Bambino irrequieto

Un bambino di 3 anni e 7 mesi, regolarmente nato e allevato in una famiglia del ceto medio e a cui non è stato fatto mancare nulla, che ha anche un fratellino di 2 anni, diventa sempre più capriccioso. Qualunque cosa gli si dica di fare (cose del tutto normali: laviamoci le mani, vestiti con questa maglietta, non ti strofinare a terra, andiamo a mangiare, giochiamo col tale gioco) 8 volte su 10 risponde quasi sempre con un "no". Se il "no" è compatibile con la situazione del momento lo si asseconda; altre volte si riesce a reimpostare la cosa come un gioco e si ottiene qualcosa, altre volte gliela si impone mentre piange. Altre volte i genitori gliela danno vinta.
Alcune volte la sensazione netta è che dica di no o faccia il contrario di quello che gli si chiede, proprio per puntiglio e non perchè quello che gli chiediamo gli dispiaccia.
All'asilo gli insegnanti non notano niente di diverso dagi altri bambini.
Ha una nonna (che vede abbastanza frequentemente) che gliele passa tutte ma non penso abbia particolare rilevo perchè è uan figura comunque secondaria rispetto ai genitori.
Ogni tanto quando la madre è fuori comincia a piangere e gridare "voglio mamma" e a nulla valgono i tentavi del padre di coccolarlo spiegandogli che la mamma è fuori e tornerà a breve.
Qualche altro genitore, interpellato in maniera generica, dice che qualche capriccio è normale.
Sarà, ma in questo modo i genitori, tra lavoro in casa, fuori casa, e resistenze del bambino su ogni minima cosa, arrivano alla sera distrutti.

Qualcuno capisce e se tutto ciò è normale?
Esiste un sistema per ammansire il bambino e fargli capire che dei no a ripetizione non sono indice di personalità ma solo di cattiveria?
Grazie
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Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187
Gentile Utente,
questi capricci forse hanno a che fare con la ricerca di attenzione se le cose stanno solo in questi termini (e quindi se il bambino ha comunque un comportamento normale).

Il problema probabilmente sta proprio nel continuare a chiederglielo e a fare in modo che questa dinamica si riproponga, come dire...il bimbo cerca di sfruttare al meglio il tempo che passa con voi, cercando di stimolare continuamente le vostre reazioni.

Potete provare in via preliminare a non insistere dopo che lui rifiuta una proposta, senza per questo mostrarvi risentiti, e magari dedicarvi col "gioco" proposto all'altro fratellino.

"Esiste un sistema per ammansire il bambino e fargli capire che dei no a ripetizione non sono indice di personalità ma solo di cattiveria? "

Questo non corrisponde al vero, anzi forse è un'esagerazione sostenere che un bimbo di 3 anni voglia coscientemente essere cattivo, non trova?
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Gentile signora, mi scusi se glielo chiedo: i 3 anni sono chiamati anche "l'età dei no". Lo sapeva?

Se c'è una di quelle cose che fanno impazzire molti genitori - ma normale - è proprio che verso i 3 anni i bambini dicono sempre di "no". Questo fa parte del normale sviluppo psicologico del bambino ed è corretto dire che è un problema più dei genitori che del piccolo, perché si deve solo avere pazienza, aspettare che il periodo passi e, soprattutto, evitare d'imporre la nostra volontà su di loro, a meno che non sia strettamente necessario.

Mi pare che anche la conferma che a scuola non si siano accorti di nulla vada in questa direzione.

Quindi credo che possiate stare tranquilli (più facile a dirsi che a farsi, lo so).

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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Utente
Utente
Innanzitutto grazie.
Vorrei precisare che un bambino di 3 anni non può essere "cattivo". Il fatto è che quell'atteggiamneto alle volte viene percepito come tale da genitori magari già stanchi per altre ragioni. Come facevano in passato ad avere 4-5 figli?
Più importante è il ruolo svolto dai nonni buoni e accondiscendenti. Secondo alcuni il bambino può essere frastornato dalla incoerenza dei comportamenti degli adulti (nonna buona /mamma e papà più rigorosi).
Io invece penso (oltre al fatto che non si riuscirebbe a convincere i nonni a non essere buoni) che il bambino riesce a distinguere che la nonna è quella buona che gliele passa tutte mentre a casa deve adeguarsi alle regole imposte da papà e mamma. Anzi questa distinzione può essere educativa.
Chi ha ragione?
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Gentile utente, messa così, avrebbe ragione lei. Ovvero devono essere i genitori a impartire l'educazione, non i nonni. Ed anche se è corretto che per le questioni importanti i genitori si facciano vedere uniti (ma questo soprattutto più avanti, verso l'adolescenza), si possono ottenere risultati migliori differenziando le reazioni fra papà e mamma di fronte alle "bizze" del bambino.

Le segnalo un articolo in proposito:
http://www.giuseppesantonocito.it/news.htm?m=120

Ad ogni modo bisogna tenere conto del punto al quale si trova lo sviluppo del piccolo. A quell'età come le dicevo è normale dire sempre di "no" e quindi non si può prescinderne. In questo momento la pazienza è più importante dell'avere ragione.

Cordiali saluti