta del tipo di orientamento posso dirti che per i disturbi d'ansia (con tutti i limiti di questo contesto, il timore del giudizio negativo, il tuo sentirti inadeguato, la compromissione dell'esito delle prestazioni farebbero pensare ad una fobia sociale) la terapia cognitivo-comportamentale si è dimostrata efficace ed efficiente.
Se vuoi farti un'idea puoi provare a cercare tra i terapeuti di questo sito
https://www.medicitalia.it/medici-specialisti-regione/lazio/
oppure su questo sito di terapeuti cognitivo-comportamentali:
http://www.aiamc.it/annuariosoci2009.htm

In bocca al lupo!

Dr.ssa Cecilia Sighinolfi
Psicologa e Psicoterapeuta
cecilia_sighinolfi@yahoo.it

[#2]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Gentile dottoressa,

anzitutto grazie mille per il parere.

La mia esitazione circa il professionista da contattare è motivata dal fatto che, spulciando un po' il web in merito a questo argomento, mi è sembrato di capire che ogni scuola di pensiero "tiri acqua al suo mulino", dando vita ad un quadro assai disorientante per l'utenza.

Ho sentito dire che di primaria importanza è il rapporto che si stabilisce con il terapeuta, insomma deve esserci feeling. Ciò significa andare un po' a "naso"? Si vede subito se un terapeuta fa al caso nostro? O, invece, bisogna aspettare l'inizio della terapia per giudicare?

Le rivolgo queste domande perchè vorrei evitar di incappare in qualcuno che mi spilli quattrini e basta..
[#3]
Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220
(..)Ho sentito dire che di primaria importanza è il rapporto che si stabilisce con il terapeuta, insomma deve esserci feeling (..)

infatti è così, qualsiasi orientamento abbia il terapeuta se questi non le da fiducia ogni sua tecnica sarebbe inficiata.
in genere la sensazione di fiducia viene percepita subito ed il più delle volte da ragionamenti personalissimi che non hanno nulla a che fare con la realtà dei fatti.
Anche una prescrizione farmacologica sarà accettata o meno sulla base di un senso di fiducia che lo psichiatra infonde.
saluti

Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks

[#4]
Dr.ssa Cecilia Sighinolfi Psicologo, Psicoterapeuta 480 24
Gentile ragazzo,
posso comprendere le sue perplessità.
Se da una parte è vero che l'alleanza terapeutica è indispensabile per ottenere dei risultati in un percorso terapeutico è anche vero che alcuni approcci si sono dimostrati più efficaci ed efficienti di altri nel trattamento di alcuni disturbi (come ad es. la terapia cognitivo-comportamentale, specie se in associazione alla farmacoterapia per i disturbi d'ansia: http://www.nimh.nih.gov/health/publications/anxiety-disorders/treatment-of-anxiety-disorders.shtml).
Provi a contattare alcuni professionisti telefonicamente e inizi a farsi un'idea di cosa le infonde fiducia. Ricordi comunque che è sempre importante parlare direttamente con il professionista di tutti i dubbi o le preplessità che si hanno anche e sopratutto in riferimento ad una mancanza di fiducia o di comprensione. Anche questo è un modo per costruire l'alleanza terapeutica.
Vedrà che riuscirà a trovare la sua strada.
Cordialmente
[#5]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Grazie mille per le risposte! Speriamo di uscirne..
[#6]
Dr.ssa Cecilia Sighinolfi Psicologo, Psicoterapeuta 480 24
Non perda le speranze mi raccomando. Grazie per averci scritto.
In bocca al lupo per il suo percorso.

[#7]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
>>> Mi rendo conto, inoltre, di essermi nutrito per anni di bugiardi stereotipi volti a farmi apparire, ai miei stessi occhi, come un'anima delicata in un mondo di - scusate la parola - "stronzi".
>>>

Gentile ragazzo, mi pare che quest'acquisizione sia già un buon punto di partenza. Capire non tanto i perché reconditi del proprio problema, cosa che spesso serve a poco, ma alcuni aspetti del suo funzionamento attuale può essere un primo passo importante.

