Tradimento che mi sta levando ogni forza
Salve,
scrivo perché vorrei un riscontro sincero su quello che è successo.
Qualche giorno fa il mio ragazzo ha confessato di avermi tradita.
Quando ci siamo conosciuti era una persona avezza a fare serata, questa cosa è stata motivo di litigio all'inizio della relazione perché io non mi fidavo di lui.
Con il tempo abbiamo creato un rapporto di reciproca fiducia, ma per ben 2 volte, in suoi momenti di confusione o di problematiche personali, lui mi ha lasciata con la scusa dell'incompatibilità e della troppa diversità (io ai tempi frequentavo una psicologa che ha sempre sostenuto che il problema non fosse l'incompatibilità, quanto più il mio bisogno di pretendere da lui amore sconfinato per colmare quello genitoriale che per me è sempre stato un punto dolente).
Entrambe le volte l'ho riaccolto perché innamorata folle.
Dopo la seconda volta abbiamo costuito un rapporto stupendo: innamorati, complici, amici, amanti.
Ma ho sempre avuto il tarlo che avesse rinunciato alla "vecchia vita" fatta di serate, solo per me.
Ogni volta che però gliene parlavo, mi diceva che gli bastavo io, che non era un problema, che era contento.
Comincia qualche settimana fa, per lui, un periodo brutto, a seguito di cui, forse preso dalla confusione, a mia insaputa va a far serata in discoteca, rincontra una persona del passato (con cui non era successo nulla in precedenza) e mi tradisce.
Me lo confessa qualche giorno fa, dopo giorni strani in cui ho cercato di stargli vicino, ma mi respingeva fisicamente (semtendosi forse in colpa).
È stata una doccia fredda, sono una ragazza ansiosa che somatizza molto l'ansia soprattutto a livello dello stomaco: non riesco a mangiare, dormire, piango e basta.
Come ciliegina sulla torta c'è stato il suo atteggiamento di chiusura: non ha voluto raccontarmi nulla, se non che è successo più di una volta, e non ha nemmeno provato a chiedere pedono.
Questo è stata per me la parte forse più dolorosa del pensare a lui con un'altra (cosa che mi fa venire il vomito), il fatto che nemmeno abbia provato a chiedere scusa per recuperare al danno fatto.
Quando gliel'ho fatto notare, mi ha risposto: "so come la pensi sul tradimento, non mi perdoneresti mai".
Mazzata gigantesca: tradimento condito da menefreghismo.
Tutti continuano a ripetermi che tornerà, esattamente com'è tornato le altre volte che mi ha lasciata.
E la cosa peggiore e di cui mi vergogno è che molto probabilmente, se lui tornasse a chiedere perdono, me lo riprenderei.
Possibile che non abbia abbastanza amore per me stessa da non permettergli di darmi per scontata e di fare con me "vado e torno" quando vuole?
Il percorso dalla psicologia l'ho dovuto interrompere per una questione economica, ma ai tempi era un periodo in cui tutto sommato avevo trovato una sorta di equilibrio.
Questa situazione mi ha devastata: mi sento svuotata, triste, tradita, delusa, arrabbiata, ma non posso ammalarmi ogni volta che qualcosa non va.
Se mai tornasse, sarebbe giusto perdonare un tradimento?
scrivo perché vorrei un riscontro sincero su quello che è successo.
Qualche giorno fa il mio ragazzo ha confessato di avermi tradita.
Quando ci siamo conosciuti era una persona avezza a fare serata, questa cosa è stata motivo di litigio all'inizio della relazione perché io non mi fidavo di lui.
Con il tempo abbiamo creato un rapporto di reciproca fiducia, ma per ben 2 volte, in suoi momenti di confusione o di problematiche personali, lui mi ha lasciata con la scusa dell'incompatibilità e della troppa diversità (io ai tempi frequentavo una psicologa che ha sempre sostenuto che il problema non fosse l'incompatibilità, quanto più il mio bisogno di pretendere da lui amore sconfinato per colmare quello genitoriale che per me è sempre stato un punto dolente).
Entrambe le volte l'ho riaccolto perché innamorata folle.
Dopo la seconda volta abbiamo costuito un rapporto stupendo: innamorati, complici, amici, amanti.
Ma ho sempre avuto il tarlo che avesse rinunciato alla "vecchia vita" fatta di serate, solo per me.
