Gestione di una amicizia tra nascita e aborto

Buongiorno,

scrivo perché nel limbo sofferente di una amicizia in cui non riesco a trovare un equilibrio.
Vorrei conoscere la vostra visione.
La mia migliore amica ha avuto un bimbo e in parallelo io un aborto (dopo anni e anni di scambio di questo desiderio da parte mia e il racconto nervoso suo nei pochi mesi di ricerca gravidanza in cui odiava tutta la gente con figli).
Nonostante l’aborto nei suoi ultimi mesi di gravidanza le sono stata vicino chiedendo come stava, se era stanca, se avesse difficoltà ect (senza chiedere foto o altro perché non ce la facevo a gestirle) finché negli ultimi due suoi mesi di gravidanza scrivevo soltanto io e sentivo stizzimento per il fatto dovesse limitarsi nei gruppi insieme.
Prima della nascita mi scrive che non ha voglia di scrivermi per non dover filtrare e limitare la sua felicità, ribaltando completamente le cose vale a dire che un nostro dolore era diventato un fastidio nella sua espressione di gioia.
Aggiunge inoltre che io nn le ho chiesto foto di pance o fiocchi nascita.
Il giorno del parto siamo state insieme in chat tutto il tempo e così il mese successivo.
Nei gruppi posta foto del figlio e notizie di festeggiamenti ma immagino limitatamente rispetto a quanto vorrebbe ect Per me però questa amicizia è solo causa di sofferenza, al lutto di aver perso un bimbo credo di aver perso anche una amicizia che si è dimostrata troppo sbilanciata, poco sensibile e anche smaniosa di protagonismo.
Avrei accolto la sua felicità ma non posso accogliere questo ribaltamento del problema.
Ora che ha saputo che nello stesso mese in cui ho perso il bimbo sono iniziati tanti altri problemi familiari che ho taciuto proprio per tutelare la sua serenità e felicità mi scrive cose del tipo se vuoi scrivine.
Vorrei solo chiudere questo rapporto, mi sto limitando nel farlo perché so bene che sono in un periodo in cui vedo tutto nero.
A distanza di mesi non si innesta alcuna gravidanza e lo stress che sta scatenando questa relazione peggiora l’umore.
Dr.ssa Mariateresa Di Taranto Psicologo 206 20
Gentile utente,

credo di comprendere profondamente quello che sta vivendo.
L'aborto è di per sé doloroso e traumatico in quanto esperienza di perdita, di percezione del proprio corpo come luogo di morte, che espelle il figlio anziché accoglierlo e contenerlo, offrirgli calore e riparo, e dunque anche di colpa e di inadeguatezza, perché viene vissuto come un attentato alla propria capacità generativa.
Nel suo caso tale esperienza si intreccia col confronto e col rapporto tra lei e la sua amica, che pur non avendo mostrato il suo stesso desiderio di maternità, alla fine realizza il suo sogno (di lei che ci scrive). Così lei diviene una spettatrice della felicità della sua amica, venendone poi anche estromessa, forse a causa dei sensi di colpa che quest'ultima nutre verso di lei.

Infatti lei è sicuramente colei che ha perso di più, che ha sofferto di più, ma credo che anche la posizione della sua amica non sia facile, in quanto oltre ai sensi di colpa, forse intuisce la sua rabbia legittima e sente di non poterle consegnare una gioia che probabilmente percepisce come immeritata, o di cui forse entrambe pensavate che lei avesse più diritto. Forse è proprio questo che dalle vostre due posizioni differenti vi accomuna.
Capisco il ribaltamento di cui parla: avrebbe voluto essere lei l'unica vittima, l'unica persona a soffrire, ad essere consolata, compresa, l'unica a poter essere arrabbiata. E invece viene anche allontanata e riceve recriminazioni, così si ritrova ancora più delusa.

Le consiglio di intraprendere un percorso di supporto psicologico per elaborare la perdita di qualcosa che in un certo senso non c'è stato, pur essendoci, perché era presente nella sua mente, nel suo cuore. Oltre a ciò potrebbe essere aiutata a superare la perdita riparando e ricreando la sua capacità di generare, figli o molto altro. Si faccia sostenere anche dal suo compagno, tale esperienza potrebbe unirvi di più come coppia.
Per quanto concerne la sua amica, comprendo che adesso vorrebbe allontanarla, può prendere in considerazione l'idea di aspettare che le ferite facciano meno male, che la rabbia lasci il posto all'amarezza e poi parlare con lei, oppure restare nell'attesa; a volte i rapporti dopo le rotture, con il tempo che affievolisce le emozioni, si ricostituiscono.
Intanto si prenda cura di sé.

Cordiali saluti.

Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it

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