Relazione con soggetto psicotico
Gentili Medici,
Vi scrivo perché in attesa di iniziare un percorso di psicoterapia di coppia, (sono una psicologa specializzanda in psicoterapia sistemica), avrei bisogno di un parere a proposito di alcuni timori personali riguardanti relazione col mio compagno di 36 anni.
Temo che sia psicotico, ma l’ incertezza è data dal fatto di essere inevitabilmente condizionata dagli studi eseguiti e di osservare con la “lente del mestiere” mia vita privata.
Ovvio che questo non mi permette affatto di essere obiettiva e distaccata in merito agli affetti personali ed espongo qui il mio problema come una qualsiasi persona che nutre timori e si affida all’esperienza di professionisti.
Ho 32 anni e sono mamma di una bimba di 6 mesi. Attualmente sono in maternità e dedico parte del mio tempo alla piccola, anche se non trascuro lo studio in attesa di riprendere l’ attività lavorativa e iniziare il tirocinio in psicoterapia in una struttura pubblica. Prima della gravidanza lavoravo come assistente specializzata con ragazzi affetti da ritardo cognitivo in un scuola, mentre nel pomeriggio per pagarmi affitto e studio, effettuavo delle prestazioni occasionali come operatrice in una cooperativa che offre sostegno ad utenti disabili.
Partecipando ad un incontro presso l’Asl che seguiva una giovane adolescente affidatami dalla cooperativa, feci la conoscenza del mio compagno, impegnato ( a livello privato) nel seguire anche lui come operatore l’ utente in questione. Dopo brevi scambi di opinioni sul caso mi propose di inviargli il mio c.v., in quanto l’Associazione presso cui lavorava cercava collaboratori per un progetto finanziato dalla Provincia per l’inserimento della figura di assistente in alcuni istituti scolastici superiori con alunni affetti da autismo. Chiesi se anche lui fosse uno psicologo ma rispose di essere un educatore.
La nostra frequentazione cominciò inizialmente per motivi lavorativi ma in poco tempo ci trovammo anche a parlar di interessi d’ altra natura.
Dopo circa un mese disse di essere innamorato di me e io che da diversi di mesi avevo chiuso una relazione importante di circa 10 anni con un coetaneo, anche lui psicologo, pensai di potermi lasciar andare alla relazione con un’altra persona.
Così trascorsero circa tre mesi in maniera leggera anche se cominciai ad accorgermi di qualche stranezza che trascurai, per non mettermi a” fare la psicologa”col fidanzato! A fine estate scoprii di essere incinta ed entrambi, nonostante il pochissimo tempo di conoscenza, accettammo contenti la gravidanza, andando a vivere assieme.
Ecco, le “stranezze” che cominciarono a turbarmi furono il suo parlarmi in terza persona (il chiamarsi per nome) per motivare le sue ragioni in un modo piuttosto che in un altro, il restare a lungo in silenzio per poi conversare su banalità quotidiane ( il tempo meteorologico, la pianta a cui è spuntata una muova foglia, ore di osservazione e argomentazioni sul comportamento pesci rossi del nostro acquario) senza mai toccare discorsi di maggior spessore.
Parlando del percorso seguito come educatore, con candore mi disse di essere solamente diplomato, ma dotato di “grande esperienza e passione” nei confronti dei “poveri disabili” e che lui, rispetto a qualsiasi laureato e gente con titoli accademici, sa far molto meglio questo lavoro!
Ciò che mi ha fatto pensare che sia psicotico, è il suo delirio sull’essersi attribuito un ruolo “ad onorem”, senza porsi minimamente questioni etiche sull’ abuso di una professione di cui non possiede i requisiti.
Durante alcune discussioni dai toni accesi tende a sragionare, nel parlargli ho bisogno di ripetere il discorso più volte perché non comprende o fraintende quello che dico... quando si esprime i pensieri appaiono incongrui e spesso contradditori e non di rado le frasi terminano con un “ non intendevo dire questo”.
Mi è capitato di leggere un infinità di scartoffie sparse ovunque per casa, in cui frasi contorte e prive di riferimenti a fatti reali dilaghino, riempiendo interi fascicoli cartacei e, che ha giustificato raccontando che sono testi di canzoni da lui scritte negli anni passati( si, perché tra gli altri deliri c’è anche quello di essere un’ artista, un musicista che nei ritagli di tempo suona TRE accordi di chitarra, schernito, oltretutto dai familiari, per questa sua pretesa).
