Disturbo di personalità dipendente e ansia
Salve, sono un ragazzo di 39 anni.
Da circa 9 mesi sono in cura da una psicoterapeuta per disturbi d'ansia, fobia sociale, inoltre mi è stato anche diagnosticato un disturbo di personalità dipendente probabile causa scatenante dell'ansia.
I problemi di fondo sono dunque quelli della eccessiva dipendenza del giudizio degli altri, di pensare non con la propia testa ma con quella degli altri, di non saper riconoscere le propie emozioni, la non esistenza quindi di un equilibrio tra la sfera emotiva e quella razionale, con il solo uso predominante di quella razionale, l'incapacità di dire quello che uno pensa veramente senza condizionamenti.Nel cosidetto SEPA: situazione->emozione->pensiero->azione ,nel mio caso a detta della psicologa, alla situazione-emozione-pensiero non segue una adeguata azione il chè col tempo e con gli anni come una pentola a pressione ha portato allo scoppio finale sfociato in ansia.
Dunque, dopo 9 mesi di terapia diciamo che ci sono stati dei miglioramenti sulla mia personalità riscontrabili anche da altre persone ma purtroppo il problema è il persistere dell'ansia e la cosa che mi preoccupa è che ultimamente è anche accompagnata da fenomeni di derealizzazione/depersonalizzazione. La mia psicologa mi dice che il problema del persistere dell'ansia è dovuto al fatto che io continuo a concentrarmi su i sintomi dell'ansia invece di concentrarmi sui i pensieri che precedono l'ansia e di lavorare su questi ultimi, mostrando quindi a volte poca fiducia nella psicoterapia che sto sostenendo.
Ho fatto anche una visita neurologica e mi hanno prescritto l'entact (mezza compressa), ma ho rifiutato di prenderlo in quanto nella prima settimana di assunzione l'ansia era aumentata e non riuscivo a gestirla sebbene abbia iniziato con un quarto di compressa. L'unica cosa che ho preso qualche volta in questo periodo è stato ansiolin che devo dire all'occorrenza pare abbia dato i suoi benefici senza effetti collaterali.
Ora la mie prinicipali preoccupazioni e domande che vorrei rivolgere sono queste:
il fatto che persista l'ansia vuol dire che la terapia non sta avendo piu' effetto considerando che sono già 9 mesi che sono in cura o forse occorre piu' tempo ?
Puo' darsi che il problema sia dovuto invece al fatto che la psicoterapia non sia stata affiancata da una terapia farmacologica da me ogni volta evitata ?
grazie.
Da circa 9 mesi sono in cura da una psicoterapeuta per disturbi d'ansia, fobia sociale, inoltre mi è stato anche diagnosticato un disturbo di personalità dipendente probabile causa scatenante dell'ansia.
I problemi di fondo sono dunque quelli della eccessiva dipendenza del giudizio degli altri, di pensare non con la propia testa ma con quella degli altri, di non saper riconoscere le propie emozioni, la non esistenza quindi di un equilibrio tra la sfera emotiva e quella razionale, con il solo uso predominante di quella razionale, l'incapacità di dire quello che uno pensa veramente senza condizionamenti.Nel cosidetto SEPA: situazione->emozione->pensiero->azione ,nel mio caso a detta della psicologa, alla situazione-emozione-pensiero non segue una adeguata azione il chè col tempo e con gli anni come una pentola a pressione ha portato allo scoppio finale sfociato in ansia.
Dunque, dopo 9 mesi di terapia diciamo che ci sono stati dei miglioramenti sulla mia personalità riscontrabili anche da altre persone ma purtroppo il problema è il persistere dell'ansia e la cosa che mi preoccupa è che ultimamente è anche accompagnata da fenomeni di derealizzazione/depersonalizzazione. La mia psicologa mi dice che il problema del persistere dell'ansia è dovuto al fatto che io continuo a concentrarmi su i sintomi dell'ansia invece di concentrarmi sui i pensieri che precedono l'ansia e di lavorare su questi ultimi, mostrando quindi a volte poca fiducia nella psicoterapia che sto sostenendo.
Ho fatto anche una visita neurologica e mi hanno prescritto l'entact (mezza compressa), ma ho rifiutato di prenderlo in quanto nella prima settimana di assunzione l'ansia era aumentata e non riuscivo a gestirla sebbene abbia iniziato con un quarto di compressa. L'unica cosa che ho preso qualche volta in questo periodo è stato ansiolin che devo dire all'occorrenza pare abbia dato i suoi benefici senza effetti collaterali.
Ora la mie prinicipali preoccupazioni e domande che vorrei rivolgere sono queste:
il fatto che persista l'ansia vuol dire che la terapia non sta avendo piu' effetto considerando che sono già 9 mesi che sono in cura o forse occorre piu' tempo ?
Puo' darsi che il problema sia dovuto invece al fatto che la psicoterapia non sia stata affiancata da una terapia farmacologica da me ogni volta evitata ?
grazie.
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gentile ragazzo i dubbi sui risultati della psicoterapia vanno dispiegati nell'ambito della psicoterapia stessa con il proprio curante e le domande che pone qui le deve porre alla sua psicologa. Una nostra opinione differente potrebbe intaccare la fiducia verso il lavoro che sta già facendo. Anche gli effetti collaterali dei farmaci vanno discussi con chi gli ha prescritti dando a quest'ultimo la possibilità di una revisione.
saluti
saluti
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
[#2]
Gentile utente, per quanto riguarda la sua ansia può essere più controproducente prendere un ansiolitico al bisogno piuttosto che un antidepressivo. Questo perché ogni tipo di aiuto al bisogno si trasforma presto in una stampella, della quale non si riesce più a fare a meno. S'inizia a uscire con la boccetta di ansiolitico in tasca, e si diventa inseparabili. Magari non lo si usa, però si deve avere sempre con sé. Questo concetto potrà esserle confermato da qualunque medico.