Riguardo alla scelta del terapeuta è come dice lei: c'è molta variabilità non solo fra orientamento e orientamento, ma anche fra professionisti dello stesso orientamento. Quindi la cosa migliore, quando non si hanno riferimenti da parte di amici o parenti, è cercare di formarsi un'idea da soli.

Può leggere quest'articolo per sapere cosa aspettarsi e cosa chiedere a un terapeuta:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/

Può fare come le consigliava la collega, ovvero fare delle telefonate, parlare direttamente con più professionisti, presentare sinteticamente il suo problema e chiedere se sono in grado di aiutarla. Dalle risposte che riceverà potrà formarsi una prima impressione, sulla quale basare una scelta.

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#8]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Gentile Dottor Santonocito,

grazie mille per la sua opinione. Ho letto l'articolo che mi ha segnalato, molto interessante.

[#9]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Prego,

Cordiali saluti
[#10]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Girando su internet ho visto che, secondo alcune fonti del settore, per i problemi legati alla sfera relazionale sono indicate le terapie di gruppo... è vero?
[#11]
Dr.ssa Cecilia Sighinolfi Psicologo, Psicoterapeuta 480 24
Gentile ragazzo,
Credo che prima di intraprendere un determinato percorso terapeutico sia necessario inquadrare approfonditamente il suo disagio, fare una diagnosi e poi stabilire l'eventuale percorso. E' possibile effettuate incontri di gruppo su determinati argomenti specifici (ad es. sull'assertivita') parallelamente (o successivamente) ad una terapia individuale ma non e' possibile stabilire e priori se questa possa essere la scelta adeguata al suo caso.
Non rimandi oltre e provi a rivolgersi direttamente ad un terapeuta poi valuterete insieme le varie possibilitá.
Un saluto

[#12]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile ragazzo,
aggiungo solo una considerazione a quanto è già stato sottolineato dai colleghi riguardo alla sua domanda sulla terapia di gruppo. Anzi una mia perplessità: forse per il fatto che da sempre ha avuto difficoltà relazionali nel senso che se qualcuno durante una partita di calcio la osserva le fa passare un brutto momento, un supplizio psicologico, sarebbe meglio iniziare con un percorso individuale, per comprendere le ragioni del suo dover apparire in un determinato modo.
Le occasioni poi per relazionarsi Le verranno offerte dalla vita anche fuori dal setting.

In bocca al lupo per il suo percorso

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#13]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Gentile Dottoressa Sighinolfi,

ho consultato la lista di psicoterapeuti da Lei indicatami per iniziare a farmi un'idea, ma - forse mi sbaglio - non mi pare che tutti i professionisti riportati siano di orientamento cognitivo-comportamentale.
Ho visto cose del tipo tipo: "orientamento rogersiano"... a meno che non si tratti sempre di cognitivo-comportamentale...

Inoltre ho visto che alcuni sembra si occupino di cose specifiche (ad es. Età evolutiva, coppia)... avrebbero comunque le capacità di trattare il mio caso?

Scusi per i tanti dubbi, ma vorrei evitare di perdere tempo con consulti che non mi portino a nulla.

Un ringraziamento anticipato.
[#14]
Dr.ssa Cecilia Sighinolfi Psicologo, Psicoterapeuta 480 24
Gentile ragazzo,
Comprendo le sue preoccupazioni.
Il sito che le ho indicato e' di un'associazione (Aiamc) di terapeuti cognitivo-comportamentali, ovvero sono tutti psicoterapeuti che hanno completato una specializzazione quadriennale in terapia cognitivo-comportamentale. E' comunque possibile che qualcuno abbia anche altre specializzazioni ( da qui la specifica di un diverso orientamento). Se ha trovato indicazioni specifiche a fianco dei nominativi come ad es. il caso dell'eta' evolutiva e' possibile che questo terapeuta in particolare non si occupi di adulti, ma non e' detto. Per questo ritengo che per fugare ogni possibile dubbio la soluzione migliore sarebbe che lei provasse a contattare telefonicamente alcuni terapeuti chiedendo loro se si occupano di adulti, del trattamento di quali disturbi in particolare ecc. Così potra' farsi un'idea iniziale anche di chi si trovera' di fronte.
L'importante e' "rompere il ghiaccio" e iniziare con i primi contatti.
In bocca al lupo.
[#15]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Grazie!
[#16]
Dr.ssa Cecilia Sighinolfi Psicologo, Psicoterapeuta 480 24
Di nulla!
Un saluto e auguri per il suo percorso.
[#17]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Ieri ho avuto il primo incontro con uno psicoterapeuta dei vari che ho in mente di contattare...

