Perché provo questa nostalgia?

Buonasera,
Dopo diversi ricoveri in spdc e alcune strutture, mi ritrovo ad avere una sorta di nostalgia verso l'ambiente ospedaliero e del reparto di psichiatria.

Li ero seguito molto, da psichiatri, psicologi, educatori, OSS ecc.

Qui a casa invece mi ritrovo solo, io con mia madre e forse mi manca avere quelle attenzioni che avevo nel ricovero.
È anche vero che mi manca essere seguito continuamente e poter esprimermi ogni giorno con qualcuno.
A casa ora sono sempre seguito da psicologa una volta la settimana e lo psichiatra ogni qualche mese.
Sto abbastanza bene, non sto male, sono migliorato tanto rispetto ad anni fa, eppure ci sono volte in cui penso "quanto vorrei tornare in quella situazione" nonostante io sappia che stavo malissimo.

Io per attenzioni ho fatto un gesto molto impulsivo e pericoloso, per poi finire in spdc appunto.
Non vorrei che si ripresentasse questa voglia, ma non so nemmeno come trovare una via di mezzo.
Sono seguito, ma non mi basta...
Non è la prima volta che sento che qualcuno è "reparto dipendente", perdonatemi l'uscita.

Grazie.
Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.8k 201
Gentile utente,
quello che lei avverte non è insolito e forse nemmeno necessariamente patologico.
A quel che scrive, è giovane e fondamentalmente solo. La compagnia di una sola persona -sua madre- per quanto affettuosa, non può compensare il desiderio di comunanza, di scambio, di risate, di attività tra persone di tutte le età, che lei ha trovato nei ricoveri.
Lei rimpiange le attenzioni che le mancano; scrive: "mi manca essere seguito continuamente e poter esprimermi ogni giorno con qualcuno".
A me sembra che anziché inseguire l'ospedalizzazione, e quindi la malattia, debba cercare invece un'attività quotidiana, di lavoro, di volontariato, di studio, di svago, che le permetta di scambiare, se non continue confidenze sui pensieri più intimi, almeno due chiacchiere serene, le osservazioni su un interesse o su un'attività comune, e così via.
Il rimanere sempre solo con la mamma può essere una scelta altrettanto malsana che l'ospedalizzazione.
Provi a scrivere tutte le occasioni di attività quotidiana che potrebbe avere fuori di casa, e ci scriva di nuovo.
Coraggio.

Prof.ssa Anna Potenza (RM)
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Buonasera dott.ssa
Grazie per la celere risposta.
È vero, attualmente mi manca un occupazione, ma io non mi sento solo sul punto di vista personale, nel senso che ho alcuni amici, ci esco volentieri, e in questo periodo sto svolgendo del volontariato in un centro diurno. Mi sento solo invece dal punto di vista familiare, perché cresciuto in una famiglia disfunzionale, e con parenti paterni non ho rapporti, mentre materni abitano distante e li vedo di rado.
Io sono alla continua ricerca di un hobby o una passione che possa risvegliarmi un po'. Però capita che cominci a fare un attività e poi dopo qualche settimana ci rinunci.
In ogni caso sono alla ricerca di un lavoro.
È che non capisco perché questa mancanza per i ricoveri e l'ambiente ospedaliero sia così radicata. Certo mi impegnerò a tenermi più impegnato e a socializzare di più, però la nostalgia rimane.
Grazie
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.8k 201
Gentile utente,
i luoghi dove la comunanza di vita con altri ha carattere immersivo (collegi, ospedali, comunità, caserme, case degli studenti) sono inevitabilmente molto diversi dalla vita in una famiglia, sia pure associata alla frequentazione esterna di amici.
Condividere il quotidiano in comunità può provocare attriti (del resto ce ne sono anche nella convivenza tra due persone) ma fornisce una compagnia continua, abitudini e ritmi di vita scanditi dall'esterno, che possono essere rassicuranti e protettivi.
Questa differenza non può essere ignorata, e forse determina il suo rimpianto per i giorni dei ricoveri. Aggiungiamo, di quei giorni, l'impressione di essere accudito e ascoltato. Anche adesso nelle comunità per persone con disturbi mentali che esistono sul territorio nazionale, gli ospiti vengono aiutati da OSS e quotidianamente ascoltati, anche in gruppo, da psicologi.
Nel suo caso all'isolamento si aggiunge una sorta di vuoto di affetti: "Mi sento solo invece dal punto di vista familiare, perché cresciuto in una famiglia disfunzionale, e con parenti paterni non ho rapporti, mentre materni abitano distante e li vedo di rado".
Suo padre vive con lei? Fratelli, sorelle? Con sua madre è riuscito a costruire un dialogo costante e affettuoso?
Infine, la sua ricerca in contemporanea di un hobby che l'appassioni e di un lavoro forse è confusiva. Forse non si sente ancora pronto?
In ogni caso dovrebbe portare questo suo rimpianto per l'ambiente ospedaliero alla curante, per trovare una soluzione.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM)
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