Spesso le sue convinzioni sono bislacche e infondate, oltre che essere sostenute da argomentazioni scadenti: “quella persona dice cose stupide perché è stupida” ed inutile aggiungere che non c’è modo di provare ad argomentare.
Sono fortemente combattuta per l’ affetto che comunque nutro nei suoi confronti, che si mescola alla paura e rabbia per aver accanto una persona che possa influenzare con il suo appiattimento intellettivo lo sviluppo della nostra bambina.
È un papà affettuoso e responsabile, paziente con la piccola e giocoso e altrettanto posso dire per quello che riguarda gli aspetti affettivi nei miei confronti.
La mia amarezza più grande, oltre alla consapevolezza del suo essere “fuori dal mondo”, credo sia legata alla modestità degli studi conseguiti (anche se dopo un anno di discussioni son riuscita a fargli capire che forse per esercitare il ruolo di educatore è meglio diventarlo realmente iscrivendosi all’ università..se non per altro, almeno per tutelare gli utenti con i quali lui esercita la sua “indiscussa professionalità”, fondata solo su convinzioni personali), e della povertà e banalità di scambi comunicativi su cui si basano le nostre conversazioni.
In oltre ho notato che è facilmente influenzabile ed in passato pare abbia portato avanti scioperi della fame a sostegno politico, meditazioni varie, intrapreso diete vegetariane sempre e solo dopo le iniziative di alcuni dei suoi amici, privo di qualsiasi atteggiamento critico!
Mi chiedo e Vi chiedo, se possono fidarmi degli elementi che ho colto per avvalorare i dubbi a proposito di un disturbo psicotico, sostenuto anche dalle differenze culturali, o mi conviene maggiormente convincermi che sia solo un “docile tontolone”, per usare un termine non tecnico.
Di certo non risolleva la scarsa opinione che nutro nelle sua doti intellettuali e resta forte la sensazione di svilimento che provo rispetto al fatto di trovarmi in una posizione culturale differente dalla sua, ma in parte va a smorzare la mia “deformazione professionale” e i toni angosciosi con cui attualmente ho dipinto il mio compagno.
Vi ringrazio infinitamente per l’ attenzione riservatami e in attesa di un’ eventuale risposta Vi porgo i miei cordiali saluti.
Vi scrivo perché in attesa di iniziare un percorso di psicoterapia di coppia, (sono una psicologa specializzanda in psicoterapia sistemica), avrei bisogno di un parere a proposito di alcuni timori personali riguardanti relazione col mio compagno di 36 anni.
Temo che sia psicotico, ma l’ incertezza è data dal fatto di essere inevitabilmente condizionata dagli studi eseguiti e di osservare con la “lente del mestiere” mia vita privata.
Ovvio che questo non mi permette affatto di essere obiettiva e distaccata in merito agli affetti personali ed espongo qui il mio problema come una qualsiasi persona che nutre timori e si affida all’esperienza di professionisti.
Ho 32 anni e sono mamma di una bimba di 6 mesi. Attualmente sono in maternità e dedico parte del mio tempo alla piccola, anche se non trascuro lo studio in attesa di riprendere l’ attività lavorativa e iniziare il tirocinio in psicoterapia in una struttura pubblica. Prima della gravidanza lavoravo come assistente specializzata con ragazzi affetti da ritardo cognitivo in un scuola, mentre nel pomeriggio per pagarmi affitto e studio, effettuavo delle prestazioni occasionali come operatrice in una cooperativa che offre sostegno ad utenti disabili.
Partecipando ad un incontro presso l’Asl che seguiva una giovane adolescente affidatami dalla cooperativa, feci la conoscenza del mio compagno, impegnato ( a livello privato) nel seguire anche lui come operatore l’ utente in questione. Dopo brevi scambi di opinioni sul caso mi propose di inviargli il mio c.v., in quanto l’Associazione presso cui lavorava cercava collaboratori per un progetto finanziato dalla Provincia per l’inserimento della figura di assistente in alcuni istituti scolastici superiori con alunni affetti da autismo. Chiesi se anche lui fosse uno psicologo ma rispose di essere un educatore.
La nostra frequentazione cominciò inizialmente per motivi lavorativi ma in poco tempo ci trovammo anche a parlar di interessi d’ altra natura.