Mi ha fatto un'impressione - direi - "ambivalente": E' giovanissimo, lo vedevo disposto ad ascoltare e molto attento, "volenteroso" insomma.. Ma non molto sicuro di sè... non parlo a livello professionale, ma proprio a livello personale.

Poi l'ambiente era poco "intimo", l'assenza di mobilio creava una sonorizzazione che mal si sposa con la sensazione di privacy che mi aspettavo nello studio di un terapeuta.

Infine, una cosa mi ha da subito colpito (in negativo): l'uso del "TU". Non che lo reputi offensivo (anzi), ma forse non è molto adatto al tipo di relazione che mi mi sentirei di instaurare con uno psicoterapeuta... insomma, quasi mi sembrava di parlare con un amico... il che, se vogliamo, mi creava ancora più imbarazzo...

Vi domando: è da queste "cavolate" che si sceglie il professionista adatto???
[#18]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Le sue osservazioni meritano certamente uno spazio e una risposta, anche a beneficio di altri lettori che possono chiedersi lo stesso tipo di domanda.

Il professionista adatto si sceglie da un insieme di fattori, alcuni apparentemente minori, ma che nel complesso contribuiscono a crearci un'impressione favorevole o non così favorevole. Questi fattori sono grosso modo sempre gli stessi, ma alcuni possono avere rilevanza maggiore o minore a seconda del paziente/cliente.

Se nel suo caso quegli aspetti sono tali da farla sentire a disagio, sarebbe controproducente far finta che non esistano. Quindi può fare due cose: o parlarne apertamente con il terapeuta, che dovrà saper utilizzare in modo produttivo le sue osservazioni, oppure cambiare terapeuta.

Veda anche l'articolo che le avevo già indicato, più eventualmente quest'altro:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/374-sull-efficacia-della-psicoterapia-parte-ii.html

Cordiali saluti
[#19]
Dr.ssa Cecilia Sighinolfi Psicologo, Psicoterapeuta 480 24
Gentile ragazzo,
Innanzitutto mi fa piacere sapere che abbia fatto un passo importante come quello di contattare un terapeuta e di recarsi all'appuntamento. Ne sono felice.
Venendo poi al suo quesito, posso dirle che la prima impressione "a pelle" e' sicuramente importante: se non si e' sentito a proprio agio o se non crede sia la persona giusta per lei non e' certo una sensazione trascurabile. Ora però la decisione spetta a lei: se crede che una volta non sia sufficiente per farsi un'idea accurata della persona e che per questo possa esserci un margine di miglioramento, continui con lui e parli apertamente delle sue sensazioni. Se invece non crede di poter superare questa prima impressione non troppo positiva faccia un altro tentativo con un altro professionista.
In ogni caso si ricordi che una buona alleanza terapeutica si costruisce, nel tempo, anche affrontando i disagi o le perplessita' che nutre nei confronti del terapeuta/della terapia. Se questi diventano "non detti" ostacolano il percorso terapeutico.
In bocca al lupo e mi raccomando non demorda.
[#20]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Gentili dottori,

anzitutto grazie mille per l'attenzione che, ancora una volta, mi dedicate.

Per adesso, con il dottore siamo rimasti che l'avrei richiamato, poichè intenzionato a "sentire più campane": ho infatti sotto mano un nutrito elenco di professionisti da contattare e ho già preso un appuntamento con un'altra dottoressa per Martedì.

Riguardo all'opportunità di parlare al terapeuta degli aspetti che non mi mettono a mio agio, mi rendo conto che questa mia "reticenza" è parte dello stesso problema per cui ho deciso di rivolgermi al professionista. Quando mi ha chiesto "Problemi se ci diamo del tu?" non solo sono rimasto basito (poichè non me l'aspettavo), ma ho pensato che dirgli "Sì, ci sono problemi" potesse apparire sgarbato a fronte di un suo evidente tentativo (forse messo in pratica nella maniera errata) di creare un clima disteso ed empatico.