Ogni volta che però gliene parlavo, mi diceva che gli bastavo io, che non era un problema, che era contento.
Comincia qualche settimana fa, per lui, un periodo brutto, a seguito di cui, forse preso dalla confusione, a mia insaputa va a far serata in discoteca, rincontra una persona del passato (con cui non era successo nulla in precedenza) e mi tradisce.
Me lo confessa qualche giorno fa, dopo giorni strani in cui ho cercato di stargli vicino, ma mi respingeva fisicamente (semtendosi forse in colpa).
È stata una doccia fredda, sono una ragazza ansiosa che somatizza molto l'ansia soprattutto a livello dello stomaco: non riesco a mangiare, dormire, piango e basta.
Come ciliegina sulla torta c'è stato il suo atteggiamento di chiusura: non ha voluto raccontarmi nulla, se non che è successo più di una volta, e non ha nemmeno provato a chiedere pedono.
Questo è stata per me la parte forse più dolorosa del pensare a lui con un'altra (cosa che mi fa venire il vomito), il fatto che nemmeno abbia provato a chiedere scusa per recuperare al danno fatto.
Quando gliel'ho fatto notare, mi ha risposto: "so come la pensi sul tradimento, non mi perdoneresti mai".
Mazzata gigantesca: tradimento condito da menefreghismo.
Tutti continuano a ripetermi che tornerà, esattamente com'è tornato le altre volte che mi ha lasciata.
E la cosa peggiore e di cui mi vergogno è che molto probabilmente, se lui tornasse a chiedere perdono, me lo riprenderei.
Possibile che non abbia abbastanza amore per me stessa da non permettergli di darmi per scontata e di fare con me "vado e torno" quando vuole?
Il percorso dalla psicologia l'ho dovuto interrompere per una questione economica, ma ai tempi era un periodo in cui tutto sommato avevo trovato una sorta di equilibrio.
Questa situazione mi ha devastata: mi sento svuotata, triste, tradita, delusa, arrabbiata, ma non posso ammalarmi ogni volta che qualcosa non va.
Se mai tornasse, sarebbe giusto perdonare un tradimento?
Gentile utente,
ecco il "riscontro sincero" che chiede.
Alla domanda: "Se mai tornasse, sarebbe giusto perdonare un tradimento?" può rispondere solo lei, mettendo da parte il concetto di "giusto" e adottando quello di "opportuno".
Infatti lei non è un giudice, e poi una relazione non si tiene in piedi sulla base di ciò che è giusto ma sulla base dei sentimenti, bisogni e valori delle due persone, dei loro progetti e dei patti espliciti o impliciti sui quali hanno costruito la coppia.
Le segnalo alcuni di questi elementi in forma di domanda, per aiutarla a prendere una decisione; altri li troverà guardando con sincerità dentro di sé.
1) Lei ama quest'uomo, e lo stima, nonostante la sua volontà di cercare incontri sessuali con altre donne?
2) Lo vede nel suo futuro, malgrado questa tendenza all'infedeltà e la ferita che ha aperto in lei, o crede illusoriamente di poterlo modificare?
3) Saprà davvero perdonare, e in che modo, visto che lui nemmeno le chiede di perdonarlo?
4) Non pensa che gli eventi che avete attraversato possano aver creato dei solchi difficilmente colmabili tra voi, e non crede che se lui manifestasse la volontà di tornare, solo una seria discussione sugli errori di tutti e due vi permetterebbe di ricominciare su basi rinnovate?
Dico questo perché alla mancata fedeltà del suo partner corrispondono, da parte di lei, dei tratti di comportamento distruttivi della relazione. Vediamo quali.
All'inizio della relazione lei "non si fidava" di lui e ciò "causava litigi", il che può significare che lei voleva imporgli un determinato comportamento, e questo non è da persona innamorata e gelosa, ma da persona possessiva, forse perché affetta da sindrome abbandonica. Infatti la sua psicologa ha chiarito che lui non l'ha lasciata due volte per presunte incompatibilità, ma per il suo "bisogno di pretendere da lui amore sconfinato".
A conferma della suddetta sindrome lei si descrive in questi termini: "sono una ragazza ansiosa che somatizza molto l'ansia soprattutto a livello dello stomaco: non riesco a mangiare, dormire, piango e basta".