Dopo circa un mese disse di essere innamorato di me e io che da diversi di mesi avevo chiuso una relazione importante di circa 10 anni con un coetaneo, anche lui psicologo, pensai di potermi lasciar andare alla relazione con un’altra persona.
Così trascorsero circa tre mesi in maniera leggera anche se cominciai ad accorgermi di qualche stranezza che trascurai, per non mettermi a” fare la psicologa”col fidanzato! A fine estate scoprii di essere incinta ed entrambi, nonostante il pochissimo tempo di conoscenza, accettammo contenti la gravidanza, andando a vivere assieme.
Ecco, le “stranezze” che cominciarono a turbarmi furono il suo parlarmi in terza persona (il chiamarsi per nome) per motivare le sue ragioni in un modo piuttosto che in un altro, il restare a lungo in silenzio per poi conversare su banalità quotidiane ( il tempo meteorologico, la pianta a cui è spuntata una muova foglia, ore di osservazione e argomentazioni sul comportamento pesci rossi del nostro acquario) senza mai toccare discorsi di maggior spessore.
Parlando del percorso seguito come educatore, con candore mi disse di essere solamente diplomato, ma dotato di “grande esperienza e passione” nei confronti dei “poveri disabili” e che lui, rispetto a qualsiasi laureato e gente con titoli accademici, sa far molto meglio questo lavoro!
Ciò che mi ha fatto pensare che sia psicotico, è il suo delirio sull’essersi attribuito un ruolo “ad onorem”, senza porsi minimamente questioni etiche sull’ abuso di una professione di cui non possiede i requisiti.
Durante alcune discussioni dai toni accesi tende a sragionare, nel parlargli ho bisogno di ripetere il discorso più volte perché non comprende o fraintende quello che dico... quando si esprime i pensieri appaiono incongrui e spesso contradditori e non di rado le frasi terminano con un “ non intendevo dire questo”.
Mi è capitato di leggere un infinità di scartoffie sparse ovunque per casa, in cui frasi contorte e prive di riferimenti a fatti reali dilaghino, riempiendo interi fascicoli cartacei e, che ha giustificato raccontando che sono testi di canzoni da lui scritte negli anni passati( si, perché tra gli altri deliri c’è anche quello di essere un’ artista, un musicista che nei ritagli di tempo suona TRE accordi di chitarra, schernito, oltretutto dai familiari, per questa sua pretesa).
Spesso le sue convinzioni sono bislacche e infondate, oltre che essere sostenute da argomentazioni scadenti: “quella persona dice cose stupide perché è stupida” ed inutile aggiungere che non c’è modo di provare ad argomentare.
Sono fortemente combattuta per l’ affetto che comunque nutro nei suoi confronti, che si mescola alla paura e rabbia per aver accanto una persona che possa influenzare con il suo appiattimento intellettivo lo sviluppo della nostra bambina.
È un papà affettuoso e responsabile, paziente con la piccola e giocoso e altrettanto posso dire per quello che riguarda gli aspetti affettivi nei miei confronti.
La mia amarezza più grande, oltre alla consapevolezza del suo essere “fuori dal mondo”, credo sia legata alla modestità degli studi conseguiti (anche se dopo un anno di discussioni son riuscita a fargli capire che forse per esercitare il ruolo di educatore è meglio diventarlo realmente iscrivendosi all’ università..se non per altro, almeno per tutelare gli utenti con i quali lui esercita la sua “indiscussa professionalità”, fondata solo su convinzioni personali), e della povertà e banalità di scambi comunicativi su cui si basano le nostre conversazioni.
In oltre ho notato che è facilmente influenzabile ed in passato pare abbia portato avanti scioperi della fame a sostegno politico, meditazioni varie, intrapreso diete vegetariane sempre e solo dopo le iniziative di alcuni dei suoi amici, privo di qualsiasi atteggiamento critico!
Mi chiedo e Vi chiedo, se possono fidarmi degli elementi che ho colto per avvalorare i dubbi a proposito di un disturbo psicotico, sostenuto anche dalle differenze culturali, o mi conviene maggiormente convincermi che sia solo un “docile tontolone”, per usare un termine non tecnico.
Di certo non risolleva la scarsa opinione che nutro nelle sua doti intellettuali e resta forte la sensazione di svilimento che provo rispetto al fatto di trovarmi in una posizione culturale differente dalla sua, ma in parte va a smorzare la mia “deformazione professionale” e i toni angosciosi con cui attualmente ho dipinto il mio compagno.