Mi rendo però anche conto che, con uno psicoterapeuta, le mie "barriere caratteriali" dovrebbero venire a cadere... cercherò di impormi una maggiore sincerità con i prossimi.

Un'altro dubbio: quanto contano età e sesso del terapeuta? Se da una parte il giovane potrebbe comprendere meglio le mie dinamiche mentali per ovvii motivi di vicinanza d'età, è anche vero che il "veterano" potrebbe avere più esperienza da mettere in campo. E' forse per questo che, nella scelta, mi viene ora da privilegiare i terapisti di mezza età (cerco i loro dati anagrafici sull'albo).

Stesso discorso per il sesso. Un maschio - forse - si cala meglio nella mente di un altro maschio e con una donna - probabilmente - proverei maggiore imbarazzo nel parlare di alcuni argomenti (senza contare che è proprio il giudizio del sesso femminile ad essere maggiormente catastrofizzato nei miei schemi di pensiero).

Si tratta di divagazioni dettate dalla confusione del momento o questi fattori possono effettivamente incidere sul rapporto fra terapeuta e paziente?
[#21]
Dr.ssa Cecilia Sighinolfi Psicologo, Psicoterapeuta 480 24
Gentile ragazzo,
Comprendo tutte le perplessita' e i dubbi che animano la sua mente in questo momento di scelta. La mia impressione e' che lei stia cercando certezze prima di decidere a chi affidarsi e questo e' umano anche se difficilmente avra' la sicurezza assoluta di aver fatto la scelta giusta, almeno nei primi incontri. D'altra parte ogni scelta comporta una certa dose di incertezza e la conseguente capacità di tollerare questa incertezza. Quello che potrebbe mettere in conto e' la possibilitá di costruire una relazione anche con una certa dose di fatica. Mi spiego, se lei ha difficolta' a confrontarsi con le donne forse la scelta di una terapeuta potrebbe essere parte del percorso terapeutico. D'altra parte confrontarsi ora con una terapeuta donna potrebbe essere per lei piu' difficile proprio per la paura dei giudizi da parte del genere femminile.
Continui nei suoi colloqui di valutazione e poi tragga le sue conclusioni sia sulla base delle sue sensazioni sia riflettendo sulla possibile "utilita'" delle caratteritiche stesse del terapeuta rispetto alle sue problematiche.
Magari potra' affrontare questi dubbi direttamente con il prossimo terapeuta con cui avra' appuntamento.
Un saluto.
[#22]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Gentile Dottoressa,

grazie per la risposta. Effettivamente, alla possibilità che la scelta di un terapeuta donna possa rappresentare un ulteriore "sprone", ci ho pensato... alla fine si tratterebbe di superare un iniziale imbarazzo un po' più forte... d'altra parte il prossimo terapeuta con il quale mi incontrerò è proprio una Dottoressa. Chissà che non mi senta, paradossalmente, a mio agio.. Vedremo.

Ottima l'idea di parlare dei dubbi legati alla persona del terapeuta al prossimo consulto. Mi ha dato un ottimo spunto.

La verità è che forse devo liberarmi dal timore di essere "raggirato". Ho infatti paura che, mostrandomi dubbioso e titubante, possa dare la possiblità - a chi ne abbia l'intenzione - di darmi false rassicurazioni e di "fregarmi". Questa forma di "difesa" l'ho acquisita per via di esperienze pessime maturate con i medici, alcuni dei quali - in passato - mi sebravano più interessati al soldo che non alla mia salute.

D'accordo, il terapeuta non indossa il càmice, ma svolge un ruolo simile: lui sa (e quindi ha potere), tu (paziente) non sai (e quindi non hai potere). Si tratta di una relazione subordinata, dove il paziente si "affida" quasi alla cieca all'esperto.. con tutto ciò che ne consegue.

L'unica è buttarsi, alla fine, con il rischio di buttare via anche qualche soldo... ma mi sa che è l'unica via.