Lei forse prende questi sintomi di un disturbo psicologico come se fossero una sua natura immodificabile; infatti invece di curarsi lascia la sua psicologa e forse crede che i suoi sintomi, anziché respingere un uomo innamorato, possano forzarlo a restarle accanto, alle condizioni penose e costrittive determinate da essi.
In genere questa sindrome determina la scelta di persone problematiche con difficoltà di attaccamento, e la coazione a ripetere l'evento abbandonico, replicando comportamenti che esasperano il partner.
Provi a tornare dalla sua curante, o in ogni caso a riprendere la terapia e a portarla fino in fondo. Questa è la strada per presentare una sé stessa nuova sia al suo ex, se volesse tornare, sia ad un diverso partner.
Buone cose.
ecco il "riscontro sincero" che chiede.
Alla domanda: "Se mai tornasse, sarebbe giusto perdonare un tradimento?" può rispondere solo lei, mettendo da parte il concetto di "giusto" e adottando quello di "opportuno".
Infatti lei non è un giudice, e poi una relazione non si tiene in piedi sulla base di ciò che è giusto ma sulla base dei sentimenti, bisogni e valori delle due persone, dei loro progetti e dei patti espliciti o impliciti sui quali hanno costruito la coppia.
Le segnalo alcuni di questi elementi in forma di domanda, per aiutarla a prendere una decisione; altri li troverà guardando con sincerità dentro di sé.
1) Lei ama quest'uomo, e lo stima, nonostante la sua volontà di cercare incontri sessuali con altre donne?
2) Lo vede nel suo futuro, malgrado questa tendenza all'infedeltà e la ferita che ha aperto in lei, o crede illusoriamente di poterlo modificare?
3) Saprà davvero perdonare, e in che modo, visto che lui nemmeno le chiede di perdonarlo?
4) Non pensa che gli eventi che avete attraversato possano aver creato dei solchi difficilmente colmabili tra voi, e non crede che se lui manifestasse la volontà di tornare, solo una seria discussione sugli errori di tutti e due vi permetterebbe di ricominciare su basi rinnovate?
Dico questo perché alla mancata fedeltà del suo partner corrispondono, da parte di lei, dei tratti di comportamento distruttivi della relazione. Vediamo quali.
All'inizio della relazione lei "non si fidava" di lui e ciò "causava litigi", il che può significare che lei voleva imporgli un determinato comportamento, e questo non è da persona innamorata e gelosa, ma da persona possessiva, forse perché affetta da sindrome abbandonica. Infatti la sua psicologa ha chiarito che lui non l'ha lasciata due volte per presunte incompatibilità, ma per il suo "bisogno di pretendere da lui amore sconfinato".
A conferma della suddetta sindrome lei si descrive in questi termini: "sono una ragazza ansiosa che somatizza molto l'ansia soprattutto a livello dello stomaco: non riesco a mangiare, dormire, piango e basta".
Lei forse prende questi sintomi di un disturbo psicologico come se fossero una sua natura immodificabile; infatti invece di curarsi lascia la sua psicologa e forse crede che i suoi sintomi, anziché respingere un uomo innamorato, possano forzarlo a restarle accanto, alle condizioni penose e costrittive determinate da essi.
In genere questa sindrome determina la scelta di persone problematiche con difficoltà di attaccamento, e la coazione a ripetere l'evento abbandonico, replicando comportamenti che esasperano il partner.
Provi a tornare dalla sua curante, o in ogni caso a riprendere la terapia e a portarla fino in fondo. Questa è la strada per presentare una sé stessa nuova sia al suo ex, se volesse tornare, sia ad un diverso partner.
Buone cose.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

Utente
La ringrazio innanzitutto per la risposta.
Sono una persona molto autocritica e capace di ammettere le proprie mancanze/errori.
Sicuramente all'inizio di questa relazione ho messo in atto tutti questi atteggiamenti di cui parla, volti a distruggere il rapporto, spesso per vedere se mi sopportava abbastanza da rimanere.
Sono figlia di un padre alcolista e di una madre che ha avuto problemi di depressione per gran parte della sua vita.
Mettere alla prova le persone e quasi esasperarle per vedere se rimangono è sempre stato un atteggiamento sbagliato che ho riconosciuto.
Credo che il percorso di terapia, anche se non portato a termine, mi abbia già migliorata molto.
Nei confronti del mio ex ragazzo sono stata oppressiva per il primo anno (periodo delle prime due rotture) a seguito di cui non ho avuto ragioni per dubitare di lui (è stato perfetto con me) e mi sono sempre poi fidata ciecamente, lasciandoci la libertà necessaria in un rapporto.