Vi ringrazio infinitamente per l’ attenzione riservatami e in attesa di un’ eventuale risposta Vi porgo i miei cordiali saluti.
[#1]
Gentile utente, pur comprendendo la sua preoccupazione, devo dirle che non è possibile azzardare un parere su una questione così delicata come un sospetto di psicosi, per email e per di più parlando di una terza persona.
Come collega sono certo che comprenderà che un parere di questo tipo non può prescindere da un esame obiettivo di persona, una psicodiagnosi ecc.
Visto che lavora (o lavorava) in un ambiente dove presumo ci saranno altri colleghi, potrebbe rivolgere loro la domanda, ma anche in questo caso le risponderanno che non si può far diagnosi a una persona contro la sua volontà.
Spiacente di non poter fare di più.
Cordiali saluti
Come collega sono certo che comprenderà che un parere di questo tipo non può prescindere da un esame obiettivo di persona, una psicodiagnosi ecc.
Visto che lavora (o lavorava) in un ambiente dove presumo ci saranno altri colleghi, potrebbe rivolgere loro la domanda, ma anche in questo caso le risponderanno che non si può far diagnosi a una persona contro la sua volontà.
Spiacente di non poter fare di più.
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#3]
Gentile Utente,
mi ha molto colpito questa Sua frase
" della povertà e banalità di scambi comunicativi su cui si basano le nostre conversazioni. "
E quindi le chiedo: se fosse confermata la diagnosi di disturbo psicotico, o comunque psichiatrico, cosa succederebbe alla Vostra relazione?
Ovvero: lo scoprire che il Suo compagno ha davvero un problema psichiatrico la incuriosirebbe, dati gli studi psicologici, oppure la spaventerebbe (sempre dati gli studi psicologici)?
Perchè la risposta "Serve una valutazione psichiatrica" era piuttosto scontata, e da Collega immagino Lei lo sapesse già.
Per cui credo che prima di sapere con certezza di che cosa soffra il Suo compagno, Lei possa chiedersi se desidera o meno un futuro con il padre della Sua bimba.
E' una domanda molto dolorosa, lo immagino, anche per questo le consiglio (visto il futuro professionale e vista la presenza della bambina) di parlarne con un/a Collega.
mi ha molto colpito questa Sua frase
" della povertà e banalità di scambi comunicativi su cui si basano le nostre conversazioni. "
E quindi le chiedo: se fosse confermata la diagnosi di disturbo psicotico, o comunque psichiatrico, cosa succederebbe alla Vostra relazione?
Ovvero: lo scoprire che il Suo compagno ha davvero un problema psichiatrico la incuriosirebbe, dati gli studi psicologici, oppure la spaventerebbe (sempre dati gli studi psicologici)?
Perchè la risposta "Serve una valutazione psichiatrica" era piuttosto scontata, e da Collega immagino Lei lo sapesse già.
Per cui credo che prima di sapere con certezza di che cosa soffra il Suo compagno, Lei possa chiedersi se desidera o meno un futuro con il padre della Sua bimba.
E' una domanda molto dolorosa, lo immagino, anche per questo le consiglio (visto il futuro professionale e vista la presenza della bambina) di parlarne con un/a Collega.
Cordialmente
Daniel Bulla
dbulla@libero.it, Twitter _DanielBulla_
[#4]
Ex utente
Gentile Dr. Bulla,
La ringrazio per il suo intervento e mi scuso se non ho risposto prima a causa di diversi impegni.
Proverò a rispondere alle domande che mi ha rivolto e intanto confido di averle trovate molto utili e stimolanti ai fini di una profonda riflessione.
E’ vero la sua è una domanda molto dolorosa e diverse volte mi son trovata a chiedermi la stessa cosa.
Credo di amare molto il mio compagno ma di provare contemporaneamente anche un certo senso di svilimento( che riconduco ad alcuni aspetti già menzionati nella mail precedente, partendo dalla posizione culturale e includendo poi le “stranezze”) piuttosto che vera e propria paura.
Forse la mia è più una sorta di “ferita narcisistica”provocata dal ritrovarmi accanto una persona con un livello culturale più basso,( anche se ora si è iscritto alla facoltà di Scienze dell’ Educazione così da potersi proclamare educatore con gli annessi e connessi!) e con cui dividere poco o nulla rispetto a quelli che sono i miei interessi. Ma sarei imparziale se mettessi sotto la lente d’ ingrandimento solo questi elementi e credo che farei un torto a me stessa se non sapessi vedere null’ altro che i suoi limiti.