Grazie ancora e al prossimo aggiornamento!
[#23]
Dr.ssa Cecilia Sighinolfi Psicologo, Psicoterapeuta 480 24
Questa e' la giusta motivazione! In fondo finché non prova a "buttarsi" non potra' trovare ne' conferme ne' disconferme ai suoi dubbi con l'unica spiacevole conseguenza di rimanere con i suoi timori!
Ci tenga aggiornati e "si butti" in questa esperienza.
Un saluto
[#24]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Gentili Dottori,

Stamattina ho avuto il mio terzo colloquio con uno dei professionisti che avevo in mente di sentire.
Non vi nascondo che mi trovo ancora sotto l'effetto di una positiva eccitazione.

La nostra chiacchierata è andata a gonfie vele, ho ricevuto un'ottima impressione e il terapeuta è stato in grado di farmi sentire a mio agio quasi da subito.

La cosa che mi ha colpito di più, tuttavia, è come lui sia riuscito - incredibilmente - ad arrivare subito al nocciolo del problema, a far cadere tutte le mie barriere, a mettermi nella condizione di tirare fuori tutto quello che avevo dentro come mai nessuno fin'ora - nemmeno i terapeuti precedentemente consultati - era stato in grado di fare.

La sensazione di "scarico" è stata talmente forte che non sono riuscito a trattenere le lacrime e ho pianto. Non si è trattato di un pianto di disperazione o di gioia, ma di un vero e proprio pianto di liberazione.

Per la prima volta nella mia vita sono riuscito a mostrare ad un altro essere umano il vero "me stesso", proprio quel "me stesso" con il quale mi confronto giornalmente nell'intimità delle mie riflessioni e che non ho mai mostrato agli altri, con tutte le sue paure e la sua umana fragilità.

Sono uscito dallo studio del terapeuta con una magnifica ed indescrivibile sensazione di leggerezza, come se mi fossi liberato da una zavorra. Mi sentivo leggero e anche un po' intontito, mentre tornavo da dove ero venuto. E, cosa che mi ha lasciato positivamente scosso, la realtà attorno a me aveva qualcosa di nuovo.

La cosa incredibile è che sono bastate poche parole pronunciate dal professionista, poche osservazioni da lui fatte circa il mio modo di interagire col mondo esterno, per provocare tutto ciò!
Ad un certo punto del colloquio ho proprio avuto l'impressione che mi stesse leggendo nella mente, quando ha "indovinato" alcune mie modalità relazionali delle quali non gli avevo minimamente parlato!

Insomma, è stato un colloquio molto intenso, dal quale ho potuto trarre numerose sensazioni positive e che mi ha messo addosso un'eccitata curiosità verso me stesso.

Il dottore mi ha detto che secondo lui posseggo delle grandi risorse e che devo iniziare ad esternarle (che poi è il dramma degli introversi: avere molto ma tenere tutto dentro di sè). Per fare questo, devo liberarmi dagli schemi mentali che mi fanno vedere la vita come una continua performance, nei confronti della quale devo dimostrare sempre di "essere all'altezza".

Io credo che oggi sia successo qualcosa di importante per me; che sia stata posta una "prima pietra", una base su cui lavorare che - spero - possa portarmi, in futuro, a vivere finalmente una vita piena.
[#25]
Dr.ssa Cecilia Sighinolfi Psicologo, Psicoterapeuta 480 24
Che bella notizia! La ringrazio per averci resi partecipi di questa sua esperienza. Sono lieta che abbia finalmente trovato il "suo" terapeuta. Ha ragione quando afferma che oggi e' successo qualcosa di importante ed e' fondamentale questo suo riconoscimento. Continui su questa strada e se vuole ci tenga aggiornati.
Un Caro saluto
[#26]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Gentile Dottoressa,

ho ritenuto opportuno rendervi partecipi di tutto ciò perchè penso possa rappresentare un simbolico ringraziamento per le utili indicazioni che mi avete fornito e il tempo che mi avete gentilmente concesso.

Speriamo che le cose continuino positivamente così come sono iniziate, anche se non vi nascondo che - frammisto all'eccitazione - si fa strada in me anche un certo timore del nuovo; sento infatti che tutto ciò mi porterà, presto, a dovermi mettere in gioco. Credo però che sarò in grado di vincere questo timore, perchè la motivazione da parte mia è veramente forte.