Riguardo alla sua psicoterapia concordo con il collega nel rinviarla per chiarimento alla sua psicologa che, da ciò che dice, forse le sta praticando una terapia di tipo cognitivo. Tale tipo di terapia è adatta ai disturbi da lei descritti, ma se il sospetto della terapeuta è che lei non stia seguendo con fiducia le sue indicazioni, dovreste lavorare innanzitutto su questo. Altrimenti qualunque indicazione lei possa ricevere, risulterà vana e inefficace.
Cordiali saluti
Riguardo alla sua psicoterapia concordo con il collega nel rinviarla per chiarimento alla sua psicologa che, da ciò che dice, forse le sta praticando una terapia di tipo cognitivo. Tale tipo di terapia è adatta ai disturbi da lei descritti, ma se il sospetto della terapeuta è che lei non stia seguendo con fiducia le sue indicazioni, dovreste lavorare innanzitutto su questo. Altrimenti qualunque indicazione lei possa ricevere, risulterà vana e inefficace.
Cordiali saluti
[#3]
Utente
gentili dottori, vi ringrazio per la vostra disponibilità e risposta, credo abbiate ragione, il caso va discusso esclusivamente con la mia psicoterapeuta, riguardo al tipo di terapia affrontata la mia terapeuta mi ha detto che sta utilizzando non solo quella di tipo cognitivo-comportamentale ma anche altre forme di terapia di cui adesso non mi ricordo il nome.
Forse nel mio caso la psicoterapia da sola non è sufficiente e deve avere un supporto farmacologico di cura non gli ansiolitici da utilizzare all'occorrenza, ma di questo ne riparlero' con la mia psicoterapeuta.
di nuovo grazie e saluti.
Forse nel mio caso la psicoterapia da sola non è sufficiente e deve avere un supporto farmacologico di cura non gli ansiolitici da utilizzare all'occorrenza, ma di questo ne riparlero' con la mia psicoterapeuta.
di nuovo grazie e saluti.
[#4]
Gentile utente,
per quanto spiacevole e invalidante l'ansia non è un che un sintomo, che rimanda a significati più profondi (nel suo caso potrebbe essere legata alla paura del giudizio, al bisogno di approvazione) che, non essendo immediatamente accessibili alla coscienza,vanno indagati con l'aiuto di un terapeuta, come lei sta facendo. Forse potrà rassicurarla sapere che non è raro riscontrare un aumento dell'ansia nel corso di una psicoterapia, questo non perchè la terapia stessa non funzioni ma, al contrario, perchè qualcosa in lei sta cambiando, suscitando una sensazione di pericolo legato alla perdita dell'equilibrio preesistente. Non è che un'ipotesi, ma in quest'ottica anche i sintomi di derealizzazione/ depersonalizzazione acquisterebbero un significato meno inquietante: è come se stesse sentendo che il suo modo di vedere il mondo e se stesso non è più quello di prima, ma ancora non ne ha trovato uno nuovo. Continui a cercare! Le faccio i miei migliori auguri
per quanto spiacevole e invalidante l'ansia non è un che un sintomo, che rimanda a significati più profondi (nel suo caso potrebbe essere legata alla paura del giudizio, al bisogno di approvazione) che, non essendo immediatamente accessibili alla coscienza,vanno indagati con l'aiuto di un terapeuta, come lei sta facendo. Forse potrà rassicurarla sapere che non è raro riscontrare un aumento dell'ansia nel corso di una psicoterapia, questo non perchè la terapia stessa non funzioni ma, al contrario, perchè qualcosa in lei sta cambiando, suscitando una sensazione di pericolo legato alla perdita dell'equilibrio preesistente. Non è che un'ipotesi, ma in quest'ottica anche i sintomi di derealizzazione/ depersonalizzazione acquisterebbero un significato meno inquietante: è come se stesse sentendo che il suo modo di vedere il mondo e se stesso non è più quello di prima, ma ancora non ne ha trovato uno nuovo. Continui a cercare! Le faccio i miei migliori auguri
Dr.ssa Chiara Campadello
Psicoterapeuta dell'adolescenza e dell'età adulta
chiara.camp@inwind.it
[#5]
Utente
Dott.ssa Campadello, la ringrazio per la sua disponibilità e mi ha colpito la sua osservazione,
anche perchè è una cosa che guardacaso ho pensato anch'io tempo fa.
In effetti potrebbe essere come lei ha descritto, anche perchè per curare si va a "mettere il dito nella piaga" e questo non fa si che aumentare il dolore, ma penso che sia necessario al fine di arrivare al risultato sperato.
Spero che un giorno venga fuori la mia vera identità sempre rimasta soppressa fin'ora a causa del disturbo di personalità dipendente.
Di nuovo grazie.
anche perchè è una cosa che guardacaso ho pensato anch'io tempo fa.
In effetti potrebbe essere come lei ha descritto, anche perchè per curare si va a "mettere il dito nella piaga" e questo non fa si che aumentare il dolore, ma penso che sia necessario al fine di arrivare al risultato sperato.
Spero che un giorno venga fuori la mia vera identità sempre rimasta soppressa fin'ora a causa del disturbo di personalità dipendente.
Di nuovo grazie.
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 3.7k visite dal 01/01/2010.
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.