Negl'ultimi 3 anni credo che il rapporto avesse raggiunto una maturità ben diversa dall'inizio e non mi sembra di aver messo in atto atteggiamenti distruttivi (chiaramente mi metto in dubbio, magari inconsapevolmente l'ho fatto senza accorgermene) tant'è che entrambi eravamo molto sereni in questa relazione (e lo dico perché abbiamo avuto sempre tantissimo dialogo e comunicazione).
Lui è una persona molto riservata e chiusa, parla a fatica dei propri sentimenti, ma ero diventata per lui forse l'unica persona con cui parlava sinceramente di quello che gli è sempre passato per la testa.
È la classica persona che lascia che le cose "sbolliscano" e poi torna a parlarne con lucidità. Credo farà lo stesso anche questa volta, penso sia il motivo per cui non mi ha chiesto perdono o non ha voluto approfondire il discorso (questo è quello che penso per come lo consoco, magari sbaglio).
Con estrema sincerità penso di non aver cercato di sabotare il rapporto da 3 anni, ero super serena e felice, stavamo inziando a guardare casa insieme, abbiamo un bellissimo rapporto con i reciproci genitori.
Per rispondere al suo quarto questito, penso quei solchi fossero stati colmati.
Le altre tre domande devo elaborarle bene perché onestamente non so se ho una riposta certa.
La prima probabilmente sarebbe un no come risposta, non dovrebbe già questo farmi smettere di desiderare un uomo a cui non sono bastata io e ha avuto la necessità di cercare un altro rapporto intimo?
Accettarlo non sarebbe sintomo di poco amor proprio?
Sicuramente riprende il percorso con la terapeuta è necessario, credo lo farò anche se purtroppo non è il periodo ottimale a livello economico, ma comprendo di avere molto su cui lavorare.
Sono una persona molto autocritica e capace di ammettere le proprie mancanze/errori.
Sicuramente all'inizio di questa relazione ho messo in atto tutti questi atteggiamenti di cui parla, volti a distruggere il rapporto, spesso per vedere se mi sopportava abbastanza da rimanere.
Sono figlia di un padre alcolista e di una madre che ha avuto problemi di depressione per gran parte della sua vita.
Mettere alla prova le persone e quasi esasperarle per vedere se rimangono è sempre stato un atteggiamento sbagliato che ho riconosciuto.
Credo che il percorso di terapia, anche se non portato a termine, mi abbia già migliorata molto.
Nei confronti del mio ex ragazzo sono stata oppressiva per il primo anno (periodo delle prime due rotture) a seguito di cui non ho avuto ragioni per dubitare di lui (è stato perfetto con me) e mi sono sempre poi fidata ciecamente, lasciandoci la libertà necessaria in un rapporto.
Negl'ultimi 3 anni credo che il rapporto avesse raggiunto una maturità ben diversa dall'inizio e non mi sembra di aver messo in atto atteggiamenti distruttivi (chiaramente mi metto in dubbio, magari inconsapevolmente l'ho fatto senza accorgermene) tant'è che entrambi eravamo molto sereni in questa relazione (e lo dico perché abbiamo avuto sempre tantissimo dialogo e comunicazione).
Lui è una persona molto riservata e chiusa, parla a fatica dei propri sentimenti, ma ero diventata per lui forse l'unica persona con cui parlava sinceramente di quello che gli è sempre passato per la testa.
È la classica persona che lascia che le cose "sbolliscano" e poi torna a parlarne con lucidità. Credo farà lo stesso anche questa volta, penso sia il motivo per cui non mi ha chiesto perdono o non ha voluto approfondire il discorso (questo è quello che penso per come lo consoco, magari sbaglio).
Con estrema sincerità penso di non aver cercato di sabotare il rapporto da 3 anni, ero super serena e felice, stavamo inziando a guardare casa insieme, abbiamo un bellissimo rapporto con i reciproci genitori.
Per rispondere al suo quarto questito, penso quei solchi fossero stati colmati.
Le altre tre domande devo elaborarle bene perché onestamente non so se ho una riposta certa.
La prima probabilmente sarebbe un no come risposta, non dovrebbe già questo farmi smettere di desiderare un uomo a cui non sono bastata io e ha avuto la necessità di cercare un altro rapporto intimo?