Vi terrò aggiornati.

Un caro saluto.


[#27]
Dr.ssa Cecilia Sighinolfi Psicologo, Psicoterapeuta 480 24
Gentile ragazzo,
Sapere che ha trovato la sua strada rappresenta senza dubbio per noi una splendida forma di ringraziamento. Tuttavia credo debba ringraziare anche e soprattutto se stesso per la tenacia con cui ha affrontato i primi "ostacoli" della sua ricerca. E' molto bello vedere la sua motivazione per questo nuovo percorso e questa rappresenta sicuramente un ottimo aiuto per superare i possibili momenti di timore o sconforto che potrebbero (ma non e' detto) presentarsi sulla sua strada.
Attendiamo nuovi aggiornamento augurandole che possano essere positivi come questo.
Un saluto
[#28]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Gentili Dottori,

Ben ritrovati. Torno a scrivervi dopo oramai 4 mesi dall'inizio della psicoterapia.

Io non mi aspettavo (e non mi aspetto) di certo bacchette magiche, tuttavia credo che il tempo trascorso sia oramai sufficiente per trarre un primo bilancio della cosa.

Il mio percorso personale sembra essere iniziato sotto i migliori auspici: mi sono trovato a mio agio con il terapeuta e ci sono stati da subito i primi miglioramenti (per chi non si ricorda, basta leggere qualche post sopra).

Il fatto è che, dopo questa partenza "col vento in poppa", mi sembra di essere entrato in una fastidiosa fase di "stallo". Non riesco a impegnarmi nei pochi compiti assegnatimi dal terapeuta e l'entusiasmo iniziale sembra essere venuto meno.

Mi rendo conto, inoltre, di non essere ancora riuscito ad aprirmi totalmente con lui.
Ci sono alcuni aspetti ed avvenimenti della mia infanzia che sento essere importanti, ma che non riesco minimamente ad esternare, per imbarazzo!

Il terapeuta deve averlo fiutato e nell'ultima seduta - molto coinvolgente dal punto di vista emotivo - mi ha detto che, seppur con i miei tempi, mi sto "concedendo" sempre di più ogni volta... e forse è vero, dato che ci siamo avvicinati molto all'ambito di appartenenza di questi aspetti che devo ancora rivelare.

Sempre nell'ultima seduta, poi, ho mentito circa un dittaglio della mia vita... sempre per vergogna.
Il problema è che, uscito dallo studio, mi è preso un senso di colpa che mi sta ancora tormentando!! Mi sento in colpa verso il terapeuta, che - bene o male - è per me una figura di riferimento e anche verso me stesso: sento che se continuo così rovinerò tutto!!

Queste cogitazioni, sommandosi alla situazione che mi ha portato in terapia e ad altri dubbi legati al mio futuro (che fare dopo la laurea ecc.), mi hanno reso - negli ultimi giorni - triste, arrabbiato e maledettamente apatico (sono 3 giorni che non studio e che sto "sulle mie").

Sono confuso e pure tanto preoccupato... ancora una volta, mi ritrovo a lottare - praticamente - contro me stesso...

Ho deciso di scrivervi per sottoporvi la cosa e avere qualche consiglio/conforto... lo so che devo parlarne assolutamente col terapeuta.. ma è normale che succeda questo in terapia?? Non si dovrebbe stare progressivamente meglio?

La cosa che più temo è che non si sia in verità instaurato quel giusto "feeling" tanto necessario per la buona riuscita della terapia!!

Vi ringrazio.
[#29]
Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
Gent.le utente,
credo che lei stia vivendo un conflitto tra due tendenze opposte: l'imbarazzo che la indurrebbe a tacere e il desiderio di condividere ciò che ha taciuto al terapeuta, questo ha creato una situazione di stallo che sta bloccando il processo di cambiamento.
Si conceda il permesso di parlare al suo terapeuta di questa difficoltà e gli chieda di aiutarla a favorire un processo di autorivelazione perché di questo lei ora sente il bisogno.
La psicoterapia non è un percorso lineare e in discesa ci possono essere curve e piccoli avvallamenti o se preferisce nodi da sciogliere ed è compito del terapeuta accompagnarla in questo percorso creando le condizioni favorevoli alla sua crescita personale.
In bocca al lupo

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

[#30]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Gentile Dott.ssa Camplone,

la ringrazio per la risposta. Sento di dover condividere col terapeuta alcuni fatti e pensieri, ma al contempo è come se temessi che la rivelazione di questi possa comportare il fatto che la mia immagine (e quella di altre persone coinvolte nei fatti) ne esca "rovinata"!