E’ un papà responsabile e premuroso e fin ora la piccola sta crescendo serena e sorridente (anche a detta del pediatra).
E’ una persona sempre allegra( forse anche questo per me è strano) e collaborativa ( alla mia proposta della terapia di coppia si è mostrato ben disposto a partecipare agli incontri), ama la compagnia ma preferisce restar in silenzio << ad ascoltare>>, dice lui ( ed io lì a sfogliar manuali per far diagnosi al suo modo di stare con gli altri) limitandosi a preparare il tè..
Come succede un pò a tutti gli esseri umani sotto tortura e pressione da parte della propria fidanzata, può perdere le staffe (e anche la capacità di ragionare) ma a parte qualche <<adesso mi hai veramente rotto>> con lancio di pantofola, non è mai stato avvezzo a comportamenti violenti o minacciosi o in preda a deliri accusatori.. tanto che in quei momenti per lui la matta da legare sono io.
Per fortuna ad entrambi il senso dell’ humor non manca e i momenti di litigio terminano con chiarimenti e manifestazioni d’ affetto.
Questi sono gli elementi che vanno a bilanciare il “nero” delle mie “diagnosi” e che vanno a completare la sua immagine per integrarsi con l’ essere prima di tutto, un individuo (anche se io, presa come sono dal volerne classificare i comportamenti, forse me lo son dimenticato!)
La nostra relazione ha bruciato velocemente le tappe e da una conoscenza blanda e spensierata ci siamo ritrovati conviventi e genitori ma crediamo molto nel fatto che il nostro rapporto possa evolvere con l’ impegno di entrambi …so che questa può sembrare una frase retorica ma che cosa costa pensare in positivo?
Cosa resterebbe se non avessi la speranza e l’ affetto che provo verso la mia nuova famiglia? Anche la più certosina delle diagnosi a cosa potrebbe condurmi? Cosa porterebbe di importante nella nostra relazione? Non riesco a pensare al mio compagno come ad un “malato” e mi darebbe molto dolore solamente immaginarlo prendere gocce e pasticche che avrebbero l’ effetto di fargli smettere di osservare i pesci rossi nel nostro acquario come se fossero gli esseri più interessanti al mondo o compiacersi per i suoi tre accordi di chitarra! In fondo, credo di poterci convivere con queste “STRANEZZE” e mentre scrivo mi fan provare un a certa tenerezza... Posso scegliere se osservarlo con gli occhi di una donna che ama un tipo un pò strambo, forse pure ingenuo e senza malizie di troppo, oppure studiarmelo col DSM sotto il braccio dove le particolarità dell’ essere umano si annullano per trasformarsi in sintomi terrificante!
Insomma, la mia difficoltà sta nel dondolarmi nell’ ambivalenza dei sentimenti che provo, perché per quanto riguarda lui dorme proprio sonni sereni!
La ringrazio per il suo intervento e mi scuso se non ho risposto prima a causa di diversi impegni.
Proverò a rispondere alle domande che mi ha rivolto e intanto confido di averle trovate molto utili e stimolanti ai fini di una profonda riflessione.
E’ vero la sua è una domanda molto dolorosa e diverse volte mi son trovata a chiedermi la stessa cosa.
Credo di amare molto il mio compagno ma di provare contemporaneamente anche un certo senso di svilimento( che riconduco ad alcuni aspetti già menzionati nella mail precedente, partendo dalla posizione culturale e includendo poi le “stranezze”) piuttosto che vera e propria paura.
Forse la mia è più una sorta di “ferita narcisistica”provocata dal ritrovarmi accanto una persona con un livello culturale più basso,( anche se ora si è iscritto alla facoltà di Scienze dell’ Educazione così da potersi proclamare educatore con gli annessi e connessi!) e con cui dividere poco o nulla rispetto a quelli che sono i miei interessi. Ma sarei imparziale se mettessi sotto la lente d’ ingrandimento solo questi elementi e credo che farei un torto a me stessa se non sapessi vedere null’ altro che i suoi limiti.
E’ un papà responsabile e premuroso e fin ora la piccola sta crescendo serena e sorridente (anche a detta del pediatra).
