Decesso per glioblastoma

Mia moglie è stata operata per glioblastoma a maggio 2024.
Intervento riuscito perfettamente.
A distanza di circa due mesi dall intervento è stata sottoposta a radioterapia e in contemporanea su indicazione dello oncologo a chemioterapia per via orale con temozolomide per tre settimane.
Al termine dei trattamenti per la comparsa di petecchie su tutto il corpo è stato necessario il ricovero per una pancitopenia causata da tossicità da chemioterapia.
I medici mi hanno detto che durante I trattamenti con la temozolomide avrebbe dovuto fare esami periodici del sangue tipo emocromo etc.
A causa dello stato tossico con valori delle piastrine di 6000 GTT da 2000/3000 sono stati necessari tre settimane di ricovero in reparto di oncologia medica.
Dopo le dimissioni le sue condizioni di immunosopressione sono rimaste compromesse, infatti dopo circa un mese a seguito di una polmonite bilaterale è deceduta dopo due settimane di ospedalizzazione.
Sono passati due mesi dal decesso e non riesco a rassegnarmi perché sono convinto che mia moglie è deceduta a causa dei mancati controlli durante la chemioterapia che ha determinato uno stato tossico irreversibile.

Chiedo se effettuando controlli ed esami periodici sui parametri del sangue si sarebbe potuto evitare quella condizione di tossicità che ha determinato il decesso di mia moglie soprattutto perché prima dei suddetti trattamenti stava benissimo seppure affetta da una patologia importante.

Grazie
Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 4.7k 200
Gentile utente,
non so se per errore o per scelta lei ha posto la sua domanda non in ematologia né in oncologia, ma in psicologia.
Le risponderò dunque da psicologa, perché la perdita che ha subito è in ogni caso devastante, e i dubbi clinici che si pone senza trovare risposta non possono fare altro che acuire la sua sofferenza.
Rispondo prima di tutto alla sua domanda esplicita, ma la invito però a postarla di nuovo nella nostra sezione di ematologia oncologica.
Le rispondo da assoluta profana in campo medico, solo in base a quello che ho visto nei centri di cura oncologici. Come avrà verificato anche su internet, la cura standard per il glioblastoma è quella che ha ricevuto sua moglie: rimozione chirurgica seguita da chemio associata a radioterapia. Lei specifica: "I medici mi hanno detto che durante I trattamenti con la temozolomide avrebbe dovuto fare esami periodici del sangue tipo emocromo etc."
Quali medici? Quelli che hanno seguito sua moglie, o altri?
In genere i controlli di cui parla vengono fatti prima di ogni somministrazione di chemioterapia. Lei ricorda se a sua moglie veniva fatto un prelievo ematico? Potrebbe non ricordarlo. Che io sappia è la prassi, ma come ripeto non sono medico.
Devo aggiungere, sempre da profana, che anche controlli molto puntuali potrebbero non aver rilevato un peggioramento dei valori ematici non progressivo, ma improvviso; evento per nulla impossibile in qualunque patologia.
In altre parole, i primi a cui rivolgere la sua domanda, dopo aver acquisito la cartella clinica, sono i medici del centro oncologico dove sua moglie è stata curata. Solo se questi medici non sapranno darle risposte puntuali, confortate dai dati della cartella clinica, lei potrà prendere in considerazione l'idea che non è stata una fatalità nel rapporto tra organismo, malattia e farmaci a portarle via sua moglie, ma una causa di origine medica.
Anche in questo caso, e di nuovo le ricordo che parlo da profana, lei può appurare parlando con il curante di sua moglie se c'erano delle alternative: in altre parole se somministrando il farmaco i medici hanno fatto la scelta unica possibile, per quanto rischiosa; e se interrompere la cura una volta accertata la sua tossicità avrebbe garantito a sua moglie una sopravvivenza maggiore.
Lei è torturato, e la comprendo, dalla considerazione: "prima dei suddetti trattamenti stava benissimo seppure affetta da una patologia importante".
Ma appunto, era in cammino, non sappiamo quanto precipitoso, una grave patologia. Se i medici avessero ritenuto che non valeva la pena di tentare nessuna cura, quale sarebbe stata la reazione sua e di sua moglie? Il più delle volte la cura è la porta aperta sulla speranza e migliora lo stato d'animo del paziente, per quanto invalidante e dolorosa.
Su questa pagina accogliamo proprio in questi giorni l'amara disperazione di una figlia la cui madre ottantenne, sentendosi annunciare un cancro, ha rifiutato la terapia. Come si può sentire un congiunto, in questi casi?
Voi invece avete aperto la porta alla speranza e forse è stato fatto tutto il possibile nel modo migliore; anche il non sospendere la terapia potrebbe essere stata, non una trascuratezza, ma una scelta del rischio minore.
Tutto questo, le ripeto, va appurato coi medici responsabili, e non con altri sanitari, magari di altre specialità.
Solo dopo un suo colloquio col curante e l'acquisizione della cartella clinica si potrà parlare del recupero di una sua serenità, per ora doppiamente compromessa, dal lutto e dal timore che ci sia stata un'inadempienza tra le cause della grave perdita che ha subito.
Per qualunque sua ulteriore comunicazione o domanda, siamo qui.
Infiniti auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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