Purtroppo mi sto accorgendo che, sebbene sia riuscito a rivelare cose che non ho mai detto a nessuno, anche con il terapeuta vado inevitabilmente a riproporre lo schema che utilizzo in generale nelle mie relazioni: estrema riservatezza e un'attenzione maniacale al giudizio altrui!

Inoltre ho letto che se, in terapia, viene da nascondere fatti o da dire bugie, le probabilità di riuscita della stessa sono assai scarse!
Questa cosa mi ha fatto preoccupare tantissimo, perchè vedo il mio terapeuta come l'unica persona che può aiutarmi e tirarmi fuori dai casini... e quindi mi viene da pensare: "se non riesco ad essere sincero al 100% nemmeno con lui, sono destinato a rimanere con i miei problemi!".

L'eventualità, poi, che non si riesca a creare la relazione terapeutica e che debba riniziare da capo con un altro specialista, mi scoraggia tantissimo...

Sono consapevole del fatto che alla prossima seduta queste incertezze DOVRANNO venir fuori e la cosa mi fà un po' di paura...

Qualche domanda: E' normale essere ancora reticenti dopo 4 mesi o vuol dire che qualcosa non và? Una fase di "stallo" (seppur dopo un inizio entusiasmante) è normale in terapia? Oppure è indice del fatto che qualcosa, alla base, non stia funzionando? Dopo 4 mesi dovrebbero vedersi già miglioramenti consistenti?

Grazie ancora.
[#31]
Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
Un buon terapeuta dovrebbe avere un atteggiamento non giudicante, lei quando ha rivelato qualcosa di sè si è sentito giudicato?
La psicoterapia è un contesto nel quale lei ha la possibilità di sperimentare quelle modalità relazionali che le consentono di essere sé stesso, io credo che più che dal giudizio degli altri lei sia pesantemente condizionato da quello del suo "giudice interiore".
Se lei sente che c'è una fase di stallo ne parli tranquillamente con il terapeuta, non vuol dire che la terapia no sta funzionando ma solo che il processo si è "incagliato", in questo caso per la sua difficoltà a condividere alcune cose con il terapeuta.
Non ci sono regole fisse sui tempi in psicoterapia, solitamente all'inizio si stabiliscono degli obiettivi e ogni 3/6 mesi si fa insieme il punto della situazione.
Se lei sente il desiderio di fare un primo bilancio del percorso fatto finora si senta libero di comunicare questa sua esigenza al terapeuta.
Infine provi a chiedersi se la sua reticenza è legata al bisogno di approvazione da parte del suo terapeuta ( cosa che accade quasi sempre in terapia) perché potrebbe essere un altro aspetto da approfondire.
Spero di esserle stata utile con le mie risposte.
[#32]
Attivo dal 2010 al 2010
Ex utente
Gentile dottoressa,

direi che si tratta proprio di un bisogno di approvazione da parte del terapeuta! E' indice di qualcosa?

Riguardo all'atteggiamento del dottore: non mi pare sia mai stato giudicante, anzi.
Nelle prime sedute, mi pare, si faceva "prendere" un po' di più da quello che gli dicevo... diciamo che adesso lo vedo, tendenzialmente, un po' più distante.. come se prendesse le cose un po' "sotto gamba", a volte in maniera scherzosa.

Fin dalla prima seduta mi è sembrato molto sicuro di sè; mi fece intendere che il lavoro necessario da fare non sarebbe stato molto lungo... insomma, con mio grande stupore (e contentezza), mi presentò la cosa in maniera molto positiva.

Quello che non c'è stato, è la formulazione di un vero e proprio "contratto terapeutico"... il dottore ha sempre parlato di "direzione" più che di "obbiettivo".

Non so cosa pensare..



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