E’ una persona sempre allegra( forse anche questo per me è strano) e collaborativa ( alla mia proposta della terapia di coppia si è mostrato ben disposto a partecipare agli incontri), ama la compagnia ma preferisce restar in silenzio << ad ascoltare>>, dice lui ( ed io lì a sfogliar manuali per far diagnosi al suo modo di stare con gli altri) limitandosi a preparare il tè..
Come succede un pò a tutti gli esseri umani sotto tortura e pressione da parte della propria fidanzata, può perdere le staffe (e anche la capacità di ragionare) ma a parte qualche <<adesso mi hai veramente rotto>> con lancio di pantofola, non è mai stato avvezzo a comportamenti violenti o minacciosi o in preda a deliri accusatori.. tanto che in quei momenti per lui la matta da legare sono io.
Per fortuna ad entrambi il senso dell’ humor non manca e i momenti di litigio terminano con chiarimenti e manifestazioni d’ affetto.
Questi sono gli elementi che vanno a bilanciare il “nero” delle mie “diagnosi” e che vanno a completare la sua immagine per integrarsi con l’ essere prima di tutto, un individuo (anche se io, presa come sono dal volerne classificare i comportamenti, forse me lo son dimenticato!)
La nostra relazione ha bruciato velocemente le tappe e da una conoscenza blanda e spensierata ci siamo ritrovati conviventi e genitori ma crediamo molto nel fatto che il nostro rapporto possa evolvere con l’ impegno di entrambi …so che questa può sembrare una frase retorica ma che cosa costa pensare in positivo?
Cosa resterebbe se non avessi la speranza e l’ affetto che provo verso la mia nuova famiglia? Anche la più certosina delle diagnosi a cosa potrebbe condurmi? Cosa porterebbe di importante nella nostra relazione? Non riesco a pensare al mio compagno come ad un “malato” e mi darebbe molto dolore solamente immaginarlo prendere gocce e pasticche che avrebbero l’ effetto di fargli smettere di osservare i pesci rossi nel nostro acquario come se fossero gli esseri più interessanti al mondo o compiacersi per i suoi tre accordi di chitarra! In fondo, credo di poterci convivere con queste “STRANEZZE” e mentre scrivo mi fan provare un a certa tenerezza... Posso scegliere se osservarlo con gli occhi di una donna che ama un tipo un pò strambo, forse pure ingenuo e senza malizie di troppo, oppure studiarmelo col DSM sotto il braccio dove le particolarità dell’ essere umano si annullano per trasformarsi in sintomi terrificante!
Insomma, la mia difficoltà sta nel dondolarmi nell’ ambivalenza dei sentimenti che provo, perché per quanto riguarda lui dorme proprio sonni sereni!
[#5]
Gentile Utente,
sa che con questa Sua replica Lei mi ha commosso?
Se fossi il Suo compagno, a questo punto e dopo aver letto la descrizione "positiva" delle mie qualità, sarei ben felice di appartenere a qualsiasi categoria nosografico-psichiatrica.
E' vero, avete bruciato le tappe, ed ora Lei a mente serena si ritrova a fare i "conti" di ciò che resta, pasata la turbolenza psico-fisica dei primi momenti.
Però quella meno "lucida", in questo momento, mi sembra proprio Lei: per questo ha bisogno di inquadrare la "sintomatologia" del Suo compagno.
All'inizio tutti gli Psicologi hanno bisogno di "strumenti" perchè, dentro, temono di non saper risolvere il caso. Caso che clinicamente non si presenta MAI da manuale, e quindi manda tutti in ansia: e allora via con i test psicometrici, con la lettura di testi, ecc.
Mi sembra, in ultima analisi, che tra voi ci sia un buon equilibrio, su cui lavorare. Ribadisco che una consulenza psicologica sarebbe indicata.
sa che con questa Sua replica Lei mi ha commosso?
Se fossi il Suo compagno, a questo punto e dopo aver letto la descrizione "positiva" delle mie qualità, sarei ben felice di appartenere a qualsiasi categoria nosografico-psichiatrica.
E' vero, avete bruciato le tappe, ed ora Lei a mente serena si ritrova a fare i "conti" di ciò che resta, pasata la turbolenza psico-fisica dei primi momenti.
Però quella meno "lucida", in questo momento, mi sembra proprio Lei: per questo ha bisogno di inquadrare la "sintomatologia" del Suo compagno.
