Non so a chi dovrei rivolgermi

Buonasera, sono un ragazzo di 23 anni.

Se Dio vuole, a luglio mi laureerò in Medicina e Chirurgia.


Chiarisco questo elemento già dall'inizio perché credo sia fondamentale per permettere al professionista di inquadrarmi a pieno, dato che l'università ha un ruolo del tutto centrale nella mia vita.


Perché scrivo qui?
Non lo so, tutto sommato le cose in università procedono.
Il resto?
Il resto parrebbe non esserci, passo molto tempo davanti al telefono, certi giorni 2 ore, altri 4, altri 6 ore.
Ciò mi mortifica enormemente, per un bel periodo ho cercato di disintossicarmi, ma purtroppo è più forte di me.

Tolto questo non c'è nulla, pare che usare il telefono sia la mia unica alternativa allo studio.

Perchè?

Perché non è mai una reale pausa, sono davanti al libro mentre lo uso, non mi sto realmente distraendo, lo uso un pochino e poi riprendo, e sommando il tempo complessivo a fine giornata il report mi segna che l'ho utilizzato per ore ed ore.


Ma questa è l'unica cosa che riesco a concedermi, perché in fin dei conti succede e basta, non perché io lo voglia.

Tutto il resto lo boccio a prescindere, perché ho un pallino, quasi un'ossessione, dal dover studiare.
Quindi l'unica cosa che a conti fatti faccio al di fuori di studiare è usare il telefono.
Non vado a correre perchè mi sento in colpa, in quanto sottrarrei tempo allo studio, non guardo un film per lo stesso motivo.

Mi ripeto "sono solo sei anni" da un bel po'; ed ora mi ripeto "manca pochissimo"; l'ho fatto finora.


Ora però mi rendo conto di quanto mi senta vuoto, sono un bravo studente, con una media medio-alta; ma tolto questo sono un fantasma, non so chi realmente io sia al di fuori dello studio.


Non ho amici, non ho una ragazza, con i colleghi universitari ho un rapporto formale-inesistente.


Me la so cavare in ogni contesto di vita, ma sono una schiappa nelle relazioni, sono orgoglioso, non ho il coraggio di dire alle altre persone "hey, perché non mi invitate a prendere parte a qualsiasi cosa stiate facendo; perché non mi invitate di uscire il sabato?
".


Sono un ragazzo di bell'aspetto, almeno questo mi fanno notare, io non mi ritengo un bel ragazzo; però in passato qualcuno mi ha fatto notare che qualche volta le ragazze mi guardano, ed io ovviamente vivo su un altro pianeta e non mi accorgo di nulla.


Sembra quasi che nel contesto sociale io non conosca la lingua, mi senta un forestiero in un paese estero, disorientato, senza riuscire a leggere le intenzioni, i comportamenti degli altri

Nelle relazioni a tu per tu con le singole persone va un po' meglio, però ce ne sono veramente poche

Sono sempre stato solo, ma ultimamente mi sento solo, non so se questo sia un bene, se sia semplicemente dovuto al sacrificio di dover stare a casa a studiare (conseguenza di aver scelto un percorso impegnativo), oppure devo preoccuparmi.


Non so cosa fare, mi sento un po' vuoto.

Non ho una lira, quindi non posso permettermi consulenze costose, vorrei essere indirizzato, ho l'auto
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Dr.ssa Mariateresa Di Taranto Psicologo 202 20
Gentile utente,

intanto congratulazioni per questo percorso che sta concludendo con impegno e dedizione.
Le sue parole mi hanno colpito perché lasciano intravedere dietro il vuoto di cui lamenta una capacità introspettiva, di andare oltre le cose.
A me pare che lei sia combattuto, perché da un lato vorrebbe investire tutte le sue energie, il suo tempo, i suoi pensieri nello studio, e dall'altro vorrebbe esistere al di là dello studio, trovare cioè un'identità altra a quella di bravo studente.

Dovrebbe cercare di riconciliarsi con la dimensione del piacere, riscoprirla, perché sembrerebbe incastrato solo in un senso del dovere che la sta schiacciando, appiattendo la sua vita.
Dovrebbe imparare a concedersi (per utilizzare un suo termine peraltro calzante) anche qualcosa di bello, di divertente, di superfluo e perfino inutile.
Tale concessione passa attraverso la legittimazione, ossia l'autorizzarsi talvolta a lasciarsi andare, a permettersi degli spazi personali da dedicare a qualcosa che le piace, a coltivare relazioni, a stare con gli altri e con sé stesso.
Inoltre il dovere e il piacere potrebbero essere ripensati come due dimensioni che non sono in antitesi, ma intimamente legate l'una all'altra. Infatti il piacere è importante anche perché rigenera, consente di ritrovarsi, riscoprirsi, dona un senso diverso ai propri sacrifici, rinnova la motivazione rispetto agli stessi. A tal proposito la corsa è un'attività utile per rigenerarsi, favorisce il benessere e la concentrazione, e oltre ad essa ce ne sono molte altre.
Si dia tempo e modo di guardare film, leggere libri, scorgere il bello della vita che la renderà più ricco e felice, costituendo altresì qualcosa che potrà mettere a disposizione delle persone che incontrerà, divenendo ancor più interessante ai loro occhi.
Con ciò spero di averle offerto un'altra visione, che si potrebbe contrapporre o aggiungere alla sua, per provare a scalfire quel senso di colpa che insorge quando si concede o pensa di concedersi qualcosa che va oltre lo studio.