Accettarlo non sarebbe sintomo di poco amor proprio?
Sicuramente riprende il percorso con la terapeuta è necessario, credo lo farò anche se purtroppo non è il periodo ottimale a livello economico, ma comprendo di avere molto su cui lavorare.
Gentile utente,
sono lieta di sapere che la sua paura dell'abbandono le è nota e in parte è tenuta sotto controllo.
Come spiega però il fatto che in un rapporto incamminato su binari sereni e progettuali lui abbia sentito il bisogno di tradirla?
Un'ipotesi può trovarla in quello che ho scritto sulla sua sindrome, ossia che "determina la scelta di persone problematiche con difficoltà di attaccamento".
In altre parole, cerchiamo la conferma di ciò che già sappiamo anche quando la temiamo, per un meccanismo mentale secondo cui è meno ansiogeno sapere che il mondo va in una direzione a noi nota, anche se sgradita. Di qui deriva la tendenza di chi ha paura dell'abbandono a scegliere partner inaffidabili, di cui percepisce la tendenza al tradimento e alla fuga.
Fra l'altro lei non ci ha detto perché e come lui ha confessato il tradimento, e se in seguito è stato lui a troncare la vostra relazione o lei stessa.
Significativo il fatto che il vostro rapporto fosse giunto nella fase in cui "stavamo iniziando a guardare casa insieme", momento di conferma del legame per la maggior parte delle persone, ad eccezione di coloro che hanno un attaccamento evitante, i quali al contrario temono di finire in trappola e mettono inconsciamente in atto meccanismi di fuga.
Tutto questo risponde in parte alla prima delle sue domande: "non dovrebbe già questo farmi smettere di desiderare un uomo a cui non sono bastata io e ha avuto la necessità di cercare un altro rapporto intimo?"
Il non amarlo o il non stimarlo non bastano, se lei dentro di sé è convinta di non meritare un amore totale, e in fondo sa anche di aver scelto un uomo che non ne è capace.
A completamento di questo, la seconda domanda: "Accettarlo non sarebbe sintomo di poco amor proprio?" può avere una risposta ambivalente.
Chi non si ritiene degno dell'amore integrale di cui sopra può ritenere giusto accettare un amore diminuito, a motivo della scarsa autostima.
Ma c'è anche un altro modo di vedere le cose. Poniamo che lei senta una profonda affinità, fisica e mentale, con quest'uomo, e che sappia di poter ricavare dalla relazione con lui un grande benessere.
In questo caso, rinunciare a lui sarebbe un'azione punitiva che colpirebbe lei stessa.
Il cosiddetto "amor proprio" vuol dire "amore di sé", cura del proprio benessere, e non orgoglio distruttivo.
Rimane da capire come lei vivrà il ricordo di questo tradimento e come affronterete tutti e due il vostro eventuale futuro insieme.
Ovviamente la riflessione, meglio se guidata da uno specialista, sarebbe per entrambi molto utile
Auguri. Se le va, ci tenga al corrente.
sono lieta di sapere che la sua paura dell'abbandono le è nota e in parte è tenuta sotto controllo.
Come spiega però il fatto che in un rapporto incamminato su binari sereni e progettuali lui abbia sentito il bisogno di tradirla?
Un'ipotesi può trovarla in quello che ho scritto sulla sua sindrome, ossia che "determina la scelta di persone problematiche con difficoltà di attaccamento".
In altre parole, cerchiamo la conferma di ciò che già sappiamo anche quando la temiamo, per un meccanismo mentale secondo cui è meno ansiogeno sapere che il mondo va in una direzione a noi nota, anche se sgradita. Di qui deriva la tendenza di chi ha paura dell'abbandono a scegliere partner inaffidabili, di cui percepisce la tendenza al tradimento e alla fuga.
Fra l'altro lei non ci ha detto perché e come lui ha confessato il tradimento, e se in seguito è stato lui a troncare la vostra relazione o lei stessa.
Significativo il fatto che il vostro rapporto fosse giunto nella fase in cui "stavamo iniziando a guardare casa insieme", momento di conferma del legame per la maggior parte delle persone, ad eccezione di coloro che hanno un attaccamento evitante, i quali al contrario temono di finire in trappola e mettono inconsciamente in atto meccanismi di fuga.