All'inizio tutti gli Psicologi hanno bisogno di "strumenti" perchè, dentro, temono di non saper risolvere il caso. Caso che clinicamente non si presenta MAI da manuale, e quindi manda tutti in ansia: e allora via con i test psicometrici, con la lettura di testi, ecc.
Mi sembra, in ultima analisi, che tra voi ci sia un buon equilibrio, su cui lavorare. Ribadisco che una consulenza psicologica sarebbe indicata.
[#6]
Ex utente
Gentile Dr. Bulla,
torno a ringraziarLa per il Suo intervento e per le Sue parole che trasmettono ottimismo.
La visione della mia relazione aveva preso toni davvero drammatici e abnormi e solamente l’ aver fatto ordine nelle mie ansie trovando uno spazio d’ ascolto, mi ha resa più tranquilla. Al più presto comunque ci rivolgeremo ad un terapeuta di coppia indicatomi dal Supervisore della mia Scuola di Specializzazione.
Come mamma, compagna e come psicologa non posso far altro che lavorare per la mia crescita umana e professionale avvalendomi di quelli che sono i percorsi di formazione del Nostra professione.
A proposito di quanto afferma:
“All'inizio tutti gli Psicologi hanno bisogno di "strumenti" perchè, dentro, temono di non saper risolvere il caso…”
Eh si, se ci penso davvero quella “matta” sarei stata io, che in certe occasioni ho teso al mio compagno trappole come si fa ai topi con il formaggio, mettendo sotto i suoi occhi, come fossero lì per caso, manuali, testi, saggi o quant’altro avesse a che fare con l’ argomento psicosi, allo scopo innescare in lui una sorta di consapevolezza e poi chiedere:<< Ti dice qualcosa quello che hai letto>>? E sentirmi rispondere con la massima genuinità:<< No, ma se vuoi me lo segno!>>
E mi sono ritrovata a ridere di me stessa e dell’ assurdità che avevo commesso…scusi se mi permetto di scrivere in uno spazio pubblico come questo cose che uno Psicologo non dovrebbe dire, fare o pensare, ma le mie sono riflessioni sul fatto che a volte il senso etico della Professione nella mia vita privata diventa difficile da gestire… e quasi mi rincuora ammettere che quella “meno lucida” sono io…insomma vorrà dire che mi darò da fare per rendere vivace e giocosa la nostra relazione!
Le auguro una buona giornata e Le faccio i miei migliori “in bocca al lupo” per la Sua professione.
torno a ringraziarLa per il Suo intervento e per le Sue parole che trasmettono ottimismo.
La visione della mia relazione aveva preso toni davvero drammatici e abnormi e solamente l’ aver fatto ordine nelle mie ansie trovando uno spazio d’ ascolto, mi ha resa più tranquilla. Al più presto comunque ci rivolgeremo ad un terapeuta di coppia indicatomi dal Supervisore della mia Scuola di Specializzazione.
Come mamma, compagna e come psicologa non posso far altro che lavorare per la mia crescita umana e professionale avvalendomi di quelli che sono i percorsi di formazione del Nostra professione.
A proposito di quanto afferma:
“All'inizio tutti gli Psicologi hanno bisogno di "strumenti" perchè, dentro, temono di non saper risolvere il caso…”
Eh si, se ci penso davvero quella “matta” sarei stata io, che in certe occasioni ho teso al mio compagno trappole come si fa ai topi con il formaggio, mettendo sotto i suoi occhi, come fossero lì per caso, manuali, testi, saggi o quant’altro avesse a che fare con l’ argomento psicosi, allo scopo innescare in lui una sorta di consapevolezza e poi chiedere:<< Ti dice qualcosa quello che hai letto>>? E sentirmi rispondere con la massima genuinità:<< No, ma se vuoi me lo segno!>>
E mi sono ritrovata a ridere di me stessa e dell’ assurdità che avevo commesso…scusi se mi permetto di scrivere in uno spazio pubblico come questo cose che uno Psicologo non dovrebbe dire, fare o pensare, ma le mie sono riflessioni sul fatto che a volte il senso etico della Professione nella mia vita privata diventa difficile da gestire… e quasi mi rincuora ammettere che quella “meno lucida” sono io…insomma vorrà dire che mi darò da fare per rendere vivace e giocosa la nostra relazione!
Le auguro una buona giornata e Le faccio i miei migliori “in bocca al lupo” per la Sua professione.
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 13k visite dal 11/11/2009.
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