Le suggerisco di consultare uno psicologo per intraprendere eventualmente un percorso finalizzato a farsi sostenere o accompagnare in questo momento della sua vita, momento delicato perché lei è un giovane adulto con molte domande, incertezze, paure, mentre è alle prese con un'identità che si sta strutturando, consolidando.
Può rivolgendosi ad un consultorio pagando il solo ticket, oppure scegliere un professionista tra i tanti che abbia dei prezzi contenuti.
Ritengo che il vuoto che prova vada ascoltato a fondo, in quanto potrebbe costituire una spinta interna vitale per ritrovare parti di sé perdute o dimenticate, per riappropriarsi dei suoi desideri, della capacità di gioire, di tutto quel resto di cui al momento avverte la mancanza.

La saluto cordialmente.

Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it

[#2]
Utente
Utente
La ringrazio della sua risposta e delle sue parole, che oltre a trasmettere grazia mi fanno sentire risollevato e compreso.

"Infatti il piacere è importante anche perché rigenera, consente di ritrovarsi, riscoprirsi, dona un senso diverso ai propri sacrifici, rinnova la motivazione rispetto agli stessi."
Con questo punto sono in pieno accordo con Lei.
Provo rabbia perchè nonostante sia pienamente consapevole dell'irrazionalità della situazione in cui mi trovo, non riesco a imporre il mio volere alle giornate; ciò per molti motivi:

1) Nell'economia della giornata le ore che passo a studiare realmente sono davvero poche, nonostante sia l'unico mio pensiero (Controsenso: il tempo per usare il telefono, per fissare il muro, ecc ce l'hai? perchè al posto di fare queste cose non esci e vai a correre?);

2) Spendo molto tempo in cose futili, sono uno spetttatore passivo; non riesco ad avere controllo sul mio tempo, le intenzioni non bastano, e riacquisisco ragione solo a fine giornata, momento in cui, facendo il punto della situazione, constato che ho speso maggior parte del mio tempo in uno stato di "frenesia" totale (mi alzo e torno a sedermi numerose volte nel giro di un'ora, prendo e poso il telefono ogni tot minuti; ecc.).

3) A conti fatti "il piacere" me lo concedo, o meglio succede e basta, è molto raro che io dica "oggi voglio prendermi una giornata di pausa"; è sempre una decisione che prendo a posteriori, quando a fine giornata mi accorgo di non aver fatto nulla, e dico "va beh, oggi è andata così, oggi è stata una giornata di pausa".

4) (PUNTO MOLTO IMPORTANTE) Ogni mattina inizio la giornata con l'ambizione di voler fare mille cose (Fare esercizio fisico, cucinarmi sano, studiare per l'esame che sto preparando, riprendere alcune materie di esami già sostenuti, scrivere la tesi, prepararmi per il concorso nazionale, riposare almeno 7 ore), però non riesco mai a fare nulla di tutto ciò, anzi, ciò mi incasina ulteriormente; ma non posso rinunciare all'intenzione di portarle a termine, credo siano elementi fondamentali per poter andare avanti.
Questo mi porta a pensare "se non riesco a fare nè a trovare lo spazio per queste cose prioritarie, come potrei mai dare spazio a cose "inutili" come uscire, andare a correre, provare a fare nuove amicizie, ecc".

Ci sono moltre contraddizioni, forse proprio queste cose "inutili" potrebbero ridarmi le energie di cui ho bisogno.
Inoltre, considerando che a conti fatti le giornate sono infruttuose, forse forse non ho nulla da perdere e potrei distrarmi attivamente. Però queste sono solo parole, non riesco a staccarmi con il pensiero, penso sempre che non devo arrendermi "ieri è andata male, ma non è detto che domani non riesca a portare le cose a termine, non devo mollare e devo riprovarci".

La lista potrebbe continuare per altri punti...

Ci sono periodi in cui sono fermo e diligente, ed altri in cui vedo tutto grigio e mi sento un fallimento, in cui riesco solo a pensare di non essere riuscito a concludere nulla a fine giornata.

Tutto questo lo vivo molto male.