Tutto questo risponde in parte alla prima delle sue domande: "non dovrebbe già questo farmi smettere di desiderare un uomo a cui non sono bastata io e ha avuto la necessità di cercare un altro rapporto intimo?"
Il non amarlo o il non stimarlo non bastano, se lei dentro di sé è convinta di non meritare un amore totale, e in fondo sa anche di aver scelto un uomo che non ne è capace.
A completamento di questo, la seconda domanda: "Accettarlo non sarebbe sintomo di poco amor proprio?" può avere una risposta ambivalente.
Chi non si ritiene degno dell'amore integrale di cui sopra può ritenere giusto accettare un amore diminuito, a motivo della scarsa autostima.
Ma c'è anche un altro modo di vedere le cose. Poniamo che lei senta una profonda affinità, fisica e mentale, con quest'uomo, e che sappia di poter ricavare dalla relazione con lui un grande benessere.
In questo caso, rinunciare a lui sarebbe un'azione punitiva che colpirebbe lei stessa.
Il cosiddetto "amor proprio" vuol dire "amore di sé", cura del proprio benessere, e non orgoglio distruttivo.
Rimane da capire come lei vivrà il ricordo di questo tradimento e come affronterete tutti e due il vostro eventuale futuro insieme.
Ovviamente la riflessione, meglio se guidata da uno specialista, sarebbe per entrambi molto utile
Auguri. Se le va, ci tenga al corrente.
Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

Utente
Mi colpisce molto ciò: "Poniamo che lei senta una profonda affinità, fisica e mentale, con quest'uomo, e che sappia di poter ricavare dalla relazione con lui un benessere costante. In questo caso, rinunciare a lui non sarebbe un'azione punitiva che colpirebbe prima di tutto lei stessa?"
Mi rendo conto di aver raccontato l’accaduto non chiarendo il tipo d’uomo che è stato lui all’interno della coppia.
Le prime due volte in cui ci siamo lasciati, sono state ravvicinate, in quanto credo non avessimo creato delle basi solide dopo il primo riavvicinamento. Ai tempi certamente il fatto che lui non fosse completamente pronto ad impegnarsi in una relazione seria e il mio richiedere costantemente attenzioni, è stato un mix esplosivo. La rottura la prima volta è durata una settimana, la seconda qualche mese, in cui ci siamo comunque sentiti spesso.
In questi momenti di pausa nessuno dei due ha cercato altre persone o avuto rapporti con altri (questo lui me l’ha sempre giurato).
Da quando siamo tornati insieme non è mai stato una persona sfuggente o dubbiosa.. non mi ha mai lasciato intendere insoddisfazione in questo rapporto.
Entrambi avevamo la volontà di cercare casa insieme, lui era forse più insistente di me.
Quando dico che i miglioramenti, seppur non definitivi, c’erano stati con la mia psicologa, parlo del fatto che, sicuramente anche grazie al percorso fatto, avevamo creato un rapporto sano in cui nessuno dei due scappava e nessuno dei due veniva rincorso: era un restare perché entrambi ne avevamo voglia. Non credo di aver messo in atto atteggiamenti per inseguire una persona che non poteva/voleva rimanere.
Negl’ultimi anni è sempre stato attento e premuroso: mi ha viziata in ogni modo possibile: attenzioni, parole dolci, regali anche senza ricorrenze particolari. Il motivo per cui questa relazione andava avanti era un amore che credo fosse puro e ambivalente. Tutte le persone attorno mi hanno sempre detto: come sei fortunata, guarda come ti tratta, ha gli occhi a cuoricino.
Scoprire del tradimento è stato uno shock perché totalmente inaspettato ed ha sconvolto me, tanto quanto le persone che ci circondano.
È successo da pochissimo, qualche giorno fa, dopo una litigata per cui lo vedevo distante, dopo moltissimi giri di parole mi ha confessato che il motivo della sua stranezza era di essere andato in discoteca (senza avermelo detto) e di aver incontrato una vecchia amica e che è avvenuto il rapporto la sera stessa.
Io presa dalla rabbia ho iniziato sicuramente a dire cose poco carine, lui di riflesso si è messo sulla difensiva.
Non ha voluto in nessun modo raccontarmi dettagli (il motivo ancora non l'ho capito? Vergogna?), ma al mio: vabbè buona vita allora, dettato dalla rabbia, mi ha domandato: è un addio?. Ho risposto che non sapevo cosa si potesse aspettare di diverso.