Ho consultato la psicologa della mia università, mi ha chiesto di raccontargli di me, della mia famiglia, della mia rete sociale (inesistente).

A casa c'è sempre molto caos, litigi continui da quando ero piccolo, c'è un disordine organizzativo immenso, che mi provoca un mal di testa al solo pensiero.
Mia madre da quando ero un bambino ha sempre insistito sull'importanza dello studio (banalizzando qualsiasi altra cosa, quando da ragazzino volevo uscire non faceva altro che ripetermi "perchè devi uscire? Non è meglio che ti metti a studiare?).
Credo di aver somatizzato le sue parole.
Ed in parte sono anche d'accordo, vorrei dedicarmi alle relazioni solo a partire dal giorno in cui riuscirò a studiare seriamente senza perdere tempo, spendendo il tempo riguadagnato in qualcosa di piacevole.


La psicologa dell'università non fa altro che ripetermi "prova a chiedere agli altri di uscire, esci dalla zona di confort" ed altre banalità del genere, credo che non ci sia una grande intesa, credo che non sia stata in grado di inquadrare il mondo sommerso che c'è dietro.


Le intenzioni sono misere, ma i risultati scadenti.
L'unica cosa che mi salva è che le briciole di risultati di ogni giorno si sommano, e il risultato finale riesco a portarlo a casa, con uno sforzo immenso, sacrificando tutto.

Vivo un grande senso di colpa e fallimento, che mi rendono ancora più inerte. Vorrei poter ricominciare da capo, perchè non si salva nulla.



Quanto alla consultazione in consultorio, sapremme darmi informazioni più dettagliate?
Verrei seguito dalla stessa persona nel corso delle sedute? In termini burocratici ci sono dei passaggi da fare? (ad esempio fare prenotazioni, ecc.).
Potrebbe farmi una piccola guida step-by-step su come trovare e rivolgermi ad uno psicologo di un consultorio?
Avrei poi la possibilità di essere ascoltato realmente per un periodo concreto o si ridurrebbe ad un totale di 2-3 sedute e basta?
Con la psicologa dell'università il consulto è durato complessivamente per quattro sedute di 45 minuti, cosa che ho trovato inutile, perchè non mi è bastata neanche ad esporre il mio problema, avrei tanto da dire.
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Dr.ssa Mariateresa Di Taranto Psicologo 202 20
Gentile utente,

sicuramente ha molto bisogno di raccontare, di essere ascoltato, di scorgere nuove dimensioni, punti di vista.
Le parole di sua madre, che riecheggiano dentro di lei, hanno sicuramente contribuito a portarla qui dove è adesso, a renderla come è adesso, nel bene e nel male. Ora dovrebbe provare a ridimensionarle e relativizzarle. In sostanza dovrebbe prendere le distanze da quelle parole, convinzioni, insegnamenti, da tutto quel che proviene dall'altro (i genitori) che per quanto sia una figura significativa, resta un altro, per far posto a sue idee, suoi valori, a sé stesso.

Provi ad approcciarsi alle giornate in modo nuovo, diverso, non concependole come fruttuose o infruttuose. Dovrebbe liberarsi di questa propensione a valutare e misurare tutto, non dandosi obiettivi, fermandosi, accettando la quota di imprevedibile che fa parte della vita e delle giornate e che in fin dei conti le rende a volte più belle. Tra l'altro, come può notare, questa propensione le genera una pressione che poi, a fine giornata, non le permette di raggiungere gli obiettivi.

Per quanto concerne lo psicologo deve rivolgersi al suo medico di base e chiedere il certificato per le sedute di psicoterapia. Ci sono variabili diverse a seconda delle regioni e del servizio di riferimento. In generale posso dirle che possono variare da 5 a 8 sedute con possibilità di proroga, a discrezione dello psicologo. In genere segue i pazienti lo stesso psicologo/psicoterapeuta, ma può capitare che le prime sedute le faccia lui e in seguito faccia continuare il percorso ad un tirocinante (psicologo specializzando in psicoterapia).
La durata delle sedute dipende anche dallo psicologo, e nei servizi pubblici può trovare altri psicologi che fanno sedute da 45 minuti. L'intesa dipende dal paziente e il professionista e al tempo stesso si colloca oltre di loro, va oltre le parole, è insita nella relazione e in quanto tale risponde alla logica di un sentire, in parte inafferrabile.
Lei comunque può provare e nel caso non si trovasse bene troverà sicuramente un professionista accessibile economicamente col quale iniziare o continuare il suo percorso.

Ci sarebbero molte altre riflessioni da fare, questioni sommerse da scandagliare, ma purtroppo in questa sede non è possibile farlo.
Ora dovrebbe proseguire lei con queste indicazioni, con il supporto di uno psicologo, con un po' di consapevolezza in più e di coraggio.

Buona fortuna.

Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it