Diciamo che non c’è stato un chiaro messaggio a parole da parte di nessuno dei due sulla rottura definitiva, ma è stata una deduzione per cui sapeva che io sono sempre stata molto severa sul fatto che il tradimento non si perdoni.
Sicuramente ci rincontreremo per parlarne e decidere come procedere in maniera più lucida, ma è una cosa che mi spaventa perché lo amo molto e credo di poter cedere al perdono, se lui mi desse segnali di voler risanare il rapporto.
Non credo di aver inseguito una persona sfuggente per colmare un mio dolore interno (nonostante io sia ben consapevole dei traumi infantili che devo ancora risolvere). Mi sono sentita amata, posso davvero non aver colto segnali?
Può essere che nonostante sia stato super presente, sia invece in cuor suo, come dice lei una persona che non sa legarsi davvero?
Mi rendo conto di aver raccontato l’accaduto non chiarendo il tipo d’uomo che è stato lui all’interno della coppia.
Le prime due volte in cui ci siamo lasciati, sono state ravvicinate, in quanto credo non avessimo creato delle basi solide dopo il primo riavvicinamento. Ai tempi certamente il fatto che lui non fosse completamente pronto ad impegnarsi in una relazione seria e il mio richiedere costantemente attenzioni, è stato un mix esplosivo. La rottura la prima volta è durata una settimana, la seconda qualche mese, in cui ci siamo comunque sentiti spesso.
In questi momenti di pausa nessuno dei due ha cercato altre persone o avuto rapporti con altri (questo lui me l’ha sempre giurato).
Da quando siamo tornati insieme non è mai stato una persona sfuggente o dubbiosa.. non mi ha mai lasciato intendere insoddisfazione in questo rapporto.
Entrambi avevamo la volontà di cercare casa insieme, lui era forse più insistente di me.
Quando dico che i miglioramenti, seppur non definitivi, c’erano stati con la mia psicologa, parlo del fatto che, sicuramente anche grazie al percorso fatto, avevamo creato un rapporto sano in cui nessuno dei due scappava e nessuno dei due veniva rincorso: era un restare perché entrambi ne avevamo voglia. Non credo di aver messo in atto atteggiamenti per inseguire una persona che non poteva/voleva rimanere.
Negl’ultimi anni è sempre stato attento e premuroso: mi ha viziata in ogni modo possibile: attenzioni, parole dolci, regali anche senza ricorrenze particolari. Il motivo per cui questa relazione andava avanti era un amore che credo fosse puro e ambivalente. Tutte le persone attorno mi hanno sempre detto: come sei fortunata, guarda come ti tratta, ha gli occhi a cuoricino.
Scoprire del tradimento è stato uno shock perché totalmente inaspettato ed ha sconvolto me, tanto quanto le persone che ci circondano.
È successo da pochissimo, qualche giorno fa, dopo una litigata per cui lo vedevo distante, dopo moltissimi giri di parole mi ha confessato che il motivo della sua stranezza era di essere andato in discoteca (senza avermelo detto) e di aver incontrato una vecchia amica e che è avvenuto il rapporto la sera stessa.
Io presa dalla rabbia ho iniziato sicuramente a dire cose poco carine, lui di riflesso si è messo sulla difensiva.
Non ha voluto in nessun modo raccontarmi dettagli (il motivo ancora non l'ho capito? Vergogna?), ma al mio: vabbè buona vita allora, dettato dalla rabbia, mi ha domandato: è un addio?. Ho risposto che non sapevo cosa si potesse aspettare di diverso.
Diciamo che non c’è stato un chiaro messaggio a parole da parte di nessuno dei due sulla rottura definitiva, ma è stata una deduzione per cui sapeva che io sono sempre stata molto severa sul fatto che il tradimento non si perdoni.
Sicuramente ci rincontreremo per parlarne e decidere come procedere in maniera più lucida, ma è una cosa che mi spaventa perché lo amo molto e credo di poter cedere al perdono, se lui mi desse segnali di voler risanare il rapporto.
Non credo di aver inseguito una persona sfuggente per colmare un mio dolore interno (nonostante io sia ben consapevole dei traumi infantili che devo ancora risolvere). Mi sono sentita amata, posso davvero non aver colto segnali?
Può essere che nonostante sia stato super presente, sia invece in cuor suo, come dice lei una persona che non sa legarsi davvero?
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 217 visite dal 15/03/2025.
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